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Cucina

La pasta e patate come la faceva la nonna (con la crosticina)

Dalla Campania a tutta Italia, la pasta e patate è uno dei comfort food più amati: cremosa, saporita e – se fatta come si deve – con una crosticina irresistibile sul fondo. Servono pochi ingredienti, ma tanta pazienza: e magari l’aggiunta “eretica” di un pezzetto di provola o parmigiano grattugiato.

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    C’è chi la fa brodosa, chi la vuole compatta, chi non rinuncia al tocco di formaggio filante. Ma una cosa è certa: la pasta e patate, se fatta come si deve, è una delle ricette più coccolose dell’universo gastronomico italiano. Piatto povero per eccellenza, nato per saziare lo stomaco e scaldare il cuore, oggi è tornato di moda anche nei menu stellati. Merito della sua semplicità e di quella capacità tutta mediterranea di trasformare il poco in qualcosa di speciale.

    In Campania, dove questa ricetta ha le sue radici più celebri, si chiama “pasta e patane azzeccata”, dove “azzeccata” sta per “attaccata”: sul fondo della pentola, infatti, deve formarsi una leggera crosticina dorata che regala sapore e consistenza al piatto. Un dettaglio che fa tutta la differenza.

    Gli ingredienti base:

    • 400 g di patate (a pasta gialla, sode)
    • 200 g di pasta mista (o ditalini, tubetti)
    • 1 cipolla dorata
    • 1 carota e un gambo di sedano (facoltativi)
    • 1 cucchiaio di concentrato di pomodoro
    • olio extravergine d’oliva
    • sale e pepe
    • scorza di parmigiano (opzionale)
    • provola affumicata o parmigiano grattugiato (a piacere)

    La versione tradizionale prevede la cottura in un’unica pentola, senza bollire la pasta a parte. “È proprio l’amido che rilascia la pasta a rendere cremoso il tutto, senza bisogno di panna o burro”, spiegano molti cuochi napoletani.

    Procedimento:

    In un tegame capiente, fate rosolare la cipolla tritata con un giro d’olio. Se volete arricchire il sapore, potete aggiungere sedano e carota a pezzetti. Unite le patate tagliate a tocchetti piccoli, fate insaporire qualche minuto, poi aggiungete il concentrato di pomodoro e circa un litro d’acqua calda. Salate, pepate, e lasciate sobbollire per una ventina di minuti.

    Quando le patate iniziano a sfaldarsi, unite la pasta direttamente nella pentola e mescolate spesso. Se avete una scorza di parmigiano, è il momento di buttarla dentro. Cuocete a fiamma bassa finché la pasta è cotta e il fondo è diventato bello cremoso (senza mai lasciare che si asciughi troppo). Alla fine, per i più golosi, si può aggiungere un po’ di provola a cubetti e lasciarla sciogliere.

    A questo punto, chi vuole può lasciare la pentola qualche minuto sul fuoco senza mescolare, per creare quella deliziosa crosticina. Attenzione solo a non bruciare!

    Si serve calda, magari con una macinata di pepe e un filo d’olio a crudo. E se ve ne avanza un po’? Nessun problema: riscaldata il giorno dopo, è ancora più buona.

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      Cucina

      Salvate il bucatino Ryan: ma che ne sanno gli americani dell’Amatriciana…

      Un piatto iconico della cucina di casa nostra, che in America hanno riscritto e pubblicato sul Washington Post inserendo negli ingredienti «cipolla, basilico e aglio»: orrore! Ecco la ricetta originale, non scherziamo…

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        Se c’è una cosa che ad un italiano vero non devi toccare… è la pasta! Un argomento in grado di far scatenare più dibattiti della politica o del calcio. Soprattutto quando si parla di uno dei sughi più rappresentativi della nostra tavola: la ricetta dell’amatriciana! Se. La testata USA Washington Post, probabilmente carica di buone intenzioni (ma di scarsa conoscenza in materia) ha pubblicato la ricetta del piatto simbolo di Amatrice, fra evidenti svarioni che gridano vendetta agli Dei! Tra cipolla, aglio e basilico i gastronomi di casa nostra sono rimasti letteralmente senza parole.

        Una voce fra le tante, quella di Paolo Cacciani, del noto ristorante di Frascati coinvolto nella vicenda da quotidiano americano, per non fare ulteriore chiasso ha dimostrato di prendere la cosa con filosofia. Ecco le sue parole: «Avranno capito male». Di sicuro, da nord a sud, gli italiani difensori del patrimonio culinario, sono pronti a combattere col coltello tra i denti – anzi, con la forchetta – per la ricetta originale, unica ed immodificabile: guanciale, pecorino e pomodori. Il tutto, rigorosamente, senza aglio, cipolla o prezzemolo.

