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Cucina

Un Capodanno da chef al Riva Restaurant di Falerna: risotto al Bordeaux e camembert di capra con polpo grigliato e sentori di rosmarino

Dal risotto al polpo e camembert di capra ai segreti per una serata perfetta: la visione culinaria di chef Francesca Mannis, che celebra la contaminazione creativa tra culture e tradizioni.

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    Chef Francesca Mannis si distingue per un approccio alla cucina che combina tradizione e innovazione. Con un background che spazia dalla giurisprudenza all’arte, dalla moda alla letteratura, ha creato uno stile culinario unico, in grado di raccontare storie e suscitare emozioni. Per il Capodanno al suo del Riva Restaurant & Lounge Bar di Falerna, Catanzaro, Francesca ci guida attraverso le tendenze del momento e ci svela una ricetta esclusiva per il cenone, pensata per sorprendere gli ospiti con un mix di sapori calabresi e francesi.

    1. Chi è Chef Francesca Mannis?

    Chef Francesca è un’anima creativa che ha scelto di portare innovazione e libertà anche nel mondo della cucina. Con una laurea in giurisprudenza e un bagaglio di esperienze nel food & beverage, il suo percorso non segue schemi tradizionali: si arricchisce di una formazione continua con studi in organizzazione aziendale e passioni che spaziano dall’arte, alla letteratura e dall’architettura, alla moda. Questa visione multidisciplinare le permette di trasformare ogni ispirazione in esperienze gastronomiche che raccontano storie, emozioni e visioni.

    Nel suo approccio, rifugge da etichette e convenzioni. Crede fermamente che la libertà mentale sia la chiave per creare qualcosa di veramente nuovo: “Se resti ancorato a ciò che già conosci o a ciò che ti è stato insegnato, perdi l’opportunità di superare i tuoi limiti e di offrire, a chi assaggia i tuoi piatti, un’esperienza che vada oltre il consueto.” Questa filosofia si riflette pienamente nella Cucina Contemporanea di Pesce, file rouge che lega la proposta culinaria del Riva Restaurant & Lounge Bar di Falerna, Catanzaro, dove la cucina di pesce diventa un terreno di sperimentazione e raffinatezza.

    Per Chef Francesca, il suo lavoro non è solo una questione individuale, ma un progetto collettivo: la collaborazione con il team del ristorante è centrale. “Non cerco seguaci, ma compagni di viaggio,” spiega. “In cucina, l’armonia deve sempre prevalere, perché solo così si può creare un ambiente in cui tutti siano ispirati e motivati a dare il meglio.” Questo spirito di complicità e condivisione si riflette anche nell’atmosfera del ristorante, dove ogni dettaglio – dalla cucina, alla sala, fino all’esperienza degli ospiti – racconta una storia costruita insieme.

    Francesca, infatti non si occupa solo del settore culinario nella location in cui lavora, ma in qualità di Direttore Generale, si prende anche cura dell’esperienza degli ospiti a 360°, rendendosi disponibile per i team di ogni dipartimento con l’obiettivo comune di far star bene chi sceglie di vivere il suo tempo al Riva Restaurant.

    Con la sua passione inesauribile e un approccio fuori dagli schemi, Chef Francesca continua a reinventare la cucina contemporanea, non solo attraverso i piatti, ma anche creando un ambiente che celebra l’arte del ritrovarsi, condividere e sperimentare.


    • Quali sono le tendenze del menù di Capodanno quest’anno?

    La tendenza generale del Capodanno e dell’anno in corso”, racconta Chef Francesca, “è quella di focalizzarsi su un approccio tradizionale, dando prevalentemente spazio ad ingredienti storicamente protagonisti del Cenone di fine anno, oppure indirizzarsi su una cucina estremamente innovativa, in cui protagonista è il mix di aromi dal mondo, ingredienti tropicali e comuni”.

