Arte e mostre
Mostra immersiva sul Titanic a Milano: un viaggio emozionante per grandi e piccoli
Con oltre 300 reperti originali, ricostruzioni in scala reale e tecnologie all’avanguardia, “Titanic: An Immersive Voyage” è l’esperienza ideale per scoprire la storia della celebre nave con i bambini. Dai momenti drammatici dell’affondamento alle profondità dell’oceano, ogni dettaglio fa rivivere la magia e la tragedia di una leggenda del mare.

Preparati a salpare sulla nave più famosa della storia con “Titanic: An Immersive Voyage”, la mostra che aprirà le sue porte il 7 agosto 2024 allo Scalo Farini di Milano. Un’occasione unica per scoprire, insieme ai tuoi bambini, i segreti del Titanic attraverso un viaggio immersivo che promette di stupire grandi e piccini.

L’esposizione offre un’esperienza multisensoriale che ti farà sentire come se fossi davvero a bordo del celebre transatlantico. Passeggiando tra ricostruzioni in scala reale delle stanze della nave, potrai osservare da vicino più di 300 reperti autentici, provenienti direttamente dal Titanic e dalla sua epoca. E non finisce qui: grazie a visual 3D e animazioni video, potrai rivivere la grandiosa costruzione della nave e il tragico impatto con l’iceberg.
I più coraggiosi potranno provare l’emozione di una scialuppa di salvataggio durante i drammatici ultimi istanti del Titanic, mentre una sala immersiva ti catapulterà in quell’indimenticabile notte del 1912. E per chi desidera un’esperienza ancora più esclusiva, c’è la possibilità di acquistare un biglietto VIP e immergersi nelle profondità dell’oceano a bordo di un sottomarino virtuale, per esplorare il relitto del Titanic come mai prima d’ora.
Questa mostra è pensata anche per i più piccoli, con percorsi interattivi e spiegazioni adatte a tutte le età, che permettono di comprendere la storia del Titanic e di apprezzarne la maestosità e il suo tragico destino. Un’occasione perfetta per unire divertimento ed educazione, regalando ai bambini un’avventura indimenticabile nel mondo di una leggenda del mare.
Un’esperienza da non perdere per tutti gli appassionati della storia del Titanic, che potranno rivivere la magia e la tragedia di questo colosso dei mari, e un modo nuovo e affascinante per coinvolgere i più piccoli in un viaggio tra passato e tecnologia. Pronti a salpare?
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Arte e mostre
La Sindone e il mistero del restauro rinascimentale: c’è la mano di Leonardo?
La Sindone, uno dei reperti più venerati e studiati al mondo, potrebbe essere stata soggetta a un restauro artistico tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento. Le nuove scoperte sollevano domande sull’autenticità dell’immagine e sul possibile intervento di un artista di grande abilità.

