Lifestyle
La novità di Tinder per incontri più “sicuri”
Tinder continua a innovare per offrire un’esperienza di dating sicura, divertente e rispettosa, mettendo a disposizione strumenti che aiutano gli utenti a sentirsi più tranquilli e protetti.
Tinder ha introdotto una nuova funzione chiamata Share My Date per rendere gli incontri più sicuri. Questa funzione consente agli utenti di condividere i dettagli dei propri appuntamenti con amici e familiari, migliorando così la sicurezza e la tranquillità durante gli incontri.
Fare nuovi incontri? E’ più complicato ma più sicuro
Uno studio internazionale condotto da Tinder, chiamato The Green Flags Study, ha evidenziato che fare nuovi incontri è sempre più complicato. Lo studio, che ha coinvolto 8.000 persone eterosessuali negli Stati Uniti, Regno Unito, Australia e Canada, ha rivelato che il 91% degli uomini e il 94% delle donne trova difficile fare nuovi incontri. Inoltre, il 65% delle donne pensa erroneamente che gli uomini cerchino solo avventure occasionali, mentre in realtà solo il 29% degli uomini ha questo obiettivo.
Le misure di sicurezza adottate su Tinder
Negli ultimi anni, Tinder ha implementato diverse misure per aumentare la sicurezza. Dalla verifica dei profili tramite video selfie agli alert per promuovere la trasparenza; dalle video chat
alla modalità incognito che sono resi più trasparenti; dalle opzioni blocca contatto e blocca profilo, sempre più richieste per evitare le persone fastidiose al sistema di machine learning per identificare potenziali violazioni del proprio profilo in tempo reale.
Il video selfie sempre più apprezzato
Una delle recenti procedure introdotte dall’app per verificare un profilo sfruttando i video selfie è molto apprezzato a tutte le età. E molto semplice da utilizzare. Dopo aver aggiornato l’app all’ultima versione è necessario avviarla e toccare l’icona Esplora che appare nella parte inferiore dell’app raffigurante una lente di ingrandimento. A quel punto basterà fare tap sul pulsante Andiamo mostrato nella sezione Profilo verificato, accettare la richiesta di verifica delle foto, quindi registrare un video selfie. A quel punto non rimane altro da fare che attendere che il processo di verifica venga validato.
La funzione Share My Date
Share My Date permette agli utenti di inviare i dettagli dell’appuntamento, come luogo, data, ora e una foto del partner, a contatti fidati tramite un link. Questo rende più semplice tenere informati amici e familiari, aumentando la sicurezza. I dettagli possono essere modificati in tempo reale in caso di cambiamenti dell’ultimo minuto.
Cosa fare per un dating più sicuro
Tra i principali consigli per affrontare un dating con più sicurezza gli esperti dicono che è sempre consigliabile essere se stessi e mostrarsi con trasparenza. Inoltre basare il match sulla comunicazione e il rispetto reciproco. E poi bisogna sempre fidarsi del proprio istinto. Se c’è una persona che apparentemente non ci convince proprio anche ci attrae forse è meglio lasciare perdere fin dall’inizio.
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Cucina
Frico friulano: la tradizione croccante che racconta il cuore del Friuli
Patate, formaggio Montasio e una cottura lenta che diventa arte: ecco la storia, gli ingredienti e il metodo autentico per preparare il vero frico friulano.
Il frico friulano di patate è uno dei simboli gastronomici del Friuli-Venezia Giulia, una ricetta che racchiude artigianalità, sostenibilità e memoria contadina. Oggi è un piatto diffuso in trattorie, sagre e tavole di tutta la regione, ma la sua storia affonda le radici nelle malghe carniche, dove i malgari utilizzavano gli scarti dei formaggi stagionati per creare un piatto nutriente, caldo e poco costoso.
Il primo riferimento scritto al frico risale al XV secolo nel De arte coquinaria del Maestro Martino da Como, che descriveva un piatto composto da formaggi fritti e “ristretti” in padella. Nel tempo la versione più popolare è diventata quella con patate e Montasio, oggi riconosciuta come la più tipica.
