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Colombe di Pasqua: la classifica delle migliori al supermercato. Trionfa Maina
Un blind test ha messo a confronto le colombe industriali dei principali marchi italiani. Tra lievitazione, profumo e gusto, il podio vede Maina davanti a Bauli e Paluani. Qualità artigianale a prezzi accessibili per una Pasqua all’insegna del buon gusto.
Non serve per forza rivolgersi alle pasticcerie artigianali per gustare una buona colomba pasquale. Il Gambero Rosso ha recentemente condotto un blind test per individuare le migliori colombe disponibili nei supermercati italiani. Una degustazione alla cieca che ha analizzato ingredienti, profumi, consistenza e bilanciamento dei sapori, offrendo una classifica che, tra conferme e sorprese, promette di orientare gli acquisti pasquali di chi cerca qualità senza spendere una fortuna.
Al quinto posto si piazza Paluani con la sua Colomba Tradizionale. Marchio storico della dolceria veronese, Paluani propone un prodotto visivamente curato, con una copertura omogenea arricchita da mandorle. L’interno si presenta soffice, anche se il sapore risulta un po’ confuso e i canditi poco profumati. Una colomba ordinata, pulita, ma che lascia spazio a margini di miglioramento.
Quarta posizione per La Colomba di Motta, linea Barbieri. Un lievitato che richiama l’aspetto artigianale grazie a una crescita regolare e a una glassa ricca di mandorle e granella di zucchero. All’interno, l’impasto è ben lievitato e arricchito da canditi succosi, anche se il profilo aromatico non conquista appieno, penalizzato da leggere note artificiali.
Sale sul podio, in terza posizione, il Gran Velo di Paluani, frutto di un elaborato processo a quattro impasti. Qui, l’aroma fa la differenza: il dolce sprigiona sentori lattici intensi e note agrumate delicate, offrendo un’esperienza olfattiva e gustativa più raffinata. La consistenza ricorda quella di un plumcake, compatta ma piacevolmente masticabile, e rende questo prodotto una scelta interessante per chi cerca una colomba equilibrata e profumata.
La medaglia d’argento va a Bauli con la sua Colomba Classic. Un prodotto visivamente semplice, ma con un interno soffice e ben lievitato, profumato di agrumi e arricchito da canditi discreti. Il gusto è pulito, dolce al punto giusto, con una struttura morbida che si scioglie facilmente in bocca. Una colomba che coniuga tradizione e accessibilità, senza eccessi.
A dominare la classifica è Maina, con il suo Gran Nocciolato. Esteticamente impeccabile, sviluppato in modo regolare e impreziosito da una glassa croccante attraversata da piccole crepe, il dolce conquista per l’armonia tra profumo e sapore. Note lattiche fresche, una delicata presenza di mandorla e canditi ben equilibrati rendono ogni fetta un piacere da gustare. L’unico appunto riguarda la consistenza della fetta, che potrebbe essere ancora più soffice. Ma nel complesso, la colomba di Maina si impone come la migliore tra quelle disponibili nella grande distribuzione.
Il blind test conferma che anche sugli scaffali del supermercato si possono trovare prodotti di grande qualità, capaci di regalare a tavola tutto il profumo e la fragranza della Pasqua. Una buona notizia per chi, pur senza rinunciare alla tradizione, vuole scegliere con consapevolezza e magari risparmiare senza perdere il gusto della festa.
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Italia, dal 2026 scatta l’obbligo di collegare POS e registratori di cassa: tracciabilità totale e multe fino a 4mila euro per chi non si adegua
L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato il provvedimento che definisce le modalità operative: collegamento tramite area riservata, niente cavi fisici e controlli automatici. Sanzioni da 1.000 a 4.000 euro per ogni violazione e rischio sospensione dell’attività in caso di recidiva.
Dal 1° gennaio 2026 cambia la vita a commercianti, ristoratori e professionisti. L’Italia introduce un nuovo tassello nella lotta all’evasione fiscale: ogni esercente dovrà collegare il proprio POS al registratore telematico, così che ogni pagamento elettronico sia automaticamente associato all’emissione dello scontrino. Una misura prevista dalla Legge di Bilancio 2025 e disciplinata dal provvedimento n. 424470 dell’Agenzia delle Entrate.
Una piattaforma unica, niente cavi e installazioni
La soluzione è digitale e non richiede modifiche hardware. Non ci sarà nessun cavo che collega fisicamente il terminale al registratore: tutto avverrà tramite un servizio online dedicato nell’area riservata sul sito dell’Agenzia. Ogni esercente, o il proprio consulente, dovrà accedere e associare la matricola del registratore telematico ai dati del POS. Il sistema mostrerà automaticamente tutti i dispositivi registrati a nome dell’attività, grazie alle comunicazioni preventive degli operatori finanziari.
Tracciabilità integrata e obiettivo “compliance quasi totale”
La ratio è chiara: rendere tecnicamente impossibile accettare un pagamento elettronico senza emettere scontrino. Il collegamento, spiegano dall’Agenzia, nasce “dal confronto con le associazioni di categoria” e mira a “un tasso di compliance prossimo al 100%”. Il provvedimento riguarda ogni realtà che certifica i corrispettivi tramite registratore e accetta pagamenti elettronici, inclusi circuiti digitali come Satispay. Restano fuori solo chi non è tenuto agli scontrini o chi emette esclusivamente fattura.