    Nel nostro caso, il Capodanno vedrà protagonista un menù che combina tradizione e innovazione, così come nella nostra filosofia di cucina, per far vivere nuovi sentori e nuove esperienze a chi lo proverà ”, ha dichiarato Francesca Mannis. “Il nostro menù Dolce&Stellare dedicato al cenone di Capodanno, nasce quindi dall’unione di ingredienti della tradizione e non, in equilibrio, per creare nuovi sapori: gli ingredienti della tradizione francese vengono abbinati ai prodotti calabresi”.

    Credo infatti, che il segreto stia nel mantenere i legami con la tradizione, ma reinterpretarli in chiave contemporanea per aggiungere originalità e innovazione, senza stravolgere il passato”.

    Sarà quindi una nuova scoperta il menù ideato da Chef Francesca, che nelle domande successive ci racconterà ogni dettaglio, non solo culinario, del suo fine d’anno, per permetterci di vivere insieme questa emozione.


    • Può svelarci qualche chicca del menù di Capodanno? Ha avuto qualche ispirazione?

    Il menù per il Capodanno 2025 di Chef Francesca è un viaggio gastronomico che unisce la ricca tradizione calabrese con i sapori sofisticati della Normandia, unito dall’innovazione di un nuovo ingrediente ideato completamente per l’occasione.

    In occasione del 37esimo Grand Chapitre International, dedicato al rito del Sabrage, l’apertura della bottiglia di Champagne mediate l’uso della sciabola, rito che è parte integrante dell’esperienza al Riva Restaurant, mi trovavo in Normandia con Roberto Gallo, il fondatore della location”. Ha aggiunto “Quando mi capita di viaggiare, cerco di scoprire a fondo la cultura del posto, attraverso la gastronomia, che per me è la vera esperienza da condividere.  In tal senso la Normandia mi ha colpito profondamente a tal punto da rendere questa ispirazione parte del menù di Capodanno.”

    Francesca ci ha, infatti, raccontato che le piace farsi ispirare dalle culture e dalle tradizioni dei posti che ha modo di visitare, per creare nuovi piatti e nuove esperienze, così come nel menù di Capodanno.

    Ispirazione sì, ma non contaminazione, la cultura della sua cucina non viene mai stravolta o influenzata, ma arricchita da differenti, nuovi stimoli.

    La Normandia ci ha colpiti talmente tanto da spingerci a creare un nuovo prodotto: durante la visita in un’azienda a conduzione familiare, dedita alla produzione del Camembert, siamo rimasti travolti dal modo in cui ogni membro della famiglia, dal più giovane al più adulto, contribuiva a portare avanti un prodotto tradizionale ma conosciuto a livello mondiale. Un formaggio straordinario che con il suo forte gusto si combina perfettamente anche con ingredienti di diversa natura”, ha raccontato Chef Francesca. “Così, al rientro, con il supporto del nostro team e di un artigiano locale, aperto a nuove sperimentazioni, abbiamo immaginato un formaggio che unisse il carattere del Camembert alla nostra identità calabrese, rispettando i prodotti locali e il territorio, facendo nascere un prodotto unico che coniuga influenze francesi e radici mediterranee, un formaggio simile al Camembert ma con il latte di capra” .

    Il risultato è un un’espressione di dialogo tra due culture, un omaggio alla creatività e alla condivisione, che sarà protagonista di uno dei piatti del menù ideato esclusivamente per Capodanno e disponibile solo in quell’occasione.

    Il Menù di Capodanno, percorso di dieci portate, diventa così un’interpretazione creativa che celebra il meglio di due tradizioni culinarie, senza mai rinunciare al gusto autentico e alla sorpresa.


    • Ci può svelare uno dei piatti protagonisti del menù Dolce e Stellare?

    “Dopo il mio racconto, non posso che svelarvi un piatto, il cui ingrediente, sarà il nostro nuovo formaggio: risotto al Bordeaux e “camembert di capra” con polipo grigliato e sentori di rosmarino”.

    “Un risotto che unisce la profondità e la complessità del Bordeaux con la cremosità delicata del Camembert di capra, creando un contrasto ricco e armonioso. Il polipo grigliato, con il suo sapore affumicato e leggermente croccante, si sposa perfettamente con il rosmarino, dando al piatto un tocco aromatico che completa l’esperienza. Un primo che trasporta in un viaggio di sapori caldi e avvolgenti”.

