Cocktail & Wine
La rinascita dell’assenzio: la “fata verde” torna a incantare l’Europa
Dopo un secolo di divieti e leggende nere, il liquore amato da Manet e Wilde torna di moda nei locali di tutto il mondo. Ecco perché l’assenzio è tornato a far parlare di sé (e come gustarlo al meglio).

C’è una nuova vecchia ossessione nei bar europei: si chiama assenzio e promette di riportare in auge miti e rituali dimenticati. Un anno fa sembrava solo un trend di nicchia, ma oggi la “fata verde” – come la chiamavano i poeti maledetti e i pittori impressionisti – è tornata a infestare banconi e scaffali di mezza Europa. Il motivo? Un mix letale di fascino storico, storytelling irresistibile e un mercato globale che, secondo gli analisti, raggiungerà i 44,3 miliardi di dollari entro il 2026.
Perché l’assenzio conquista di nuovo?
Dopo quasi un secolo di demonizzazione, oggi l’assenzio ha un volto glamour e misterioso, che lo rende irresistibile per bartender e clienti. È un distillato potentissimo – spesso sopra i 70 gradi – a base di assenzio maggiore, anice verde e finocchio. Ma più che l’effetto dell’alcol, è il mito che fa scuola: bere assenzio significa evocare l’atmosfera bohémienne della Parigi ottocentesca, immaginarsi tra le ombre dei caffè frequentati da artisti come Manet, Degas o Toulouse-Lautrec. Oppure camminare fianco a fianco con Oscar Wilde o Baudelaire nei viali notturni.
Il mito della “fata verde”
L’assenzio nasce come medicamento già nell’antico Egitto, ma è tra il XVIII e XIX secolo che diventa leggenda, grazie al medico francese Pierre Ordinaire e successivamente a Pernod Fils, che lo commercializza in tutta Europa. È qui che nasce la “fata verde”, la creatura immaginaria che – si diceva – apparisse a chi beveva troppo assenzio. Non era solo una questione di alcol, ma anche di tuione, un composto presente nell’artemisia, accusato (ingiustamente) di provocare allucinazioni e follia.
A inizio ‘900 l’assenzio fu bandito in mezza Europa, complice il famigerato “caso Lanfray” in Svizzera: un contadino alcolizzato uccise la famiglia dopo aver bevuto – tra le altre cose – due bicchieri di assenzio. Morale: la “fata verde” venne accusata di omicidio e bandita dalle leggi di mezzo mondo. Francia, Belgio, USA e altri Paesi seguirono l’onda proibizionista, condannando l’assenzio all’oblio.
Ma non è finita qui.
Il ritorno della “fata verde”
A cavallo tra anni ‘80 e ‘90, la normativa europea sull’alimentazione rese di nuovo legale l’assenzio, purché con basse quantità di tuione. E da quel momento l’interesse è tornato a crescere, trainato da bartender affascinati dalle sue storie noir e dalla crescente voglia di esperienze vintage nei locali. Non più solo un drink, ma un rito: dalle bottiglie artigianali agli accessori storici come il classico cucchiaio da assenzio e le zolle di zucchero flambé.
Come si beve davvero l’assenzio?
Dimenticate gli shot alla goliardica: l’assenzio va degustato con un rituale che richiama i café parigini. Versato nel bicchiere, viene filtrato lentamente con acqua ghiacciata che scioglie lo zucchero posto sopra al classico cucchiaio forato. Il risultato è una miscela lattiginosa e aromatica che attenua l’impatto dell’alcol e sprigiona tutte le sue note di erbe e anice.
Per chi ama i cocktail, l’assenzio è il protagonista del Sazerac, un twist dell’Old Fashioned nato a New Orleans, dove la “fata verde” profuma il bicchiere prima dell’arrivo del whiskey.
Una moda pronta a esplodere?
I numeri parlano chiaro: l’assenzio è in forte ascesa nei trend del beverage, soprattutto tra i giovani che cercano storie e tradizioni da raccontare mentre sorseggiano qualcosa di diverso. Dai bar speakeasy di Berlino alle terrazze di Parigi, la rinascita della “fata verde” è ormai un dato di fatto.
E anche se non regala davvero visioni o follie, l’assenzio continua a far sognare chi ama immergersi nell’atmosfera decadente della Belle Époque.
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Cocktail & Wine
Cin cin con Shirley Temple: la star degli analcolici dal cinema alla tavola
La prossima volta che desideri un momento di dolcezza e freschezza, non dimenticare di ordinare un cocktail Shirley Temple. La sua storia ricca di fascino e il suo sapore delizioso lo rendono un’opzione perfetta per tutte le occasioni. E mentre lo gusti, immergiti nella magia del cinema e della vita glamour di Hollywood, un sorso alla volta.

