Libri
Greenwashing: strategie di contrasto, casi italiani e internazionali, la guida definitiva
Verrà presentato oggi all’Università Bocconi di Milano il libro “Greenwahing strategie di contrasto casi italiani e internazionali”, scritto da Marco Letizi.
Verrà presentato oggi (Mercoledì 9 ottobre) alle 17 al Salone della CSR e dell’Innovazione Sociale presso l’Università Bocconi di Milano il libro “Greenwashing: strategie di contrasto, casi italiani e internazionali“. Scritto da Marco Letizi e pubblicato da Egea, il libro affronta in modo approfondito il fenomeno del greenwashing, dalla sua nascita fino alle moderne strategie di contrasto. Analizza casi italiani e internazionali, fornendo una guida dettagliata su come riconoscere e combattere queste pratiche di marketing ingannevole legate all’ambiente. Abbiamo rivolto alcune domande all’autore per capire il fenomeno del greenwashing e l’importanza della responsabilità sociale delle imprese.
D. Cosa si intende esattamente per greenwashing?
R. Il greenwashing è, in estrema sintesi, la comunicazione di informazioni ambientali ingannevoli attraverso le quali le imprese vogliono presentare un prodotto o un servizio come ecosostenibile quando, in realtà, non lo è. In altri termini, incorrono in pratiche di greenwashing le imprese che dichiarano prestazioni ambientali, in termini di fornitura di beni e/o servizi, mai avvenute o solo parzialmente eseguite.
D. Da dove nasce il fenomeno e come si è sviluppato nel corso del tempo?
R. Sin dalla nascita del movimento ambientalista negli anni Sessanta, negli USA, il green marketing non è mai stato trascurato. A partire dagli anni Settanta, pubblicitari e commercianti tentarono di capitalizzare le preoccupazioni dei consumatori per l’ambiente, promuovendo gli aspetti ecologici di prodotti, servizi e ponendo in essere pratiche commerciali che fossero quanto più possibile rispettose dell’ambiente. Gli advertisers e i marketers furono lungimiranti e compresero che non sarebbe stato saggio ignorare la sensibilità dimostrata da una certa parte di consumatori rispetto alle tematiche ambientali. Preconizzando che le decisioni d’acquisto di questi ultimi sarebbero sempre più state influenzate dall’impatto ambientale dei prodotti e dei servizi commercializzati.
Inevitabilmente, molte delle affermazioni di marketing ambientale dei players sul mercato si rivelarono false o fuorvianti. Alla fine degli anni Settanta, lo scetticismo ecologico innescato da tali pratiche commerciali scorrette ebbe una vasta eco sull’opinione pubblica americana. Dieci anni più tardi l’ambientalista Jay Westervelt coniò il neologismo greenwashing. E soprattutto spinse il legislatore statunitense a varare una legge ad hoc contro i greenwasher. E, inoltre, a disciplinare la pubblicità di prodotti e servizi in relazione alle tematiche ambientali.
Dalle ideologie al pragmatismo
La particolare attenzione dell’opinione pubblica americana rispetto al fenomeno del greenwashing fu in gran parte attribuita al cambiamento di strategia del movimento ambientalista. Movimento che abbandonò le posizioni più ideologiche, intraprendendo un percorso di scelte più professionali e pragmatiche e instaurando relazioni più costruttive con il mondo politico. Due fondamentali provvedimenti legislativi di questo periodo furono il Clean Air Act e il Clean Water Act, che costituiscono tuttora il legal framework statunitense in materia ambientale. Uno dei primissimi casi di marketing ambientale ingannevole riguardava le affermazioni pubblicitarie della Standard Oil su un additivo per la benzina chiamato Chevron F-310. Era pubblicizzato come un articolo ecologico in quanto avrebbe «prodotto una significativa riduzione delle emissioni di scarico e del conseguente inquinamento atmosferico».
Pochi mesi dopo un gruppo di consumatori, che aveva collettivamente acquistato 300 milioni di galloni di benzina F-310, intentò una class action innanzi alla Federal Trade Commission. L’accusa fu rivolta contro le emittenti tv che avevano lanciato lo spot pubblicitario del prodotto commercializzato dalla Standard Oil, sostenendo la falsità delle affermazioni.
