Società
Germania: kebab ancora a prezzi troppo alti serve una regola che possa calmierare il Doener
In Germania il prezzo del kebab continua ad aumentare e a questo punto sta diventando un argomento molto dibattuto, con diverse proposte politiche e opinioni contrastanti.
Ai miei tempi era già considerata una trasgressione da ragazzi andare in centro a Milano per mangiarsi un panino wurstel e crauti con una bella spalmata di senape del tipo forte, fatti al momento. Si andava alla Crota Piemunteisa di piazza Beccaria. Costava 150 lire e per noi ragazzetti era una goduria che ci avvicinava alla cultura tedesca. Ci sentivamo internazionali senza essere ancora mai usciti dalla provincia. Wurstel e crauti o rapa rossa con tanto di rafano e senape sono stati i panini d’ordinanza di generazione di tedeschi da est a ovest. Se vogliamo un vero e proprio simbolo tedesco. Molto prima dello stinco con le patate al forno o della kartoffelsalat.
…eh poi è arrivato il kebab
Con l’arrivo del kebab nelle città tedesche il panino tradizionale con wurstel e crauti è andato via via sparendo anche perché costava nettamente di più. Fino a due anni fa un panino con il kebab noto come Doener, costava circa 4 euro. Il Doener consiste in un piatto di carne di montone grigliata, tagliata a fette sottili e condita con verdure tritate finemente, salsa all’aglio o al peperoncino e avvolta in una focaccia o pyta. Dopo la pandemia e soprattutto negli ultimi sei mesi il costo di un Doener è salito alle stelle fino a 10 euro e in alcune città può superare i 12 euro. Facendo rimpiangere wurstel e crauti. La faccenda si è fatta seria tanto da coinvolgere anche l’agorà politico che ha voluto prendere posizione sull’argomento. Nientemeno…
Serve un prezzo calmierato
Il cancelliere Olaf Scholz ha riferito di essere frequentemente interpellato sui prezzi del Doener durante le sue apparizioni pubbliche. Il suo governo ha cercato di spiegare sui social media che l’aumento dei prezzi è dovuto a vari fattori, come l’aumento dei costi degli affitti e dell’energia. E che comunque sono politiche di mercato. Che il kebab non può essere nazionalizzato.
Faccio un salto dal kebbabbaro. Portati l’Isee
Il partito di estrema sinistra Die Linke ha proposto l’introduzione di un tetto massimo al prezzo del Doener, raccomandando un prezzo massimo di 4,9 euro e addirittura 2,90 euro per i giovani provenienti da famiglie a basso reddito. Anche perché ormai , non solo nei grandi centri urbani, questo panino spopola tra studenti e lavoratori. La proposta di Die Linke includerebbe anche la distribuzione di buoni kebab giornalieri alle famiglie in difficoltà.
Da parte loro anche i Verdi, sebbene generalmente orientati verso una dieta a base vegetale, e non certo a base né di suino né di carne di montone, hanno sollevato la questione in Parlamento. Ritengono infatti molto importante considerare le diverse prospettive dei giovani su questa tema.
Un tetto ai prezzi del Doener?
Scholz ha respinto l’idea di un tetto sui prezzi del Doener, definendola impraticabile in un’economia di libero mercato. Insomma non ci vuol sentire. Tanto che alcuni commentatori sui social media hanno espresso nostalgia addirittura per l’epoca di Angela Merkel, sostenendo che durante il suo mandato il costo del Doener era più stabile. (sic!)
In sintesi, l’aumento del prezzo del kebab in Germania sta diventando un argomento dibattuto, con diverse proposte politiche e opinioni contrastanti sulla questione.
INSTAGRAM.COM/LACITYMAG
Società
Il Natale che cambia: sobrietà, consapevolezza e un nuovo modo di festeggiare
Sempre più famiglie scelgono un Natale “leggero”: meno sprechi, regali utili o riciclati, addobbi ridotti e maggiore cura per ciò che conta davvero. Una tendenza che racconta il bisogno di dare valore a gesti e relazioni, più che agli acquisti.
Quest’anno, il Natale sembra avere un volto nuovo. Da un lato, le luci e le offerte, dall’altro un sentimento crescente di sobrietà. Tra scenari di instabilità globale — dalle difficoltà economiche all’incertezza generata dalle numerose tensioni internazionali — molte persone stanno rivedendo il modo di vivere le festività. Non si tratta di un cambiamento di moda, ma di una presa di coscienza: celebrare sì, ma senza eccessi.
