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Cocktail & Wine

Sai che cos’è uno speakeasy? Ecco i migliori al mondo tra cocktail, mistero e design

Da Londra a Tokyo, i bar segreti celebrano l’arte della mixology e il fascino dell’epoca proibizionista. Trovarli è la vera sfida.

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    Nati dall’esigenza di nascondere il consumo di alcol ai tempi del proibizionismo, gli speakeasy oggi sono locali sofisticati che si celano dietro negozi di fiori, pareti anonime o porte ben camuffate. Il gioco è sempre lo stesso: trovarli e immergersi in un’atmosfera fuori dal tempo. Alcuni di questi cocktail bar segreti sono considerati tra i migliori al mondo. Dall’Europa all’Asia, l’accesso spesso avviene attraverso passaggi nascosti, porte camuffate o indovinelli da risolvere. Ecco alcuni tra i più affascinanti.

    Experimental Cocktail Club, Londra

    Nel cuore di Soho, l’Experimental Cocktail Club è un luogo raffinato che rievoca il glamour degli anni ’20. L’ingresso è discreto, una porta nera nascosta tra ristoranti cinesi, che conduce in un ambiente dallo stile retrò: divani di velluto, marmo, luci soffuse e una selezione di cocktail tra le più creative della città.

    Candelaria, Parigi

    Nel quartiere Le Marais, a Parigi, si trova Candelaria, nato come prima taqueria messicana della città. A prima vista sembra solo un locale di street food, ma chi nota il movimento degli avventori scoprirà che la porta del bagno nasconde l’accesso al vero speakeasy. Dietro quella soglia si cela un bar accogliente e vivace, con una grande selezione di cocktail a base di agave.

    1930, Milano

    Uno dei primi speakeasy di successo in Italia, il 1930 è il gioiello della famiglia MAG. Dopo il trasferimento in una nuova sede, continua a proporre cocktail ispirati alla miscelazione del Novecento, uniti a un menù che fonde food & drink. Se un tempo era nascosto dietro un negozio di prodotti asiatici, oggi l’ingresso è camuffato all’interno del MAG La Pusterla, il locale gemello che funge da filtro per accedervi.

    Find The Locker Room, Bangkok

    In Thailandia, il concept del secret bar ha trovato terreno fertile, e Find The Locker Room è tra i più difficili da scovare. Oltre a individuare l’indirizzo, bisogna trovare il giusto armadietto tra una parete di locker, capire dove si nasconde la porta e finalmente varcare la soglia di un ambiente esclusivo, dal design moderno e cocktail raffinati.

    Janai Coffee, Tokyo

    A Ginza, Tokyo, il bar Janai Coffee è un vero segreto ben custodito. Di giorno è una minuscola caffetteria specialty, ma dopo le 18 si trasforma in un elegante speakeasy. Per accedervi, bisogna mostrare l’homepage del sito del bar e attivare manualmente un trick nascosto sul logo. Un’esperienza che premia chi ama l’arte della scoperta.

    The Vault, Las Vegas

    Nel cuore del Bellagio, il famoso resort di Las Vegas ispirato al Lago di Como, si nasconde The Vault, un secret bar esclusivo che nulla ha a che fare con l’energia frenetica dei casinò. Elegante, raffinato e con poche sedute, è un luogo perfetto per chi cerca un’esperienza di lusso lontano dal rumore della Strip. L’accesso? Solo su prenotazione.

    Hanky Panky, Mexico City

    Passeggiando per il quartiere La Juarez, si incontra un garage-tacos bar dall’aspetto anonimo. Ma chi sa come muoversi viene condotto all’interno dell’Hanky Panky, il primo speakeasy di Città del Messico. Aperto nel 2016, è un bar intimo e vivace, perfetto per chi ama bere direttamente al bancone, osservando il rituale della mixology.

    Floreria Atlantico, Buenos Aires

    In uno dei quartieri più lussuosi di Buenos Aires, il Retiro, esiste un negozio di fiori molto speciale. Oltre a vendere vino e avere una grande cella frigorifera, nasconde uno speakeasy bar e ristorante, con un lungo bancone dove è possibile osservare preparazioni e tecniche di miscelazione dal vivo. Fondato da Aline Vargas, Tato Giovannoni e Julian Diaz, Floreria Atlantico rende omaggio alla mixology tradizionale di Buenos Aires del primo Ottocento, adattandola al gusto moderno.

