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Lifestyle

Le tipiche abitudini italiane ritenute offensive all’estero

Ci sono abitudini, modi di fare e comportamenti che per noi italiani sono assolutamente normali. Gesti usuali, quotidiani ma che oltre confine, dipende quale, sono visti come comportamenti e gesti offensivi.

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cattive abitudini degli italiani

    Baciare una persona sulla guancia, una stretta di mano, una pacca sulle spalle, un abbraccio… Vade retro. Ci sono abitudini, modi di fare e comportamenti che per noi italiani sono assolutamente normali. Gesti usuali, quotidiani ma che oltre confine, dipende quale, sono visti come comportamenti e gesti offensivi. Da scomunica…

    Partiamo con le abitudini soft

    Noi italiani siamo molto contenti quando qualcuno parla la nostra lingua. In alcuni paesi, però, ci si può offendere se un turista non sa parlare la lingua locale. Così come arrivare in ritardo In Italia purtroppo accade molto frequentemente. Arrivare in ritardo agli appuntamenti all’estero offensivo e maleducato, soprattutto nei Paesi come Giappone, Singapore, Hong Kong.
    E ancora per noi il cappuccino viene bevuto solo a colazione, raramente nel primo pomeriggio. In alcuni paesi viene consumato durante tutto il giorno. Questa differenza può sembrare strana agli stranieri. Urlare per strada da ubriachi da noi non si fa, si è malvisti. Nei paesi anglosassoni accade spesso ed è considerato un comportamento accettabile.

    Baci e abbracci, le dolenti note

    Baciare sulla guancia in Italia è assolutamente una cosa naturale, cortese, gentile. Un gesto riservato a persone conosciute. Un gesto che comunica intimità e condivisione affettiva. In alcuni Paesi potrebbero arrestarvi se il gesto avviene magari in pubblico. Non baciare sulla guancia una persona appena conosciuta in alcuni paesi è ritenuto antipatico. I francesi e gli abitanti del Belgio considerano normale baciare (sulla guancia, s’intende) anche una persona appena conosciuta. Mentre qui da noi si fa solamente quando siamo arrivati ad un grado di conoscenza superiore.. In alcuni paesi gli abbracci sono considerati normali solo tra marito e moglie. In quest’ottica, vedere una ragazza che ti abbraccia perché non ti vede da tempo, potrebbe essere un segnale erotico

    Manuale di sopravvivenza oltre oceano

    Incrociare le dita in Vietnam è un gesto volgare riferito ai genitali femminili.

    Nei Paesi Bassi chiedere notizie sul lavoro che si fa equivale a chiedere quanti soldi guadagnano, ed è vista come una domanda classista.

    Se vai in Cile evita di servirti di una seconda porzione. E’ considerato scortese e dovresti invece aspettare che te lo offrano.

    Di solito arrivi in ritardo? Ecco in Germania cerca di evitarlo. Lì non esiste il concetto di essere in ritardo. Se devi incontrare qualcuno a una certa ora, devi arrivare in anticipo o in perfetto orario.

    Servirsi da soli un cibo in molte parti dell’Asia è visto come gesto inappropriato per un ospite.

    Tenere una mano in tasca in alcuni paesi dell’Asia è considerata molto arrogante. E in Germania questo gesto è un segno di maleducazione.

    Del resto in Germania, tagliare le patate con coltello e forchetta è un segnale che il cibo non è stato cotto fino in fondo, mentre schiacciare è molto più normale. De gustibus

    Una stretta di mano ferma è un segno di dominio, mentre dovrebbe essere un segno di rispetto. Nelle Filippine è meglio mantenere la presa sciolta e mai rigida

    In Cina, Corea e Medio Oriente toccare e abbracciare altre persone è considerato offensivo.

    Nelle culture caraibiche e asiatiche non togliersi le scarpe quando si entra in casa è un enorme segno di mancanza di rispetto. Ma anche nei paesi scandinavi.

