Lifestyle
Allarme dei pediatri: tra i 5 e gli 11 anni sempre più bambini soffrono di insonnia, stress e incubi notturni
L’eco-ansia rappresenta un fenomeno emergente che richiede attenzione e interventi educativi per proteggere la salute mentale dei bambini e prepararli a gestire le sfide future legate ai cambiamenti climatici.
L’eco-ansia, l’ansia determinata dalle preoccupazioni legate ai cambiamenti climatici, sta emergendo come una nuova patologia tra i bambini di età compresa tra 5 e 11 anni. Secondo uno studio internazionale, i bambini soffrono di insonnia e frequenti incubi notturni proprio a causa delle preoccupazioni sui cambiamenti climatici. Un carico davvero pesante da superare se non ci sono tra scuola e famiglia le capacità di spiegare e collocare nel modo giusto le cause dei cambiamenti. Questa ricerca, condotta nell’ambito del progetto educativo “A Scuola di Acqua” di Scuolattiva Onlus e sostenuto dal Gruppo Sanpellegrino, ha coinvolto circa mille bambini tramite una survey CAW.
Cosa dice la ricerca, i risultati
Dalla ricerca emerge una preoccupazione diffusa tra i bambini. Il 95% di quelli intervistati si dichiara preoccupato per il futuro dell’ambiente.
Quattro bambini su 10 bambini riferiscono di aver fatto brutti sogni riguardo il cambiamento climatico e di avere difficoltà nel dormire o mangiare a causa di queste preoccupazioni.
Quasi tutti i bambini (95,6%) si sentono responsabili di questi cambiamenti e il 97,2% crede che il proprio contributo possa fare la differenza anche se il 72% si affida alla responsabilità degli adulti per portare dei cambiamenti positivi.
Quali impatti sulla salute mentale
La professoressa Serena Barello dell’Università di Pavia ha messo in evidenza che l’eco-ansia può generare sofferenza e preoccupazioni per il futuro, portando a un senso di impotenza e frustrazione nei bambini. Questo stress può influenzare negativamente sulla salute mentale, spingendo persino i bambini a modificare il loro comportamento quotidiano e la loro prospettiva sul mondo.
Cosa può fare la scuola
La ricerca è stata effettuata intervistando anche 500 insegnanti. Dai dati raccolti emerge che solo un insegnante su 10 crede nell’efficacia di affrontare personalmente le sfide ambientali. Tuttavia, la maggioranza degli insegnanti riconosce l’importanza delle iniziative educative per sensibilizzare le persone sul proprio contributo individuale.
Le iniziative di Scuolattiva
La presidente di Scuolattiva Onlus, Simona Frassone, ha sottolineato l’importanza di sensibilizzare i giovani sui temi ambientali e fornire strumenti per affrontare le sfide climatiche. Il progetto “A Scuola di Acqua” continua a sostenere la scuola italiana con investimenti privati in iniziative educative per affrontare l’eco-ansia.
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Curiosità
Da Theda Bara a Halloween: così nacque la “vamp”, la donna fatale che seduce e distrugge
Sopracciglia sottili, rossetto scuro e sguardo ipnotico: Theda Bara fu la prima “vamp” della storia. Nel film The She Devil del 1918 divenne il simbolo della donna irresistibile e pericolosa, capace di soggiogare gli uomini con il solo potere dello sguardo. Da lei nacque un termine che ancora oggi indica la femme fatale per eccellenza.

Quando si parla di “vamp”, oggi si pensa a una donna seducente, misteriosa e un po’ pericolosa. Ma pochi sanno che il termine non nasce dal mondo dei vampiri, bensì da quello del cinema muto. A coniarlo, per caso, furono i colleghi di Theda Bara, diva degli anni Dieci, soprannominata sul set “The Vamp”. Da quel nomignolo nacque un mito linguistico e culturale destinato a durare più di un secolo.
Theda Bara — il cui nome d’arte era un anagramma di Arab Death, “morte araba” — fu la prima a incarnare la figura della donna fatale moderna. Nel 1918 interpretò The She Devil, un film oggi perduto ma rimasto nella memoria collettiva come manifesto di una nuova sensualità: oscura, magnetica, libera. Il suo personaggio non era un vampiro nel senso letterale, ma una creatura capace di “succhiare” l’energia degli uomini, dominarli e distruggerli con eleganza e intelligenza.
Make-up pesante, ombretto nero, labbra color sangue, pelle chiarissima: il suo stile definì un’estetica gotica che Hollywood non avrebbe più dimenticato. Negli anni successivi, da Greta Garbo a Marlene Dietrich, fino a Elizabeth Taylor e Angelina Jolie, l’archetipo della “vamp” continuò a evolversi, trasformandosi in simbolo di autonomia e potere femminile.
Theda Bara, all’epoca, era una star planetaria. Il pubblico la vedeva come una figura quasi sovrannaturale, una donna che sfidava i costumi e la morale vittoriana. E anche se la maggior parte dei suoi film è andata perduta, il suo mito sopravvive. Ancora oggi, ad Halloween, migliaia di ragazze americane si ispirano al suo look: capelli corvini, eyeliner drammatico e labbra scarlatte.
Dietro quel termine così breve — “vamp” — si nasconde dunque una rivoluzione culturale: la nascita della donna che seduce senza chiedere permesso. Un’icona nata dal bianco e nero del cinema muto, ma più viva che mai, soprattutto quando la notte si tinge di nero e la seduzione diventa un incantesimo.
Cucina
Cassoeula, il piatto che profuma d’inverno: la leggenda, la storia e la ricetta del simbolo più verace della cucina lombarda
Nata tra la fame contadina e l’arte di non sprecare nulla, la cassoeula è il trionfo del maiale e delle verze dopo la prima gelata. Da secoli accompagna osterie e tavole familiari, unendo povertà e abbondanza nello stesso tegame. Ecco la sua storia — e la ricetta originale per rifarla a casa.

