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Società

Generazione Z, i dormiglioni dell’early night

E’ stato denominato ‘early night’ il fenomeno mondiale che sta accumunando ragazze e ragazzi della Gen Z che si scoprono grandi dormiglioni.

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    E’ stato denominato ‘early night‘ cioè andare a letto presto quel fenomeno mondiale che sta interessando la Gen Z quelli che hanno dai 18 ai 28 anni che si scoprono grandi dormiglioni.
    Proprio da loro parte questa tendenza ad andare a letto presto. Una scelta che li distingue dalla generazione precedente dei Millennial che, tendenzialmente sono più propensi a godersi la vita notturna. Tra la Gen Z, invece, è sempre più diffuso il trend di andare a dormire presto. Basta con le ore piccole. Ma soprattutto i più giovani, quelli che ancora non hanno raggiunto l’età adulta, amano dormire più a lungo.

    Dormire bene e a lungo fa bene a tutto

    Ma quali sono i motivi di questa trasformazione? Alla base del trend c’è la maggiore consapevolezza da parte dei giovani sul ruolo del sonno per salvaguardare la salute fisica e mentale. Anche se non sono escluse motivazioni meno rosee. Secondo i dati dell’American Time Use Survey , nel 2022 i ventenni hanno dormito in media 9 ore e 28 minuti, un aumento dell’8% rispetto alle ore di sonno del 2010. Il trend di andare a dormire presto è anche i risultato di un fenomeno diventato virale come il #SoftGirl, uno stile di vita, una scelta di moda, seguita dagli adolescenti di tutto il mondo.

    Chi dorme piglia più pesci

    Il fenomeno dell’ ‘early night‘ è confermato da un’analisi dei dati dei clienti di Sleep Number. Secondo i dati raccolti le ragazze e i ragazzi tra i 16 e i 34 anni vanno a letto in media alle 22 e anche prima. Ad abbassare la media sono soprattutto i più giovani. I benefici di questa tendenza sono innumerevoli, come molti adulti che non riescono a chiudere occhio sanno bene. Andare a dormire presto migliora le prestazioni del giorno dopo, perché il sonno è cruciale sia per la regolazione dell’ormone del sonno, la melatonina, sia per il consolidamento delle informazioni che si percepiscono.

    Favorire la melatonina

    La melatonina, infatti, regola la nostra fisiologia come la temperatura corporea, il metabolismo e persino l’umore. Ma non basta. Andare a dormire presto e dormire bene è importante per mantenere il ciclo circadiano – il nostro orologio interno che controlla il sonno e la veglia – in sintonia con il ritmo naturale. Inoltre favorisce un migliore equilibrio ormonale e una migliore regolazione emotiva e aiuta a trovare più facilmente soluzioni ai problemi che ci angustiano quotidianamente. Diversi studi associano ad una corretta quantità di sonno, la riduzione del rischio di patologie cardiovascolari, l’ansia e malattie legate alle performance di qualsiasi genere.

    Irritato, nervoso e con la libido assonnata

    La mancanza di sonno o un sonno irregolare può avere molti effetti negativi sulla salute. Maggiore irritabilità, nervosismo, difficoltà nel gestire lo stress, maggiore tristezza e ansia oltre che minor desiderio sessuale. Lo studio riporta la scelta di sempre più coppie che decidono di dormire in stanze diverse – sleep divorce – proprio per evitare interruzioni o disturbi del sonno.

    Dove vai se i soldi non ce li hai?

