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Cucina

Torta di zucca: il dolce autunnale che conquista tutti con gusto e leggerezza. Ricetta, varianti e benefici della zucca

La zucca, con il suo sapore dolce e la sua leggerezza, è l’ingrediente ideale per un dolce autunnale. Una torta soffice, sana e ricca di varianti per accontentare tutti i gusti, da chi cerca un dessert classico a chi preferisce opzioni più originali.

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    Simbolo indiscusso dell’autunno, la zucca è un ortaggio dalle mille risorse, perfetto sia per piatti salati che dolci. Ricca di fibre, vitamine (A, C ed E) e minerali come potassio e magnesio, la zucca è un alleato della salute: favorisce la digestione, rafforza il sistema immunitario e ha proprietà antiossidanti. Inoltre, grazie al suo basso contenuto calorico, è ideale anche per chi segue una dieta leggera.

    In pasticceria, la zucca sorprende per la sua versatilità. Il suo gusto delicato e la consistenza morbida la rendono perfetta per preparare dolci soffici e golosi, senza bisogno di aggiungere grandi quantità di zucchero o grassi.

    Ricetta classica della torta di zucca

    Ingredienti (per una tortiera da 24 cm):

    • 300 g di polpa di zucca cotta (al forno o al vapore)
    • 200 g di farina 00
    • 100 g di farina di mandorle (o nocciole per un tocco più deciso)
    • 150 g di zucchero di canna (o zucchero semolato)
    • 3 uova
    • 100 ml di olio di semi (o burro fuso per un gusto più ricco)
    • 1 bustina di lievito per dolci
    • 1 cucchiaino di cannella in polvere
    • 1 pizzico di sale
    • Zucchero a velo per decorare

    Procedimento:

    1. Prepara la zucca: cuoci la polpa al vapore o in forno fino a renderla morbida, poi frullala fino a ottenere una crema liscia. Lasciala raffreddare.
    2. Monta le uova con lo zucchero: in una ciotola, sbatti le uova con lo zucchero fino a ottenere un composto chiaro e spumoso.
    3. Unisci gli ingredienti umidi: aggiungi l’olio e la purea di zucca al composto di uova e zucchero, mescolando delicatamente.
    4. Aggiungi gli ingredienti secchi: setaccia la farina 00 con il lievito, il sale e la cannella. Uniscili al composto umido, poi incorpora la farina di mandorle. Mescola fino a ottenere un impasto omogeneo.
    5. Cuoci: versa l’impasto in una tortiera foderata con carta forno. Cuoci in forno preriscaldato a 180°C per circa 40-45 minuti. Controlla la cottura con uno stecchino: se esce pulito, la torta è pronta.
    6. Decora: lascia raffreddare la torta, spolverala con zucchero a velo e servila.

    Varianti golose della torta di zucca

    1. Con cioccolato e noci: aggiungi 100 g di gocce di cioccolato fondente e 50 g di noci tritate per un tocco extra di golosità.
    2. Versione senza glutine: sostituisci la farina 00 con farina di riso e amido di mais. La torta sarà leggera e adatta anche agli intolleranti.
    3. Al profumo di arancia: aggiungi la scorza grattugiata di un’arancia biologica e qualche cucchiaio di succo all’impasto per un aroma fresco e agrumato.
    4. Vegana: sostituisci le uova con 3 cucchiai di semi di lino tritati e ammollati in 9 cucchiai di acqua, e usa latte vegetale al posto dell’olio.
    5. Speziata: oltre alla cannella, prova a aggiungere zenzero, noce moscata e chiodi di garofano per un gusto più deciso.

    Conclusione golosa
    La torta di zucca è un dolce che sa mettere tutti d’accordo: soffice, profumata e personalizzabile in mille modi, è perfetta per le colazioni autunnali, le merende con una tazza di tè o come dessert leggero dopo cena. Non resta che scegliere la variante che fa per te e lasciarti conquistare dal gusto unico di questo ortaggio meraviglioso.

