Cocktail & Wine
Le 27 regine del vino: le aziende italiane che superano i 100 milioni di fatturato
Nel 2024, il club delle grandi cantine italiane ha raggiunto oltre 6 miliardi di ricavi, con una forte spinta all’export. Tra conferme, nuove entrate e qualche uscita, ecco i protagonisti del mercato vitivinicolo che dominano la scena con strategie vincenti e marchi storici.

L’industria vitivinicola italiana ha chiuso il 2024 con numeri da record, nonostante un anno complesso per il mercato. Sono 27 le aziende che hanno superato i 100 milioni di euro di fatturato, consolidando la loro posizione tra le realtà più influenti del settore. Insieme, queste cantine over 100 rappresentano il 41% del giro d’affari del mercato vinicolo italiano e contribuiscono al 47,5% dell’export nazionale, dimostrando la forza e la competitività del vino italiano nel panorama mondiale.
Le nuove dinamiche del club “Over 100 milioni”
Nel 2024 si è registrata una new entry tra le grandi cantine: la Cantina di Conegliano e Vittorio Veneto Casarsa, frutto della fusione tra la Viticoltori Friulani La Delizia e la Cantina di Conegliano Vittorio Veneto. Con 149,8 milioni di ricavi, questa cooperativa rappresenta il più grande gruppo di primo grado nelle aree del Prosecco, con 5.600 ettari di vigneti e 1.516 soci. Allo stesso tempo, il club 100 ha visto un’uscita: la Contri Spumanti, azienda specializzata in bollicine, è scesa sotto la soglia dei 100 milioni di fatturato, chiudendo l’anno con 95,6 milioni. Un segnale delle difficoltà che hanno caratterizzato il mercato vinicolo nell’ultimo anno.
Vino: chi domina la classifica?
Al vertice della graduatoria si conferma la Cantine Riunite & Civ, con un fatturato di 676,6 milioni di euro, sostenuto dal Gruppo Italiano Vini, che da solo contribuisce con 428 milioni. Segue Argea, la più grande realtà privata industriale del settore, che ha chiuso il 2024 con 464,2 milioni di euro. L’azienda ha recentemente ampliato il suo giro d’affari con l’acquisizione dell’importatore WinesU, rafforzando la sua presenza sul mercato statunitense. Al terzo posto, con 401,9 milioni, si trova Italian Wine Brands, un competitor industriale export-oriented guidato da Alessandro Mutinelli, che continua a puntare sulla crescita internazionale. Appena fuori dal podio, Caviro ha registrato 385,2 milioni, con una diminuzione dell’8,9%. La strategia dell’azienda ha privilegiato prodotti a maggiore marginalità rispetto ai volumi, investendo in Caviro Extra, realtà dedicata alla trasformazione degli scarti della vinificazione in bioenergia e fertilizzanti naturali.
La forza del brand e i grandi nomi del vino italiano
Nel settore della produzione pura, si distingue Marchesi Antinori, quinta in classifica con 262,5 milioni di euro di fatturato. La storica cantina toscana ha continuato la sua espansione negli USA grazie alla Vinattieri 1385, società operativa in Napa Valley, che importa direttamente i suoi vini. All’ottavo posto, con Herita Marzotto Wine Estates, si afferma il nuovo nome della storica Santa Margherita. Con dieci tenute in Italia e una significativa presenza negli Stati Uniti, la società ha registrato un leggero calo del 2,7%, dovuto al rallentamento in alcuni mercati internazionali.
Chi cresce e chi perde terreno?
Tra le aziende in crescita spicca Zonin 1821, che ha superato la soglia dei 200 milioni, chiudendo con 209,3 milioni (+7,85%). L’azienda, oltre al marchio Zonin distribuito in 100 mercati, ha stretto un accordo con la famiglia Bocelli per la distribuzione internazionale dei vini Bocelli1831. Si rafforza anche Mack Schuhle Italia, che ha registrato 205,6 milioni (+19,5%), consolidandosi nel settore della grande distribuzione organizzata. La Mionetto di Valdobbiadene, marchio storico del Prosecco, ha chiuso con 180,9 milioni, crescendo del 17,87% grazie al sostegno del gruppo Henkell-Freixenet. Tra i produttori puri, Marchesi Frescobaldi ha mantenuto 165 milioni di fatturato, confermandosi come uno dei nomi più influenti del vino italiano.
Le bollicine venete continuano a brillare
Tra le aziende leader nel settore Prosecco, Villa Sandi della famiglia Moretti Polegato (proproetaria di Geox) ha registrato 132 milioni, mentre Serena Wines ha chiuso con 106,3 milioni. Anche Ruffino, braccio italiano della multinazionale americana Constellation Brands, ha mantenuto la soglia dei 105 milioni. In sintesi mentre alcune aziende registrano cali, altre si rafforzano grazie a fusioni strategiche e acquisizioni internazionali, garantendo al vino italiano una posizione di rilievo sui mercati mondiali.
