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Curiosità

Ansia climatica, il countdown ambientale è imminente?

L’incombente minaccia del cambiamento climatico non ha solo conseguenze fisiche per il pianeta, ma sta anche avendo un impatto significativo sulla salute mentale delle persone. L’ansia climatica è un concetto relativamente nuovo che descrive la preoccupazione, la paura e l’angoscia crescenti legate al deterioramento ambientale e alle sue conseguenze.

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    L’ansia climatica, nota anche come eco-ansia, è un fenomeno emergente che riflette la crescente preoccupazione psicologica e emozionale legata ai cambiamenti climatici. Questo stato di ansia nasce dalla consapevolezza delle gravi conseguenze ambientali, sociali e economiche derivanti dall’alterazione del clima terrestre. Gli individui affetti da ansia climatica sperimentano timori per il futuro del pianeta, preoccupazioni per l’impatto della crisi climatica sulle generazioni future e un senso di impotenza di fronte alla vastità dei problemi ecologici. La diffusione di informazioni allarmanti su eventi meteorologici estremi, perdita di biodiversità, e disastri ambientali contribuisce ad alimentare questo stato di angoscia. L’ansia climatica rappresenta non solo una risposta emotiva alla crisi ambientale, ma anche un invito all’azione, spingendo molte persone a cercare soluzioni sostenibili e a impegnarsi in iniziative per la protezione del clima.

    Come si manifesta
    Sentimenti di impotenza e disperazione
    Paura per il futuro e per le generazioni successive
    Preoccupazione per gli impatti ambientali come eventi meteorologici estremi, innalzamento del livello del mare e perdita di biodiversità
    Colpa per il proprio contributo al cambiamento climatico
    Difficoltà a concentrarsi o a svolgere le normali attività quotidiane

    Come affrontare l’ansia climatica
    Sebbene queste preoccupazioni siano comprensibili, è importante trovare modi sani per gestirle e prevenire che influiscano negativamente sulla propria vita. Come avere una buona conoscenza dei fatti sul cambiamento climatico può aiutare a ridurre l’ansia e a sentirsi più preparati. È importante però fare attenzione alle fonti di informazione e cercare di evitare notizie sensazionalistiche o catastrofiche. Intraprendere azioni concrete per ridurre il proprio impatto ambientale, anche piccole, può dare un senso e contribuire a sentirsi meglio. Parlare con altre persone che condividono le proprie preoccupazioni può essere di grande aiuto. Esistono anche gruppi di supporto online e di persona dedicati all’ansia climatica.

    L’eco-ansia può influenzare profondamente il comportamento quotidiano, spingendo la persona a fare scelte attente e sostenibili in ogni aspetto della vita. Questo stato di consapevolezza costante può essere tanto una fonte di stress quanto una motivazione per intraprendere azioni positive verso un cambiamento ecologico.

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      Monkey, il gatto cleptomane che ha arricchito la sua padrona Megan

      Monkey è un gatto della Cornovaglia che ruba ogni cosa e lo porta alla sua padrona MeganPer esempio? Un “gratta e vinci” da 14 mila euro.

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        Un gatto cleptomane della Cornovaglia, Inghilterra, sta diventando una piccola celebrità sui social. Monkey, questo il suo nome, torna ogni giorno a casa con un “dono” per la sua umana, Megan . Il suo bottino? Di tutto: da sacchetti vuoti di patatine a bustine di semi. Ma la vera sorpresa è arrivata quando Monkey ha riportato a casa un gratta e vinci già grattato, e per giunta risultato essere vincente.

        Quattordicimila euro tra i canini del gatto

        Inizialmente Megan pensava fosse solo spazzatura, ma ha scoperto che il biglietto valeva il doppio di quanto previsto: circa 14 euro. Nulla di straordinario, ma sicuramente un colpo di fortuna inaspettato! Il video dell’impresa felina naturalmente nel corso del tempo è diventato virale su TikTok (@meganchristiann), raccogliendo migliaia di commenti divertiti.

        Monkey è diventato social tra divertimento e telecamere segrete

        C’è chi scherza sul fatto che Monkey ripaghi i suoi debiti, mentre altri propongono di mettere una telecamera sul suo collare per svelare le sue misteriose incursioni. Megan, però, preferisce mantenere la sorpresa e continua a godersi le buffe avventure del suo gatto. Chi sa cosa Monkey porterà a casa la prossima volta!