    Questo è ciò che ci ha detto Chef Francesca di uno dei primi protagonisti del suo menù di Capodanno, ascoltare il suo racconto, posso assicurarvi, ci ha fatto venire l’acquolina in bocca.


    • Oltre al percorso gastronomico, cosa riserverà il Capodanno di Chef Francesca ai suoi ospiti?

    Il viaggio in Normandia, oltre ad avermi stupita per la cultura culinaria, ha ispirato il tema che sarà protagonista del Capodanno Riva, dedicato agli Academy Awards, la nota notte degli Oscar”, ha detto Francesca, “in particolare, visitare Deuville e la sua famosa spiaggia frequentata da molti attori di Hollywood. La sua Promenade des Planches composta da cabine balneari tra le quali è presente il nome degli attori americani, una versione unica e locale della Walk of Fame di Hollywood.”

    Deuville celebra, infatti, annualmente il suo famoso festival al cinema statunitense, segno di riconoscenza verso gli americani che li aiutarono durante la Seconda Guerra Mondiale e verso gli attori hollywoodiani che ogni anno popolano la sua spiaggia.

    Ciò che mi ha veramente sorpresa è stato il modo in cui la popolazione locale ha saputo preservare la propria identità culturale, pur mantenendo un legame di gratitudine verso gli americani, che li aiutarono durante la Seconda Guerra Mondiale”.

    Questo è quindi lo spirito che trasmetterà Chef Francesca e il suo team durante la Riva Academy Awards, la notte degli Oscar del ristorante di cui fa parte: un’idea di gratitudine che non sacrifica la loro cultura, ma la celebra, rispettandola e aprendosi al tempo stesso a nuove ispirazioni, con grande riconoscenza verso chi ogni giorno sceglie di trascorrere il suo tempo nella location.


    • Capodanno è un’occasione speciale. Come riesci ad organizzare tutto e far sì che sia tutto perfetto?

    Capodanno è sicuramente un momento importante, e organizzarlo al meglio richiede una pianificazione dettagliata e una certa attenzione ai particolari, secondo Francesca.

    Importante è tenere come centro delle proprie scelte l’ospite e personalizzare il tutto affinché possa vivere un’esperienza di spensieratezza, staccando dalla routine quotidiana.

    La chiave per una serata perfetta è partire dalle necessità degli ospiti e costruire un’idea centrale, un tema che ispiri l’intero evento, dal menù, all’atmosfera, dall’intrattenimento, all’allestimento, al coinvolgimento dei presenti”.

    La vera forza, poi, è nel lavoro di squadra. Io e il mio team abbiamo di una visione comune, un intreccio di competenze e passione: da chi si occupa della sala, della cucina e del dietro le quinte.

    Questo è uno spirito che attiviamo anche durante gli eventi o le celebrazioni: capiamo la necessità di ogni ospite e ci attiviamo per costruire un’esperienza personalizzata e senza pensieri. Tutto il team prende parte a ciò: da chi lavora in sala e in cucina, all’amministrazione, al marketing, all’intrattenimento”.

    La magia delle feste, e del Capodanno in particolare, nasce proprio da questa alchimia e si basa sul valore dell’unione: riunirsi, ritrovarsi, e celebrare insieme attorno a un tavolo che non è solo cibo, ma anche emozione, condivisione e calore umano. Al Riva, Chef Francesca e il team si impegnano affinché ogni dettaglio sia studiato per far sentire l’ospite accolto e coccolato, con una cura che va oltre il semplice servizio.

    “È grazie a questa sinergia che riusciamo a far sì che ogni evento sia speciale” conclude Chef Francesca.

