Libri
Qualcuno mi uccida: il nuovo thriller di Diego Pitea che sa di Calabria e brucia come un segreto taciuto
Con Qualcuno mi uccida, edito da AltreVoci, Pitea firma un noir viscerale e spietato, figlio della sua terra e delle sue ossessioni. Un libro che consacra la sua voce tra le più credibili del nuovo giallo italiano

“Qualcuno mi uccida” non è solo il titolo del nuovo romanzo di Diego Pitea. È un grido, una richiesta disperata, un invito a guardare l’abisso senza più chiudere gli occhi. È anche il manifesto di uno stile preciso, diretto, senza fronzoli: quello di un autore che scrive da sud, ma non si accontenta delle cartoline.
Nato e cresciuto a Reggio Calabria, Pitea ha fatto della sua terra un campo di battaglia interiore e narrativo. Insegue i suoi personaggi nei vicoli e nei pensieri, li porta sull’orlo della rovina e poi li lascia lì, sospesi, come fanno le vite vere quando si rompono.
Con questo nuovo libro, presentato al Salone del Libro di Torino, l’autore calabrese si conferma una delle voci più potenti del nuovo giallo italiano: un noir che non cerca consolazione, che non chiude con la morale, che morde.
Pubblicato da AltreVoci Edizioni, Qualcuno mi uccida è un romanzo che ha l’odore del sangue secco e il ritmo di una confessione notturna. Dentro ci sono la paura, la colpa, la giustizia che non arriva. Ma soprattutto c’è la voce di Pitea, ruvida come la pietra e precisa come una lama.
Chi lo ha conosciuto sa che Diego scrive per necessità, non per mestiere. Il suo percorso è iniziato quasi per sfida, con un giuramento legato a una ferita personale – la malattia della madre – e si è trasformato in un destino narrativo. Dopo il successo di Rebus per un delitto e La stanza delle illusioni, arriva ora questo libro che più di tutti sembra gridare la sua urgenza.
Nel romanzo, tutto ruota attorno a una domanda senza risposta: quando la verità fa male, è meglio dirla o seppellirla? Da lì si dipana una trama serrata, fatta di indagini deviate, sospetti che si annidano tra le parole, e una Calabria che non fa da sfondo, ma da motore emotivo e simbolico. Non una terra folkloristica, ma un luogo dove si muore davvero, e non solo nei romanzi.
Diego Pitea non scrive gialli da scaffale. Scrive storie che fanno male, che ti restano appiccicate addosso come il fumo nelle scale di un vecchio palazzo. E lo fa con una penna che conosce il dolore, la rabbia, ma anche il peso dei silenzi.
Chi è cresciuto “nella punta dello Stivale” lo sa: là dove l’Italia sembra finire, spesso iniziano le storie più feroci. Quelle che non hanno bisogno di effetti speciali, perché la realtà è già abbastanza spietata.
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Libri
Ornella Muti si confessa: “Celentano? È stato amore, ma una violenza raccontarlo senza chiedermi il permesso”
Dal primo amore con Montezemolo al rapporto tormentato con Celentano, fino alle ombre dell’infanzia e alla forza della maternità: “Scrivere è stata una psicanalisi. Ti guardi indietro e dici: ma dov’ero?”. Un ritratto fragile e lucido di una diva che non smette di sorprendere.

“Il mio primo fidanzato è stato Luca Cordero di Montezemolo. Era pazzo. Correva in mezzo alla strada e urlava ‘Ti amo!’”. È una Ornella Muti inedita quella che si racconta, a settant’anni, nella sua autobiografia Questa non è Ornella Muti, in uscita per La Nave di Teseo. Un libro che è insieme confessione, resa dei conti e liberazione.
“Se questa non è Ornella Muti, chi è?”, le chiede l’intervistatore. “All’anagrafe sono Francesca Rivelli, ma Francesca chi la conosce veramente? Ho sempre avuto pudore a raccontarmi. Ora scrivere è stata una psicanalisi, mi ha fatto anche male. Ti guardi indietro e dici: ma dov’ero?”.
Dentro ci sono tutti i suoi fantasmi, ma anche gli amori che hanno fatto scalpore. “Celentano? Che fossimo stati insieme l’ha detto lui, senza chiedermi il permesso. È stata una violenza. Io aggiungo che è stata una storia breve, ma d’amore. Non concepisco il sesso per il sesso. Per lui ho tradito mio marito.” E poi, con ironia: “Alain Delon? Non è successo niente. Ma avrebbe potuto, forse.”
C’è spazio anche per i ricordi teneri e quelli più dolorosi: “A quattro anni mia madre mi portò in Svizzera dalla zia e mi lasciò lì un anno e mezzo. Non capivo una parola di tedesco, e quando tornai non conoscevo più l’italiano. Non fu un abbandono, ma lo vissi come tale.”
Tra i grandi della commedia italiana, Ornella ricorda con affetto Ugo Tognazzi, Dino Risi, Marcello Mastroianni e Alberto Sordi: “Diceva sempre: ‘Sordi, Muti, e ’ndo stanno i ciechi?’”. Ma nel libro non mancano le zone d’ombra: “Ho provato l’Lsd. Un’amica lo prese e si buttò dalla finestra. Io mi sono salvata grazie a mia figlia. Lei mi ha rimesso coi piedi per terra.”
Un racconto sincero, pieno di contraddizioni e dolce malinconia. Non è solo il ritratto di un’attrice: è la confessione di una donna che ha vissuto tutto — amori, errori, libertà — con lo stesso, irriducibile sgomento.
Libri
Addio a Francesco Recami, il giallista dell’ironia e dell’anomalia
Malato da tempo, Recami si è spento a Firenze, la sua città natale. Dalle guide di montagna ai gialli più amati dal pubblico, la sua penna ha raccontato l’Italia delle piccole ipocrisie e dei grandi segreti. Il suo ultimo libro, Il mostro del Casoretto, era uscito solo poche settimane fa.

