Animali
L’Axolotl, la salamandra che rigenera arti (e speranze) meglio di Wolverine
all’acido retinoico al gene shox, il buffo anfibio messicano ci mostra come potremmo un giorno far ricrescere braccia e organi. Altro che supereroi.
Se perdi un braccio, niente panico: chiedi consiglio a un Axolotl. Sembra assurdo ma questo simpatico anfibio messicano, noto anche come Assolotto e diventato celebre grazie a Minecraft, ha una superabilità che farebbe impallidire persino Wolverine. Ovvero? Può rigenerare arti, cuore, polmoni e persino tessuti nervosi. E lo fa con una naturalezza disarmante, come se fosse la cosa più normale del mondo. L’Axolotl (Ambystoma mexicanum) vive nei canali del lago Xochimilco, vicino a Città del Messico, e ha un aspetto da creatura fantasy: branchie piumate, sorriso perenne e un’aria da eterno adolescente. Infatti, non cresce mai davvero: resta per tutta la vita nello stadio larvale, un fenomeno chiamato neotenia, che lo rende una sorta di Peter Pan degli anfibi.
Il miracolo biologico dell’Axolotl
Ma dietro quel musetto tenero si nasconde un miracolo biologico. Uno studio della Northeastern University, pubblicato su Nature Communications, ha svelato che il segreto della rigenerazione dell’axolotl è una molecola che tutti conosciamo. Si tratta dell’acido retinoico, il famoso derivato della vitamina A che troviamo nelle creme antirughe. I ricercatori hanno scoperto che questa molecola funziona come un GPS chimico: crea un gradiente di concentrazione che dice alle cellule rigenerative (i fibroblasti) dove si trovano e cosa devono ricostruire. Se sei all’altezza del gomito, ricostruisci l’avambraccio; se sei nella spalla, ricrea tutto il braccio. E non è finita qui. Quando i ricercatori hanno iniettato acido retinoico extra nella mano di un Axolotl, non è cresciuta solo una mano… ma un intero arto duplicato. Un effetto Frankenstein, ma col sorriso.
Un sorriso branchiato
Il gene chiave in tutto questo è shox, che regola la formazione degli arti. E indovinate un po’? Anche gli esseri umani ce l’hanno. Solo che da adulti, il nostro shox dorme profondamente. Ma se riuscissimo a risvegliarlo, magari con l’aiuto dell’acido retinoico, potremmo un giorno riattivare le istruzioni genetiche per far ricrescere arti e organi. Come dice il professor James Monaghan, autore dello studio: “I fibroblasti umani sanno costruire un arto. Lo hanno già fatto durante lo sviluppo embrionale. Il punto è farli tornare capaci di ascoltare”. Insomma, l’axolotl non è solo una mascotte adorabile. E’ un manuale vivente di rigenerazione, e forse un giorno ci insegnerà a ricostruire ciò che pensavamo perduto per sempre. E tutto questo… con un sorriso branchiato.
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Animali
Snack per cani: premio, vizio o strumento educativo?
Tra premi, coccole e rischi di eccessi, il tema degli snack per i cani divide molti proprietari. Ma secondo gli esperti, se scelti e dosati nel modo giusto, possono essere alleati preziosi del benessere e dell’educazione del nostro amico a quattro zampe.
Il dilemma del bocconcino
C’è chi li considera una coccola irrinunciabile e chi, invece, teme che rovinino la dieta. Gli snack per cani — che si tratti di biscottini, bocconcini di carne o premi masticabili — sono da tempo al centro di un dibattito tra proprietari e veterinari. “Fanno bene o fanno male?”, è la domanda più frequente tra chi desidera viziare il proprio cane senza correre rischi per la salute.
Secondo la dottoressa Zita Talamonti, medico veterinario comportamentalista, la risposta non è un semplice sì o no: “Gli snack possono essere molto utili, purché usati nel modo corretto. Sono strumenti efficaci sia nell’educazione del cane, come rinforzo positivo, sia come momento di coccola e gratificazione”.
Il rinforzo positivo: perché funziona
In ambito educativo, gli snack sono parte di una strategia ben precisa: il rinforzo positivo. “Il cane impara molto più velocemente quando un comportamento corretto viene premiato piuttosto che quando viene punito”, spiega la dottoressa Talamonti. “Un bocconcino nel momento giusto, unito a un ‘bravo!’ o a una carezza, rafforza la relazione con il proprietario e aiuta a fissare il comportamento desiderato”.
Non tutti i cani, però, rispondono allo stesso tipo di stimolo. “Alcuni preferiscono il cibo, altri un gioco o un momento di attenzione. Capire cosa motiva di più il proprio cane è parte del lavoro educativo”, sottolinea la veterinaria.
Quando e come dare gli snack
Gli snack non devono essere distribuiti a caso. È importante farne un uso mirato, legato a un contesto preciso: un esercizio ben riuscito, un momento di calma o una routine di cura. Ecco alcune situazioni in cui il bocconcino diventa utile:
- Addestramento: piccoli premi rendono l’apprendimento più rapido e piacevole.