    Risotto al polpo e camembert

    Tempo di realizzazione: 70 minuti
    Tempo di cottura:

    • 10/15 minuti per il riso
    • 50 minuti per il polpo
      Difficoltà: media

    Ingredienti per 4 persone

    • 300 g di riso Carnaroli
    • 1 cipolla piccola
    • 1 scalogno
    • 2 carote
    • 1 costa di sedano
    • 2 bicchieri di vino Bordeaux
    • 1 polpo (circa 500 g)
    • 800 ml di acqua di cottura del polpo
    • 150 g di formaggio camembert (meglio se di capra), tagliato a cubetti
    • 50 g di burro
    • 1 cucchiaio di olio extravergine d’oliva
    • Sale e pepe q.b.
    • Prezzemolo fresco tritato, per guarnire

    Procedimento

    1. Preparazione del polpo
      In una pentola capiente, porta a bollore 1,5 litri di acqua con una cipolla, le carote e il sedano. Immergi il polpo e cuocilo finché, punzecchiandolo con una forchetta, non risulterà morbido. Conserva l’acqua di cottura, filtrala e tienila in caldo.
    2. Preparazione della base del risotto
      In una casseruola, scalda l’olio extravergine d’oliva e fai imbiondire lo scalogno tritato finemente. Aggiungi il riso e tostalo per 2 minuti mescolando costantemente.
    3. Sfumatura e cottura
      Versa il vino Bordeaux e lascia evaporare completamente l’alcol. Aggiungi un mestolo di brodo caldo alla volta, mescolando continuamente e aspettando che il liquido venga assorbito prima di aggiungere il successivo. Procedi per circa 15 minuti, fino a quando il riso sarà cotto al dente.
    4. Mantecatura
      Unisci al risotto il polpo tagliato a pezzi, il camembert e il burro freddo. Mescola delicatamente per amalgamare tutti gli ingredienti. Aggiusta di sale e pepe secondo il tuo gusto.
    5. Guarnizione
      Taglia la restante parte del polpo e arrostiscilo in padella per ottenere una consistenza croccante. Una volta impiattato il risotto, utilizza il polpo arrostito come guarnizione insieme a una spolverata di prezzemolo fresco.

    Consiglio
    Servi il risotto ben caldo per esaltare al massimo i sapori e il contrasto tra la cremosità del formaggio e la croccantezza del polpo arrostito. Buon appetito!

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      Frico friulano: la tradizione croccante che racconta il cuore del Friuli

      Patate, formaggio Montasio e una cottura lenta che diventa arte: ecco la storia, gli ingredienti e il metodo autentico per preparare il vero frico friulano.

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      Frico friulano

        Il frico friulano di patate è uno dei simboli gastronomici del Friuli-Venezia Giulia, una ricetta che racchiude artigianalità, sostenibilità e memoria contadina. Oggi è un piatto diffuso in trattorie, sagre e tavole di tutta la regione, ma la sua storia affonda le radici nelle malghe carniche, dove i malgari utilizzavano gli scarti dei formaggi stagionati per creare un piatto nutriente, caldo e poco costoso.
        Il primo riferimento scritto al frico risale al XV secolo nel De arte coquinaria del Maestro Martino da Como, che descriveva un piatto composto da formaggi fritti e “ristretti” in padella. Nel tempo la versione più popolare è diventata quella con patate e Montasio, oggi riconosciuta come la più tipica.

        A differenza del “frico morbido”, quello croccante – frico di patate – punta sull’effetto dorato, con una crosticina saporita e un cuore filante. Una ricetta povera che, grazie alla sua bontà, ha superato secoli e confini, fino a diventare un orgoglio gastronomico friulano.

        Ingredienti per 4 persone

        • 600 g di patate a pasta gialla
        • 250 g di formaggio Montasio (meglio metà fresco e metà mezzano)
        • 1 cipolla piccola (facoltativa, ma tipica in molte zone della Carnia)
        • 2 cucchiai di olio extravergine d’oliva oppure una noce di burro
        • Sale e pepe q.b.

