Curiosità
Fratelli, sorelle… e tutta l’Italia: il dibattito sull’inno di Mameli che divide il Paese
Un’inclusione (quasi) impossibile: la cantante Francamente – nome d’arte di Francesca Siano – voleva modificare l’Inno di Mameli per renderlo più rappresentativo di tutte le identità di genere, ma ha dovuto rinunciare: nessuno tocchi Mameli! Ne è nato un acceso dibattito tra sostenitori e detrattori della sua idea.

Può un inno nazionale risultare esclusivo? La domanda è esplosa con forza dopo l’intervento di Francamente, artista e semifinalista di X Factor 2024, che ha scatenato una polemica virale. Invitata a esibirsi prima della finale di Coppa Italia di volley femminile, la cantante aveva pensato di modificare l’iconico Fratelli d’Italia per renderlo più inclusivo verso le persone queer, trans e non binarie. Tuttavia, la scoperta delle implicazioni legali ha fatto svanire l’idea, spingendola a un’esibizione simbolica ma fedele al testo originale.
L’idea più inclusiva
Francamente, al secolo Francesca Siano, ha spiegato in un video Instagram la sua intenzione iniziale: «Mi hanno chiesto di cantare l’Inno e il mio primo pensiero è stato accettare, ma con una modifica al testo». Secondo l’artista, le parole hanno un impatto culturale profondo e un’espressione come Fratelli d’Italia rischia di escludere parte della popolazione.
L’entusiasmo iniziale ha lasciato presto spazio a un ostacolo normativo: cambiare il testo dell’Inno di Mameli potrebbe configurare vilipendio alla bandiera, un reato punibile per legge. Di fronte a questa scoperta, la cantante si è trovata a un bivio: rinunciare alla performance o trovare un modo alternativo per lanciare il suo messaggio.
Una scelta simbolica
Alla fine, Francamente ha optato per una via intermedia: «Ho deciso di cantarlo così com’è, ma con la mia presenza e il mio outfit ho voluto trasmettere un messaggio forte». Sul palco, la sua esibizione si è trasformata in un atto politico, volto a ricordare che la comunità LGBTQ+ esiste e merita pari diritti.
Nel suo discorso successivo, l’artista ha ampliato il dibattito, sottolineando che l’Italia di oggi è ben diversa da quella in cui l’Inno è stato scritto: «Un tempo l’obiettivo era unificare diversi stati sotto un’unica bandiera; oggi dovremmo unirci sotto il segno dell’inclusività e della parità».
Il web si divide, tra plausi e polemiche
Come spesso accade in questi casi, la reazione pubblica è stata tutt’altro che unanime. Da una parte, molti hanno elogiato Francamente per aver sollevato un tema cruciale: «C’è un’Italia che chiede inclusione e diritti», ha scritto un utente su Instagram. Dall’altra, le critiche non si sono fatte attendere, con accuse di eccessivo wokismo (omportamento e atteggiamenti sensibili alle ingiustizie sociali e politiche, ndr) e di strumentalizzazione di un simbolo nazionale.
La polemica si è infiammata al punto che la cantante ha deciso di cancellare il suo post originale. Ma il dibattito rimane aperto: l’Inno di Mameli deve restare immutabile o può evolversi per rappresentare una società in cambiamento?
INSTAGRAM.COM/LACITYMAG
Curiosità
Belen barista, Blasi cassiera, De Martino muratore: cosa potrebbero essere i vip in un’ipotetica, altra vita? Ce lo mostra la IA (gallery)
Che si tratti di un modo divertente ma preciso di manifestare la propria invidia sociale nei confronti di quelli più fortunati e (non sempre) meritevoli al 100% di quello che hanno?