La Sindone di Torino, da secoli oggetto di venerazione e dibattito, potrebbe nascondere tra le sue pieghe una storia più complessa di quanto finora immaginato. Un gruppo di ricercatori del Centro di ricerca di Stile Arte ha portato alla luce indizi che suggeriscono un intervento artistico avvenuto tra la fine del Quattrocento e i primi anni del Cinquecento, finalizzato a potenziare l’immagine impressa sul sacro lenzuolo.
L’ipotesi di un restauro rinascimentale
Il lenzuolo di lino, lungo circa 4,41 metri e largo 1,11 metri, porta impressa l’immagine di un uomo nudo, segnato da lesioni che sembrano compatibili con le ferite della crocifissione. Per secoli, la Sindone è stata al centro di controversie: è davvero il sudario che avvolse il corpo di Gesù, come credono molti fedeli, o un manufatto medievale?
I ricercatori di Stile Arte hanno analizzato i segni presenti sulla Sindone, confrontandoli con le tecniche pittoriche dei monocromi rinascimentali. Il risultato? Esistono “elevate possibilità” che la Sindone sia stata “rinvigorita” con interventi pittorici, forse per renderla più leggibile e suggestiva, in vista della sua esposizione pubblica organizzata dai Savoia intorno al 1502. L’intervento avrebbe potuto essere condotto da un artista di grande abilità, qualcuno vicino all’ambiente di Leonardo da Vinci, che all’epoca era già noto per le sue opere innovative e la sua padronanza delle tecniche ottiche.
Leonardo da Vinci: il sospettato perfetto?
Leonardo da Vinci, che tra il 1499 e il 1508 visse un periodo errabondo dopo aver lasciato Milano, avrebbe potuto essere coinvolto in questo restauro. I ricercatori sottolineano che Bona di Savoia, duchessa consorte di Milano e madre di Gian Galeazzo Maria Sforza, aveva stretti contatti con il mondo artistico e culturale di Leonardo. Questo legame suggerisce una possibile connessione tra il grande maestro e l’intervento sulla Sindone.
Il Centro di ricerca di Stile Arte sostiene che il restauro sia stato condotto con un “pigmento ocra scuro, molto allungato nell’acqua e in materiale rugginoso”, applicato con un pennello appena inumidito. Le tracce di sangue, che oggi sembrano così nitide, sarebbero state potenziate con l’uso di un pennino, un procedimento che avrebbe reso l’immagine più visibile e drammatica, soprattutto se retroilluminata.
Una sindone “rinvigorita” per un effetto teatrale
Secondo gli studiosi, la Sindone restaurata doveva essere esposta in modo da ottenere il massimo impatto visivo, con un’immagine che appariva tridimensionale e che scompariva o si intensificava a seconda dell’illuminazione e della distanza dell’osservatore. “A uno-due metri essa è perfettamente a fuoco, mentre avvicinandosi sembra scomparire”, spiegano i ricercatori, sottolineando come questi effetti ottici fossero ben conosciuti e sfruttati dagli artisti rinascimentali.
Inoltre, il lenzuolo sembra essere stato concepito per una visione retroilluminata, con torce che ne avrebbero evidenziato i dettagli, creando un’atmosfera quasi mistica. L’analisi rivela anche la presenza di figure composite e immagini reversibili, come un crocifisso che appare come un cartiglio quando osservato da una certa angolazione. “L’insieme parrebbe una sorta di colomba posta su un’ancora”, affermano gli studiosi, ipotizzando che l’artista possa aver inserito simboli nascosti con un significato esoterico o religioso.
La Sindone: un capolavoro rinascimentale?
Se confermata, l’ipotesi di un restauro rinascimentale della Sindone aggiungerebbe un nuovo capitolo alla sua già complessa storia. Non si tratterebbe quindi di un falso, ma di un’opera potenziata per migliorare la sua leggibilità e il suo impatto durante le esposizioni pubbliche. Un intervento che, pur non alterando l’autenticità del lenzuolo come reliquia, ne avrebbe modificato l’aspetto per renderlo più adatto alle necessità devozionali e politiche del tempo.
La storia documentata della Sindone
Per comprendere appieno l’importanza di queste scoperte, è utile ripercorrere la storia documentata della Sindone. Dopo essere stata donata alla chiesa di Lirey nel 1353 dal cavaliere francese Goffredo di Charny, la Sindone passò attraverso numerose mani e contese, fino a diventare proprietà dei Duchi di Savoia nel 1453. Nel 1502, fu costruita una cappella apposita a Chambéry per custodirla, e nel 1506 il Papa Giulio II autorizzò il culto pubblico della Sindone.
La storia del lenzuolo è segnata da eventi drammatici, come l’incendio del 1532, che causò gravi danni al tessuto, e le successive riparazioni che hanno alterato in parte il suo aspetto originale. Tuttavia, è solo con l’avvento della fotografia nel 1898 che l’immagine della Sindone ha rivelato i suoi segreti più profondi, mostrando dettagli invisibili a occhio nudo.
Un enigma ancora aperto
Nonostante i numerosi studi, la Sindone di Torino continua a suscitare dibattiti e controversie. Le nuove scoperte suggeriscono che, oltre a essere una reliquia sacra, la Sindone potrebbe anche essere considerata un capolavoro dell’arte rinascimentale, frutto dell’intervento di un maestro come Leonardo da Vinci o di un artista a lui vicino.
Questo intreccio tra fede, arte e scienza rende la Sindone un oggetto unico nel suo genere, che continua a sfidare la nostra comprensione e a ispirare nuove ricerche. Con ogni nuova scoperta, ci avviciniamo un po’ di più a svelare i misteri di questo antico lenzuolo, che da secoli affascina credenti e scettici.
Arte e mostre
Addio silenzio: ora anche i musei si riempiono di note e playlist
Dalla musica di Brian Eno alla Biennale di Venezia al sottofondo sonoro nei musei d’arte contemporanea: l’esperienza sensoriale si arricchisce, ma non tutti gradiscono. I puristi protestano: “L’arte non ha bisogno di colonna sonora”.