        Procedimento

        1. Preparare gli ingredienti.
          Pelare le patate e grattugiarle grossolanamente. Fare lo stesso con il Montasio, utilizzando una grattugia a fori larghi. Se si usa la cipolla, affettarla finemente.
        2. Rosolare la base.
          In una padella antiaderente (meglio se di ferro), scaldare l’olio o il burro. Aggiungere la cipolla e cuocerla a fuoco dolce fino a quando diventa trasparente.
        3. Cuocere le patate.
          Unire le patate grattugiate, salare leggermente e lasciar cuocere per 10–12 minuti mescolando spesso, finché iniziano ad ammorbidirsi.
        4. Aggiungere il formaggio.
          Quando le patate risultano morbide, distribuire il Montasio sopra e cominciare a mescolare con calma: il formaggio si scioglierà creando una massa uniforme.
        5. Formare il frico.
          Compattare il composto e lasciarlo cuocere senza toccarlo per ottenere una crosta dorata. Occorrono 6–8 minuti.
          Poi, aiutandosi con un piatto, girare il frico come una frittata e ripetere la cottura sull’altro lato.
        6. Servire caldo.
          Il frico deve risultare esternamente croccante e internamente filante. Tradizionalmente si serve con polenta, insalata o verdure di stagione.

        Origini e tradizione

        Il frico è considerato uno dei piatti identitari del Friuli-Venezia Giulia, soprattutto della zona della Carnia. Veniva preparato dai pastori nelle malghe d’alta quota durante i mesi estivi, quando la produzione di formaggio era al massimo.
        L’uso del Montasio non è casuale: questo formaggio DOP, nato nel XIII secolo nei monasteri delle Alpi Giulie, era perfetto per essere utilizzato fresco o stagionato e si prestava benissimo alla cottura.

        Il frico rappresenta uno dei primi esempi di cucina antispreco: si recuperavano ritagli di formaggio e patate, ingredienti economici e facilmente reperibili. Oggi è un piatto celebrato nelle sagre, come la Sagra del Frico di Carpacco, e continua a essere una delle ricette più richieste nel territorio.

        Un piatto che unisce semplicità e autenticità

        Il frico friulano è molto più di un disco croccante: è un piatto che parla di vita in montagna, di economia domestica, di ricette tramandate nelle famiglie.
        La sua popolarità non smette di crescere grazie alla sua versatilità e alla combinazione irresistibile di formaggio filante e patate dorate.

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          Strudel di mele: storia, tradizione e la ricetta autentica del grande classico dell’Alto Adige

          Dalle antiche influenze dell’Impero Ottomano fino alle tavole dell’Europa alpina: lo strudel è un viaggio nel tempo che profuma di mele, cannella e cultura gastronomica.

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          Strudel di mele

            Lo strudel di mele è uno dei dolci più rappresentativi dell’Alto Adige e, più in generale, dell’area mitteleuropea. La sua fama va ben oltre le montagne italiane: Austria, Germania, Ungheria e molti Paesi dell’Est lo considerano parte integrante del loro patrimonio culinario. Ma lo strudel non è nato tra i meleti dell’Adige: la sua origine affonda in un passato sorprendente, fatto di contaminazioni e scambi culturali.

            Dalle corti ottomane alle Alpi: un dolce in viaggio

            Lo strudel, nella sua forma attuale, deriva da un dolce molto più antico: il baklava, specialità unica della tradizione mediorientale e balcanica. Fu durante l’espansione dell’Impero Ottomano — tra il XVI e XVII secolo — che ricette simili al baklava raggiunsero l’Europa centrale. Gli austriaci le reinterpretarono sostituendo gli ingredienti più ricchi (come miele e frutta secca) con materie prime locali, in particolare le mele, abbondanti nella regione alpina.

            Il primo documento scritto che cita lo “strudel” risale al 1696 e si trova negli archivi della Biblioteca di Vienna. Da lì, il dolce si diffuse rapidamente nelle cucine borghesi e poi in quelle popolari, diventando un simbolo della tradizione contadina dell’Alto Adige, dove l’incontro tra culture germaniche e italiane ha plasmato un’identità unica anche nel cibo.