D. Qual è la direttiva europea più recente sul contrasto al greenwashing?
R. Si tratta della Direttiva 2024/825/UE, nota come Empowering Consumers for Green Transition Directive. In vigore dallo scorso 26 marzo dovrà essere recepita dagli Stati Membri entro il 27 marzo 2026 e applicata entro il successivo 27 settembre 2026. La direttiva si pone l’obiettivo, da un lato, di mettere i consumatori nelle condizioni di poter prendere decisioni di acquisto informate, responsabili e contribuire in tal modo a modelli di consumo più sostenibili. Dall’altro, indurre gli operatori economici (produttori e rivenditori) a una maggiore responsabilità di fornire informazioni chiare, pertinenti e affidabili. La direttiva, inoltre, contribuisce al corretto funzionamento del mercato interno, incentiva la concorrenza leale tra le imprese. E inoltre stimola la domanda e l’offerta di beni più sostenibili e conseguente riduzione dell’impatto negativo sull’ambiente.
La direttiva introduce una vera e propria black list di pratiche commerciali sleali. Segnalo, inoltre, la proposta di direttiva sull’attestazione e sulla comunicazione delle asserzioni ambientali esplicite (Green Claims Directive) presentata dalla Commissione europea il 22 marzo 2023. Il 17 giugno 2024, il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la sua posizione in merito alla direttiva. L’orientamento generale adottato dal Consiglio servirà quale base per i negoziati con il Parlamento europeo sulla forma definitiva della direttiva nell’ambito di questa X legislatura europea.
D. Ci può citare qualche esempio di casi di greenwashing in Italia?
R. Nel libro esamino numerosi casi di greenwashing in Italia, nell’Unione europea e in paesi extra-UE. Per quanto riguarda l’Italia, ho analizzato il caso di Ferrarelle Spa, San Benedetto e Acqua Sant’Anna sanzionate dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato per greenwashing, nonché il caso di greenwashing che ha coinvolto ENI SpA nei cui confronti l’Autorità ha irrogato una sanzione pecuniaria amministrativa pari a 5 milioni di euro per il suo Green Diesel.
D. Quali sanzioni rischiano le aziende che praticano il greenwashing?
R. Le imprese che pongono in essere pratiche di greenwashing possono incorrere in sanzioni pecuniarie anche piuttosto pesanti. Nel provvedimento che vieta la pratica commerciale scorretta, l’Antitrust può disporre l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 5 mila a 10 milioni di euro tenuto conto delle informazioni sul fatturato annuo del trasgressore. E inoltre della natura, gravità, entità, durata della violazione ed eventuali casi di recidiva. Delle azioni intraprese dal trasgressore per attenuare il danno subito dai consumatori o per porvi rimedio. Del vantaggio economico conseguito o delle perdite evitate dal trasgressore in conseguenza della violazione. E infine delle eventuali sanzioni inflitte al trasgressore per la medesima violazione in altri Stati membri in casi di infrazioni intra-UE.
D. Come possono le imprese dimostrare la loro trasparenza ambientale?
R. Anzitutto le imprese devono essere compliant con gli obblighi introdotti nel tempo dal legislatore europeo. Mi riferisco, ad esempio, alla Corporate Sustainability Reporting Directive in tema di obblighi di rendicontazione societaria di sostenibilità. E, inoltre, ai criteri tassonomici introdotti dal Regolamento Tassonomia per valutare se le attività economiche di un’impresa possano considerarsi effettivamente ecosostenibili. O ancora al Regolamento SFDR (Sustainable Finance Disclosure Regulation) volto a migliorare la trasparenza informativa nel settore finanziario, riducendo sensibilmente le pratiche di greenwashing. E soprattutto permettendo agli investitori di assumere decisioni più responsabili e coerenti ai propri valori e obiettivi.
Inoltre, per evitare i rischi di greenwashing è necessario calcolare l’impatto ambientale in ogni fase del ciclo di vita di un prodotto, servizio, organizzazione e processo attraverso il metodo di analisi denominato Life Cycle Assessment (LCA). Nella stessa direzione si è orientato anche il garante dei consumatori italiano che ha più volte ribadito come la metodologia LCA rappresenti l’unico robusto supporto capace di fornire dati e informazioni incontestabili per i green claims relativi ai prodotti.