A differenza del “frico morbido”, quello croccante – frico di patate – punta sull’effetto dorato, con una crosticina saporita e un cuore filante. Una ricetta povera che, grazie alla sua bontà, ha superato secoli e confini, fino a diventare un orgoglio gastronomico friulano.
Ingredienti per 4 persone
- 600 g di patate a pasta gialla
- 250 g di formaggio Montasio (meglio metà fresco e metà mezzano)
- 1 cipolla piccola (facoltativa, ma tipica in molte zone della Carnia)
- 2 cucchiai di olio extravergine d’oliva oppure una noce di burro
- Sale e pepe q.b.
Procedimento
- Preparare gli ingredienti.
Pelare le patate e grattugiarle grossolanamente. Fare lo stesso con il Montasio, utilizzando una grattugia a fori larghi. Se si usa la cipolla, affettarla finemente. - Rosolare la base.
In una padella antiaderente (meglio se di ferro), scaldare l’olio o il burro. Aggiungere la cipolla e cuocerla a fuoco dolce fino a quando diventa trasparente. - Cuocere le patate.
Unire le patate grattugiate, salare leggermente e lasciar cuocere per 10–12 minuti mescolando spesso, finché iniziano ad ammorbidirsi. - Aggiungere il formaggio.
Quando le patate risultano morbide, distribuire il Montasio sopra e cominciare a mescolare con calma: il formaggio si scioglierà creando una massa uniforme. - Formare il frico.
Compattare il composto e lasciarlo cuocere senza toccarlo per ottenere una crosta dorata. Occorrono 6–8 minuti.
Poi, aiutandosi con un piatto, girare il frico come una frittata e ripetere la cottura sull’altro lato. - Servire caldo.
Il frico deve risultare esternamente croccante e internamente filante. Tradizionalmente si serve con polenta, insalata o verdure di stagione.
Origini e tradizione
Il frico è considerato uno dei piatti identitari del Friuli-Venezia Giulia, soprattutto della zona della Carnia. Veniva preparato dai pastori nelle malghe d’alta quota durante i mesi estivi, quando la produzione di formaggio era al massimo.
L’uso del Montasio non è casuale: questo formaggio DOP, nato nel XIII secolo nei monasteri delle Alpi Giulie, era perfetto per essere utilizzato fresco o stagionato e si prestava benissimo alla cottura.
Il frico rappresenta uno dei primi esempi di cucina antispreco: si recuperavano ritagli di formaggio e patate, ingredienti economici e facilmente reperibili. Oggi è un piatto celebrato nelle sagre, come la Sagra del Frico di Carpacco, e continua a essere una delle ricette più richieste nel territorio.
Un piatto che unisce semplicità e autenticità
Il frico friulano è molto più di un disco croccante: è un piatto che parla di vita in montagna, di economia domestica, di ricette tramandate nelle famiglie.
La sua popolarità non smette di crescere grazie alla sua versatilità e alla combinazione irresistibile di formaggio filante e patate dorate.
Società
Spray colorato contro i borseggiatori: difesa creativa o rischio legale?
Dalle strade di Londra ai vaporetti di Venezia cresce la tentazione di usare spray colorati per “marcare” i ladri e renderli riconoscibili. Ma la legge italiana cosa prevede davvero?
L’idea sembra uscita da un film d’azione, ma in alcune città europee è ormai realtà: usare uno spray colorato per segnare i borseggiatori e facilitarne l’identificazione. Una pratica nata nel Regno Unito e che, complice l’aumento dei furti nei luoghi turistici, sta attirando attenzione anche in Italia, soprattutto a Venezia, dove i borseggi sono diventati un fenomeno quotidiano e aggressivo.
Dalla Gran Bretagna al dibattito italiano
A Londra è da anni diffuso il “farb gel”, uno spray colorante pensato esclusivamente per uso difensivo. Non irrita, non ustiona, non provoca dolore: lascia solo una macchia indelebile per giorni su pelle e vestiti, rendendo immediatamente identificabile chi ha appena commesso un furto. Le forze dell’ordine britanniche lo riconoscono come un dispositivo legale di autodifesa, alternativo agli spray urticanti, che nel Regno Unito sono vietati ai privati.