            La ricetta tradizionale dello Strudel di mele

            Di strudel esistono oggi tantissime varianti: con pasta tirata, pasta sfoglia, uvetta ammollata nel rum, pangrattato tostato nel burro o frutta secca. La ricetta che segue si ispira alla versione classica altoatesina, quella che meglio conserva l’autenticità storica pur essendo alla portata di ogni cucina domestica.

            Ingredienti (per 6–8 porzioni)

            Per la pasta tirata:

            • 250 g di farina 00
            • 1 uovo
            • 30 g di olio di semi
            • 1 pizzico di sale
            • 100 ml circa di acqua tiepida

            Per il ripieno:

            • 1 kg di mele (preferibilmente Renetta o Golden)
            • 80 g di zucchero
            • 60 g di uvetta
            • 40 g di pinoli (opzionali ma tradizionali)
            • 1 cucchiaino di cannella
            • Succo di mezzo limone
            • 40 g di pangrattato
            • 40 g di burro

            Per la finitura:

            • Burro fuso q.b.
            • Zucchero a velo q.b.

            Procedimento

            1. Preparate la pasta tirata

            Impastate farina, uovo, olio e sale, aggiungendo l’acqua poco alla volta fino a ottenere un composto elastico. Lavoratelo almeno 10 minuti: la caratteristica dello strudel è proprio la sua pasta sottilissima. Formate una palla, copritela e lasciate riposare 30 minuti.

            2. Preparate il ripieno

            Sbucciate le mele, tagliatele a fettine sottili e mescolatele con zucchero, cannella, uvetta ammollata e strizzata, pinoli e succo di limone. Fate fondere il burro in padella e tostate il pangrattato fino a doratura: servirà ad assorbire l’umidità del ripieno, come vuole la tradizione.

            3. Stendete la pasta

            Stendete la pasta prima con il mattarello, poi con le mani, su un canovaccio infarinato. Deve diventare quasi trasparente, tanto da poter leggere un giornale attraverso: è il segno della corretta elasticità.

            4. Assemblate e arrotolate

            Distribuite il pangrattato tostato sulla pasta, lasciando un bordo libero, poi aggiungete il ripieno di mele. Aiutandovi con il canovaccio, arrotolate delicatamente lo strudel. Sigillate bene le estremità.

            5. Cottura

            Adagiate il rotolo su una teglia con carta da forno, spennellate con burro fuso e cuocete in forno a 180°C per 40–45 minuti, finché sarà dorato.

            6. Servizio

            Lasciate intiepidire e spolverate con zucchero a velo. È perfetto servito con crema alla vaniglia o gelato fiordilatte.

            Un dolce che racconta una storia

            Lo strudel di mele è molto più di una ricetta: è il simbolo dell’incontro tra culture, della capacità del cibo di migrare, trasformarsi e radicarsi altrove. Oggi rappresenta una delle specialità più amate dell’Alto Adige, dove ogni famiglia conserva la propria versione tramandata da generazioni.

            Prepararlo in casa significa riportare nella propria cucina un pezzo di storia europea, fatta di profumi antichi e gesti pazienti — gli stessi che, secoli fa, hanno dato vita a uno dei dolci più iconici e rassicuranti della tradizione alpina. Buon viaggio… e buon strudel.

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              Natale a tavola: il grande viaggio nei sapori dell’Italia, da Nord a Sud

              Cenone di magro, pranzo del 25, dolci della tradizione, pesci rituali e primi piatti d’altri tempi: un mosaico gastronomico che racconta la storia delle comunità e le identità locali.

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              Natale a tavola

                La mappa del gusto delle feste

                In Italia non esiste un solo “menu di Natale”. Il Paese, con le sue mille culture e storie regionali, celebra le feste attraverso una straordinaria varietà gastronomica. Al Centro e al Sud la cena più importante è quella della Vigilia, consumata rigorosamente “di magro”, mentre in gran parte del Nord l’appuntamento cruciale è il pranzo del 25 dicembre.
                A cambiare non sono soltanto gli orari, ma anche gli ingredienti, le modalità di preparazione e persino il simbolismo dei piatti. In comune rimangono solo alcune certezze: la frutta secca, considerata beneaugurante, e i dolci iconici come panettone e pandoro.

