Lifestyle
Sei mesi d’estate, notti tropicali e inverni caldi
Il cambiamento climatico sta già influenzando significativamente il clima italiano e continuerà a farlo in futuro, richiedendo adattamenti sostanziali in vari settori della società.

Insomma ragazzi ci dobbiamo abituare, o meglio ci dovremo acclimatare. Ci aspettano anni in cui l’estate durerà qualche mese in più – come diceva la canzone di Lucio Dalla L’anno che verrà del 1979? “(…) avremo l’estate tutto l’anno (…) e in effetti poco ci manca. Ci aspetta un futuro climatico destinato a un cambiamento significativo. Estati lunghissime e inverni tiepidi.
La scomparsa delle temperature sotto zero
Secondo il Rapporto sul Clima del XXI secolo, l’Italia potrebbe affrontare estati che durano fino a 5 o 6 mesi. Questo cambiamento drammatico è legato all’aumento delle temperature medie e alla riduzione delle giornate fredde.
Lo zero termico solo tra le nuvole
Nell’analisi del Rapporto si capisce che le giornate fredde diminuiranno drasticamente portando quasi a zero le giornate di gelo. Con ripercussioni su tanti fronti. Dai ghiacciai e il loro conseguente scioglimento alle colture che, d’inverno, hanno bisogno anche delle basse temperature. per svilupparsi. Le giornate con temperature sotto lo zero a Roma sono passate da una media di 25 annue a una sola. Ma entro il 2030, cioè meno di sei anni, potrebbero scomparire del tutto.
Temperature medie alle stelle
Il Rapporto sul cambiamento climatico del XXI secolo in Italia prevede un drastico aumento delle temperature medie. Ormai non è una novità per nessuno di noi. Ce ne siamo accorti da tempo. Le temperature delle ultime estati sono salite in tutto il Paese. A Milano, ad esempio, si è passati dai 13,5 gradi degli anni ’80 agli oltre 16 gradi attuali. Dopo le notti magiche dei campionati mondiali di calcio del 1990 passeremo presto a notti tropicali. Dovremo affrontare notti con temperature superiori ai 20 gradi per più e più mesi. A Milano, sono passate da 20 a 71 notti all’anno, a Roma da 51 a 90, e a Bergamo da 8 a 62.
Estati di caldo estremo
I giorni con temperature superiori ai 35 gradi sono in aumento ormai su tutto il territorio non più nel Sud Italia e nelle Isole. A Firenze, sono passati da 10 a 26 giorni all’anno, e a Bolzano da 1 a 7. Il record spetta a Caltanissetta, con 27 giorni in più rispetto agli anni ’80. Le pianure del Nord Italia saranno, e già lo sono ora, particolarmente colpite, con aumenti delle temperature senza precedenti. Altro che Celentano che cercava l’estete tutto l’anno sotto il baobab…
Salute, agricoltura, energia a rischio collasso
I rischi maggiori li avremo sulla salute. Maggiori periodi di caldo estremo possono portare a un aumento di problemi di salute, come colpi di calore e peggioramento delle condizioni cardiovascolari per milioni di persone. In campo agricolo sarà un disastro. Le colture tradizionali come mais, grano, vite, alberi da frutto, erba medica, potrebbero soffrire a causa delle temperature elevate e soprattutto della scarsità d’acqua. Un annoso problema che già oggi assilla numerosi proprietari dai piccoli appezzamenti alle grandi imprese.
La domanda di energia per il raffreddamento aumenterà, con conseguente pressione sulle risorse energetiche e sulla rete elettrica. E naturalmente la biodiversità Flora alla fauna nelle prossime estati potrebbe essere minacciate, con specie che non riescono ad adattarsi alle nuove condizioni climatiche.
E ora cosa si potrebbe fare per cambiare qualcosa?
