Società
I rituali del Giovedì Santo, la notte dei Sepolcri tra fede e silenzio
Nel Giovedì che apre il Triduo Pasquale si mescolano liturgia e riti popolari: la celebrazione dell’Eucaristia, la reposizione del Santissimo e la visita agli altari decorati con fiori e germogli. Un momento di raccoglimento che unisce l’Italia credente, tra misticismo e memoria.

Il Giovedì Santo non è solo il giorno che precede la Passione, ma l’inizio del cuore pulsante della Settimana Santa. È la soglia del Triduo Pasquale, il trittico sacro che conduce i fedeli alla celebrazione della Resurrezione. In questa giornata carica di simboli, la Chiesa cattolica ricorda l’Ultima Cena di Gesù con gli apostoli, l’istituzione dell’Eucaristia e del sacerdozio.
La liturgia del Giovedì Santo, la cosiddetta “Messa in Coena Domini”, si celebra nel tardo pomeriggio. Durante la funzione, il rito della lavanda dei piedi rievoca il gesto compiuto da Cristo nel cenacolo: un atto di umiltà, ma anche di rottura rispetto alla logica del potere. Il sacerdote, chinandosi a lavare i piedi a dodici fedeli, ripete un gesto antico, che parla più di mille parole.
Al termine della Messa, il Santissimo Sacramento viene traslato in un luogo separato dall’altare principale: è l’Altare della Reposizione, spesso chiamato anche “Sepolcro”. Qui inizia un tempo sospeso, fatto di silenzio, adorazione e riflessione. La chiesa si spoglia di ogni solennità, l’altare resta nudo, la campane tacciono. È l’inizio della veglia, dell’attesa della croce.
Ma accanto alla liturgia ufficiale, vive e resiste un’antica tradizione popolare: la visita ai Sepolcri. In tutta Italia, ma soprattutto nel Sud, i fedeli si mettono in cammino per visitare più chiese, di solito in numero dispari, sette o nove. È un pellegrinaggio urbano, che unisce spiritualità e senso comunitario. Ogni altare è decorato con cura: fiori bianchi, candele, stoffe damascate e, soprattutto, i germogli di grano coltivati al buio durante la Quaresima, simbolo di morte che si fa promessa di vita.
Nel cuore di Napoli, questo rito prende il nome di “struscio”, per il lento incedere dei fedeli che, tra una chiesa e l’altra, vivono un’esperienza intima ma condivisa. In Sicilia, i germogli diventano “lavureddi”, e accompagnano processioni e riti più scenografici, come le “Vare” di Caltanissetta o le drammatiche rappresentazioni viventi in molti paesi dell’entroterra. Anche al Nord la tradizione è viva, seppur con toni più sobri: la visita silenziosa agli altari addobbati è occasione di meditazione personale, spesso in un clima di penombra e raccoglimento.
Il Giovedì Santo è dunque un giorno di passaggio. Non ha ancora la drammaticità del Venerdì né la gioia esplosiva della Pasqua. È una soglia sottile, dove la fede si fa attesa e il mistero si lascia solo intuire. È il tempo dell’intimità e del servizio, del pane spezzato e del cuore aperto. E forse, proprio per questo, è uno dei momenti più intensi dell’intero calendario liturgico.
Mentre nelle chiese si spengono le luci e i fedeli si ritirano dopo la visita ai Sepolcri, resta nell’aria una sospensione sacra. Come se il mondo, per una notte, trattenesse il fiato. In attesa della croce. E poi, della luce.
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Lifestyle
In attesa delle Olimpiadi invernali Cortina come Venezia: chi vuole entrare paga
Reinhold Messner sostiene che pagare un ticket per entrare a Cortina sarebbe una misura necessaria per difendere le Dolomiti dal turismo aggressivo, preservando le montagne per escursionisti e ciclisti.

In attesa dell’inzio delle prossime Olimpiadi Invernali di Cortina che si svolgeranno dal 6 al 22 febbraio del 2026, resta sempre valida la proposta di Reinhold Messner di introdurre un ticket d’ingresso per accedere a Cortina. Inoltre lo scalatore vorrebbe fare pagare un ticket a tutti quelli che attraversano e scalano i passi dolomitici. Una proposta che ha suscitato un dibattito acceso tra i sostenitori della conservazione ambientale e coloro che ritengono che la montagna debba rimanere accessibile a tutti.