INSTAGRAM.COM/LACITYMAG
Cocktail & Wine
L’Amaro del Capo si beve Cinzano: Campari cede vermouth e bollicine al Gruppo Caffo per 100 milioni
L’accordo prevede la cessione del 100% della nuova società in cui confluiranno i marchi Cinzano e Frattina. Per Campari è una scelta strategica, per Caffo un trampolino verso l’espansione internazionale.

Un brindisi che segna un cambio di era: Campari Group ha ceduto il business di Cinzano al Gruppo Caffo 1915, storico produttore del Vecchio Amaro del Capo. L’accordo, che riguarda vermouth e spumanti a marchio Cinzano e i prodotti sparkling e grappa Frattina, prevede un corrispettivo da 100 milioni di euro e sarà formalizzato entro la fine del 2025.
La cessione riguarda il 100% della NewCo in cui verranno trasferite le attività oggetto dell’operazione. Restano esclusi gli stabilimenti produttivi in Italia e Argentina, dove Campari continuerà a realizzare anche altri marchi del suo portafoglio.
“Questa transazione rappresenta un passo strategico – si legge nella nota ufficiale di Campari Group – e conferma l’impegno alla razionalizzazione del portafoglio, cedendo i brand non strategici per concentrarsi sul core business degli spirit”.
Per il Gruppo Caffo 1915, si tratta invece di una mossa ambiziosa. A spiegarlo è l’amministratore delegato Sebastiano Caffo: “Cinzano è un marchio iconico, conosciuto in oltre 100 mercati. Questa acquisizione ci permetterà di accelerare l’espansione internazionale, aprendo nuove prospettive di crescita”.
Nel portafoglio Caffo, oltre al celebre Vecchio Amaro del Capo, figurano già marchi storici come Distilleria Durbino, Borsci S. Marzano, Amaro S. Maria al Monte, Grappa Mangilli, Ferro China Bisleri e Petrus Boonekamp. Con l’ingresso di Cinzano, l’offerta si amplia anche al mondo del vermouth e delle bollicine, storicamente legate alla tradizione enologica italiana.
Il marchio Cinzano, fondato nel 1757 a Torino, è da sempre simbolo di convivialità e stile italiano nel mondo. Le sue storiche locandine, diventate iconiche nel secolo scorso, fanno parte dell’immaginario collettivo legato all’aperitivo italiano.
Per Campari, invece, è l’occasione per rafforzare ulteriormente la propria posizione nel segmento degli spirit, focalizzando investimenti e strategie su brand come Aperol, Campari, Wild Turkey, Skyy e Grand Marnier.
L’operazione ha visto impegnati numerosi advisor. Per Campari: Mediobanca come consulente finanziario, Baker & McKenzie per gli aspetti legali, Biscozzi Nobili Piazza e McDermott Will & Emery Italy per quelli fiscali. Per Caffo 1915: Broletto Corporate Advisory, Studio legale Scimemi e Studio Gentile Sogei.
Cocktail & Wine
Quel barolo da 16mila euro a bottiglia
Il Barolo, noto come il “re dei vini”, rappresenta un tesoro enogastronomico con prezzi sorprendentemente elevati, come dimostra il Barolo Monfortino Riserva Conterno 2010, venduto a oltre 16.000 euro per una Jéroboam da 3 litri.

Se c’è un vino che incarna l’essenza stessa dell’eccellenza enologica italiana, è sicuramente il Barolo. Conosciuto come il “re dei vini” e anche il “vino dei re”, questo nettare è molto più di una semplice bevanda: è un’esperienza sensoriale, un simbolo di prestigio e tradizione che ha conquistato il cuore di intenditori di tutto il mondo. Ma c’è un aspetto di questo vino che continua a sorprendere anche i più esperti del settore: il suo prezzo. Si potrebbe pensare che un vino così celebrato abbia un costo ragionevole, ma la realtà è ben diversa. Il Barolo è un vero tesoro enogastronomico, con prezzi che possono superare ogni aspettativa.
Prendiamo ad esempio il Barolo Monfortino Riserva Conterno 2010. Questa bottiglia, una Jéroboam da 3 litri, è una vera rarità, un gioiello che incarna il meglio della tradizione vinicola italiana. Ma quanto costa avere tra le mani un capolavoro del genere? La cifra è quasi surreale: oltre 16.000 euro. Sì, hai letto bene. Per assaporare il prestigio e l’esclusività di questo vino da collezione, devi essere disposto a fare un investimento considerevole, ma la soddisfazione che ne deriva è impagabile.
Ma cosa rende così speciale il Barolo? Innanzitutto, il suo lungo processo di produzione, che richiede pazienza e maestria. Questo vino è ottenuto esclusivamente dalle uve nebbiolo, un vitigno pregiato che cresce sulle colline del Piemonte, e ogni fase del suo sviluppo è curata con la massima attenzione per garantire un risultato eccellente. Il disciplinare di produzione del Barolo DOCG stabilisce rigorosi standard di qualità, tra cui un periodo minimo di invecchiamento di 38 mesi, di cui almeno 18 in legno. Questo processo conferisce al Barolo la sua complessità e profondità, facendolo diventare un vero e proprio viaggio per le papille gustative.