La prima risposta potrebbe essere, quasi nulla. Ma proviamo a immaginare qualche azione da intraprendere. Sarà necessario migliorare le infrastrutture per esempio. Creare edifici e città che possano resistere al caldo estremo. Promuovere molto di più l’efficienza energetica, ovvero investire in tecnologie che riducano il consumo energetico. Si potrebbe adottare una pianificazione agricola. Cioè seguire pratiche agricole nuove per far fronte alle nuove condizioni climatiche. E infine, ma riguarderebbe soprattutto le generazioni future, bisognerebbe educare e informare di più la popolazione sui rischi del cambiamento climatico e su come adattarsi.
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Animali
Gatti e pulci: il nemico invisibile che si nasconde tra i peli del nostro felino
Anche i mici più puliti possono esserne vittime. Le pulci si annidano nel pelo, tra coperte e tappeti, e si riproducono in tempi rapidissimi. Prevenirle non significa solo proteggere il gatto, ma tutta la casa.
C’è un nemico minuscolo che tormenta i gatti di ogni età, razza e ambiente. Non si vede, ma si sente: le pulci. Quelle piccole creature scure che saltano tra i peli, mordono la pelle e rendono impossibile la pace di un felino. Per molti proprietari sono solo un fastidio stagionale, ma in realtà le pulci rappresentano una minaccia concreta per la salute del gatto e, indirettamente, anche per chi vive con lui.
Basta una sola pulce per scatenare un’invasione. Ogni femmina può deporre fino a cinquanta uova al giorno, che cadono dal mantello e si insinuano ovunque: tra le fibre di un tappeto, sotto i cuscini del divano o nella cuccia preferita. È così che la casa si trasforma in un terreno fertile per centinaia di nuovi parassiti pronti a risalire sul gatto alla prima occasione.
Il primo segnale d’allarme è quasi sempre lo stesso: il gatto si gratta con insistenza, morde la base della coda o si lecca nervosamente. In alcuni casi compaiono piccole crosticine, perdita di pelo o arrossamenti. Ma il vero problema non è solo il prurito. Le pulci si nutrono di sangue e, se l’infestazione è estesa, possono causare anemia, allergie e persino trasmettere parassiti intestinali.
Sfatato anche il mito secondo cui i gatti di casa sarebbero al sicuro. Le pulci possono arrivare con le scarpe, con altri animali o semplicemente attraversando le finestre. E quando entrano, difficilmente escono da sole. Per questo la prevenzione è la prima forma di difesa: trattamenti antiparassitari regolari, ambienti puliti e tessuti lavati di frequente.
Un gatto infestato non è solo un animale che soffre: è un campanello d’allarme per tutto ciò che lo circonda. Il ciclo vitale delle pulci è silenzioso e implacabile, ma può essere interrotto con costanza e attenzione. Ogni carezza tra il pelo, ogni spazzolata, ogni bagno diventa così un gesto d’amore e di cura.
E quando finalmente il micio torna a dormire sereno, magari arrotolato sul divano, è il segno che la battaglia invisibile è stata vinta. Almeno fino alla prossima stagione.
Cucina
Tiramisù, la vera ricetta del dolce italiano più amato nel mondo
Nato tra Veneto e Friuli negli anni ’60, il tiramisù è oggi un’icona della pasticceria italiana. Pochi ingredienti, nessuna panna e una regola d’oro: rispetto assoluto per le uova fresche e il caffè espresso.
Ci sono dolci che si raccontano da soli, e il tiramisù è uno di questi. Nato da una manciata di ingredienti semplici — uova, mascarpone, savoiardi, zucchero e caffè — è diventato in pochi decenni un simbolo mondiale dell’Italia golosa. Il suo nome, “tirami su”, è già una promessa: energia, dolcezza, conforto.
Sulla paternità del dolce si discute da anni. C’è chi lo attribuisce a Treviso, dove nel 1969 il ristorante Le Beccherie ne avrebbe servito la prima versione, e chi giura che sia nato a Tolmezzo, in Friuli. In ogni caso, il segreto è uno: semplicità assoluta.