    Red Frog, Lisbona

    Dietro a una parete di piastrelle anonime, nel cuore di Lisbona, si cela Red Frog, uno speakeasy che unisce musica blues/swing e cocktail d’autore. Fondato da Emanuel Minez e Paulo Gomez, è un luogo dall’atmosfera bohémien, perfetto per chi ama conversare fino a tarda notte in un contesto che ricorda il fascino della Belle Époque. La sua cocktail list ripercorre diversi periodi storici, dando ai clienti un pretesto perfetto per assaporare un pezzo di storia liquida.

    Red Room, Londra

    Londra è ricca di indirizzi iconici, ma Red Room, nascosto all’interno del Connaught Bar, è uno spazio di lusso e design, perfetto per un’esperienza raffinata. Un vero salotto da collezione, definito da tonalità crema, rosa sfumato e blu perla, arredato con opere d’arte e pezzi unici. Qui si possono degustare vini d’annata e riserve esclusive, oltre a una capsule collection di sei cocktail, curata in base alla stagionalità.

    La magia degli speakeasy

    Se volete andare a caccia di speakeasy della vostra città ricordatevi che questi luoghi non sono solo bar, sono esperienze. Viaggi sensoriali tra mistero, atmosfera e cocktail indimenticabili. Trovarli è la prima sfida, entrarci e lasciarsi affascinare è la parte più magica. Il mondo della mixology è pieno di segreti, e questi sono tra i più emozionanti da svelare.

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      Cocktail & Wine

      Meghan Markle tenta ancora: dal miele al vino rosé

      Dopo il lancio del miele, la duchessa di Sussex si prepara a presentare il suo vino rosé, ma gli investitori sembrano scettici. Riuscirà il suo brand a decollare?

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        Meghan Markle non si arrende e continua a sviluppare il suo brand di lifestyle,Mark Carney. Dopo aver tentato con i vasetti di miele, ora punta a lanciare un vino rosé. Tuttavia, il progetto incontra ostacoli significativi a causa della mancanza di investitori pronti a scommettere sul marchio della duchessa.

        La passione per il vino e il nuovo obiettivo

        La passione di Meghan Markle per il vino, conosciuta dal pubblico britannico, ha ispirato il suo ultimo progetto: produrre un vino rosé sotto il marchio American Riviera Orchard. La duchessa ha deciso di creare un proprio vino, ricordando come il Tignanello abbia avuto un ruolo importante nel suo primo appuntamento con il principe Harry. Nonostante l’originalità della scelta, il mercato dei vini delle celebrità è già affollato, con figure come Cameron Diaz, George Clooney e Brad Pitt che hanno già lanciato le loro etichette.

        Le difficoltà nel trovare investitori

        Nonostante la strategia di seguire le orme delle star di Hollywood, l’American Riviera Orchard non ha ancora ottenuto i risultati sperati. Secondo i tabloid inglesi, Meghan Markle non è riuscita a trovare investitori disposti a sostenere finanziariamente il suo progetto. Lucie Green, esperta di marketing, ha commentato che il marchio non riesce a decollare a causa dell’assenza di investitori, nonostante Meghan abbia già distribuito vasetti di miele ai suoi amici e colleghi del cinema. Green ha osservato che, senza un sostegno economico adeguato, Meghan avrà difficoltà a lanciare il suo marchio nel breve termine.

        Un futuro incerto per American Riviera Orchard

        Il brand di lifestyle di Meghan Markle, American Riviera Orchard, affronta un futuro incerto. La mancanza di investitori rappresenta un serio ostacolo per il successo del vino rosé e del marchio in generale. Meghan Markle dovrà trovare nuove strategie per attirare finanziamenti e realizzare il suo ambizioso progetto di portare il suo vino rosé sul mercato. La determinazione della duchessa è chiara, ma il successo del suo brand dipenderà dalla capacità di convincere gli investitori del potenziale del suo nuovo prodotto.

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          Le 27 regine del vino: le aziende italiane che superano i 100 milioni di fatturato

          Nel 2024, il club delle grandi cantine italiane ha raggiunto oltre 6 miliardi di ricavi, con una forte spinta all’export. Tra conferme, nuove entrate e qualche uscita, ecco i protagonisti del mercato vitivinicolo che dominano la scena con strategie vincenti e marchi storici.