Cosa dice l’uomo dei 14 ottomila metri scalati
Messner sostiene che questa misura sarebbe necessaria per difendere le Dolomiti dal turismo aggressivo, preservando le montagne per escursionisti e ciclisti e riducendo l’impatto ambientale e il rumore causato dal flusso turistico.
Ma il sindaco non ci sta
Tuttavia, il sindaco di Cortina, Gianluca Lorenzi, ha respinto categoricamente la proposta, affermando che la fragilità della montagna richiede una gestione diversa e più olistica. Lorenzi ritiene che non sia accettabile precludere l’accesso alla montagna a chiunque venga a visitarla. E quindi? Quindi propone di studiare un progetto ampio che coinvolga tutti gli attori interessati per trovare soluzioni sostenibili e condivise. Intando le Olimpiadi si avvicinano…
Mentre Messner solleva preoccupazioni legate alla preservazione ambientale e alla sostenibilità del turismo in montagna, il sindaco di Cortina, a differenza del sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, fa i suoi conti e suggerisce che qualsiasi misura restrittiva debba essere parte di un piano ben studiato. Ma soprattutto condiviso da tutte le parti interessate. La questione rimane aperta e richiederà un dibattito approfondito e un coinvolgimento attivo delle autorità e della comunità locale per trovare una soluzione che bilanci le esigenze di conservazione ambientale con il desiderio di accessibilità e fruibilità delle montagne.
Società
Altro che “Non è un paese per vecchi”: in Italia lo è fin troppo
Secondo l’Inps, nei prossimi vent’anni l’Italia sarà abitata da milioni di pensionati over 65 e over 75 sempre più soli, con famiglie disgregate e un crollo delle nascite irreversibile. Il tutto in un Paese che invecchia a velocità doppia rispetto all’Europa, con i giovani che scappano e non tornano

Se i fratelli Coen dovessero girare oggi il loro celebre film, in Italia avrebbero qualche problema con il titolo. Perché altro che “Non è un paese per vecchi”, il nostro è ormai diventato il regno incontrastato degli anziani. E non è un’impressione da chi guarda i capelli bianchi aumentare in metropolitana: è la fotografia scattata nientemeno che dall’Inps.
Entro il 2043, ci saranno 6,2 milioni di pensionati over 65 che vivranno da soli (+38%) e 4 milioni di over 75 (+4%) sempre più isolati, senza una rete familiare capace di sostenerli. Il tutto mentre la popolazione complessiva si restringe come un maglione di lana lavato male: dai 59 milioni del 2023 ai 58,6 del 2030, fino a 54,8 nel 2050 e addirittura 46,1 nel 2080.
Una discesa lenta e inesorabile, guidata da due motori ben oliati: l’invecchiamento e il crollo della natalità. Il primo è da record: l’Italia ha l’età media più alta d’Europa (48,7 anni), contro i 44,7 della media continentale. Ma non solo: negli ultimi dieci anni è aumentata di 4 anni, mentre la media europea è cresciuta di appena 2,2.
Quanto alle nascite, qui entriamo nella zona horror del grafico: nel 2024 il tasso di fecondità è crollato a 1,18 figli per donna, nuovo minimo storico, peggio anche del famigerato 1995. E no, neppure negli scenari più ottimistici – quelli in cui si fanno finta di non vedere le bollette, i mutui e gli stipendi da fame – si riuscirebbe a compensare i decessi.
Nel frattempo, mentre i neonati si fanno desiderare, i giovani italiani tra i 25 e i 34 anni hanno preso un’altra strada: l’autostrada per l’estero. In dieci anni se ne sono andati 352 mila, ma solo 104 mila sono tornati indietro. Il che significa che non solo perdiamo residenti, ma perdiamo pure quelli con l’età e le competenze per tenere in piedi il Paese.
Risultato? Un’Italia che diventa sempre più grigia, sempre più sola, sempre più in cerca di una badante… o di un miracolo. E a questo punto, visto l’andazzo, tanto vale fare pace con i nonni, chiedergli la paghetta e preparargli un comodo divano: tanto saremo noi a doverci sedere lì molto prima di quanto immaginiamo.
Società
Son tutte belle le mamme del mondo: i nostri più affettuosi auguri per oggi!
La Festa della Mamma 2025 cade oggi. In Italia, infatti, la data non è più fissa all’8 maggio ma mobile, come in molti altri Paesi. LaCity Mag ti spiega perché è cambiata la data, le origini religiose e commerciali della ricorrenza, le differenze con altri Paesi del mondo e quali sono i fiori più regalati per questa giornata speciale. Un’occasione anche per riflettere sul ruolo cruciale che le madri continuano ad rivestire nella società.