    Mi fai assaggiare? Sebbene condividere il cibo sembrerebbe una pratica normale, in India il cibo è considerato contaminato una volta che tocca il piatto. Mai quindi offrire un assaggio non è ben visto.

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      Cucina

      Cookie alla cannella: il profumo dell’autunno in un biscotto morbido e goloso

      Friabili fuori e morbidi dentro, con una delicata glassa al formaggio fresco, i cookie alla cannella conquistano per il loro aroma avvolgente e il gusto equilibrato. Ecco la ricetta passo passo e i segreti per prepararli alla perfezione.

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      Cookie alla cannella: il profumo dell’autunno in un biscotto morbido e goloso

        Il dolce profumo della cannella

        Pochi profumi evocano il calore della casa come quello della cannella appena sfornata. In autunno e in inverno, questi cookie speziati diventano un classico intramontabile, ideali per accompagnare una tazza di tè fumante o per arricchire un vassoio di dolci natalizi.

        I cookie alla cannella nascono dall’incontro tra la tradizione americana dei biscotti morbidi e l’aroma intenso delle spezie usate nella pasticceria europea. Il risultato è un dolce semplice ma irresistibile, perfetto per chi ama i sapori decisi e avvolgenti.

        Ingredienti e preparazione

        La ricetta prevede due preparazioni principali: una base di impasto al burro e una crema speziata alla cannella che, una volta amalgamate, creano un effetto marmorizzato elegante e goloso.

        Per la crema, basta mescolare burro ammorbidito, zucchero di canna e cannella in polvere fino a ottenere una pasta liscia e profumata.

        L’impasto, invece, si ottiene lavorando burro e zucchero bianco fino a una consistenza chiara e spumosa, poi unendo un uovo, un pizzico di sale, vaniglia e infine farina e lievito. Il segreto è mescolare solo il necessario: un impasto troppo lavorato rischia di perdere la sua friabilità.

        A questo punto, si unisce la crema di cannella con movimenti irregolari per creare le venature aromatiche tipiche di questi cookie. Dopo aver formato delle palline (una paletta da gelato aiuta a mantenerle uniformi), i biscotti devono riposare in frigorifero per un’ora, così da mantenere la forma in cottura.

        Cottura perfetta e tocco finale

        Il forno va preriscaldato a 180°C. In circa 11 minuti i biscotti saranno pronti: devono dorarsi ai bordi ma restare morbidi al centro. Una volta sfornati, è importante lasciarli raffreddare completamente prima di decorarli.

        La glassa al formaggio fresco è l’elemento che rende questi cookie davvero speciali. Si prepara mescolando formaggio spalmabile, latte, zucchero a velo e un tocco di vaniglia, fino a ottenere una crema vellutata. Stesa sui biscotti freddi, regala un contrasto perfetto tra dolcezza e freschezza, bilanciando l’intensità della cannella.

        Perché piacciono a tutti

        I cookie alla cannella sono facili da preparare, ma sanno di “fatto con amore”. Piacciono ai grandi per il loro sapore speziato e ai bambini per la consistenza morbida e burrosa. Sono perfetti da servire a colazione, come merenda o da regalare durante le feste: si conservano per diversi giorni in un contenitore ermetico, mantenendo intatta la loro fragranza.

        La cannella, oltre al profumo inconfondibile, apporta anche benefici naturali: contiene antiossidanti e ha proprietà digestive e riscaldanti, perfette per la stagione fredda.

        Un dolce che sa di casa

        In un’epoca di dolci elaborati e ingredienti esotici, questi biscotti ricordano la semplicità genuina della pasticceria casalinga. Bastano pochi ingredienti, un po’ di pazienza e la voglia di impastare per riempire la cucina di un profumo che sa di famiglia, ricordi e domeniche lente.

        Che li gustiate ancora tiepidi, con un velo di glassa, o li confezioniate come piccolo dono homemade, i cookie alla cannella restano un simbolo di dolcezza autentica: un abbraccio fragrante racchiuso in un biscotto.