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      Cucina

      Fave, pecorino e menta: il piatto più semplice (e irresistibile) della primavera

      Fave fresche, pecorino a scaglie e foglie di menta appena colte: la cucina di stagione si fa essenziale, contadina, quasi primordiale. Perfetta per un antipasto da aperitivo o per un pranzo veloce ma pieno di carattere. Ecco come preparare questo classico intramontabile della primavera mediterranea.

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        Basta un sacchetto di fave fresche e un coltello affilato.
        Non serve accendere il forno, né fare riduzioni, né inventarsi niente: la cucina di primavera è già perfetta così com’è. E il matrimonio più riuscito di questa stagione si consuma tra le fave novelle appena sgranate e un pecorino sapido tagliato a scaglie irregolari. A completare il quadro, qualche foglia di menta — non troppa, ma abbastanza per dare freschezza e profumare di sole.

        La ricetta, se così la si può chiamare, è più un gesto che una procedura. Ma attenzione: come tutte le cose essenziali, richiede cura.

        Prima di tutto: le fave devono essere freschissime. Niente confezioni sottovuoto, niente legumi precotti. Devono arrivare dal campo, dal mercato o dal banco verde più sincero che avete vicino casa. Si sgranano al momento, con un po’ di pazienza e un bicchiere di vino accanto. La pellicina esterna? C’è chi la toglie, chi no. Dipende dalla tenerezza e dai gusti. Ma se volete un risultato più delicato, conviene toglierla.

        Il pecorino dev’essere stagionato ma non troppo, di quelli che si sbriciolano sotto la lama ma che ancora conservano una nota di latte. Niente scelte blande: deve avere carattere, altrimenti le fave vincono da sole. Va tagliato a scaglie larghe, con la lama piatta del coltello. Più rustico è l’aspetto, meglio è.

        Poi c’è la menta, che è l’unico tocco di fragranza davvero necessario. Va spezzata con le mani, mai tritata. Basta una manciata, distribuita come fosse un’erba sacra — e un filo d’olio extravergine fruttato, se proprio volete esagerare.

        A questo punto avete un piatto. Ma anche un rituale di inizio stagione, un pasto contadino che sa di merende sull’erba, di terrazze soleggiate, di taglieri condivisi.

        È perfetto da servire come antipasto, magari con una focaccia calda accanto. Oppure da mangiare così, da soli, quando si ha voglia di qualcosa di buono, diretto, onesto.

        Perché certe ricette, seppur semplici, sanno raccontare una stagione meglio di qualsiasi poesia.

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          Cucina

          Giorgio Locatelli: “Mattarella mi ha detto che guarda MasterChef. Io? Felice di tornare alla cucina vera”

          Dopo 23 anni lascia il suo storico ristorante stellato e riparte alla National Gallery con un bar e un club: “Finalmente cucino senza stress”. Gli incontri con Re Carlo, Mattarella e Schwarzenegger, il dolore per i soprusi in brigata e l’orgoglio di essere “figlio dell’Europa”.

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            Giorgio Locatelli, chef stellato originario di Romano d’Ezzelino, racconta senza filtri un momento di svolta della sua vita. Dopo 23 anni, la chiusura della sua storica Locanda a Londra, il 31 dicembre 2024, è stata per lui una liberazione. «È come se mi avessero tolto un peso dalla schiena», confida. A 62 anni, la pressione di gestire ogni giorno un ristorante con oltre settanta dipendenti si era fatta insostenibile: «Il sabato successivo all’addio, io e mia moglie Plaxy ci siamo accorti che era il nostro primo weekend libero dal 2002».

            Ma per Locatelli, che si definisce “terribile con i soldi”, la passione per la cucina non si spegne. Il 10 maggio inaugurerà alla National Gallery di Londra il ristorante Locatelli’s, il Bar Giorgio e un club. «Tagliatelle al ragù e maritozzi: abbiamo già 400 prenotazioni in attesa», racconta soddisfatto. Stavolta, però, precisa, sarà diverso: lui motiverà il personale, mentre ai partner spetterà l’onere della gestione finanziaria.

