Curiosità
Lo Stretto di Messina a piedi… sul filo

Un certo signor Jaan Roose ha recentemente riscritto la storia degli sport estremi. Il 32enne estone è ufficialmente il primo uomo ad aver attraversato lo Stretto di Messina a piedi. Non essendo imparentato col buon Dio non ha certo passeggiato sulle acque… ma l’ha percorso su un cavo d’acciaio.
Peccato per la caduta sul finale
Dopo giorni di studio passati fra Villa San Giovanni e Messina, il campione ha completato Red Bull Messina Crossing. Rimanendo in bilico all’altezza di 230 metri per quasi 3 ore, finendo peraltro la sfida con maggior facilità rispetto alle aspettative iniziali. Un’attraversata epica conclusa nonostante i 32 gradi di temperatura e una caduta a pochi metri dall’arrivo, che purtroppo gli è costata l’ufficialità del record.
Grande soddisfazione
Queste le parole del campione: «Sono supercontento anche se un po’ stanco. Ho avuto qualche problemino, ma c’era molto vento, però sono veramente felice di aver fatto la storia ed esser diventato il primo uomo a camminare sullo Stretto».
Chi è il re dello slacklining
L’atleta estone ha superato il labile confine che separa l’ordinario dallo straordinario grazie alle sue incredibili imprese nello slacklining, facebdo dell’equilibrio la sua carriera. Ha trasformato questo sport con i suoi progetti visionari e i suoi straordinari record. Pioniere nel mondo dello slacklining creativo, quello che è iniziato come un hobby si è lentamente evoluto in una passione prima e in una vera e propria carriera poi.
Ha iniziato per gioco
Nato e cresciuto in un villaggio chiamato Matsuri, in Estonia, il suo interesse nei confronti di questa disciplina sportiva si è acceso quando si è classificato secondo nel concorso video King of Slackline. Era il 2010. Con una gamba rotta a seguito di una caduta durante un allenamento di parkour, Roose ha presentato dei video in cui eseguiva dei trick su una slackline allestita a casa sua. “Ho iniziato mentre avevo una gamba ingessata per aver provato a fare parkour. Sono stato male, ho vomitato, ho cercato di curarmi e sono andato avanti”, ricorda. “Ho iniziato a caricare i video e ho sentito fluire dentro di me una sorta di elettricità”. Una vittoria inaspettata gli ha dato la spinta sufficiente per dedicarsi allo slacklining professionale, intraprendendo un percorso che l’ha reso l’atleta che è oggi.
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Curiosità
Il vestito del Papa defunto tra simboli e tradizione funeraria vaticana
Il rito funebre di un Papa è un momento di grande solennità e preghiera. La sua vestizione e la scelta degli oggetti che lo accompagnano nella sepoltura non sono casuali, ma rispecchiano la missione spirituale che ha svolto durante la sua vita.