Dopo anni di spesa sfrenata, anche sotto la spinta commerciale, cresce l’idea che il Natale debba tornare alla sua natura originale: tempo di condivisione, famiglia, intimità. E a raccontarlo sono i dati sui consumi più prudenti e l’aumento di iniziative sostenibili in tutta Europa. Secondo analisi di mercato pubblicate negli ultimi mesi, le famiglie italiane valutano con più attenzione i costi, prediligono acquisti utili e puntano su ciò che dura nel tempo, invece di oggetti superflui destinati a essere dimenticati.
Addobbi minimal e luci meno invadenti
A cambiare è anche l’estetica delle feste. Se fino a qualche anno fa la corsa era a chi illuminava di più balconi e giardini, ora subentra una consapevolezza energetica: consumare meno, ma farlo con gusto. Molte città hanno ridotto gli allestimenti luminosi, privilegiando led a basso impatto e iniziative condivise. Anche nelle case, si riscopre il valore del “fatto a mano”: ghirlande create con materiali naturali, riutilizzo di vecchie decorazioni, creatività invece di acquisti compulsivi.
Regali pensati, riciclati o solidali
Il concetto del dono si rinnova: non più “cosa compro?”, ma “cosa può servire davvero?”. Cresce la pratica del regalo circolare — libri già letti, oggetti recuperati e restaurati, abiti vintage — ma anche dei doni immateriali, come esperienze, corsi, biglietti per eventi. Ai tradizionali pacchetti luccicanti si affiancano donazioni a enti benefici: un modo per trasformare il Natale in un gesto collettivo di solidarietà.
Una risposta psicologica alla complessità del presente
Questa sobrietà non è tristezza, ma un nuovo equilibrio. L’incertezza globale produce un bisogno di sicurezza emotiva: le persone cercano calore nei rapporti più che negli acquisti. Le feste diventano occasione per fare spazio a ciò che conta: tempo di qualità, convivialità, tradizioni genuine — magari attorno a una tavola meno opulenta, ma più autentica.
Un Natale che guarda al futuro
La tendenza si inserisce in un contesto più ampio: attenzione all’impatto ambientale, riduzione degli sprechi, economia circolare. Anche i più giovani, sensibili ai temi climatici, spingono verso scelte consapevoli: packaging riciclabili, prodotti artigianali locali, alimenti a filiera corta.
Sembra quindi che il Natale stia trovando un nuovo significato: non rinuncia alla magia, ma la declina in modo più responsabile. Meno frenesia, più cuore. Meno oggetti che riempiono gli scaffali, più gesti che riempiono le giornate.
Perché, in fondo, lo spirito natalizio non si misura dal numero di pacchi sotto l’albero, ma dalla qualità dei sorrisi attorno ad esso.
Società
In Italia il presepe resiste nonostante Babbo Natale e l’albero: la tradizione della Natività tiene il mercato tra nuove abitudini domestiche
La grande fiera internazionale dei prodotti devozionali, in programma a BolognaFiere dal 31 gennaio al 3 febbraio 2026, conferma che il presepe continua a essere il simbolo del Natale per molte famiglie e per chiese e piazze italiane, pur tra trasformazioni e sfide di mercato legate a nuovi materiali, stili e competitori stranieri.
In Italia il mercato dei presepi regge, anche in un contesto natalizio sempre più affollato da altri simboli e rituali. Nonostante la concorrenza crescente di Babbo Natale, delle luci colorate e degli alberi addobbati, la tradizione della Natività mantiene una forte presenza nelle case, nelle chiese e nelle piazze del Paese. È quanto emerge dalle analisi di “Devotio”, la più grande fiera al mondo dedicata ai prodotti devozionali e ai servizi per il settore religioso, che si svolgerà a BolognaFiere dal 31 gennaio al 3 febbraio 2026. La manifestazione, giunta alla quinta edizione, riunirà oltre 200 espositori provenienti dall’Italia e da altri 18 Paesi, tra cui i principali produttori e rivenditori di statuine e presepi, a testimonianza di un settore che continua a essere vivo e riconoscibile.
Secondo gli organizzatori, la tradizione del presepe rimane molto diffusa, anche se si sta trasformando. Nelle case italiane diminuisce la consuetudine di costruire vere e proprie scenografie complete, con grotte, carta roccia, stagnola, muschio e lunghi villaggi animati, per lasciare spesso spazio a versioni più essenziali. In molti casi sopravvive soprattutto il presepe simbolico, composto quasi esclusivamente dalla Sacra Famiglia, con Giuseppe, Maria e il Bambino come fulcro della rappresentazione. Una scelta più semplice, meno impegnativa dal punto di vista del tempo e dello spazio, che però mantiene il significato religioso e culturale della Natività.