La cassoeula non è solo un piatto: è un profumo che torna ogni inverno, quando Milano si copre di nebbia e nelle case si riaccendono i fornelli. È la pietanza che unisce due simboli della cucina lombarda — il maiale e la verza — in un abbraccio grasso e saporito, figlio della povertà e del freddo.
La leggenda vuole che sia nata ai tempi della dominazione spagnola, quando un soldato innamorato insegnò a una cuoca brianzola come mescolare gli “scarti” del maiale con le verze appassite dal gelo. Un piatto povero, ma ricco di ingegno e di calore. Da lì la cassoeula — o cazzoeula, come la chiamano i milanesi doc — si diffuse tra cascine e osterie, fino a diventare la regina della tavola d’inverno.
La tradizione vuole che si cucini dopo la prima gelata, perché solo allora le verze perdono l’amaro e diventano dolci e tenere. Il resto lo fanno il tempo e la pazienza: la cassoeula non si improvvisa, si lascia sobbollire per ore, finché la carne non diventa morbida e la verza si impregna di tutto il suo sapore.
Ogni provincia lombarda ha la sua versione. A Milano regnano le costine e le cotenne; a Como e Varese si aggiungono piedini e testina; nel Pavese qualcuno osa con una spruzzata di vino rosso. Ma ovunque la si assaggi, resta un piatto che sa di famiglia, di fatica e di festa: il conforto che arriva a tavola quando fuori il termometro scende sotto zero.
RICETTA TRADIZIONALE DELLA CASSOEULA MILANESE
Ingredienti per 6 persone:
1 kg di verze (meglio se già gelate), 800 g tra costine, cotenne e piedini di maiale, 2 cipolle, 2 carote, 1 gambo di sedano, 1 bicchiere di vino bianco secco, 2 cucchiai di concentrato di pomodoro, brodo di carne, olio extravergine d’oliva, sale e pepe.
Preparazione:
Scottare in acqua bollente per pochi minuti le cotenne e i piedini, poi tagliarli a pezzi. In una casseruola capiente rosolare cipolla, sedano e carota tritati, aggiungere la carne e sfumare con il vino bianco. Unire il concentrato di pomodoro, coprire con il brodo e cuocere a fuoco lento per un’ora. Aggiungere le verze tagliate grossolanamente e continuare la cottura per almeno altre due ore, finché tutto non diventa morbido e profumato.
Servire bollente, con polenta gialla fumante e — come dicono in Lombardia — “un bicér de vin bon, per butarla giò”.
Libri
Marco Liguori e la nave dei misteri: “Caterina Costa” vince il Premio Senato Accademia alla Biennale Seneca di Bari
Definito dalla giuria «un atto dovuto alla memoria storica», il libro di Marco Liguori ricostruisce con rigore documentale e passione civile l’esplosione della nave Caterina Costa. Per l’autore è il 17° riconoscimento letterario in carriera, dopo i successi all’“Acqui Edito e Inedito” e al “Sigillo di Dante”.

La memoria come atto di giustizia. È con questo spirito che Marco Liguori ha scritto “Caterina Costa, la nave dei misteri” (De Ferrari Editore, 2023), il saggio storico che gli è valso il Premio Senato Accademia nella sezione Libri editi di saggistica alla IX edizione del Premio Accademico Internazionale di Letteratura Contemporanea “Lucio Anneo Seneca”, svoltasi a Sannicandro di Bari.




Un riconoscimento importante, motivato da parole che restituiscono tutta la forza del suo lavoro: «Un libro di eccezionale valore storico, documentale e narrativo – si legge nella nota della giuria firmata dalla prof.ssa Maria Teresa Infante La Marca – con cui l’autore ha ricostruito una delle più tragiche e oscure vicende della Seconda Guerra Mondiale: l’esplosione della nave Caterina Costa nel porto di Napoli il 28 marzo 1943».
Liguori, giornalista e scrittore, ha scelto di affrontare un tema rimasto a lungo ai margini della memoria collettiva. Nel suo saggio ripercorre la catena di eventi, omissioni e silenzi che portarono alla deflagrazione del mercantile carico di munizioni, esplosione che devastò il porto partenopeo provocando oltre seicento vittime. Attraverso testimonianze inedite e un minuzioso lavoro di ricerca archivistica, l’autore riporta alla luce nomi, volti e responsabilità, trasformando un fatto di cronaca bellica in una riflessione civile sulla rimozione della memoria.
La giuria ha sottolineato «l’approccio multidisciplinare, la precisione metodologica e la capacità di unire l’urgenza della verità storica alla profondità del racconto umano». “Caterina Costa, la nave dei misteri” diventa così un ponte tra passato e presente, un monito contro l’oblio e le verità taciute.
Con questo premio, Liguori aggiunge un nuovo traguardo al suo percorso letterario: è infatti il 17° riconoscimento ottenuto in concorsi nazionali e internazionali. Tra i più prestigiosi, il Premio Acqui Edito e Inedito 2022, il Premio “Il Sigillo di Dante” 2024 promosso dalla Società Dante Alighieri di La Spezia – di cui è Ambasciatore – e i recenti secondi posti agli Assosinderesi Awards e al Premio Il Delfino 2025.
Un autore che continua a dare voce alla storia, ricordando che anche dalle pagine dimenticate del passato può nascere la coscienza di un Paese.
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