            Lo chef non nasconde di aver vissuto anche momenti duri. Ai tempi del ristorante Zafferano venne truffato: «Le mie quote vennero vendute e rimasi con niente in mano, dopo sette anni di sacrifici. È stata un’esperienza che avrebbe potuto spezzarmi, ma ho trovato la forza di rialzarmi anche grazie alla terapia».

            Nel suo racconto emerge anche l’emozione per i grandi incontri istituzionali. Di recente, Locatelli ha partecipato alla cena al Quirinale organizzata per Re Carlo III. «Il presidente Mattarella mi ha chiamato per nome e mi ha detto che gli piace MasterChef. Che onore!». Una serata perfetta, se non fosse per un piccolo neo: «Ho fatto fatica a stringere la mano a qualche ministro italiano. Mi ha dato fastidio. Vengo da una grande tradizione antifascista: mio zio Nino era partigiano ed è stato fucilato a vent’anni dai nazisti. Mio padre e mia zia Luisa ce ne hanno sempre parlato».

            Locatelli, che si definisce «figlio dell’Europa», ha doppia cittadinanza italiana e britannica. «Mi sento italiano e inglese insieme. Ero talmente europeo che sono andato a dare due mazzate al muro di Berlino e mi sono portato a casa un pezzo», ricorda ridendo.

            Parlando di politica, Locatelli mantiene un tono equilibrato. Sul governo Meloni dice: «Ha vinto le elezioni e ha un buon sostegno. La democrazia va accettata, quando si vince e quando si perde. La premier è rispettata a livello internazionale. Vediamo». Più critico verso la Brexit: «I laburisti cercano di mettere una pezza ai disastri di Boris Johnson, ma quell’indipendenza promessa non c’è. Anzi, abbiamo un sacco di problemi: sarebbe stato meglio restare con l’Unione Europea».

            Tornando alla sua carriera, Locatelli si dice fiero del proprio percorso, ma ammette che alcune esperienze lo hanno segnato. «A Londra e a Parigi sono stato umiliato in tutti i modi. Oggi non accetterei più certi abusi: un leader deve dare l’esempio, mai umiliare». Anche nella sua brigata ammette di essere inflessibile: «Quando scopro casi di bullismo tra ragazzi under 25, intervengo subito. Non si può far finta di niente».

            La famiglia è il suo rifugio. Parla con orgoglio di sua moglie Plaxy, con cui condivide la vita da trent’anni: «Non faccio alcuno sforzo per stare con lei. Quando non c’è, mi manca». E rivela un retroscena: «Sono monogamo convinto. L’unica volta che ho avuto due ragazze contemporaneamente mi sono sentito malissimo».

            Anche la paternità ha segnato profondamente la sua vita. La figlia Margherita, oggi 27enne, ha sofferto fin da piccola di gravi allergie alimentari. «A tre anni stava per morire per uno shock anafilattico. Scoprimmo che era allergica anche al sugo al pomodoro Pachino, il mio orgoglio. Pensavo di nutrirla, la stavo avvelenando. Da lì è nata una linea di cucina anallergica che ora porteremo anche alla National Gallery».

            Oggi, l’unico vero timore di Locatelli sono i social network: «Mi spaventano. Non si capisce più da dove arrivino le notizie, tutto è manipolabile. Mia figlia mi ha chiesto se mi piacerebbe diventare nonno, e certo che mi piacerebbe, ma mi domando: che mondo lasciamo ai nostri figli?».

            Tra aneddoti divertenti e stoccate affettuose, Locatelli descrive anche il suo rapporto con gli altri giudici di MasterChef: «Antonino (Cannavacciuolo) è come lo vedete: genuino. Bruno (Barbieri), invece, la mattina è come Liz Taylor: di pessimo umore. Antonino poi ha la fissa per le macchine».

            Se gli si chiede di cosa è più orgoglioso, la risposta è secca: «Di aver avuto ristoranti di successo, di avere una voce importante sulla cucina italiana nel mondo, e di essere pagato, a volte, in modo folle: una coppia mi ha dato 25 mila sterline per cucinare due piatti di tagliolini al tartufo bianco a Doha».