«Il simbolo del Natale resta assolutamente il presepe, anche se il mondo della pubblicità da anni spinge soprattutto la figura di Babbo Natale, gli alberi natalizi pieni di addobbi colorati e tanti dolci e regali», sottolinea Valentina Zattini, amministratore delegato di Conference Service, la società che organizza la fiera. Il presepe continua a essere centrale soprattutto negli spazi pubblici e religiosi. «Nelle chiese vengono ancora realizzati grandi presepi con personaggi, luci e meccanismi. La Natività trova spesso spazio anche nelle piazze di molti comuni, ma l’albero rimane comunque più appariscente», aggiunge Zattini, spiegando come la tradizione trovi ancora terreno fertile nella dimensione comunitaria, pur confrontandosi con simboli più immediatamente visibili e mediaticamente forti.
Anche dentro le abitazioni private la consuetudine non è scomparsa, ma ha cambiato volto. «Nelle case degli italiani, la tradizione è ancora forte, nonostante si sia un po’ persa la consuetudine di realizzare insieme – nonni, genitori e bambini – la rappresentazione del Natale, optando spesso per un piccolo presepe simbolico solo con le statuine di San Giuseppe, della Vergine Maria e di Gesù Bambino», spiega ancora Zattini. Una trasformazione che racconta, allo stesso tempo, un cambiamento nei ritmi familiari e un tentativo di mantenere comunque vivo il significato originario della festa.
La produzione dei presepi artigianali italiani resta uno dei punti di forza del settore, forte di una tradizione storica riconosciuta a livello internazionale. I distretti più importanti continuano a essere quelli tradizionali: la Toscana, in particolare l’area di Lucca, specializzata nelle statuine classiche; la Val Gardena, famosa per i presepi in legno anche di grandi dimensioni; Napoli, con gli artigiani di via San Gregorio Armeno, simbolo del presepe tradizionale napoletano; Lecce e la Sicilia, storicamente legate alla lavorazione della cartapesta. Accanto a queste produzioni, negli ultimi anni si sono affermate anche nuove lavorazioni in ceramica, plastica, carta e metallo, capaci di offrire soluzioni più leggere, moderne o accessibili.
I presepi made in Italy sono apprezzati in tutto il mondo per qualità artistica, design e fedeltà alla tradizione, ma il settore non è immune da sfide e competizione. La concorrenza arriva soprattutto da Cina e Sud America, dove i costi produttivi inferiori permettono di proporre sul mercato europeo e globale prodotti a prezzi competitivi. Una dinamica che costringe le aziende italiane a puntare sempre di più sulla qualità, sull’identità artigianale e sul valore culturale dei propri manufatti.
Devotio 2026 sarà anche una vetrina di questa realtà. Oltre ai presepi, la fiera ospiterà migliaia di prodotti devozionali e oggetti per il culto: crocifissi, rosari, immagini sacre, statue, campane, incensi, candele, vetrate, mosaici, calici, pissidi, paramenti liturgici, arredi per le chiese, sistemi audio, soluzioni tecnologiche per la vita pastorale e persino abbigliamento per il clero. Una panoramica ampia su un comparto economico e culturale che continua a essere parte dell’identità religiosa italiana e internazionale.
Accanto alla dimensione commerciale, la manifestazione avrà anche un forte contenuto culturale. È previsto infatti un articolato programma di incontri, curato dal Comitato scientifico della fiera insieme alla Fondazione Centro studi per l’architettura sacra “Cardinale Giacomo Lercaro”, dedicato al tema “Spazio liturgico: luogo della fede, bene culturale”. Tavole rotonde, convegni, workshop, mostre e iniziative diffuse in città affronteranno argomenti che vanno dall’arte sacra all’architettura, dalla liturgia al restauro, fino alla musica liturgica.
Il presepe, dunque, non scompare. Si aggiorna, cambia forma, convive con altri simboli e con logiche di mercato globali, ma resta un elemento forte del Natale italiano, riconoscibile nelle case, nei luoghi di culto e negli spazi pubblici. E mentre il mondo della comunicazione moltiplica immagini, luci e richiami commerciali, la rappresentazione della Natività continua a trovare spazio, sostenuta da una tradizione radicata e da un settore produttivo che, pur tra sfide e trasformazioni, resiste e guarda al futuro.
Società
Culle vuote e anziani in aumento: la doppia emergenza che pesa sul futuro dell’Italia
Dati Istat e Ocse confermano un declino demografico costante e un’età pensionabile destinata a salire. Intanto le nuove generazioni faticano a costruire una vita autonoma.
Il dibattito sulla crisi demografica italiana non è più una questione teorica, ma una realtà documentata dai numeri. Con un continuo calo delle nascite e una popolazione sempre più anziana, l’Italia si ritrova a dover affrontare una trasformazione sociale che avrà effetti economici profondi. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, intervenendo agli Stati generali della Natalità del 27 novembre, ha definito il fenomeno una «questione cruciale per il futuro del Paese», sottolineando come l’invecchiamento sia ormai evidente: «I giovani sono pochi come mai nella nostra storia».