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            L’industria vitivinicola italiana ha chiuso il 2024 con numeri da record, nonostante un anno complesso per il mercato. Sono 27 le aziende che hanno superato i 100 milioni di euro di fatturato, consolidando la loro posizione tra le realtà più influenti del settore. Insieme, queste cantine over 100 rappresentano il 41% del giro d’affari del mercato vinicolo italiano e contribuiscono al 47,5% dell’export nazionale, dimostrando la forza e la competitività del vino italiano nel panorama mondiale.

            Le nuove dinamiche del club “Over 100 milioni”

            Nel 2024 si è registrata una new entry tra le grandi cantine: la Cantina di Conegliano e Vittorio Veneto Casarsa, frutto della fusione tra la Viticoltori Friulani La Delizia e la Cantina di Conegliano Vittorio Veneto. Con 149,8 milioni di ricavi, questa cooperativa rappresenta il più grande gruppo di primo grado nelle aree del Prosecco, con 5.600 ettari di vigneti e 1.516 soci. Allo stesso tempo, il club 100 ha visto un’uscita: la Contri Spumanti, azienda specializzata in bollicine, è scesa sotto la soglia dei 100 milioni di fatturato, chiudendo l’anno con 95,6 milioni. Un segnale delle difficoltà che hanno caratterizzato il mercato vinicolo nell’ultimo anno.

            Vino: chi domina la classifica?

            Al vertice della graduatoria si conferma la Cantine Riunite & Civ, con un fatturato di 676,6 milioni di euro, sostenuto dal Gruppo Italiano Vini, che da solo contribuisce con 428 milioni. Segue Argea, la più grande realtà privata industriale del settore, che ha chiuso il 2024 con 464,2 milioni di euro. L’azienda ha recentemente ampliato il suo giro d’affari con l’acquisizione dell’importatore WinesU, rafforzando la sua presenza sul mercato statunitense. Al terzo posto, con 401,9 milioni, si trova Italian Wine Brands, un competitor industriale export-oriented guidato da Alessandro Mutinelli, che continua a puntare sulla crescita internazionale. Appena fuori dal podio, Caviro ha registrato 385,2 milioni, con una diminuzione dell’8,9%. La strategia dell’azienda ha privilegiato prodotti a maggiore marginalità rispetto ai volumi, investendo in Caviro Extra, realtà dedicata alla trasformazione degli scarti della vinificazione in bioenergia e fertilizzanti naturali.

            La forza del brand e i grandi nomi del vino italiano

            Nel settore della produzione pura, si distingue Marchesi Antinori, quinta in classifica con 262,5 milioni di euro di fatturato. La storica cantina toscana ha continuato la sua espansione negli USA grazie alla Vinattieri 1385, società operativa in Napa Valley, che importa direttamente i suoi vini. All’ottavo posto, con Herita Marzotto Wine Estates, si afferma il nuovo nome della storica Santa Margherita. Con dieci tenute in Italia e una significativa presenza negli Stati Uniti, la società ha registrato un leggero calo del 2,7%, dovuto al rallentamento in alcuni mercati internazionali.

            Chi cresce e chi perde terreno?

            Tra le aziende in crescita spicca Zonin 1821, che ha superato la soglia dei 200 milioni, chiudendo con 209,3 milioni (+7,85%). L’azienda, oltre al marchio Zonin distribuito in 100 mercati, ha stretto un accordo con la famiglia Bocelli per la distribuzione internazionale dei vini Bocelli1831. Si rafforza anche Mack Schuhle Italia, che ha registrato 205,6 milioni (+19,5%), consolidandosi nel settore della grande distribuzione organizzata. La Mionetto di Valdobbiadene, marchio storico del Prosecco, ha chiuso con 180,9 milioni, crescendo del 17,87% grazie al sostegno del gruppo Henkell-Freixenet. Tra i produttori puri, Marchesi Frescobaldi ha mantenuto 165 milioni di fatturato, confermandosi come uno dei nomi più influenti del vino italiano.

            Le bollicine venete continuano a brillare

            Tra le aziende leader nel settore Prosecco, Villa Sandi della famiglia Moretti Polegato (proproetaria di Geox) ha registrato 132 milioni, mentre Serena Wines ha chiuso con 106,3 milioni. Anche Ruffino, braccio italiano della multinazionale americana Constellation Brands, ha mantenuto la soglia dei 105 milioni. In sintesi mentre alcune aziende registrano cali, altre si rafforzano grazie a fusioni strategiche e acquisizioni internazionali, garantendo al vino italiano una posizione di rilievo sui mercati mondiali.