        L’identità di un Paese passa anche dai fornelli

        La questione è più seria di quello che si può pensare. Non si tratta solo di ingredienti… ma di vero e proprio patrimonio culturale. La ricetta corretta è stata addirittura depositata al Comune di Amatrice. Il consiglio agli amici a stelle e strisce è che, la prossima volta che volete cimentarvi in una pasta all’amatriciana, lasciate stare aglio e cipolla… e calate i bucatini quando l’acqua bolle!

        Attenzione a non macchiarsi

        E’ una questione di valori identitari quella in gioco: nella ricetta corretta dell’amatriciana non ci sono nè la cipolla né tantomeno meno l’aglio. Nonostante siano ingredienti molto gettonati nei primi piatti italiani degustabili all’estero. Il formato della pasta? I sibilanti bucatini, magari un po’ scomodi da mangiarsi ma che prendono così bene il sugo… al punto da rappresentare un pericolo per camicie e magliette dei commensali!

        Quello che vi occorre per preparare la ricetta originale

        Ma quali sono quindi gli ingredienti corretti per preparare un’amatriciana, rispettando rigorosamente la tradizione italiana? Tutto quello che ci occorre è la pasta, il sale, il guanciale – da non confondere con la pancetta, attenzione – il pomodoro e il pecorino.

        Fate così

        Si tratta di pochi passaggi, ma da rispettare alla lettera per una buona riuscita del piatto. Dopo aver messo a scaldare la pentola dell’acqua per la pasta, la prima osa da fare è rosolare il guanciale. In una padella a fuoco lento per 7-8 minuti, deve risultare, croccante, liberando il grasso che risulterà fondamentale per la mantecatura della pasta scelta. Una volta che il grasso risulterà sciolto, sfumate col vino bianco, alzate la fiamma e fatelo evaporare (anche se, a dire il vero, non tutte le versioni della ricetta inseriscono questo passaggio).

        Il guanciale deve rimanere croccante

        Per non perdere la croccantezza acquisita del guanciale, le listarelle andranno trasferite in un altro piatto: torneranno utili nella fase finale della preparazione. Nella stessa padella col fondo di cottura del guanciale riponete il peperoncino privo di semi e i pomodori pelati sfilacciati grossolanamente. Il tempo di cottura a fiamma moderata è di circa 10 minuti. Una volta pronto è il momento di eliminare il peperoncino dal sugo, amalgamando la pasta versando gli spaghetti nella padella col sugo e il guanciale. Il tocco finale sarà rappresentato da una bella spolverata di pecorino romano. In questo modo la tradizione sarà salva e basterà affondare la forchetta in questo miracolo di gusto!

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          Cucina

          Minestrone alla genovese: un piatto della tradizione, ricco di sapori e storia

          Il minestrone alla genovese è molto più di una zuppa di verdure: è un pezzo di storia gastronomica italiana. Scopriamo insieme la sua ricetta tradizionale, le varianti regionali e i benefici nutrizionali di questo piatto antico.

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            Il minestrone alla genovese è uno dei piatti più antichi della tradizione ligure, strettamente legato alla cucina povera contadina. Le sue origini risalgono a un tempo in cui la cucina mediterranea si basava principalmente sui prodotti dell’orto e su quello che la terra offriva di stagione. Il minestrone, in questo contesto, era un piatto preparato con le verdure fresche disponibili, arricchito a Genova con un elemento fondamentale della cultura locale: il pesto.

            L’utilizzo del pesto, a base di basilico, pinoli, aglio, parmigiano e olio extravergine d’oliva, è il tratto distintivo che rende unico il minestrone alla genovese rispetto alle altre versioni italiane di questo piatto. Nella Genova del passato, il minestrone rappresentava un piatto completo e nutriente, capace di saziare e riscaldare durante le lunghe giornate lavorative.

            La ricetta tradizionale del minestrone alla genovese

            La preparazione del minestrone alla genovese richiede l’uso di verdure fresche, rigorosamente di stagione, e il tempo necessario per farle cuocere a lungo, permettendo ai sapori di fondersi perfettamente. Ecco gli ingredienti base per preparare questo piatto secondo la tradizione.

            Ingredienti:

            • 200 g di fagioli borlotti freschi (o secchi, ammollati per una notte)
            • 2 patate
            • 2 zucchine
            • 1 cipolla
            • 1 carota
            • 1 gambo di sedano
            • 200 g di cavolo verza
            • 1 pomodoro maturo
            • 100 g di bietole
            • 100 g di piselli freschi
            • 100 g di fagiolini
            • 1 mazzetto di basilico fresco
            • 50 g di pesto genovese
            • 100 g di pasta corta (tipo ditalini o maltagliati)
            • Sale, pepe, olio extravergine d’oliva

            Preparazione:

            1. Lavare e tagliare tutte le verdure a piccoli pezzi.
            2. In una grande pentola, soffriggere la cipolla tritata con un filo d’olio extravergine d’oliva.
            3. Aggiungere tutte le verdure tagliate, i fagioli, i piselli e il pomodoro. Coprire con acqua e portare a ebollizione.
            4. Cuocere a fuoco lento per circa un’ora e mezza, finché tutte le verdure sono morbide.
            5. A questo punto, aggiungere la pasta e cuocerla direttamente nella zuppa.
            6. Poco prima di spegnere il fuoco, unire il pesto e mescolare bene, lasciando che il suo aroma si diffonda nel minestrone.
            7. Aggiustare di sale e pepe e servire caldo con un filo di olio extravergine d’oliva a crudo.