Avete presente quando si sente qualcuno che urla… “Ma vai a lavorare”? Ecco, questo potrebbe essere l’incipit perfetto per commentare queste straordinarie realizzazioni fatte con l’intelligenza artificiale generativa, che ritraggono alcuni famosi vip del nostro spettacolo, alle prese con lavori comuni e in qualche caso pure decisamente usuranti.
Lavorare stanca
Belen Rodriguez barista, Elettra Lamborghini che consegna i pacchi di Amazon, Cristiano Malgioglio fruttarolo, Mario Baoletti benzinaro, Geolier posteggiatore (ma non abusivo… con tanto di pettorina d’ordinanza), Elisabetta Marcuzzi con il suo banchetto al mercato, Stefano De martino imbianchino e tanti altri.











Una galleria di “nuovi mostri” generata dall’AI
Replicare con l’AI personaggi famosi e inserirli in situazioni impossibili e poi condividerli sui social per vedere l’effetto che fa:è la moda del momento. Dai baci impossibili tra politici avversarsi, agli attori rivali nello schermo che ora si abbracciano appassionatamente fino ai calciatori, nella versione vecchia e giovane, che si incontrano in un’atmosfera onirica.
Cassiera al supermercato, cameriera in pizzeria
L’ultima versione, però, è quella che il popolino segretamente sogna (ma non troppo), al motto in voga di “non siamo brutti, siamo solo poveri”. Ilary Blasi cassiera della Coop e non più alle prese con Rolex e borsette griffate, Diletta Leotta cameriera in pizzeria e Gianluca Vacchi in fabbrica.. dove c’è poco da ballare e da stare allegri.
Curiosità
L’ottuso algoritmo di Meta, più moralista della nonna, cancella Lolita dalla rete
Provate a cercare “Lolita” su Facebook o Instagram. No, non il vostro romanzo preferito, ma proprio la parola. Vi aspetta una sorpresa: un messaggio d’allerta che insinua oscure associazioni. La scrittrice Guendalina Middei, autrice del saggio Sopravvivere il lunedì mattina con Lolita, lo ha scoperto a sue spese. Il titolo del suo libro è diventato un tabù digitale.

“Se provo a digitare il titolo del mio libro nei motori di ricerca di Facebook e Instagram”, racconta la Middei, “mi compare un alert che avvisa che la ricerca potrebbe essere associata agli abusi sessuali su minori”. Un’accusa pesante per un romanzo pubblicato da Feltrinelli e ispirato a un classico della letteratura: Sopravvivere al lunedì mattina con Lolita.
Addio Nabokov
Eppure, il blocco non si limita al libro della Middei: cercare semplicemente “Lolita” porta a un nulla di fatto, come se il celebre romanzo di Vladimir Nabokov non fosse mai esistito. Si salva solo la pagina dedicata al film di Stanley Kubrick, ma con un avviso a caratteri cubitali che ricorda: “gli abusi sessuali su minori sono illegali”. Una reazione sproporzionata? Decisamente sì.
la logica della censura: quando l’algoritmo diventa giudice
Meta ha già sperimentato censure algoritmiche con termini come “Gaza“, riducendo la visibilità di post legati agli eventi in Medio Oriente. Ma mai prima d’ora aveva cancellato un termine in modo così totale. “Oscurare una parola significa cancellare tutto l’universo che le ruota attorno”, denuncia Middei. “Un algoritmo non può avere questo potere”.
La macchina domina l’uomo
Di fronte alle proteste, la risposta di Meta è stata laconica: “Non possiamo fare nulla per i problemi legati all’algoritmo”. Una frase che suona come una resa incondizionata alla logica dell’intelligenza artificiale, trasformata in censore supremo senza possibilità di appello.
E’ il paradosso della libertà di espressione a intermittenza
Solo qualche mese fa, Mark Zuckerberg proclamava la libertà di espressione negli Stati Uniti, lamentandosi delle “regole restrittive” imposte dall’Unione Europea. Ma allora, come si spiega questo blackout totale su Lolita? La UE impone di rimuovere contenuti illegali, non certo di riscrivere la storia della letteratura a colpi di ban automatizzati. Cosa succederebbe se lo stesso trattamento fosse riservato ad altri classici? Potremmo svegliarci un giorno e scoprire che I Promessi Sposi è stato rimosso per sospette apologie di matrimoni forzati, o che Madame Bovary è stato oscurato per “contenuti immorali”.
L’algoritmo? Fa più danni che altro
Censurare le parole non elimina i problemi reali. Al contrario, rischia di seppellire dibattiti importanti sotto il tappeto di un moralismo algoritmico miope. Nel frattempo, Lolita continua a essere uno dei libri più letti e studiati della letteratura mondiale. Ma su Facebook e Instagram, semplicemente, non esiste più. Un romanzo che racconta la manipolazione delle parole è stato vittima proprio di questo meccanismo. Un’ironia che Nabokov, con la sua penna tagliente, avrebbe certamente saputo raccontare alla perfezione…
Curiosità
Rivivere sul Titanic attraverso gli oggetti prelevati dal relitto in fondo al mare
Dalle fiale di profumo a una borsa di coccodrillo e bottiglie di champagne, nel deposito “segreto” degli oggetti recuperati dal Titanic