D. Perché questo libro è considerato una guida fondamentale per chi opera nel settore?
R. Questo libro spiega come va raccontata la sostenibilità, quali sono le norme italiane e le numerose leggi internazionali che implicano che si debba evitare il greenwashing. E lo fa analizzando gli aspetti legislativi, economici, tecnologici. Infatti, assieme alla meticolosa, puntuale e aggiornatissima analisi della legislazione italiana, europea, statunitense, asiatica e mediorientale, il fenomeno viene riportato nella realtà delle imprese attraverso casi pratici e le testimonianze di chi applica la sostenibilità in società e la comunica evitando il greenwashing. Il libro, pertanto, è utile sia per chi lavora in azienda sia per il consumatore o cittadino.
Ma vista l’importanza del fenomeno del greenwashing vi è di conseguenza un enorme potenziale interesse di sviluppo per numerose figure professionali. Sia a livello micro (aziende singole di ogni dimensione, tipologia e settore, e anche per lo sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali) che a livello macro (sistema economico-istituzionale, dagli organismi sovranazionali alle organizzazioni internazionali e le pubbliche amministrazioni). Il mercato richiede una vasta gamma di figure professionali, ognuna con competenze specifiche: più orientate su aspetti scientifico-tecnologici piuttosto che ad aspetti manageriali. È richiesta una base ampia e integrata di conoscenze e capacità che permetta di comprendere le varie problematiche da diversi punti di vista.
Sono necessari nuovi esperti per guidare la trasformazione sostenibile delle organizzazioni, a loro è richiesto di innovare, grazie anche al potenziale delle innovazioni scientifiche e tecnologiche. Non si tratta di un compito semplice: temi di sostenibilità così rilevanti come i diritti umani, le diseguaglianze sociali e il cambio climatico richiedono lo sviluppo di nuove competenze in grado di coniugare la crescita aziendale con risultati economici, istanze sociali e ambientali evitando appunto il greenwashing, ma perseguendo una vera e sostanziale sostenibilità trasformativa, comunicata correttamente.
Il libro è certamente una guida completa ed esaustiva sul come mettere in pratica davvero la sostenibilità e comunicarla correttamente grazie proprio alla conoscenza del greenwashing ovvero di cosa non fare. In pratica, un aiuto concreto per passare dal dire al fare più velocemente, per aiutare le imprese che devono integrare nei piani strategici la sostenibilità trasformativa. Chi non intraprende il cammino verso sostenibilità sul serio è avvisato!
D. Qual è la sua esperienza nel settore?
R. PhD in Business Management presso l’Università “La Sapienza” di Roma, Avvocato, Dottore Commercialista e Revisore Legale, sono un ex Colonnello della Guardia di Finanza con circa 30 anni di esperienza “sul campo”. Nella lotta alla criminalità economica organizzata, ho condotto complesse indagini anche nel settore dei green crimes e, in particolare, nel settore del traffico di rifiuti. Il sistema di gestione e smaltimento dei rifiuti in quanto “capital intensive sector” è particolarmente favorito dalla criminalità organizzata anche di matrice mafiosa. In ragione di tali complesse indagini nel settore ambientale, per diversi anni ho collaborato con la Commissione Parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su altri illeciti ambientali e agroalimentari.
Dal 2015 lavoro come esperto della Commissione europea e del Consiglio d’Europa e dal 2021 come Global Consultant per conto delle Nazioni Unite e di diversi governi. Mi occupo da sempre di corporate compliance integrata, combinando – secondo un approccio multidisciplinare, interdisciplinare e integrato – gli aspetti tradizionali della corporate compliance (tax compliance, antiriciclaggio e anticorruzione) con gli obblighi normativi in tema di sostenibilità.
Dal 2021, coordino un team di esperti nelle attività di consulenza in materia di corporate compliance integrata e, con riferimento all’audit ESG, supporto le imprese a migliorare le loro performance in tema di sostenibilità. Inoltre, assisto i Paesi in via di sviluppo ed emergenti a porre in essere le migliori iniziative possibili al fine di allineare le loro green agenda all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Ho, inoltre, pubblicato numerosi libri e articoli in tema di antiriciclaggio, contrasto al finanziamento del terrorismo, lotta alla criminalità economica, green economy e sustainable finance. Collaboro con Il Sole 24 Ore.