Entrare in un museo e sentire musica ambient, onde sintetiche, bassi profondi e vibrazioni ovattate. Non è la playlist di una spa, ma l’ultima tendenza dei musei contemporanei. Sempre più spazi espositivi scelgono di accompagnare opere d’arte con suoni d’ambiente, effetti audio, persino playlist curate dagli artisti stessi. E se da una parte c’è chi applaude all’esperienza immersiva, dall’altra i puristi storcono il naso: “L’arte dovrebbe bastare a se stessa”.
A fare scuola è stato Brian Eno, musicista e produttore, che ha portato la sua ambient music alla Biennale di Venezia e al Design Museum di Londra. Ma anche musei più “classici” come il Reina Sofia di Madrid o il MAXXI di Roma hanno sperimentato percorsi sonori accanto alle esposizioni.
Il motivo? Creare una fruizione sensoriale più completa, coinvolgere il visitatore, farlo “entrare” nell’opera. In alcuni casi i suoni sono registrazioni naturali, in altri vere e proprie composizioni. E c’è già chi sogna visite su Spotify, con tracce da ascoltare mentre si gira tra i quadri.
Ma la questione resta aperta: è davvero un arricchimento o una forma di distrazione? Il confine tra esperienza e intrattenimento si fa sempre più sottile. E forse è proprio lì, in quella zona grigia tra emozione e consumo, che oggi si gioca la sfida dell’arte contemporanea.
Arte e mostre
Un ‘covone’ davvero caro venduto da Sotheby’s
L’opera “Covone a Giverny” di Claude Monet ha suscitato grande interesse con un prezzo di vendita di quasi 35 milioni di dollari.

L’asta di “Covone a Giverny” di Claude Monet che si è svolta a New York ha suscitato grande interesse da parte di collezionisti e investitori. Alla fine dell’asta ha ottenuto un notevole risultato, con un prezzo di vendita di quasi 35 milioni di dollari. Questo successo è particolarmente significativo visto che da qualche tempo si assiste a un calo del mercato mondiale dell’arte. E’ soprattutto un inizio promettente per le vendite delle grandi case d’asta come Christie’s e Sotheby’s.
Inversione di tendenza
La vendita online, telefonica e in sede di Sotheby’s ha generato un totale di 235 milioni di dollari per una cinquantina di dipinti di arte moderna. La competizione per “Covone a Giverny” è stata descritta come una “guerra di offerte di otto minuti“, culminata con il suo acquisto per 34,8 milioni di dollari. Questo dimostra anche il persistente fascino e valore dell’opera di Monet nel mercato dell’arte.
Inoltre, un’altra opera d’arte, “Les Distractions de Dagobert” della pittora anglo-messicana Leonora Carrington, ha stabilito un nuovo record d’asta per l’artista, con una vendita di 28,5 milioni di dollari dopo una battaglia di dieci minuti tra gli acquirenti presenti in sala.
Risultati che indicano un rinnovato interesse e fiducia nel mercato dell’arte, con gli acquirenti che dimostrano una forte disposizione a investire in opere di grande valore artistico e storico.
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