Quando un Papa muore, la Chiesa cattolica segue un protocollo preciso e ricco di simbolismo per accompagnarlo nel suo ultimo viaggio. La vestizione del pontefice defunto riflette il suo ruolo spirituale e la tradizione secolare che lega il papato agli eventi più sacri della fede cristiana. Papa Francesco, 266° successore di San Pietro, riposa nella cappellina di Santa Marta prima del trasferimento nella Basilica di San Pietro. A differenza di altri pontefici, non è stato imbalsamato, ma solo sottoposto a trattamenti per rallentarne la decomposizione. Il suo corpo è stato vestito con i paramenti sacri tradizionali, che hanno un significato profondo nella liturgia cattolica. Vediamo quali.
Ma quali sono gli abiti sacerdotali del Papa?
Tra gli abiti sacerdotali indossati dal Papa quello più appariscente è la casula rossa. Il colore rosso è simbolo dell’amore divino e del sangue versato da Cristo. I sacerdoti indossano questo paramento durante celebrazioni solenni. Come per esempio la Domenica delle Palme, il Venerdì Santo, la Festa della Santa Croce e la Pentecoste. Il rosso richiama anche il martirio, elemento centrale nella fede cristiana.
Il pallio è una stola bianca con croci nere, simbolo di autorità e legame con la tradizione apostolica. Questa particolare stola, indossata sulle spalle, viene usata dai sacerdoti nelle benedizioni e nell’esposizione dell’ostensorio con il Santissimo Sacramento. Il pallio papale è confezionato con la lana di due agnelli allevati dai monaci trappisti delle Tre Fontane. Ed è tessuto dalle monache di clausura di Santa Cecilia in Trastevere.
La mitria bianca è il copricapo episcopale, segno di dignità vescovile. In passato, durante le celebrazioni solenni, i papi indossavano la tiara, un copricapo composto da tre corone sovrapposte, simboleggianti il triplice potere del pontefice. “Padre dei principi e dei re, Rettore del mondo, Vicario di Cristo in Terra“. Tuttavia, Paolo VI abolì l’uso della tiara, preferendo un simbolismo più semplice e meno legato agli aspetti monarchici della Chiesa.
L’anello d’argento. Francesco ha scelto di essere sepolto con il suo semplice anello d’argento, lo stesso che indossava quando era arcivescovo di Buenos Aires. Questo lo distingue dai suoi predecessori, i quali portavano l’Anello Piscatorio, che veniva spezzato alla loro morte per rappresentare la fine del loro potere temporale.
Un altro elemento che distingue Bergoglio durante il suo funerale è il rosario tra le mani. Un elemento fondamentale, il rosario, è segno di preghiera e meditazione. La presenza del rosario testimonia la devozione mariana di Papa Francesco e il suo legame con la tradizione della recita del Santo Rosario.
Una bara semplice che contiene il rogito
Diversamente dai papi precedenti, Francesco ha scelto una bara semplice, realizzata in legno e zinco. Bergoglio ha rinunciato al tradizionale catafalco o alla complessa sequenza delle tre bare sovrapposte (legno, zinco e legno). Questa decisione riflette il suo approccio umile e il suo desiderio di evitare fasti eccessivi. All’interno della bara, verranno deposti alcuni elementi simbolici ad iniziare dal rogito. Si tratta di un documento sigillato che contiene un breve riassunto del suo pontificato e delle sue opere. La medaglia e le monete vaticane, coniate durante il suo regno, che rappresentano il periodo storico del suo pontificato.
Curiosità
Dai cani al Kama Sutra: Charlie Forde, la veterinaria che ha scelto il porno per sopravvivere
Quando la passione per gli animali ti porta… ad amare in modo molto più esplicito. La storia di Charlie Forde: da 130 ore settimanali in clinica, a un set decisamente meno stressante.

Dal camice bianco… al “nudo integrale”. C’è chi cambia lavoro per noia, chi per passione e chi, come Charlie Forde, perché rischiava letteralmente di farsi fuori per la stanchezza. Veterinaria australiana, 36 anni, Charlie ha lasciato il bisturi per abbracciare una carriera ben diversa (ma comunque manuale): quella di pornostar a Los Angeles.