D. Quali altri contributi sono presenti nel suo libro?
R. La prefazione del libro è stata scritta dal Sottosegretario di Stato al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica – Senatore Claudio Barbaro. L’introduzione dall’Europarlamentare e Professoressa Ordinaria di Economia dell’Ambiente al Politecnico di Torino – Mercedes Bresso – e le conclusioni da Francesco Perrini, Professore Ordinario di Economia Aziendale presso l’Università Bocconi, Associate Dean di SDA Bocconi e Direttore del Sustainability Lab. Colgo, inoltre, l’occasione per ringraziare il presidente Brunello Cucinelli per avermi dato la possibilità di parlare in modo approfondito del suo gruppo e delle iniziative che la Brunello Cucinelli S.p.a. ha posto in essere per mitigare i rischi di greenwashing.
INSTAGRAM.COM/LACITYMAG
Libri
Selvaggia Lucarelli fulmina Marina Di Guardo con una battuta: “Il suo thriller è avanguardia come le candele di Chiara”
Selvaggia Lucarelli firma la battuta della settimana commentando Braccata, il thriller di Marina Di Guardo. “È avanguardia quasi quanto le candele di Chiara Ferragni”, scrive la giornalista, mettendo insieme letteratura, imprenditoria influencer e sarcasmo in una frase destinata a diventare virale.
C’è chi fa una recensione, chi scrive una nota critica, chi usa cinque righe misurate. E poi c’è Selvaggia Lucarelli, che riesce a condensare tutto in una sola frase. Questa volta nel mirino finisce Braccata, il thriller firmato da Marina Di Guardo, madre di Chiara Ferragni. Il giudizio è racchiuso in una battuta secca, chirurgica e già diventata virale: «È avanguardia quasi quanto le candele di Chiara Ferragni».
La stilettata che corre sui social
La frase viaggia tra ironia, sarcasmo e cultura pop, unendo in un lampo il mondo dei libri a quello dell’imprenditoria influencer. L’accostamento tra il thriller e le candele griffate Ferragni è di quelli che restano addosso: non serve aggiungere altro, perché l’immagine è già completa. In poche ore la battuta è rimbalzata ovunque, ripresa da utenti divertiti e commentatori pronti a trasformarla nel meme della settimana.
Un colpo che incrocia letteratura e Ferragni-mondo
Colpendo Marina Di Guardo, Selvaggia finisce inevitabilmente per sfiorare anche l’universo parallelo che ruota attorno alla famiglia Ferragni. Il riferimento alle candele, diventate simbolo di un certo modo di intendere il marketing e l’estetica pop, aggiunge alla battuta un secondo livello di lettura: non è solo una stoccata letteraria, ma una freccia che attraversa due mondi.
Il gusto della provocazione che divide
Come sempre accade con le sue uscite, il pubblico si spacca. C’è chi applaude all’ironia fulminante, chi la considera eccessiva, chi si limita a ridere per la trovata. Di certo la frase non passa inosservata e finisce per amplificare, invece di spegnerlo, il dibattito attorno al libro e al personaggio.
Quando una battuta vale più di mille recensioni
Nel panorama mediatico attuale, una singola frase può pesare più di una pagina di analisi. E la battuta di Selvaggia funziona esattamente così: sintetica, riconoscibile, immediata. Una di quelle che ti rimane in testa e che, nel bene o nel male, dice molto più di quanto sembri.
Il lato Monty Python della cronaca pop
Definirla “da Monty Python” non è un’esagerazione. Perché c’è dentro l’assurdo, la sproporzione, l’accostamento improbabile che diventa improvvisamente perfetto. In un attimo, un thriller, una mamma famosa e delle candele finiscono nello stesso universo narrativo. E il pubblico, inevitabilmente, ride.
Libri
Bagno di folla per Alfonso Signorini alla Rizzoli: la presentazione di “Amani quanto il t’amo” diventa un evento da rockstar
La Libreria Rizzoli di Milano è stata travolta dall’entusiasmo per “Amani quanto il t’amo”, il primo romanzo di Alfonso Signorini. Un pubblico numerosissimo, relatrici d’eccezione e un firmacopie così partecipato da costringere lo staff a richiamare i fan per la chiusura del negozio. Signorini ha raccontato anche l’emozione di suonare il piano a quattro mani con Lang Lang a Porta a Porta.
Alla Libreria Rizzoli di Milano non si vedeva una folla così da tempo. La presentazione di Amani quanto il t’amo, il primo romanzo di Alfonso Signorini, si è trasformata in un piccolo fenomeno pop: applausi da concerto, file interminabili per un autografo, entusiasmo da star internazionale. Un debutto che conferma la sua capacità di attrarre pubblico anche fuori dalla televisione.