In Italia, lo scenario è molto diverso. A Venezia, in particolare, non sono i cittadini a usare spray colorati, bensì alcune bande di borseggiatori che impiegano spray urticanti – spesso peperoncino – come arma offensiva per confondere turisti e famiglie prima della fuga. Una pratica pericolosa e illegale che ha contribuito a far crescere l’esasperazione dei residenti.
Parallelamente, si è iniziato a discutere – sui social e in alcuni contesti locali – dell’idea di adottare spray colorati come deterrente. Ci sono perfino testimonianze di pendolari che avrebbero spruzzato vernice sulle presunte borseggiatrici sui mezzi pubblici. Ma cosa accade sul piano normativo se si usa uno spray colorato contro un ladro, e questo decide di denunciare?
Cosa dice davvero la legge?
In Italia, la normativa di riferimento è quella sulla legittima difesa (art. 52 del Codice Penale).
In sintesi: si può reagire a un’aggressione solo se la risposta è proporzionata al pericolo.
Uno spray colorato – purché non urticante e non lesivo – rientra in una zona grigia: non è vietato, ma il suo utilizzo contro una persona non è automaticamente giustificato. Se il borseggiatore, anche colto in flagrante, decidesse di sporgere denuncia per lesioni, violenza privata o danneggiamento, la persona che ha usato lo spray dovrebbe dimostrare che:
- era in corso un’aggressione o un furto;
- non c’erano alternative meno impattanti;
- la reazione è stata immediata e proporzionata.
Se queste condizioni non ci sono, l’uso dello spray può essere considerato un eccesso di difesa.
Il rischio dell’errore: quando l’innocente viene segnato
Gli esperti di sicurezza sottolineano un ulteriore pericolo: lo scambio di persona.
Spruzzare una vernice indelebile a qualcuno sulla base di un sospetto errato può portare a:
- denunce per diffamazione,
- richieste di risarcimento,
- accuse per violenza privata.
Un confine molto sottile che mostra i limiti delle “soluzioni fai da te”.
Tra necessità e frustrazione: cittadini in prima linea
Il problema di fondo resta la percezione, soprattutto nelle città turistiche come Venezia, di una crescente impunità dei borseggiatori e di un’impossibilità concreta di fermare i furti. I pendolari, esasperati, cercano metodi per difendersi o per segnalare i ladri. Tuttavia, senza un quadro normativo chiaro, questa creatività rischia di trasformarsi in un boomerang.
Le forze dell’ordine, da parte loro, ricordano che il modo più efficace e sicuro per intervenire resta chiamare immediatamente gli agenti, documentare l’accaduto e non affrontare direttamente il borseggiatore.
Innovazione o azzardo?
Lo spray colorato potrebbe diventare uno strumento utile anche in Italia?
Forse sì, ma solo se:
- chiaramente regolamentato,
- non offensivo,
- riconosciuto dalle forze dell’ordine,
- accompagnato da campagne informative.
Senza norme precise, ogni uso resta potenzialmente rischioso.
L’idea di “marcare” i borseggiatori può sembrare una soluzione rapida e creativa a un problema reale, ma scivola spesso sul piano della legalità e della sicurezza. Finché non esisterà un quadro normativo chiaro, lo spray colorato rimarrà più vicino alla cronaca e alla polemica che a una vera strategia di prevenzione urbana. In una battaglia contro i furti che, invece, richiederebbe strumenti ufficiali, formazione e interventi mirati, non improvvisazioni.
Cucina
Strudel di mele: storia, tradizione e la ricetta autentica del grande classico dell’Alto Adige
Dalle antiche influenze dell’Impero Ottomano fino alle tavole dell’Europa alpina: lo strudel è un viaggio nel tempo che profuma di mele, cannella e cultura gastronomica.
Lo strudel di mele è uno dei dolci più rappresentativi dell’Alto Adige e, più in generale, dell’area mitteleuropea. La sua fama va ben oltre le montagne italiane: Austria, Germania, Ungheria e molti Paesi dell’Est lo considerano parte integrante del loro patrimonio culinario. Ma lo strudel non è nato tra i meleti dell’Adige: la sua origine affonda in un passato sorprendente, fatto di contaminazioni e scambi culturali.