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          La famiglia Zammit rifiuta 30 milioni di dollari per la casa

          La famiglia Zammit ha rifiutato un’offerta di 30 milioni di dollari per vendere la loro casa a The Ponds, Sydney. La loro decisione diventa un simbolo di resistenza contro l’espansione urbana.

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            La famiglia Zammit, residente a The Ponds, Sydney, ha fatto notizia rifiutando un’offerta di 30 milioni di dollari per vendere la loro casa. Questa abitazione rappresenta per loro non solo un bene materiale, ma un simbolo di resistenza contro l’espansione urbana. Circondata da un’enorme area commerciale e sviluppi residenziali, la casa dei Zammit è un baluardo contro l’avanzata della cementificazione. Questa decisione ha suscitato ammirazione e riflessione sulla crescente pressione dell’urbanizzazione nelle grandi città.

            La storia dietro il rifiuto

            Nonostante l’enorme somma offerta, la famiglia Zammit ha scelto di rimanere nella loro casa storica, dimostrando un attaccamento emotivo e culturale al loro luogo di vita. Questa scelta coraggiosa riflette il desiderio di mantenere un legame con le proprie radici e di resistere alla spinta verso la modernizzazione a tutti i costi. La casa, costruita su un terreno di due ettari, è circondata da negozi, ristoranti e complessi residenziali di nuova costruzione, rendendo il rifiuto dei Zammit ancora più significativo.

            Un simbolo di resistenza

            La decisione della famiglia Zammit è diventata un simbolo di resistenza contro l’espansione urbana eccessiva. In un’epoca in cui molte persone cedono alle offerte lucrative dei costruttori, i Zammit hanno scelto di mantenere la loro casa come testimone del passato e baluardo contro l’invadenza del cemento. Questo rifiuto mette in luce la crescente tensione tra lo sviluppo urbano e la conservazione delle tradizioni e dei legami familiari.

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              Fotografato nudo da Google Street View: poliziotto argentino vince la causa e ottiene un risarcimento

              Secondo i giudici argentini, la privacy dell’uomo è stata violata in modo palese: Google dovrà risarcirlo con 12.500 dollari. Decisivo il fatto che fosse all’interno della sua proprietà, protetta da un alto muro.

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              Google Street View

                Era un giorno come tanti nel 2017, quando un poliziotto argentino, in un momento di relax nel giardino di casa sua, fu immortalato nudo dalle telecamere mobili di Google Street View. L’immagine, sfuggita alle consuete procedure di oscuramento automatico, mostrava l’uomo completamente nudo dietro un muro di oltre due metri, nel cortile privato della sua abitazione. Il caso, inizialmente trascurato, si è trasformato in un lungo iter giudiziario che ha ora trovato la sua conclusione: Google dovrà risarcire l’uomo con 12.500 dollari.

                La vicenda è emersa quando la foto ha iniziato a circolare online, accompagnata dal nome della via e dal numero civico, elementi ben visibili nell’inquadratura. La combinazione di questi dati ha reso l’uomo facilmente identificabile, esponendolo al ridicolo tra colleghi e residenti del piccolo centro in cui vive.

                In un primo momento, un tribunale aveva respinto il ricorso del poliziotto, ritenendo che fosse stato lui a comportarsi in modo inappropriato nel proprio giardino. Ma la Corte d’Appello ha ribaltato la sentenza, stabilendo che non si trattava di uno spazio pubblico. Bensì privato e protetto da una barriera “più alta della media umana”. L’inquadratura è stata quindi definita come una “palese invasione della privacy”.

                La corte ha evidenziato anche una falla nei protocolli di Google, che solitamente sfoca i volti e le targhe. “In questo caso non si trattava di un volto, ma dell’intero corpo nudo di una persona, un’immagine che avrebbe dovuto essere evitata con ogni mezzo”, si legge nella sentenza.

                Assolte invece da ogni responsabilità la compagnia telefonica Cablevision SA e il sito di notizie El Censor, che avevano rilanciato la foto.

                Il caso solleva nuove domande sull’equilibrio tra tecnologia e tutela della privacy, dimostrando che, anche nell’era del digitale, il diritto alla riservatezza rimane fondamentale.

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