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              Cocktail & Wine

              A Pavia il panino è social (ma senza social): se posi il telefono, ti offrono da bere

              Nel cuore di Pavia, tra il Ponte Coperto e le strade che hanno fatto da sfondo agli 883, c’è un locale che ha deciso di sfidare l’ossessione per lo smartphone: chi lo mette via, riceve un drink in omaggio. Un’idea semplice e geniale di Giuseppe Dabbene, fondatore di Miccone, che oltre a recuperare l’antico pane pavese, invita i clienti a riscoprire la bellezza della conversazione faccia a faccia.

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                A Pavia il tempo sembra essersi fermato tra le melodie di Hanno ucciso l’uomo ragno e le passeggiate sul Ponte Coperto, sotto il quale Max Pezzali e Mauro Repetto hanno lasciato tracce indelebili della loro provincia sonora. E proprio lì, dove la nostalgia incontra la modernità, dal 2014 c’è un locale che ha deciso di riportare in auge un’usanza quasi dimenticata: chiacchierare senza distrazioni. Il tutto accompagnato da una missione gastronomica altrettanto nobile: ridare dignità al miccone, l’antico pane pavese.

                Il miccone, il pane della tradizione che torna protagonista

                Parliamo di un pane bianco dalla forma generosa, pensato per durare a lungo e sfamare intere famiglie in campagna. Crosta dorata e robusta, mollica morbida ed elastica: un prodotto della tradizione pavese che negli anni ha rischiato di finire nel dimenticatoio, se non fosse stato per alcuni visionari. Tra questi, il signor Dado, storico barista di Borgo Ticino, che già negli anni ‘60 lo serviva a fette farcite nel suo locale. Ma è stato Giuseppe Dabbene a trasformarlo in un simbolo contemporaneo, costruendoci intorno un intero brand.

                Giuseppe Dabbene e il progetto Miccone: tra tradizione e innovazione

                Dabbene, classe 1988, ha un passato accademico in Giurisprudenza e Management tra Pavia e Londra, ma il richiamo delle origini è stato più forte. Nel 2014 ha rilevato il vecchio bar di famiglia con un’idea ben precisa: valorizzare il patrimonio gastronomico locale. Il miccone è diventato così il cuore pulsante del suo progetto: tagliato a fette sottili, tostato e ripiegato a metà per accogliere farciture che spaziano dai classici salumi pavesi fino a contaminazioni internazionali come salmone e avocado.

                La sua avventura è arrivata perfino a Londra, dove ha lanciato un food truck a tema miccone, salvo poi dover rinunciare a causa della Brexit. Ma la storia non finisce qui: nel 2022 ha aperto un secondo locale nel centro di Pavia, sotto il Duomo, consolidando la sua idea di cucina di qualità radicata nel territorio.

                Ciciaruma: il giovedì del “posi il telefono, bevi gratis”

                Ma Miccone non si limita alla gastronomia. Dabbene ha deciso di rilanciare anche il valore del dialogo con Ciciaruma (in dialetto pavese: “chiacchieriamo”), un’iniziativa che ogni giovedì sera premia chi rinuncia alla schiavitù dello smartphone. La dinamica è semplice quanto rivoluzionaria: all’ingresso, i clienti possono consegnare il telefono in un’apposita cassetta e, in cambio, ricevono un drink omaggio.

                L’idea nasce da una riflessione sull’iperconnessione e sulla difficoltà crescente di godersi una serata senza lo schermo in mano. “Volevamo ricreare quell’atmosfera dei bar di provincia dove si parla, si ride, si discute, senza continue notifiche a interrompere il momento”, spiega Dabbene. “E abbiamo pensato che offrire un drink potesse essere il giusto incentivo per provare”.

                Un drink per riscoprire la convivialità

                A suggellare questa filosofia è anche la scelta del drink omaggio: una Biova, birra artigianale chiara prodotta con il pane di Pavia. Un altro piccolo tassello nella missione di Miccone di unire sapori autentici e socialità genuina.

                E così, tra un sorso e una chiacchiera, il giovedì pavese si trasforma in un ritorno alle origini: niente selfie, niente stories, solo parole vere. Una scommessa che sembra funzionare, perché, diciamocelo, una serata senza notifiche, ma con un buon panino e una birra fresca, può valere più di mille like.

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