Per la ricetta originale bastano sei tuorli d’uovo, 120 grammi di zucchero, 500 grammi di mascarpone freschissimo, savoiardi e caffè espresso non zuccherato. Si montano i tuorli con lo zucchero fino a ottenere una crema chiara e spumosa, poi si incorpora delicatamente il mascarpone. Niente panna, niente albumi montati: il tiramisù vero si regge sulla setosità del mascarpone e sulla forza del caffè.
I savoiardi si inzuppano rapidamente, mai troppo, nel caffè freddo, per evitare che si sfaldino. Si alternano strati di biscotti e crema, chiudendo con uno strato abbondante di crema e una spolverata generosa di cacao amaro. Il riposo in frigorifero per almeno quattro ore è fondamentale: solo così i sapori si fondono e il dolce raggiunge la sua perfetta armonia.
C’è chi aggiunge un goccio di Marsala o di rum per profumare la crema, ma il tiramisù tradizionale ne fa a meno. È il contrasto tra l’amaro del caffè e la dolcezza del mascarpone a creare la magia.
Nel tempo sono nate infinite varianti — al pistacchio, alle fragole, al limone — ma nessuna ha mai superato l’originale. Perché il tiramisù non è solo un dolce: è una carezza fredda, un rituale domestico, un pezzo d’Italia servito in coppetta.
E ogni cucchiaino, anche dopo decenni, mantiene la stessa promessa: tirarti su, davvero.
Viaggi
Hotel da sogno: dove il tempo non esiste
Dalle Maldive a Capri, passando per Kyoto e il deserto dell’Oman, il 2025 consacra una nuova idea di ospitalità: esperienze che curano l’anima, architetture che respirano con il paesaggio e un lusso che non mostra, ma ascolta.
C’è un tipo di lusso che non si misura in stelle, ma in silenzi. In quegli hotel dove l’orologio sembra smettere di ticchettare e ogni gesto, anche il più semplice, assume la grazia di un rituale. Sono i nuovi resort del 2025, pensati per restituire la cosa più preziosa che ci sia: il tempo.
Alle Maldive, ad esempio, il concetto di ospitalità si dissolve nel mare. Le ville sull’acqua del Soneva Fushi o del Patina Maldives sono rifugi di luce e legno, dove la tecnologia scompare dietro la quiete del blu. Non si viene per ostentare, ma per ascoltare il suono dell’oceano, per camminare a piedi nudi e ricordarsi che esistere è un verbo lento.
A Capri, il nuovo Hotel La Palma, riaperto dopo un restauro firmato Oetker Collection, riscrive la dolce vita in chiave contemporanea: meno lusso di facciata, più arte dell’accoglienza. Ogni stanza profuma di agrumi e lino, ogni terrazza racconta un tramonto diverso. Il tempo qui si misura in luce, non in minuti.
Dall’altra parte del mondo, a Kyoto, il Aman Kyoto sembra uscito da un sogno zen. Le camere sono immerse tra aceri e muschi, i bagni termali sono templi di vapore, e il silenzio diventa parte dell’arredamento. È il Giappone più autentico, quello che insegna che la perfezione nasce dall’imperfezione.
Nel deserto dell’Oman, infine, il Alila Jabal Akhdar offre un lusso fatto di pietra e orizzonte. Di notte, il cielo si riempie di stelle e sembra di essere tornati alle origini del mondo. Qui l’esperienza è primordiale: l’acqua che scorre, il vento che modella le rocce, il corpo che si riappropria del respiro.
Ovunque, il nuovo lusso dell’hôtellerie si misura così: non più nel possesso, ma nella presenza. Niente più frenesia, niente più check-in ansiosi o itinerari forzati. Solo un invito a restare, a vivere ogni minuto come se fosse infinito.
Perché nei veri hotel da sogno non si viaggia per arrivare, ma per dimenticare di essere partiti.
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