Se c’è una bevanda che incarna l’essenza della dolcezza e dell’eleganza, è sicuramente il famoso cocktail Shirley Temple. Questa delizia analcolica ha una storia affascinante, che affonda le sue radici nel glamour di Hollywood e nella magia dei film degli anni ’30.
L’origine del nome
Ma chi era Shirley Temple e perché un cocktail prende il suo nome? Beh, Shirley Temple era una celebre attrice bambina durante l’epoca d’oro di Hollywood, nota per il suo sorriso contagioso e il suo talento innato. Durante le riprese dei suoi film, Shirley preferiva bere bevande analcoliche per rimanere al top della forma. Il cocktail che porta il suo nome è stato creato appositamente per lei nei ristoranti di lusso di Hollywood, per permetterle di sentirsi una vera star anche dietro al bicchiere.
La ricetta perfetta
Ma cosa rende così speciale questo cocktail? La sua semplicità e la sua freschezza sono sicuramente parte del suo fascino. Ecco la ricetta classica:
Ingredienti:
- 120 ml di ginger ale o sprite
- 30 ml di succo di limone o lime
- 15 ml di sciroppo di granatina
- Ghiaccio
- Fetta di limone o ciliegina per decorare
Preparazione:
- Riempire un bicchiere alto con il ghiaccio.
- Versare il succo di limone o lime nel bicchiere.
- Aggiungere lo sciroppo di granatina.
- Completare con ginger ale o sprite.
- Mescolare delicatamente.
- Decorare con una fetta di limone o una ciliegina.
Il fascino del rosso
Uno degli elementi distintivi del cocktail Shirley Temple è il suo caratteristico colore rosso rubino, grazie allo sciroppo di granatina. Questo rende la bevanda non solo deliziosa al palato, ma anche uno spettacolo per gli occhi. Servito in un bicchiere alto con una fetta di limone o una ciliegina come decorazione, il cocktail Shirley Temple trasforma qualsiasi occasione in un’esperienza elegante e divertente.
Dal cinema alla tavola
Negli anni, il cocktail Shirley Temple ha lasciato il set cinematografico per conquistare il cuore e il palato di persone di tutte le età in tutto il mondo. È diventato un’icona della cultura pop, un simbolo di spensieratezza e allegria. Dai compleanni ai matrimoni, dai brunch estivi alle feste di Capodanno, il cocktail Shirley Temple è sempre il benvenuto, pronto a sollevare il morale e a creare ricordi indimenticabili.
Una bevanda senza tempo
Così, mentre sollevi il tuo bicchiere di Shirley Temple, ricorda che stai assaporando non solo una bevanda, ma una parte della storia di Hollywood e della magia dei film d’epoca. Questo cocktail senza tempo ci ricorda che anche le cose più semplici possono portare gioia e divertimento nelle nostre vite.
Cocktail & Wine
La ricetta originale dello Spritz: storia e preparazione di un cocktail italiano
Lo spritz è più di un semplice cocktail; è un rito sociale che celebra il piacere di stare insieme e godersi la vita. La sua storia ricca e la sua semplicità lo rendono perfetto per qualsiasi occasione. Ora che conosci le sue origini e la ricetta originale, non ti resta che prepararlo e gustarlo in compagnia!

Lo spritz è uno dei cocktail più iconici e amati d’Italia, simbolo dell’aperitivo per eccellenza. Originario del Nord-Est, questo drink ha conquistato il mondo con il suo sapore fresco e leggero, diventando un must per gli amanti dell’happy hour. Scopriamo insieme le origini dello spritz, chi lo ha creato e come prepararlo secondo la tradizione.
Le origini dello Spritz
Lo spritz ha radici profonde nel Veneto, risalenti al XIX secolo, durante l’occupazione dell’Impero Austro-Ungarico. I soldati austriaci, trovando il vino locale troppo forte per i loro gusti, cominciarono ad allungarlo con acqua frizzante, creando una bevanda leggera chiamata “spritz,” dal verbo tedesco “spritzen,” che significa spruzzare.
L’evoluzione del cocktail
Nel corso degli anni, la ricetta dello spritz si è evoluta. Negli anni ’20 e ’30, con l’introduzione di soda e sifoni, lo spritz ha iniziato a prendere la forma moderna che conosciamo oggi. L’aggiunta di aperitivi come il Select, l’Aperol o il Campari ha dato vita a diverse varianti regionali, rendendolo un cocktail versatile e personalizzabile.