Si è spento a 69 anni Francesco Recami, uno degli autori più originali e riconoscibili della narrativa italiana contemporanea. Nato a Firenze nel 1956, era malato da tempo ma non aveva mai smesso di scrivere: il suo ultimo romanzo, Il mostro del Casoretto, è uscito da pochi giorni per Sellerio, la casa editrice che lo ha accompagnato per tutta la carriera.
Recami aveva un talento raro: trasformare il giallo in un laboratorio di ironia, linguaggio e critica sociale. Nei suoi libri il delitto era spesso solo un pretesto per scavare nelle ossessioni quotidiane, nei tic e nelle manie dell’Italia di provincia. La sua scrittura, sempre limpida e pungente, metteva in crisi l’idea stessa di “normalità”.
Dopo gli esordi con due guide di montagna e alcuni libri per ragazzi, pubblicò nel 2006 il suo primo romanzo per adulti, L’errore di Platini, ma il vero successo arrivò un anno dopo con Il correttore di bozze, storia di un uomo comune intrappolato in un quotidiano paradossale. Da lì nacque una carriera luminosa, segnata da titoli come La casa di ringhiera, L’arte di riparare le donne, Commedia nera n.1 e La verità su Amedeo Consonni, che fecero di Recami uno degli autori più amati dal pubblico di Sellerio.
Amava definirsi “un narratore del normale che si incrina”, e in effetti i suoi protagonisti erano spesso figure di confine: pensionati sospettosi, vicini impiccioni, mariti stanchi o donne invisibili che, tra una bugia e un delitto, rivelavano tutta la fragilità del nostro tempo.
Negli ultimi anni aveva alternato la scrittura alla vita appartata nella sua Firenze, continuando a osservare con sguardo ironico e malinconico il mondo che cambiava.
Con la morte di Francesco Recami se ne va una voce unica, capace di raccontare il giallo non come formula, ma come specchio deformante e verissimo dell’animo umano.
Libri
Franco Bernini, il “re” del Premio Amalago 2025: parte il Tour del Vincitore tra scuole, biblioteche e lettori del Verbano
Cinque tappe tra Italia e Svizzera per promuovere la lettura e far dialogare i giovani con la narrativa storica. Un premio unico nel panorama letterario, dove il giudizio del pubblico conta più delle strategie editoriali.

Sarà un viaggio lungo le sponde del Verbano, tra biblioteche, licei e incontri pubblici, quello di Franco Bernini, vincitore del Premio Amalago 2025 con Il Trono. Il “Tour del Vincitore” rappresenta l’ultimo atto di un’edizione che ha confermato la vocazione del premio a unire scrittura, territorio e partecipazione popolare. Un’iniziativa che non si ferma alla cerimonia di consegna, ma prosegue nel dialogo diretto con i lettori.



Il programma prevede cinque appuntamenti, tre dei quali con le scuole superiori. Martedì 7 ottobre alle 18:00 Bernini sarà ospite della Biblioteca Comunale di Sesto Calende, in collaborazione con la Libreria Ubik. Mercoledì 8 lo scrittore incontrerà al mattino gli studenti del Liceo Scientifico Vittorio Sereni di Luino (Varese), mentre nel pomeriggio attraverserà il confine per presentare Il Trono alla Biblioteca di Ascona, in Canton Ticino. Giovedì 9 ottobre, doppia tappa piemontese a Verbania: prima con gli studenti dell’Istituto Ferrini Franzosini e poi con quelli del Liceo Bonaventura Cavalieri.
Un tour che unisce idealmente le tre sponde del lago, dalla Lombardia al Piemonte fino alla Svizzera, coinvolgendo le comunità dei ventisette Comuni che hanno dato il patrocinio al premio. Ma ciò che rende l’Amalago un’esperienza diversa da qualunque altro riconoscimento letterario è il suo sistema di selezione: non sono gli editori a proporre i libri, bensì i lettori stessi.
Blogger indipendenti, gruppi di lettura e book influencer individuano i titoli più amati dell’anno, contribuendo a creare una rosa di candidati che riflette davvero il gusto del pubblico. I loro nomi restano segreti fino alla fine, come in un piccolo giallo culturale. È un modo per restituire centralità al lettore e per superare i confini tradizionali tra chi scrive e chi legge.
Ideato e diretto da Sibyl von der Schulenburg e presieduto da Giovanni Grasso, il Premio Amalago gode del patrocinio della Regione Piemonte, della Camera di Commercio Monte Rosa Laghi–Alto Piemonte e dei ventisette Comuni affacciati sul Verbano — undici lombardi, tredici piemontesi e tre ticinesi. L’obiettivo è duplice: promuovere la lettura dei romanzi storici tra i giovani e valorizzare il Premio Speciale delle Scuole, nato nel 2024 per avvicinare le nuove generazioni alla narrativa di qualità.
Con Il Trono, Bernini ha conquistato una giuria diffusa fatta di lettori, insegnanti e studenti. Ora li incontrerà di persona, chiudendo il cerchio di un premio che non si accontenta di celebrare un vincitore, ma continua a coltivare il dialogo con chi tiene viva la letteratura: il pubblico.
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