    Non bisogna essere proprio degli esperti per dimostrare che molti giovani vanno a dormire presto perché stanchi e demotivati. Ma anche per mancanza di soldi che impedisce loro di concedersi attività serali. Stai a casa. E che fai, studi? No. Guardi la Tv? Nemmeno. Leggi? Forse. Tanto vale andare a dormire per essere più freschi e riposati il giorno dopo. da un’indagine condotta da Telefono Azzurro in collaborazione con Bva Doxa emerge che il 21% dei giovani tra i 12 e i 18 anni si sente in ansia o preoccupato. Il 6% dichiara di sentirsi triste, e vorrebbe affrontare seriamente il tema della salute mentale. Tanto che il volume di domande per ottenere il Bonus Psicologo nel corso dell’anno si è triplicato rispetto al 2023. Visti i dati dell’indagine bisognerebbe capire se l’’early night‘ alla fine non sia un’àncora di salvezza. Perché non va bene mettere la testa sopra il cuscino per sprofondarci le proprie angosce e tenerle lontane da se stessi. Bisognerebbe risalire alle loro cause e provare a risolverle.

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      Società

      Il Natale che cambia: sobrietà, consapevolezza e un nuovo modo di festeggiare

      Sempre più famiglie scelgono un Natale “leggero”: meno sprechi, regali utili o riciclati, addobbi ridotti e maggiore cura per ciò che conta davvero. Una tendenza che racconta il bisogno di dare valore a gesti e relazioni, più che agli acquisti.

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      Il Natale che cambia: sobrietà, consapevolezza e un nuovo modo di festeggiare

        Quest’anno, il Natale sembra avere un volto nuovo. Da un lato, le luci e le offerte, dall’altro un sentimento crescente di sobrietà. Tra scenari di instabilità globale — dalle difficoltà economiche all’incertezza generata dalle numerose tensioni internazionali — molte persone stanno rivedendo il modo di vivere le festività. Non si tratta di un cambiamento di moda, ma di una presa di coscienza: celebrare sì, ma senza eccessi.

        Dopo anni di spesa sfrenata, anche sotto la spinta commerciale, cresce l’idea che il Natale debba tornare alla sua natura originale: tempo di condivisione, famiglia, intimità. E a raccontarlo sono i dati sui consumi più prudenti e l’aumento di iniziative sostenibili in tutta Europa. Secondo analisi di mercato pubblicate negli ultimi mesi, le famiglie italiane valutano con più attenzione i costi, prediligono acquisti utili e puntano su ciò che dura nel tempo, invece di oggetti superflui destinati a essere dimenticati.

        Addobbi minimal e luci meno invadenti

        A cambiare è anche l’estetica delle feste. Se fino a qualche anno fa la corsa era a chi illuminava di più balconi e giardini, ora subentra una consapevolezza energetica: consumare meno, ma farlo con gusto. Molte città hanno ridotto gli allestimenti luminosi, privilegiando led a basso impatto e iniziative condivise. Anche nelle case, si riscopre il valore del “fatto a mano”: ghirlande create con materiali naturali, riutilizzo di vecchie decorazioni, creatività invece di acquisti compulsivi.

        Regali pensati, riciclati o solidali

        Il concetto del dono si rinnova: non più “cosa compro?”, ma “cosa può servire davvero?”. Cresce la pratica del regalo circolare — libri già letti, oggetti recuperati e restaurati, abiti vintage — ma anche dei doni immateriali, come esperienze, corsi, biglietti per eventi. Ai tradizionali pacchetti luccicanti si affiancano donazioni a enti benefici: un modo per trasformare il Natale in un gesto collettivo di solidarietà.

        Una risposta psicologica alla complessità del presente

        Questa sobrietà non è tristezza, ma un nuovo equilibrio. L’incertezza globale produce un bisogno di sicurezza emotiva: le persone cercano calore nei rapporti più che negli acquisti. Le feste diventano occasione per fare spazio a ciò che conta: tempo di qualità, convivialità, tradizioni genuine — magari attorno a una tavola meno opulenta, ma più autentica.

        Un Natale che guarda al futuro

        La tendenza si inserisce in un contesto più ampio: attenzione all’impatto ambientale, riduzione degli sprechi, economia circolare. Anche i più giovani, sensibili ai temi climatici, spingono verso scelte consapevoli: packaging riciclabili, prodotti artigianali locali, alimenti a filiera corta.