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          Animali

          Snack per cani: premio, vizio o strumento educativo?

          Tra premi, coccole e rischi di eccessi, il tema degli snack per i cani divide molti proprietari. Ma secondo gli esperti, se scelti e dosati nel modo giusto, possono essere alleati preziosi del benessere e dell’educazione del nostro amico a quattro zampe.

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          Snack per cani

            Il dilemma del bocconcino

            C’è chi li considera una coccola irrinunciabile e chi, invece, teme che rovinino la dieta. Gli snack per cani — che si tratti di biscottini, bocconcini di carne o premi masticabili — sono da tempo al centro di un dibattito tra proprietari e veterinari. “Fanno bene o fanno male?”, è la domanda più frequente tra chi desidera viziare il proprio cane senza correre rischi per la salute.

            Secondo la dottoressa Zita Talamonti, medico veterinario comportamentalista, la risposta non è un semplice sì o no: “Gli snack possono essere molto utili, purché usati nel modo corretto. Sono strumenti efficaci sia nell’educazione del cane, come rinforzo positivo, sia come momento di coccola e gratificazione”.

            Il rinforzo positivo: perché funziona

            In ambito educativo, gli snack sono parte di una strategia ben precisa: il rinforzo positivo. “Il cane impara molto più velocemente quando un comportamento corretto viene premiato piuttosto che quando viene punito”, spiega la dottoressa Talamonti. “Un bocconcino nel momento giusto, unito a un ‘bravo!’ o a una carezza, rafforza la relazione con il proprietario e aiuta a fissare il comportamento desiderato”.

            Non tutti i cani, però, rispondono allo stesso tipo di stimolo. “Alcuni preferiscono il cibo, altri un gioco o un momento di attenzione. Capire cosa motiva di più il proprio cane è parte del lavoro educativo”, sottolinea la veterinaria.

            Quando e come dare gli snack

            Gli snack non devono essere distribuiti a caso. È importante farne un uso mirato, legato a un contesto preciso: un esercizio ben riuscito, un momento di calma o una routine di cura. Ecco alcune situazioni in cui il bocconcino diventa utile:

            • Addestramento: piccoli premi rendono l’apprendimento più rapido e piacevole.
            • Relax e igiene orale: snack masticabili aiutano a tenere puliti i denti e riducono lo stress.
            • Stimolazione mentale: nascondere premi in giochi interattivi favorisce la concentrazione e riduce la noia.

            Il segreto sta nelle quantità. Gli snack non dovrebbero superare il 10% delle calorie giornaliere del cane, per evitare sovrappeso e problemi digestivi. Se usati per l’addestramento, meglio sceglierli piccoli, leggeri e a basso contenuto calorico.

            Quali scegliere (e quali evitare)

            Oggi il mercato offre una vasta gamma di snack per cani, ma non tutti sono uguali. “È fondamentale leggere le etichette”, avverte la dottoressa Talamonti. “Meglio orientarsi verso prodotti naturali e specifici per cani, a base di proteine di qualità, privi di zuccheri, coloranti o conservanti artificiali”.

            Tra le alternative più sane e facili da preparare in casa ci sono:

            • Carne o pesce essiccato, senza sale né condimenti.
            • Frutta e verdura sicure, come mela, banana, carote o zucchine (senza semi).
            • Snack funzionali per l’igiene orale, approvati dal veterinario.

            Assolutamente da evitare, invece, cibi tossici come cioccolato, cipolla, aglio, uva, avocado o ossa cotte, che possono causare gravi intossicazioni.

            Il ruolo emotivo della “coccola”

            Gli snack non sono solo nutrimento o strumento educativo: hanno anche un forte valore relazionale. “Offrire un premio al cane, se fatto con equilibrio, è un gesto d’affetto e comunicazione”, spiega la veterinaria. “Diventa un momento di connessione tra animale e proprietario, rafforzando il legame di fiducia”.