A più di un secolo dal tragico affondamento del Titanic, un deposito segreto ad Atlanta, in Georgia, custodisce oltre cinquemila oggetti recuperati dal relitto, lontani dai gelidi fondali dell’oceano. Tra questi, spiccano alcuni cimeli straordinari, come una borsa in pelle di coccodrillo, fialette di profumo e una bottiglia di champagne. La BBC ha avuto l’opportunità di esplorare questo magazzino segreto, che raccoglie i resti di una delle tragedie più note della storia.
Ad Atlanta il tesoro nascosto
Il deposito di Atlanta, la cui esatta ubicazione resta volutamente segreta, conserva una parte significativa degli oggetti recuperati dal Titanic nel corso dei decenni. La città, infatti, ospita anche una mostra interattiva e in 3D dedicata alla nave, che include centinaia di reperti originali come piatti decorati, gioielli e divise del personale di bordo. Qui è possibile immergersi nell’atmosfera di lusso e sfarzo che caratterizzava il Titanic, con ricostruzioni dettagliate delle sue sale interne e delle scalinate maestose.
Quante storie dietro questi oggetti
Ogni oggetto racconta una storia. La borsa in pelle di coccodrillo, ad esempio, apparteneva a Marian Meanwell, una modista di 63 anni che viaggiava in terza classe per raggiungere la figlia negli Stati Uniti. La borsa, ritrovata intatta, conteneva una fotografia sbiadita, probabilmente della madre di Marian, una lettera di raccomandazione e i documenti sanitari necessari per lo sbarco. Tragicamente, Marian si era imbarcata sul Titanic solo perché la nave su cui doveva viaggiare, la Majestic, era rimasta ferma.





Il profumo di un sopravvissuto
Tra i reperti spiccano anche delle fialette di profumo appartenute ad Adolphe Saalfeld, un commerciante di seconda classe sopravvissuto al naufragio. Questi piccoli oggetti, rimasti intatti, sono una testimonianza della vita che si è spezzata quella notte, e della sopravvivenza carica di sensi di colpa di chi, come Saalfeld, riuscì a scampare alla tragedia.
Infine, una bottiglia di champagne, ancora sigillata, ci riporta al lusso del Titanic, una nave dove si celebrava la vita con cene sontuose, musica e balli, ma che finì per diventare un simbolo di rovina e perdita.
Un patrimonio storico da esplorare
Il deposito di Atlanta non è solo un magazzino di oggetti, ma un vero e proprio custode di storie, che continuano a emergere dai fondali dell’oceano. Con ogni nuova immersione, nuovi reperti potrebbero venire alla luce, aggiungendo ulteriori capitoli alla tragica epopea del Titanic.



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