        Sembra quindi che il Natale stia trovando un nuovo significato: non rinuncia alla magia, ma la declina in modo più responsabile. Meno frenesia, più cuore. Meno oggetti che riempiono gli scaffali, più gesti che riempiono le giornate.

        Perché, in fondo, lo spirito natalizio non si misura dal numero di pacchi sotto l’albero, ma dalla qualità dei sorrisi attorno ad esso.

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          Società

          Culle vuote e anziani in aumento: la doppia emergenza che pesa sul futuro dell’Italia

          Dati Istat e Ocse confermano un declino demografico costante e un’età pensionabile destinata a salire. Intanto le nuove generazioni faticano a costruire una vita autonoma.

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          emergenza che pesa sul futuro dell’Italia

            Il dibattito sulla crisi demografica italiana non è più una questione teorica, ma una realtà documentata dai numeri. Con un continuo calo delle nascite e una popolazione sempre più anziana, l’Italia si ritrova a dover affrontare una trasformazione sociale che avrà effetti economici profondi. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, intervenendo agli Stati generali della Natalità del 27 novembre, ha definito il fenomeno una «questione cruciale per il futuro del Paese», sottolineando come l’invecchiamento sia ormai evidente: «I giovani sono pochi come mai nella nostra storia».

            Giovani in ritardo su tutto

            L’analisi del capo dello Stato va oltre i numeri, evidenziando un problema culturale e sociale: una generazione costantemente in ritardo, non per propria responsabilità ma per mancanza di stabilità. Ritardo nel trovare un lavoro sicuro, nel lasciare la casa dei genitori, nell’accedere a un’abitazione e, di conseguenza, nel costruire una famiglia. Non sorprende, dunque, che fare figli non sia tra le priorità degli under 35, più concentrati sull’obiettivo – spesso già difficile – di arrivare a fine mese.

            Istat: nascite in calo del 5,4%

            I dati Istat pubblicati il 27 novembre confermano la tendenza negativa: tra gennaio e agosto 2025 le nascite sono diminuite del 5,4% rispetto allo stesso periodo del 2024. «Anche quest’anno registreremo un nuovo minimo storico», ha dichiarato il presidente Istat, Francesco Maria Chelli. A peggiorare il quadro c’è anche la fuga dei laureati: negli ultimi dieci anni l’Italia ha perso oltre 90 mila giovani tra i 25 e i 34 anni, con un picco di 21 mila uscite nel solo 2023.

            La Fondazione per la Natalità rileva inoltre che il tasso di fecondità è sceso a 1,13 figli per donna nei primi sette mesi del 2025, dopo 1,18 del 2024 e 1,2 del 2023. Un livello ben lontano dalla soglia di sostituzione (2,1). Nel 2024 il saldo naturale è stato drammatico: 281 mila residenti in meno, l’equivalente dell’intera popolazione di Venezia.

            Politiche insufficienti e sostegni poco mirati

            Secondo Gianluigi De Palo, presidente della Fondazione per la Natalità, le misure oggi in vigore non intercettano le reali fragilità delle giovani coppie. Molti aiuti si basano sull’Isee, un indicatore che non sempre fotografa la vulnerabilità dei nuclei che vivono tra contratti precari, costi della vita crescenti e scarsa disponibilità di servizi per l’infanzia. Una situazione che, spiega De Palo, «mina la fiducia nello Stato e scoraggia i progetti familiari».

            Pensioni: l’Ocse avverte, si andrà verso i 70 anni

            Se il presente appare complicato, il futuro previdenziale non offre più certezze. L’ultimo rapporto dell’Ocse sul panorama pensionistico segnala che l’età pensionabile nei paesi membri – Italia compresa – è destinata ad avvicinarsi ai 70 anni. «Viviamo più a lungo e in migliori condizioni di salute, quindi dovremo lavorare più a lungo», ha spiegato il Segretario generale Mathias Cormann.