            Le varianti del minestrone alla genovese

            Ogni famiglia ligure ha la propria versione del minestrone alla genovese, variando leggermente gli ingredienti a seconda della stagione o delle tradizioni locali. Spesso, per esempio, viene aggiunto del riso al posto della pasta, o addirittura niente amido, lasciando il minestrone come una zuppa pura di verdure.

            In alcune versioni, si trovano anche piccole aggiunte di pancetta o lardo per dare più sapore, anche se la versione tradizionale è completamente vegetariana. Il pesto, poi, può essere aggiunto alla fine, oppure servito a parte per permettere ai commensali di dosarlo a piacimento.

            Proprietà nutrizionali

            Il minestrone alla genovese è un piatto nutriente e bilanciato, perfetto per chi segue una dieta sana e ricca di fibre. Le verdure, protagoniste assolute di questa zuppa, apportano una quantità elevata di vitamine, minerali e antiossidanti, utili per il benessere del nostro organismo.

            Le proteine vegetali provengono dai legumi come fagioli e piselli, mentre il pesto fornisce grassi “buoni” derivanti dall’olio extravergine d’oliva e dai pinoli. L’aggiunta della pasta o del riso fornisce l’energia necessaria sotto forma di carboidrati complessi. È inoltre un piatto ricco di fibre, ideale per favorire la digestione e mantenere un senso di sazietà prolungato.

            Il minestrone alla genovese è molto più di una semplice zuppa: è un concentrato di sapori e storia, che porta in tavola il meglio della tradizione ligure. Un piatto che continua a raccontare la sua lunga storia, con ogni cucchiaio che assaporiamo.

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              Cacio e pepe a 28 euro, esplode il dibattito sul nuovo ristorante veneziano di Alessandro Borghese

              Nel menù spicca una cacio e pepe da 28 euro, simbolo della cucina povera romana, che a Venezia diventa piatto di lusso. Borghese paga 251mila euro l’anno per il mantenimento della sede sul Canal Grande: «Un costo stellare che inevitabilmente incide sui conti».

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                Si può pagare 28 euro per una cacio e pepe? La domanda rimbalza da giorni dopo l’apertura del nuovo ristorante di Alessandro Borghese a Venezia. Lo chef televisivo, volto di 4 Ristoranti e amatissimo dal pubblico per il suo stile diretto, ha inaugurato “AB – Il lusso della semplicità” all’interno di Ca’ Vendramin Calergi, palazzo storico affacciato sul Canal Grande e sede del Casinò.

                Un contesto unico, di grande prestigio, ma anche di spese altissime. Per il mantenimento del locale Borghese paga infatti 251mila euro all’anno, Iva esclusa. È stato il sito Scattidigusto a rivelare la cifra che, inevitabilmente, si riflette sui prezzi del menù. Così il piatto simbolo della tradizione romana, nato come ricetta povera di pasta, pecorino e pepe, diventa un piccolo lusso a quasi trenta euro.

                Il caso ha acceso il dibattito. Da un lato c’è chi accusa lo chef di snaturare un piatto popolare, trasformandolo in status symbol. Dall’altro, chi difende l’idea che in un contesto esclusivo come Venezia e in un palazzo storico affacciato sul Canal Grande i costi siano inevitabilmente più alti. Lo stesso Borghese aveva definito il suo progetto un ristorante “di lusso ma accessibile”, capace di raccontare la tradizione italiana con un tocco contemporaneo.

                Il menù non si limita alla cacio e pepe: piatti iconici della cucina nazionale vengono ripensati in chiave moderna, con materie prime di qualità e presentazioni curate. Ma è proprio il prezzo della pasta che ha fatto più discutere, perché rappresenta l’emblema di una cucina povera trasformata in lusso. Una provocazione gastronomica che, nel contesto del nuovo locale, sembra quasi un marchio di fabbrica.

                A Venezia, intanto, i clienti affollano il ristorante incuriositi. Qualcuno lo fa per la cucina, qualcuno per vedere da vicino lo chef televisivo, altri per scattare una foto con la vista mozzafiato. La polemica sul prezzo, però, non accenna a spegnersi: 28 euro per un piatto di pasta restano un simbolo perfetto di quella sottile linea che separa la semplicità dal lusso.

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