            Tuttavia, è bene evitare che lo snack diventi una risposta automatica a ogni richiesta del cane. “Il rischio è viziarlo, trasformando il premio in un diritto acquisito. Lo snack deve restare un gesto consapevole, non un’abitudine compulsiva”, avverte l’esperta.

            In sintesi: sì agli snack, ma con criterio

            Gli snack possono essere alleati del benessere e dell’educazione del cane, ma solo se integrati in una dieta bilanciata e usati con moderazione. La chiave è il buon senso: scegliere prodotti naturali, premiare nei momenti giusti e non abusarne.

            Come conclude la dottoressa Talamonti: “Un bocconcino offerto con affetto e misura può dire molto di più di mille parole: è un modo per comunicare con il cane nel suo linguaggio, quello della fiducia e del rispetto reciproco”.

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              Tempo libero ed interessi

              Anni ’90, la rivoluzione a 16 bit: il retrogaming che continua a far battere il cuore

              Doom, Duke Nukem, Tomb Raider, Mario, Sonic: non solo titoli, ma simboli di un’epoca che ha trasformato il videogioco da passatempo per pochi a fenomeno globale. E che oggi torna al centro dell’attenzione grazie alla nostalgia e alle nuove piattaforme di riscoperta.

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              retrogaming

                Gli anni ’90 rappresentano un’irripetibile età dell’oro per il videogioco. In quel periodo, l’industria passa dalle forme ancora sperimentali degli anni ’80 a un linguaggio più maturo, che unisce grafica, design e storytelling. È il decennio in cui nasce la cultura pop dei videogame come la conosciamo oggi, e in cui si affermano console che hanno segnato generazioni: dal Super Nintendo al Sega Mega Drive, dalla prima PlayStation al Game Boy Color.

                Il cuore di questa rivoluzione batte nei titoli che hanno definito nuove regole. Doom (1993), sviluppato da id Software, non è semplicemente un videogioco: è l’opera che consolida il genere degli sparatutto in prima persona, aprendo la strada a una lunga discendenza. A pochi anni di distanza, Duke Nukem 3D (1996) porta l’irriverenza e l’umorismo nel mondo degli FPS, contribuendo a trasformare il giocatore in protagonista di un’avventura più dinamica e spettacolare.

                Parallelamente, anche il mondo dell’esplorazione tridimensionale vive una svolta. Nel 1996 Tomb Raider introduce Lara Croft, un’eroina capace di unire azione, puzzle e archeologia digitale come mai era successo prima. È uno dei primi titoli a far dialogare animazione 3D e narrazione cinematografica, anticipando un modello che negli anni successivi sarebbe diventato standard.

                Ma i ’90 non vivono solo di realismo e sparatorie. Mario e Sonic, mascotte di Nintendo e Sega, incarnano l’altra grande anima del decennio: quella colorata, rapidissima, fatta di mondi immaginari e salti leggendari. Super Mario World (1990) e Sonic the Hedgehog (1991) sono i capisaldi della “console war” che segnerà un’intera generazione di giocatori, definendo identità estetiche e meccaniche oggi tornate in auge grazie al retrogaming.

                Proprio questo ritorno è uno dei fenomeni più interessanti del presente. Mini-console ufficiali, emulazioni legali, collezionismo, mercatini digitali e re-release sulle piattaforme moderne stanno riportando in primo piano un patrimonio culturale che rischiava di scomparire. A rendere attuale quella stagione non è soltanto la nostalgia: molti titoli degli anni ’90 rimangono ancora oggi esempi perfetti di design essenziale, ritmo calibrato e creatività senza eccessi.

                Riscoprire i videogame di quel decennio significa ritrovare un’epoca in cui il medium sperimentava con coraggio, spesso con pochi mezzi ma con idee rivoluzionarie. Un tempo in cui ogni nuovo titolo sembrava aprire un universo inedito. E se oggi la tecnologia ha compiuto passi da gigante, non sorprende che molti giocatori — vecchi e nuovi — continuino a tornare proprio lì, dove tutto è cominciato.

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