Chi ha creato lo Spritz?
Non esiste un unico creatore dello spritz, poiché si tratta di una bevanda nata dalla tradizione popolare. Tuttavia, il moderno Aperol Spritz, una delle versioni più famose, è stato promosso da Luigi e Silvio Barbieri, che nel 1919 a Padova crearono l’Aperol. Negli anni ‘50, il cocktail cominciò a diffondersi grazie anche alla pubblicità e ai bar che lo proponevano come aperitivo.
Come deve essere fatto: la ricetta originale
La ricetta originale dello spritz è semplice e richiede pochi ingredienti, ma deve essere preparata con attenzione per rispettare la tradizione. Ecco la ricetta classica:
Ingredienti:
- 3 parti di prosecco
- 2 parti di Aperol (o Campari, per una versione più amara)
- 1 parte di soda (acqua frizzante)
- Ghiaccio
- Fetta d’arancia per guarnire
Preparazione:
- Preparazione del bicchiere: Riempire un bicchiere old-fashioned o un calice da vino con ghiaccio fino a metà.
- Versare gli Ingredienti: Versare il prosecco nel bicchiere.
- Aggiungere l’Aperol: Aggiungere l’Aperol (o il Campari).
- Completare con la soda: Aggiungere un tocco di soda per completare.
- Mescolare delicatamente: Mescolare delicatamente con un cucchiaino da bar per amalgamare gli ingredienti senza far perdere le bollicine.
- Guarnire: Guarnire con una fetta d’arancia.
Cocktail & Wine
L’Amaro del Capo si beve Cinzano: Campari cede vermouth e bollicine al Gruppo Caffo per 100 milioni
L’accordo prevede la cessione del 100% della nuova società in cui confluiranno i marchi Cinzano e Frattina. Per Campari è una scelta strategica, per Caffo un trampolino verso l’espansione internazionale.

Un brindisi che segna un cambio di era: Campari Group ha ceduto il business di Cinzano al Gruppo Caffo 1915, storico produttore del Vecchio Amaro del Capo. L’accordo, che riguarda vermouth e spumanti a marchio Cinzano e i prodotti sparkling e grappa Frattina, prevede un corrispettivo da 100 milioni di euro e sarà formalizzato entro la fine del 2025.
La cessione riguarda il 100% della NewCo in cui verranno trasferite le attività oggetto dell’operazione. Restano esclusi gli stabilimenti produttivi in Italia e Argentina, dove Campari continuerà a realizzare anche altri marchi del suo portafoglio.
“Questa transazione rappresenta un passo strategico – si legge nella nota ufficiale di Campari Group – e conferma l’impegno alla razionalizzazione del portafoglio, cedendo i brand non strategici per concentrarsi sul core business degli spirit”.
Per il Gruppo Caffo 1915, si tratta invece di una mossa ambiziosa. A spiegarlo è l’amministratore delegato Sebastiano Caffo: “Cinzano è un marchio iconico, conosciuto in oltre 100 mercati. Questa acquisizione ci permetterà di accelerare l’espansione internazionale, aprendo nuove prospettive di crescita”.
Nel portafoglio Caffo, oltre al celebre Vecchio Amaro del Capo, figurano già marchi storici come Distilleria Durbino, Borsci S. Marzano, Amaro S. Maria al Monte, Grappa Mangilli, Ferro China Bisleri e Petrus Boonekamp. Con l’ingresso di Cinzano, l’offerta si amplia anche al mondo del vermouth e delle bollicine, storicamente legate alla tradizione enologica italiana.
Il marchio Cinzano, fondato nel 1757 a Torino, è da sempre simbolo di convivialità e stile italiano nel mondo. Le sue storiche locandine, diventate iconiche nel secolo scorso, fanno parte dell’immaginario collettivo legato all’aperitivo italiano.
Per Campari, invece, è l’occasione per rafforzare ulteriormente la propria posizione nel segmento degli spirit, focalizzando investimenti e strategie su brand come Aperol, Campari, Wild Turkey, Skyy e Grand Marnier.
L’operazione ha visto impegnati numerosi advisor. Per Campari: Mediobanca come consulente finanziario, Baker & McKenzie per gli aspetti legali, Biscozzi Nobili Piazza e McDermott Will & Emery Italy per quelli fiscali. Per Caffo 1915: Broletto Corporate Advisory, Studio legale Scimemi e Studio Gentile Sogei.
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