            Locatelli non ha mai amato la cerimonia della Michelin: «Sono andato alla prima. Perché mischiare il mio nome a quello di certi invasati? Ho avuto la stella per 23 anni, non mi mancherà: non cucinavo per quello, ma per il ristorante pieno».

            E quando racconta dei suoi clienti vip, sorride pensando ad Arnold Schwarzenegger: «Gli servii delle friselle con scamorza e pesto di pomodori: ne unì due e le mangiò come un burger».

            Dopo tanti successi e tante cadute, Giorgio Locatelli si presenta come un uomo libero: disincantato ma ancora profondamente innamorato della sua cucina.

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              Cucina

              La frittata di ortiche: il piatto rustico e antico che sa di primavera

              Dalla raccolta nei campi alla tavola, la frittata di ortiche è un piatto povero della tradizione contadina che conquista per il suo sapore fresco, deciso e avvolgente. Bastano pochi ingredienti per portare in cucina un tocco di natura.

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                Non serve cercare ingredienti esotici per stupire a tavola: a volte basta tendere la mano verso ciò che la terra offre spontaneamente. È il caso della frittata di ortiche, un piatto antico, nato nei campi e nelle cucine più umili, che oggi torna a essere protagonista grazie alla sua bontà naturale e ai profumi intensi della primavera.

                Le ortiche, spesso considerate solo erbacce da evitare, sono in realtà una miniera di proprietà benefiche: ricche di ferro, vitamine e sali minerali, da sempre fanno parte della cucina popolare, quando il sapere contadino sapeva trasformare ogni dono della natura in un alimento prezioso.

                Preparare una frittata di ortiche è un gesto semplice, quasi poetico, che riconnette ai ritmi lenti della campagna. Ma attenzione: occorre raccogliere le ortiche giovani, con i guanti ben calzati, scegliendo solo le cimette più tenere, quelle che tra aprile e maggio raggiungono la loro perfezione.

                Ingredienti per 4 persone:

                • 6 uova fresche
                • 200 g di ortiche fresche (già pulite)
                • 1 cipollotto fresco (facoltativo)
                • 2 cucchiai di parmigiano grattugiato
                • Olio extravergine d’oliva q.b.
                • Sale e pepe nero q.b.

                Procedimento:
                Per prima cosa, lavate accuratamente le ortiche sotto acqua corrente, indossando i guanti per evitare spiacevoli incontri con i loro peli urticanti. Sbollentatele poi in acqua salata per un paio di minuti: il calore annullerà il loro potere irritante. Scolatele e strizzatele bene, quindi tritatele grossolanamente a coltello.

                In una ciotola capiente rompete le uova e sbattetele con una forchetta. Aggiungete il parmigiano, un pizzico di sale, una spolverata di pepe e unite infine le ortiche. Per dare un tocco ancora più aromatico, potete far rosolare velocemente in padella un cipollotto fresco tritato finemente, da aggiungere poi al composto.

                Scaldate un filo d’olio extravergine d’oliva in una padella antiaderente. Versatevi il composto e lasciate cuocere a fiamma moderata, coprendo con un coperchio per mantenere la frittata morbida all’interno. Dopo circa 7-8 minuti, quando la base sarà ben dorata e compatta, aiutatevi con un piatto per girarla e cuocerla anche dall’altro lato per altri 3-4 minuti.

                La frittata di ortiche è pronta: fragrante, profumata, con quel sapore leggermente erbaceo che richiama il verde dei prati e il vento di aprile.

                Consiglio dello chef:
                Se volete esaltarne ancora di più il carattere rustico, servitela tiepida con una fetta di pane casereccio tostato e un filo d’olio buono. Oppure, per un antipasto raffinato, tagliatela a piccoli quadretti e infilzatela con stecchini di legno: un’idea semplice e sorprendente per i vostri aperitivi primaverili.

                In un mondo che corre, la frittata di ortiche invita a rallentare, ad assaporare la semplicità e a ricordare che, spesso, il lusso più grande è nascosto nella natura che ci circonda.

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