Giovani in ritardo su tutto
L’analisi del capo dello Stato va oltre i numeri, evidenziando un problema culturale e sociale: una generazione costantemente in ritardo, non per propria responsabilità ma per mancanza di stabilità. Ritardo nel trovare un lavoro sicuro, nel lasciare la casa dei genitori, nell’accedere a un’abitazione e, di conseguenza, nel costruire una famiglia. Non sorprende, dunque, che fare figli non sia tra le priorità degli under 35, più concentrati sull’obiettivo – spesso già difficile – di arrivare a fine mese.
Istat: nascite in calo del 5,4%
I dati Istat pubblicati il 27 novembre confermano la tendenza negativa: tra gennaio e agosto 2025 le nascite sono diminuite del 5,4% rispetto allo stesso periodo del 2024. «Anche quest’anno registreremo un nuovo minimo storico», ha dichiarato il presidente Istat, Francesco Maria Chelli. A peggiorare il quadro c’è anche la fuga dei laureati: negli ultimi dieci anni l’Italia ha perso oltre 90 mila giovani tra i 25 e i 34 anni, con un picco di 21 mila uscite nel solo 2023.
La Fondazione per la Natalità rileva inoltre che il tasso di fecondità è sceso a 1,13 figli per donna nei primi sette mesi del 2025, dopo 1,18 del 2024 e 1,2 del 2023. Un livello ben lontano dalla soglia di sostituzione (2,1). Nel 2024 il saldo naturale è stato drammatico: 281 mila residenti in meno, l’equivalente dell’intera popolazione di Venezia.
Politiche insufficienti e sostegni poco mirati
Secondo Gianluigi De Palo, presidente della Fondazione per la Natalità, le misure oggi in vigore non intercettano le reali fragilità delle giovani coppie. Molti aiuti si basano sull’Isee, un indicatore che non sempre fotografa la vulnerabilità dei nuclei che vivono tra contratti precari, costi della vita crescenti e scarsa disponibilità di servizi per l’infanzia. Una situazione che, spiega De Palo, «mina la fiducia nello Stato e scoraggia i progetti familiari».
Pensioni: l’Ocse avverte, si andrà verso i 70 anni
Se il presente appare complicato, il futuro previdenziale non offre più certezze. L’ultimo rapporto dell’Ocse sul panorama pensionistico segnala che l’età pensionabile nei paesi membri – Italia compresa – è destinata ad avvicinarsi ai 70 anni. «Viviamo più a lungo e in migliori condizioni di salute, quindi dovremo lavorare più a lungo», ha spiegato il Segretario generale Mathias Cormann.
Secondo lo studio, entro il 2050 ci saranno 52 over 65 ogni 100 persone in età lavorativa nei paesi Ocse, rispetto alle 33 del 2025. L’Italia è tra le nazioni che vedranno un calo più marcato della popolazione attiva: nei prossimi decenni la fascia 20-64 anni potrebbe ridursi di oltre il 30%.
Il presidente dell’Inps, Gabriele Fava, richiama quindi l’urgenza di «creare le condizioni per restituire fiducia ai giovani», ricordando che la sostenibilità delle pensioni future dipenderà dalle scelte politiche di oggi, soprattutto in tema di lavoro stabile e natalità.
Un Paese che deve decidere chi vuole essere
La crisi demografica non è solo un problema statistico: rischia di compromettere innovazione, produttività e coesione sociale. Senza un’inversione di rotta, l’Italia rischia di diventare un Paese sempre più sbilanciato verso il passato, con meno lavoratori, meno nascite e pensioni sempre più difficili da finanziare.
-
Gossip2 anni faElisabetta Canalis, che Sex bomb! è suo il primo topless del 2024 (GALLERY SENZA CENSURA!)
-
Sex and La City2 anni faDick Rating: che voto mi dai se te lo posto?
-
Cronaca Nera1 anno faBossetti è innocente? Ecco tutti i lati deboli dell’accusa
-
Speciale Grande Fratello1 anno faHelena Prestes, chi è la concorrente vip del Grande Fratello? Età, carriera, vita privata e curiosità
-
Gossip1 anno faLa De Filippi beccata con lui: la strana coppia a cavallo si rilassa in vacanza
-
Speciale Olimpiadi 20241 anno faFact checking su Imane Khelif, la pugile al centro delle polemiche. Davvero è trans?
-
Video11 mesi faVideo scandalo a Temptation Island Spagna: lei fa sesso con un tentatore, lui impazzisce in diretta
-
Speciale Grande Fratello1 anno faShaila del Grande Fratello: balzi da “Gatta” nei programmi Mediaset