                Le tradizioni del Nord: sapori forti e cotture lunghe

                Sulle tavole della Valle d’Aosta si celebra la carne, con la carbonade — manzo stufato nel vino rosso — a rappresentare uno dei piatti più identitari del periodo. Non mancano sfiziosità come i crostini al miele, accompagnati da salumi locali di capra e pecora.

                In Piemonte le feste significano agnolotti e bollito misto, servito con le salse tradizionali come bagnet verd e bagnet ross. In Liguria, invece, prevale la leggerezza del mare: ravioli di pesce, verdure e il celebre cappon magro, un imponente piatto di pesce e ortaggi stratificati.

                La Lombardia custodisce una tradizione inaspettata: l’anguilla, spesso cotta al cartoccio, protagonista della Vigilia in molte famiglie. In Veneto convivono polenta e baccalà mantecato, mentre il lesso con le salse rimane un must del 25 dicembre.

                In Friuli Venezia Giulia il freddo invernale porta in tavola la brovada e muset, rape macerate nella vinaccia servite con cotechino. In Trentino-Alto Adige il Natale profuma di canederli, capriolo e strudel, ma anche del ricco zelten, un pane dolce a base di frutta secca e canditi.

                Il Centro Italia: tra pasta ripiena, pesce e arrosti importanti

                L’Emilia Romagna è da sempre regina della pasta fresca: tortellini, passatelli e lasagne sono i protagonisti assoluti del pranzo del 25. Tuttavia, esistono zone come Modena dove la Vigilia è da tradizione “di pesce”, con spaghetti a base di tonno, sgombro e acciughe.

                Nel Lazio il 24 dicembre porta in tavola baccalà fritto, fritto misto di verdure e il simbolico capitone. A Roma non mancano piatti storici come la minestra di pesce, la pasta e broccoli in brodo di arzilla e gli spaghetti con le alici. A Natale si passa alla carne: abbacchio al forno, cappelletti in brodo e bollito misto sono riti tramandati di generazione in generazione.

                In Toscana si aprono le danze con i crostini ai fegatini e si prosegue con arrosti di faraona, anatra o cappone ripieno. Nelle Marche dominano i maccheroncini di Campofilone, mentre in Umbria spiccano i cappelletti ripieni spesso anche di cappone e piccione.

                In Abruzzo il pranzo si arricchisce di agnello arrosto, lasagne e zuppe. Imperdibili i caggionetti, dolcetti fritti ripieni di castagne o mandorle.

                Il Sud: trionfo di mare, frattaglie rituali e dolci sorprendenti

                La Campania accoglie il Natale con un patrimonio gastronomico ricchissimo. La Vigilia è dominata dal pesce: spaghetti alle vongole, insalata di rinforzo e naturalmente il capitone, scelto per un’antica tradizione simbolica che lo associa alla vittoria sul male. Il 25 dicembre si passa a zuppe, struffoli, roccocò e molta frutta secca.

                In Basilicata le feste portano in tavola zuppe di verdure come scarole e cardi in brodo di tacchino, oltre al baccalà lesso e alle scarpedde, sfoglie fritte ricoperte di miele. In Calabria si celebrano salumi e primi semplici ma saporiti come spaghetti con mollica e alici, oltre al pesce stocco e al capretto accompagnato da broccoli tipici.

                La Puglia porta sulle tavole pettole, frittelle che possono essere salate o dolci, oltre all’anguilla arrostita e al baccalà fritto. L’agnello al forno con i lampascioni rappresenta una delle ricette più identitarie.

                Le isole: tra pasta ripiena, mare e dolci storici

                In Sardegna i culurgiones e i malloreddus dominano la tavola natalizia, mentre in Sicilia i profumi sono quelli di arance, aringhe, pasta con le sarde e beccafico. Lo sfincione è un must delle feste, così come i dolci: buccellati, cassate e cannoli.

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