- Relax e igiene orale: snack masticabili aiutano a tenere puliti i denti e riducono lo stress.
- Stimolazione mentale: nascondere premi in giochi interattivi favorisce la concentrazione e riduce la noia.
Il segreto sta nelle quantità. Gli snack non dovrebbero superare il 10% delle calorie giornaliere del cane, per evitare sovrappeso e problemi digestivi. Se usati per l’addestramento, meglio sceglierli piccoli, leggeri e a basso contenuto calorico.
Quali scegliere (e quali evitare)
Oggi il mercato offre una vasta gamma di snack per cani, ma non tutti sono uguali. “È fondamentale leggere le etichette”, avverte la dottoressa Talamonti. “Meglio orientarsi verso prodotti naturali e specifici per cani, a base di proteine di qualità, privi di zuccheri, coloranti o conservanti artificiali”.
Tra le alternative più sane e facili da preparare in casa ci sono:
- Carne o pesce essiccato, senza sale né condimenti.
- Frutta e verdura sicure, come mela, banana, carote o zucchine (senza semi).
- Snack funzionali per l’igiene orale, approvati dal veterinario.
Assolutamente da evitare, invece, cibi tossici come cioccolato, cipolla, aglio, uva, avocado o ossa cotte, che possono causare gravi intossicazioni.
Il ruolo emotivo della “coccola”
Gli snack non sono solo nutrimento o strumento educativo: hanno anche un forte valore relazionale. “Offrire un premio al cane, se fatto con equilibrio, è un gesto d’affetto e comunicazione”, spiega la veterinaria. “Diventa un momento di connessione tra animale e proprietario, rafforzando il legame di fiducia”.
Tuttavia, è bene evitare che lo snack diventi una risposta automatica a ogni richiesta del cane. “Il rischio è viziarlo, trasformando il premio in un diritto acquisito. Lo snack deve restare un gesto consapevole, non un’abitudine compulsiva”, avverte l’esperta.
In sintesi: sì agli snack, ma con criterio
Gli snack possono essere alleati del benessere e dell’educazione del cane, ma solo se integrati in una dieta bilanciata e usati con moderazione. La chiave è il buon senso: scegliere prodotti naturali, premiare nei momenti giusti e non abusarne.
Come conclude la dottoressa Talamonti: “Un bocconcino offerto con affetto e misura può dire molto di più di mille parole: è un modo per comunicare con il cane nel suo linguaggio, quello della fiducia e del rispetto reciproco”.
Animali
Cani nei luoghi affollati: quando il divertimento diventa stress
Dai ristoranti ai concerti, cresce il numero di persone che portano con sé il cane ovunque. Ma non sempre la presenza del quattro zampe in contesti rumorosi è un gesto d’amore.
È diventata un’abitudine sempre più diffusa: portare il cane ovunque, dal bar al festival, fino ai locali notturni. Una scelta che nasce quasi sempre da buone intenzioni — evitare che resti solo o condividerne ogni momento — ma che, secondo gli esperti, può rivelarsi fonte di grande stress per l’animale.
«Fortunatamente oggi si vedono meno cani trascinati in discoteche o eventi molto rumorosi», spiega la dottoressa Zita Talamonti, veterinaria comportamentalista. «Rimane però comune l’errore di pensare che, solo perché un evento è all’aperto, sia adatto ai cani. In realtà, il numero di persone, i rumori, gli odori e gli stimoli continui possono disorientarli e spaventarli».
Quando il cane non si diverte
Ogni cane ha un proprio livello di tolleranza agli stimoli ambientali. «Bisogna imparare ad ascoltarlo — sottolinea Talamonti — e capire fino a dove possiamo spingerci. Ci sono soggetti più flessibili e altri che non riescono a gestire la confusione. Forzarli è un errore: il nostro ruolo è proteggerli, non metterli in difficoltà».
Un cane che ansima, si lecca spesso il muso, abbassa le orecchie o cerca di allontanarsi sta mostrando chiari segnali di stress. «Quando li portiamo in contesti caotici, non dobbiamo aspettarci che “si abituino” da soli. È come per una persona con ansia sociale: serve tempo, gradualità e, a volte, l’aiuto di un professionista», precisa la veterinaria.
L’adattamento non è per tutti
L’esperta racconta il caso di un cane adottato da un canile del Sud Italia, trasferito poi a Milano. «Aveva trascorso i primi sei mesi di vita in un ambiente tranquillo, senza contatti con la città. I nuovi proprietari, molto attenti, volevano portarlo con sé ovunque — anche agli aperitivi ai Navigli. Ma il cane si spaventava per una saracinesca che si abbassa o per il suono di un monopattino elettrico. In casi così, bisogna rispettare i suoi tempi: con pazienza e un percorso graduale potrà forse adattarsi, ma forzarlo sarebbe controproducente».