Dalle corti ottomane alle Alpi: un dolce in viaggio
Lo strudel, nella sua forma attuale, deriva da un dolce molto più antico: il baklava, specialità unica della tradizione mediorientale e balcanica. Fu durante l’espansione dell’Impero Ottomano — tra il XVI e XVII secolo — che ricette simili al baklava raggiunsero l’Europa centrale. Gli austriaci le reinterpretarono sostituendo gli ingredienti più ricchi (come miele e frutta secca) con materie prime locali, in particolare le mele, abbondanti nella regione alpina.
Il primo documento scritto che cita lo “strudel” risale al 1696 e si trova negli archivi della Biblioteca di Vienna. Da lì, il dolce si diffuse rapidamente nelle cucine borghesi e poi in quelle popolari, diventando un simbolo della tradizione contadina dell’Alto Adige, dove l’incontro tra culture germaniche e italiane ha plasmato un’identità unica anche nel cibo.
La ricetta tradizionale dello Strudel di mele
Di strudel esistono oggi tantissime varianti: con pasta tirata, pasta sfoglia, uvetta ammollata nel rum, pangrattato tostato nel burro o frutta secca. La ricetta che segue si ispira alla versione classica altoatesina, quella che meglio conserva l’autenticità storica pur essendo alla portata di ogni cucina domestica.
Ingredienti (per 6–8 porzioni)
Per la pasta tirata:
- 250 g di farina 00
- 1 uovo
- 30 g di olio di semi
- 1 pizzico di sale
- 100 ml circa di acqua tiepida
Per il ripieno:
- 1 kg di mele (preferibilmente Renetta o Golden)
- 80 g di zucchero
- 60 g di uvetta
- 40 g di pinoli (opzionali ma tradizionali)
- 1 cucchiaino di cannella
- Succo di mezzo limone
- 40 g di pangrattato
- 40 g di burro
Per la finitura:
- Burro fuso q.b.
- Zucchero a velo q.b.
Procedimento
1. Preparate la pasta tirata
Impastate farina, uovo, olio e sale, aggiungendo l’acqua poco alla volta fino a ottenere un composto elastico. Lavoratelo almeno 10 minuti: la caratteristica dello strudel è proprio la sua pasta sottilissima. Formate una palla, copritela e lasciate riposare 30 minuti.
2. Preparate il ripieno
Sbucciate le mele, tagliatele a fettine sottili e mescolatele con zucchero, cannella, uvetta ammollata e strizzata, pinoli e succo di limone. Fate fondere il burro in padella e tostate il pangrattato fino a doratura: servirà ad assorbire l’umidità del ripieno, come vuole la tradizione.
3. Stendete la pasta
Stendete la pasta prima con il mattarello, poi con le mani, su un canovaccio infarinato. Deve diventare quasi trasparente, tanto da poter leggere un giornale attraverso: è il segno della corretta elasticità.
4. Assemblate e arrotolate
Distribuite il pangrattato tostato sulla pasta, lasciando un bordo libero, poi aggiungete il ripieno di mele. Aiutandovi con il canovaccio, arrotolate delicatamente lo strudel. Sigillate bene le estremità.
5. Cottura
Adagiate il rotolo su una teglia con carta da forno, spennellate con burro fuso e cuocete in forno a 180°C per 40–45 minuti, finché sarà dorato.
6. Servizio
Lasciate intiepidire e spolverate con zucchero a velo. È perfetto servito con crema alla vaniglia o gelato fiordilatte.
Un dolce che racconta una storia
Lo strudel di mele è molto più di una ricetta: è il simbolo dell’incontro tra culture, della capacità del cibo di migrare, trasformarsi e radicarsi altrove. Oggi rappresenta una delle specialità più amate dell’Alto Adige, dove ogni famiglia conserva la propria versione tramandata da generazioni.
Prepararlo in casa significa riportare nella propria cucina un pezzo di storia europea, fatta di profumi antichi e gesti pazienti — gli stessi che, secoli fa, hanno dato vita a uno dei dolci più iconici e rassicuranti della tradizione alpina. Buon viaggio… e buon strudel.
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