Ma il Barolo non è solo un piacere per il palato: è anche un investimento nel tempo. Questo vino è destinato a migliorare con gli anni, sviluppando caratteristiche uniche e complesse che lo rendono ancora più prezioso. Ecco perché molti intenditori scelgono di conservare il loro Barolo con estrema cura, in modo da poter godere appieno del suo potenziale nel corso degli anni.
Quindi, se sei un appassionato di vino e sei alla ricerca di un’esperienza enogastronomica indimenticabile, il Barolo è sicuramente una scelta eccellente. Tuttavia, preparati a sborsare una somma considerevole per assicurarti una bottiglia delle annate migliori. Ma ricorda: ogni sorso di Barolo è un viaggio nel cuore della tradizione vinicola italiana, un’esperienza che non ha prezzo.
Cocktail & Wine
La nuova moda dei locali dove si beve solo analcolico
Atipico: il bar di Settimo Torinese che rivoluziona il concetto di aperitivo Nientealcol, solo cocktail alternativi. Ecco come Davide Piastra ha trasformato la sua attività in un successo senza alcol.

«Vorremmo due Negroni», «Qui non li facciamo, non serviamo alcol ma abbiamo dei cocktail alternativi». Questo è l’incipit di una storia unica: quella di Atipico, il bar inaugurato da Davide Piastra a Settimo Torinese, dove l’alcol è bandito. In un’epoca dove i temperance bar stanno prendendo piede all’estero, Piastra ha deciso di portare questo concetto in Italia, rivoluzionando l’approccio al bere. Ma dietro questa scelta non c’è solo innovazione, c’è anche una profonda fede e una storia di imprenditorialità.
La scelta di eliminare l’alcol
Davide Piastra, insieme ai suoi collaboratori, ha deciso di abbandonare i superalcolici a favore di cocktail rivisitati con vini, prosecchi e liquori dealcolati. «Non posso fare del male a me e agli altri. Dare dell’alcol significa danneggiare l’altro e chi gli sta intorno», spiega Piastra, che nel 2019 si è convertito all’Islam. Da qui è iniziato il suo percorso verso un locale completamente alcohol-free, una rarità in Italia.
Un progetto di innovazione
Il percorso di Davide nel mondo della ristorazione inizia oltre vent’anni fa. Dopo anni di lavoro con cocktail ad alta gradazione, ha deciso di fare un cambio radicale. «Quando oggi propongo questo prodotto so cosa bevevi prima e cosa ti sto dando adesso», dice con sicurezza. I cocktail di Atipico, fatti con prodotti dealcolati, offrono un’esplosione di sapori che l’alcol solitamente copre. La ricerca continua di ingredienti e lo studio per migliorare le bevande sono alla base del successo del bar.
L’importanza della fede
Per Davide, la scelta di non servire alcol è anche una questione di fede. Dopo la sua conversione all’Islam, ha sentito il bisogno di allineare il suo lavoro ai suoi principi. «Non c’è un obbligo religioso in tal senso, ma se si ha la possibilità economica di farlo, i musulmani che vendono alcol dovrebbero togliersi da questo sistema», spiega.
Un target nuovo e fedele
Atipico ha già conquistato una clientela fissa, composta principalmente da donne dai 35 anni in su, donne incinte e persone della terza età. «Il nostro target sono le signore dai 35 anni in su, donne incinte e amiche che fanno parte di quella cerchia», racconta Piastra. Il locale offre un luogo dove si può fare aperitivo senza il rischio di eccessi alcolici.
Una nuova visione dell’aperitivo
La filosofia di Atipico è chiara: offrire qualcosa di diverso senza obbligare nessuno. «Noi, in ogni caso, non avvisiamo prima i clienti della nostra eccezionalità, siamo qui per proporre, non vogliamo costringere nessuno», conclude Davide. E così, tra cocktail senza alcol e un’atmosfera accogliente, Atipico sta lentamente rivoluzionando il concetto di aperitivo a Settimo Torinese.
-
Gossip1 anno fa
Elisabetta Canalis, che Sex bomb! è suo il primo topless del 2024 (GALLERY SENZA CENSURA!)
-
Cronaca Nera12 mesi fa
Bossetti è innocente? Ecco tutti i lati deboli dell’accusa
-
Sex and La City1 anno fa
Dick Rating: che voto mi dai se te lo posto?
-
Speciale Olimpiadi 202411 mesi fa
Fact checking su Imane Khelif, la pugile al centro delle polemiche. Davvero è trans?
-
Speciale Grande Fratello10 mesi fa
Helena Prestes, chi è la concorrente vip del Grande Fratello? Età, carriera, vita privata e curiosità
-
Speciale Grande Fratello10 mesi fa
Shaila del Grande Fratello: balzi da “Gatta” nei programmi Mediaset
-
Gossip1 anno fa
È crisi tra Stefano Rosso e Francesca Chillemi? Colpa di Can?
-
Gossip11 mesi fa
La De Filippi beccata con lui: la strana coppia a cavallo si rilassa in vacanza