Tutte le mamme è una canzone del 1954 con la quale Giorgio Consolini vinse il Festival di Sanremo di quell’anno, cantando in coppia con Gino Latilla. Quest’ultimo la cantò guardando la madre seduta in prima fila, col viso segnato da lacrime di vera commozione. Il brano rappresenta un vero e proprio classico della canzone nostrana, con alcune espressioni nel testo che sono diventate ormai proverbiali: “gli anni passano, e i bimbi crescono”, per esempio. Certo, per la sensibilità attuale la canzone che loda così tanto la maternità risulta un po’ troppo retorica e se svogliamo “svenevole”… tuttavia è ancora nei ricordi e nelle orecchie di tante persone.
Il cambiamento con la data mobile
Sicuramente torna alla mente oggi, giorno nel quale si festeggia la Festa della Mamma, in linea con la tradizione ormai consolidata che la vuole fissata alla seconda domenica di maggio. Fino a pochi decenni fa, in Italia si festeggiava l’8 maggio. Ma dal 2001 è stato deciso di adottare una data mobile per allinearsi al modello anglosassone, dando più spazio alle celebrazioni familiari nel weekend.
Perché in Italia non si celebra più l’8 maggio?
L’8 maggio coincide con una ricorrenza religiosa cattolica, quella della Madonna del Rosario di Pompei, ma a partire dagli anni Duemila si è preferito spostare la Festa della Mamma alla seconda domenica del mese per motivi pratici e culturali. La scelta consente a più famiglie di riunirsi e celebrare con calma, lontano dagli impegni lavorativi e scolastici della settimana.
Il cuore della famiglia e della società: il ruolo della madre
Oltre la ricorrenza, la Festa della Mamma è un momento per riconoscere la centralità della figura materna nella società. Le madri sono, da sempre, il primo punto di riferimento emotivo, educativo e affettivo. Custodi di valori, artefici silenziose del benessere familiare, le mamme rappresentano una colonna portante del tessuto sociale. Nelle epoche passate come oggi, il loro ruolo è insostituibile: sostenitrici nei momenti difficili, educatrici, lavoratrici, donne resilienti. Celebrare questa giornata significa dare voce a un impegno quotidiano spesso invisibile, ma fondamentale per il futuro di ogni comunità.
Le origini della ricorrenza, tra religione e marketing
La Festa della Mamma in Italia, come la conosciamo oggi, nasce negli anni Cinquanta, con una doppia motivazione: da un lato la devozione a Maria, madre di Gesù, e dall’altro un’intuizione commerciale. Nel 1952 a Brescia, grazie a Emma Lubian Missiaia, si organizzò la prima celebrazione moderna, coinvolgendo i bambini delle scuole che regalarono lavoretti alle proprie madri. Una consuetudine che ha attraversato i decenni ed è ancora viva oggi.
La Festa della Mamma nel mondo: quando si celebra?
Non esiste una data unica per la Festa della Mamma a livello globale. Ecco alcuni esempi:
USA, Giappone, Australia: seconda domenica di maggio (come l’Italia)
Spagna, Portogallo, Ungheria: prima domenica di maggio
Paesi arabi: coincidenza con l’equinozio di primavera
Russia: ultima domenica di novembre
Armenia: 7 aprile
Balcani: 8 marzo, in concomitanza con la Giornata della Donna
Il fiore simbolo della Festa della Mamma
Secondo una recente indagine Coldiretti, quasi 6 italiani su 10 scelgono di regalare fiori per la Festa della Mamma. Ecco i più amati:
Rosa: amore incondizionato
Orchidea: eleganza e purezza
Azalea: simbolo femminile per eccellenza
Begonia: gratitudine e riconoscenza
Ognuno di questi fiori è un messaggio d’amore, un piccolo gesto per onorare chi ogni giorno, spesso in silenzio, costruisce e protegge il cuore della famiglia.
Un giorno per dire grazie, ogni giorno per dimostrarlo
Che si tratti di regalare un fiore, un pensiero fatto a mano o semplicemente una giornata in famiglia, la Festa della Mamma rimane un’occasione speciale per dire grazie alle figure materne. Anche se non si festeggia più l’8 maggio, il significato profondo della giornata resta immutato: celebrare l’amore più grande e universale che ci sia, riconoscendo il contributo insostituibile delle madri di ieri, di oggi e di domani.
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