            Secondo lo studio, entro il 2050 ci saranno 52 over 65 ogni 100 persone in età lavorativa nei paesi Ocse, rispetto alle 33 del 2025. L’Italia è tra le nazioni che vedranno un calo più marcato della popolazione attiva: nei prossimi decenni la fascia 20-64 anni potrebbe ridursi di oltre il 30%.

            Il presidente dell’Inps, Gabriele Fava, richiama quindi l’urgenza di «creare le condizioni per restituire fiducia ai giovani», ricordando che la sostenibilità delle pensioni future dipenderà dalle scelte politiche di oggi, soprattutto in tema di lavoro stabile e natalità.

            Un Paese che deve decidere chi vuole essere

            La crisi demografica non è solo un problema statistico: rischia di compromettere innovazione, produttività e coesione sociale. Senza un’inversione di rotta, l’Italia rischia di diventare un Paese sempre più sbilanciato verso il passato, con meno lavoratori, meno nascite e pensioni sempre più difficili da finanziare.

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              Società

              Prima della Scala tra applausi, divismo e polemiche: Lauro incanta, Mahmood fa discutere e scoppia il caso champagne

              Alla Prima della Scala applausi per la straordinaria Katerina interpretata da Sara Jakubiak, acclamata anche da Achille Lauro e Mahmood. Ma se Lauro si mostra disponibile con tutti, Mahmood finisce al centro di una polemica per un tavolino di champagne “riservato”. Poi la notte prosegue tra cene stellate, dal Giardino a Cracco fino al tradizionale Baretto.

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                È stata una Prima della Scala carica di emozioni, applausi e, come spesso accade, anche di qualche scivolone mondano. Protagonista assoluta sul palco è stata Sara Jakubiak, straordinaria interprete di Lady Macbeth nella nuova produzione, applaudita a lungo da un pubblico conquistato. Tra i primi a complimentarsi con lei anche Achille Lauro e Mahmood, presenti in sala per una serata che univa musica, mondanità e inevitabili contrasti di stile.

                Applausi per Katerina e caratteri opposti tra le star
                Lauro si è mostrato sorridente, disponibile, pronto a scambiare battute con chiunque lo avvicinasse. Ben diverso l’atteggiamento di Mahmood, apparso scontroso e infastidito dall’assalto del pubblico. A far discutere è stato anche il comportamento dello staff legato alla ditta di champagne che lo aveva invitato: nel ridotto era stato allestito un tavolino riservato e, ogni volta che qualcuno si avvicinava, una sorta di “erinni” intimava di allontanarsi perché lo champagne era solo per gli ospiti del cantante. Un episodio che in molti hanno bollato come una cafonata.

                Le cene istituzionali e il rituale del doposcala
                Dopo Una Lady Macbeth nel distretto di Mcensk, oltre cinquecento invitati hanno preso parte alla cena istituzionale alla Società del Giardino firmata dallo chef Davide Oldani. Tra i presenti il sindaco Beppe Sala, Liliana Segre, Barbara Berlusconi, Carlo Capasa e Stefania Rocca. Un parterre che mescola politica, istituzioni, imprenditoria e spettacolo secondo un copione ormai consolidato.

                Cracco, imprenditori e il salotto del Baretto
                In Galleria, da Cracco, Arturo Artom ha riunito al suo lungo tavolo in vetrina imprenditori, attori, cantanti e figure istituzionali: Massimo Boldi, il baritono Vittorio Prato, Domenico Piraina, Massimiliano Finazzer Flory, Claudia Colla, Massimo Lapucci, Mariaelena Aprea, Mattia Boffi, Carlo Cracco e il regista Mario Acampa. Al Baretto, come da tradizione, la cena del dopo Scala ha visto tra i presenti il critico Pasquale Lettieri con Letizia Bonelli, Mario e Daniela Iavarone, Enzo Miccio, Gian Maria Sainato, Cesarina Ferruzzi e Lella Termini.

                Tra trionfi artistici, divismi e tavolini blindati, anche quest’anno la Prima ha dimostrato di essere molto più di uno spettacolo: è un grande teatro nel teatro, dove ogni gesto diventa notizia.

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