Un evento che supera ogni aspettativa
La serata è scivolata via in un’atmosfera elettrica, con Signorini visibilmente emozionato. Le due relatrici, Melania Rizzoli ed Elvira Serra, hanno guidato un incontro rapido e brillante, mettendo in luce le sfumature del romanzo e la nuova dimensione narrativa del direttore del Grande Fratello. Nel pubblico si è visto il tout Milan, a testimonianza dell’interesse attorno al libro.
La libreria costretta a richiamare i fan
Il firmacopie è stato talmente partecipato da creare un piccolo “ingorgo letterario”. La Rizzoli ha dovuto ricordare più volte che il negozio doveva chiudere, mentre i lettori continuavano a mettersi in fila per un saluto e una dedica personalizzata. Un entusiasmo che ha sorpreso lo stesso Signorini, travolto da decine di richieste e foto.
Il racconto di un momento magico
Durante l’incontro, Signorini ha confidato anche uno dei momenti più emozionanti della sua recente carriera televisiva: suonare il piano a quattro mani con Lang Lang a Porta a Porta. Un ricordo che ha commosso il pubblico e mostrato un lato più intimo del conduttore, lontano dalle dinamiche dei reality.
Una presentazione che diventa un caso
Tra romanzo, vip, applausi e un pubblico instancabile, la serata milanese ha sancito ufficialmente l’ingresso di Signorini nel mondo della narrativa. Un debutto che non passa inosservato e che conferma la sua capacità di trasformare ogni apparizione in un evento.
Libri
Zerocalcare rinuncia a Più libri più liberi: “Non condivido gli spazi con i nazisti”. Il fumettista lascia la fiera tra polemiche e accuse
L’assenza di Zerocalcare scuote la fiera romana della piccola e media editoria. La sua decisione segue l’appello di artisti e scrittori contro la partecipazione di Passaggio al bosco, casa editrice dell’area radicale di destra. “I vertici culturali non hanno gli anticorpi per arginare questa offensiva”.
Zerocalcare non sarà a Più libri più liberi, la fiera della piccola e media editoria che si apre alla Nuvola di Roma dal 4 all’8 dicembre. Il fumettista, uno dei nomi più attesi della manifestazione, ha comunicato la sua rinuncia con un video animato pubblicato sui social: un tono ironico come nel suo stile, ma un messaggio politico preciso.
Al centro della polemica c’è la presenza allo stand della casa editrice “Passaggio al bosco”, etichettata da più parti come realtà di ispirazione nazi-fascista. Negli ultimi giorni diversi artisti avevano firmato un appello per chiedere l’esclusione della sigla dalla manifestazione organizzata dall’Associazione italiana editori. La risposta degli organizzatori, che hanno confermato la partecipazione dell’editrice, ha innescato la scelta drastica del fumettista.
“Purtroppo ognuno c’ha i suoi paletti, questo è il mio”, dice Zerocalcare nel video. «Non si condividono gli spazi con i nazisti». Un’affermazione che non lascia margini di interpretazione e che chiarisce la sua linea: la neutralità non è contemplata quando in gioco ci sono ideologie che lui ritiene incompatibili con il perimetro democratico.
Nel filmato, Michele Rech — questo il suo nome all’anagrafe — spiega di non voler partecipare ad “una operazione che normalizza la convivenza” con certe realtà editoriali. Rivolge poi un’accusa diretta ai vertici della cultura italiana: “Non hanno né gli anticorpi né lo spessore per arginare questa offensiva”.
La sua rinuncia ha amplificato un dibattito che già covava sotto traccia. Da una parte, chi considera la presenza di Passaggio al bosco un tentativo di legittimazione culturale dell’estrema destra; dall’altra, chi difende la scelta della fiera in nome della libertà di mercato e di espressione.
Zerocalcare, che negli ultimi anni ha spesso preso posizione pubblicamente su temi sociali e politici, ha preferito sfilarsi, anche a costo di rinunciare a un palcoscenico prestigioso. “Mi sento una barzelletta umana”, dice nel video, riferendosi all’ironia con cui è costretto a porre un messaggio che per lui è invece molto serio.
Intanto la discussione continua sui social, dove migliaia di utenti commentano l’episodio con posizioni che vanno dal sostegno totale alle accuse di eccesso di moralismo. La fiera, nel frattempo, apre comunque le porte, ma lo fa sotto una nuvola di tensione che accompagnerà inevitabilmente la sua nuova edizione.
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