Basta agli orari massacranti
Dopo anni passati tra cuccioli e flebo, Charlie ha detto basta alle 130 ore settimanali di turni massacranti e ha scelto una nuova “specie” di set. “Essere veterinari è estenuante. Il tasso di suicidi nella categoria è sei volte superiore alla media nazionale”, ha dichiarato al Daily Mail. Insomma: meglio l’hard che il burnout.
Come si passa dagli animali ai film per adulti?
No, non è una barzelletta. Tutto è iniziato mentre studiava veterinaria: il portafogli era vuoto, i debiti universitari pieni e il tempo libero inesistente. “Ho cercato un modo per pagarmi gli studi, e qualcuno mi ha suggerito il porno. Ci ho provato… e da lì non mi sono più fermata”. Dopo un incidente stradale causato dalla stanchezza, è arrivata la svolta: mollare tutto, trasferirsi a Los Angeles e ricominciare. Con meno bisturi e molta più libertà (artistica, si intende).
Ma il porno è davvero meno stressante?
Secondo lei sì. E a guardare i numeri del settore, non è neppure una scelta così folle: orari flessibili, autonomia, possibilità di lavorare come content creator, e – non da poco – stipendi molto più alti rispetto a quelli da veterinaria. E senza il rischio di essere graffiata da un gatto isterico mentre si lavora su tre pazienti contemporaneamente. Charlie oggi è una pornostar indipendente, produce i propri contenuti e racconta la sua storia senza tabù. “Non mi vergogno. Ho preso in mano la mia vita, e la mia salute mentale è migliorata”. D’altronde, quando la realtà supera la fantasia, l’importante è stare bene. E se questo significa passare da una clinica a un set… ben venga.
La vita è una jungla, e Charlie ha semplicemente cambiato habitat
Dai volatili agli uccelli – in ogni senso – la Forde ha scelto la strada meno battuta (ma molto cliccata). E mentre qualcuno ancora storce il naso, lei vive la sua nuova vita al massimo, con ironia, libertà e, finalmente, qualche ora di sonno in più.
Curiosità
Basta, mi licenzio e cambio vita. Erica gira il mondo tutto l’anno
La storia di Erica dimostra che, nonostante le sfide, seguire i propri sogni e cercare una vita più appagante può portare a grandi soddisfazioni. La vita in crociera, seppur difficile, le ha permesso di scoprire il mondo e se stessa, offrendo una prospettiva unica su cosa significhi veramente vivere appieno.

Erica, una giovane laureata in giornalismo, ha scelto di cambiare radicalmente la sua vita lasciando un lavoro d’ufficio a New York per diventare intrattenitrice su una nave da crociera. Nonostante le difficoltà iniziali, oggi Erica è felice della sua scelta, avendo visitato 79 Paesi in dieci anni.
La decisione di cambiare vita
Erica ha lavorato in un prestigioso ufficio a New York, ma la routine stressante, il lungo tragitto e le ore passate in un cubicolo l’hanno portata a soffrire fisicamente e mentalmente. Cercando disperatamente una soluzione, ha scoperto il lavoro sulle navi da crociera, che le avrebbe permesso di viaggiare e conoscere nuove persone. Dopo aver superato un colloquio, ha iniziato la sua carriera come entertainment host.
Le difficoltà dell’inizio? Superate con la solidarietà dei colleghi
La vita a bordo non è stata facile all’inizio. Erica ha dovuto completare un rigoroso corso sulla sicurezza e imparare rapidamente le sue mansioni. Le cabine per i dipendenti sono spesso molto piccole e spartane, a volte condivise con altri membri dell’equipaggio, e le ispezioni settimanali sono una costante. Ma non mancano battute, scherzi e giochi tra colleghi per rendere la vita a bordo meno stressante. Nonostante questi ostacoli, Erica ha trovato un nuovo equilibrio.
La vita a bordo? Mai la stessa
La vita in crociera è intensa e non per tutti. I turni di lavoro possono variare dalle 8 alle 12 ore al giorno per sette mesi consecutivi. Tuttavia, Erica e molti dei suoi colleghi amano questa vita per le esperienze uniche che offre. Viaggiare continuamente permette di scoprire nuovi luoghi e culture, creando un forte senso di comunità tra l’equipaggio.
Esperienze Indimenticabili da Petra alla Nuova Zelanda
Grazie al suo lavoro, Erica ha avuto la fortuna di esplorare posti incredibili come Petra, l’Alaska e le grotte della Nuova Zelanda. Anche se a volte può sentirsi sola, considera la sua esperienza a bordo come la più emozionante e gratificante della sua vita. Insomma nonostante le sfide, seguire i propri sogni e cercare una vita più appagante può portare a grandi soddisfazioni. La vita in crociera, seppur difficile, le ha permesso di scoprire il mondo e se stessa, offrendo una prospettiva unica su cosa significhi veramente vivere appieno l propria esistenza.
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