Gli esperti ricordano che l’adattabilità è influenzata da fattori come la genetica, le esperienze precoci e la socializzazione. I cani cresciuti in ambienti ricchi di stimoli possono tollerare meglio la confusione, ma per molti altri la folla resta una fonte di ansia.
Vita sociale sì, ma a misura di cane
Talamonti invita a cambiare prospettiva: «Tendenzialmente i cani — da caccia o da pastore — amano stare nella natura. Hanno bisogno di annusare, correre, esplorare. È lì che si sentono davvero liberi».
Per questo, gli esperti suggeriscono di pianificare le uscite in funzione del benessere del cane: meglio una passeggiata nel verde o una giornata in montagna che un pomeriggio tra la folla. «Portare il cane con sé deve essere un piacere condiviso — conclude la veterinaria — non una prova di affetto mal interpretata. Il rispetto dei suoi bisogni è la forma più autentica di amore».
Animali
Piante e animali domestici: quando la bellezza può diventare pericolo
Oleandro, stella di Natale, ficus e persino aloe vera: specie diffuse nelle case italiane possono causare sintomi gravi se ingerite dagli animali. Ecco come scegliere piante sicure e convivere con il verde in tranquillità.
Una casa piena di piante regala colore, freschezza e armonia. Tuttavia, per chi vive con cani o gatti, il verde domestico può nascondere insidie inaspettate. Molte specie ornamentali, pur bellissime alla vista, contengono sostanze tossiche in grado di provocare disturbi anche gravi se ingerite o, in alcuni casi, semplicemente toccate.
Secondo i dati dell’ASPCA Animal Poison Control Center, ogni anno migliaia di segnalazioni riguardano avvelenamenti accidentali causati da piante comuni. In Italia, anche l’ENPA e il Centro Antiveleni di Milano ricordano che i sintomi possono variare da semplici irritazioni a crisi respiratorie potenzialmente fatali.
Fiori belli ma pericolosi
Tra i principali “veleni verdi” presenti nei giardini italiani spiccano oleandro, rododendro e ciclamino. L’oleandro (Nerium oleander), in particolare, contiene glicosidi cardiaci, sostanze che possono alterare il battito cardiaco e risultare letali anche in piccole quantità. Anche il rododendro e l’azalea rilasciano tossine capaci di causare salivazione eccessiva, vomito e debolezza muscolare.
Attenzione anche alle piante con bacche, spesso decorative: tasso, vischio e agrifoglio possono sembrare innocui ma contengono alcaloidi e saponine pericolose per il sistema nervoso e gastrointestinale degli animali.
Pericoli dentro casa
Non serve un giardino per incorrere in rischi. Anche molte piante da appartamento diffuse nei salotti e negli uffici possono essere dannose. Il ficus benjamina, ad esempio, se masticato, può provocare irritazioni orali e gastriche. La monstera deliciosa, molto di moda per il suo aspetto tropicale, contiene ossalati di calcio che causano bruciore alla bocca e gonfiore alla lingua di cani e gatti.
Persino alcune piante grasse, considerate generalmente innocue, meritano attenzione: l’aloe vera, benefica per l’uomo, può causare vomito, tremori e diarrea negli animali.
Durante il periodo natalizio, poi, il rischio aumenta: stella di Natale, vischio e agrifoglio sono tra le principali cause di intossicazione stagionale. Tutte contengono sostanze irritanti che, se ingerite, possono portare a vomito, ipersalivazione e, nei casi più gravi, convulsioni.
Segnali da non ignorare
Quando un animale entra in contatto con una pianta tossica, i sintomi possono comparire in pochi minuti o dopo alcune ore. Tra i più comuni: vomito, diarrea, salivazione eccessiva, difficoltà respiratorie, tremori o apatia. In presenza di questi segnali, è fondamentale contattare subito il veterinario o un centro antiveleni veterinario, portando, se possibile, un campione della pianta ingerita per facilitarne l’identificazione.
Come scegliere piante sicure
Fortunatamente, esistono moltissime alternative sicure per chi ama il verde ma non vuole mettere a rischio la salute dei propri animali. Tra le specie consigliate ci sono felci, palme areca, piante ragno (chlorophytum), calatee e violette africane, tutte non tossiche secondo le linee guida ASPCA.
Un’altra buona abitudine è posizionare le piante pericolose fuori dalla portata degli animali, magari su mensole alte o in spazi inaccessibili. In giardino, invece, si possono delimitare aree “animal friendly” con varietà innocue e resistenti.
Un equilibrio possibile
Con un po’ di attenzione e informazione, è possibile godersi la bellezza delle piante senza correre rischi. Prima di acquistare una nuova specie, è sempre utile verificare la sua compatibilità con gli animali domestici: bastano pochi minuti di ricerca per evitare situazioni potenzialmente gravi.
Proteggere i nostri compagni a quattro zampe non significa rinunciare al verde, ma scegliere con consapevolezza. Le piante rendono la casa più accogliente, ma la loro bellezza non deve mai mettere in pericolo la salute di chi ci vive accanto — persone o animali che siano.
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