Multe fino a 4mila euro e rischio sospensione
Il sistema introduce anche un regime sanzionatorio severo: per chi non collega i dispositivi o non memorizza e trasmette correttamente i dati, le multe vanno da 1.000 a 4.000 euro per ogni singola violazione. E per chi persiste c’è l’ipotesi peggiore: la sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività.
Una stretta che si inserisce nel percorso di digitalizzazione fiscale già visto con fatturazione elettronica e registratori telematici. L’obiettivo, oggi più che mai, è ridurre i margini di evasione e creare un sistema trasparente e coerente, dove pagamento e scontrino diventano un unico processo.
Per gli esercenti si apre ora la fase di preparazione. Il conto alla rovescia verso il 2026 è ufficialmente partito.
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Mattel gioca con l’Intelligenza Artificiale: design firmato OpenAI per le nuove Barbie
La Mattel scommette sull’IA per rilanciare le vendite e cavalcare l’onda dell’innovazione. Una scelta strategica, ma anche necessaria, in un mercato in crisi. E tra dazi, costi crescenti e consumatori più cauti, anche le Barbie dovranno reinventarsi.
La Barbie avrà un cervello artificiale. O almeno, lo avranno i designer che la progetteranno. Mattel ha infatti annunciato una partnership con OpenAI, la società fondata da Sam Altman e madre dell’intelligenza artificiale più chiacchierata del momento. L’obiettivo è chiaro: reinventare il modo in cui si immaginano e si creano i giochi. E, possibilmente, riconquistare il mercato.
È una mossa che sa di rilancio. Dopo un periodo complicato, con vendite in calo e costi in salita, Mattel tenta la carta dell’innovazione. Lo farà usando gli strumenti di OpenAI per generare concept creativi, nuove idee per linee di prodotto, personaggi, packaging e interi universi narrativi.
“Ogni nostro prodotto è progettato per ispirare e intrattenere”, ha dichiarato Josh Silverman, responsabile dei grandi marchi Mattel. “L’intelligenza artificiale ci aiuterà ad ampliare questa missione, portando i nostri brand in territori ancora inesplorati”. Gli fa eco Brad Lightcap, COO di OpenAI: “Siamo felici di collaborare con un’azienda che rappresenta da sempre il gioco e la fantasia”.
Ma dietro il linguaggio entusiasta ci sono anche motivi ben più concreti. Il settore dei giocattoli sta attraversando un momento difficile. La domanda globale è debole, i consumatori tagliano sulle spese superflue e la concorrenza, soprattutto online, è feroce. E ora si aggiunge un nuovo fronte: la guerra dei dazi innescata da Donald Trump, che minaccia di colpire le importazioni cinesi con rincari fino al 25%. Considerando che gran parte della produzione Mattel avviene proprio in Asia, anche le Barbie – come gli altri giocattoli del gruppo – rischiano un ritocco verso l’alto nei prezzi.
Per questo l’alleanza con OpenAI non è solo una trovata da ufficio marketing, ma una strategia mirata. Ridurre i tempi di progettazione, generare in automatico varianti e scenari, produrre su richiesta senza sprechi. E chissà, magari anche creare nuove icone pop che parlino il linguaggio delle nuove generazioni.
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Rc auto sempre più su, ormai le assicurazioni costano più delle macchine
Rispetto ad altri Paesi europei, l’Italia presenta costi dell’assicurazione Rc auto significativamente più alti: nel 2022, il premio medio in Italia era di 350 euro, mentre in Spagna si aggirava sui 176 euro, meno della metà. Cresce il numero degli automobilisti che sceglie la rateizzazione.
Il costo dell’assicurazione Rc auto in Italia ha raggiunto livelli storici. In media ha superato i 460 euro, segnando un aumento del 27,6% rispetto al 2022.
Va di moda il pagamento rateale
Questo incremento ha spinto molti italiani a optare per il pagamento rateale, una soluzione che però comporta un ulteriore aggravio del 10% rispetto al pagamento in un’unica soluzione. Ma se non ci sono soldi forse è meglio spalmare il costo ogni mese anche se pagando qualcosa in più.
L’Associazione Nazionale delle Imprese Assicuratrici (Ania) e l’Istat hanno confermato che l’indice di costo dell’Rc auto ha raggiunto il valore di 136,3, il più alto mai registrato. Le principali cause di questo aumento sono attribuite all’inflazione, anche se le associazioni dei consumatori, come Codacons e Assoutenti, contestano queste motivazioni, evidenziando i profitti record delle compagnie assicurative.
A Napoli si paga di più
A livello geografico, l’aumento ha colpito tutte le province italiane, con Roma che ha registrato un incremento del 9,3%, e Napoli che resta la città con il premio annuale più elevato, pari a 583 euro. Rispetto ad altri Paesi europei, l’Italia ha costi di assicurazione auto significativamente più alti: nel 2022, il premio medio in Italia era di 350 euro, mentre in Spagna si aggirava sui 176 euro, meno della metà.
Crescono anche i costi delle riparazioni
Questo rincaro non solo grava sugli automobilisti, ma ha anche ripercussioni sui costi di riparazione dei veicoli, con un aumento dovuto al maggior prezzo dei pezzi di ricambio e del lavoro dei meccanici. Una situazione che sta mettendo a dura prova le finanze degli italiani, già alle prese con altre spese crescenti.
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