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Mangeremo cibo derivato dalla plastica grazie a nuove biotecnologie

Le biotecnologie aprono la strada a nuove possibilità per affrontare alcune delle sfide più urgenti del nostro tempo: liberarsi della plastica.

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    La plastica è uno dei materiali più diffusi al mondo e rappresenta una grave minaccia per l’ambiente. Lo sappiamo bene che tonnellate di rifiuti ogni anno finiscono negli oceani e nelle discariche. Una sorprendente innovazione potrebbe trasformare questo problema in una risorsa. Ovvero? L’idea è quella di utilizzare la plastica come fonte di cibo. Un concetto, che sembra fantascientifico. Ma che sarebbe possibile grazie alla biotecnologia avanzata e potrebbe offrire una soluzione sia per la gestione dei rifiuti sia per la sicurezza alimentare globale. Vediamo come.

    Come funziona la trasformazione plastica-cibo

    Il processo di conversione della plastica in cibo inizia con la scomposizione chimica del materiale. Ad esempio, il polietilene tereftalato (PET), comunemente usato nelle bottiglie di plastica, può essere degradato in componenti organici più semplici grazie a sostanze chimiche come l’idrossido di ammonio. Questo processo rompe i legami chimici della plastica, rendendola assimilabile per specifici batteri.

    La conversione dei batteri

    I batteri selezionati sono in grado di nutrirsi di queste sostanze derivate dalla plastica e, durante il processo digestivo, le convertono in macronutrienti come proteine, carboidrati e grassi. Questi nutrienti possono poi essere estratti e purificati per creare una polvere proteica, potenzialmente utile per l’alimentazione umana.

    Idea innovativa ma complessa

    Sebbene l’idea di mangiare cibo derivato dalla plastica possa sembrare poco appetibile, va ricordato che molti degli alimenti che consumiamo come yogurt e formaggio, sono prodotti proprio con l’aiuto di batteri e microrganismi. In questo caso, il processo sarebbe simile, ma con un obiettivo aggiuntivo ovvero ridurre l’impatto ambientale dei rifiuti plastici.

    Con un’occhio alla sicurezza alimentare

    Alcuni gruppi di ricerca, sostenuti da agenzie come la DARPA negli Stati Uniti, stanno testando queste tecnologie. I risultati preliminari sono promettenti. Ma restano molte sfide da affrontare, soprattutto in termini di sicurezza alimentare. I test attualmente in corso sono fondamentali per garantire che questi alimenti siano sicuri per il consumo umano.

    La plastica tra utopia e realtà

    La possibilità di trasformare la plastica in cibo potrebbe rappresentare una svolta epocale nella gestione dei rifiuti e nella sicurezza alimentare, soprattutto in situazioni di emergenza globale. Tuttavia, prima che questa tecnologia diventi ampiamente utilizzata, sarà necessario superare ostacoli tecnici e normativi, garantendo la sicurezza e la sostenibilità di questo nuovo tipo di alimentazione.

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      Tech

      Google inquina sempre di più: +11% di emissioni nel 2024, colpa dell’intelligenza artificiale

      Dal 2019 a oggi le emissioni di carbonio di Google sono cresciute del 51%. A farle impennare è soprattutto la catena di fornitura dell’intelligenza artificiale: produzione, trasporti e logistica per alimentare i data center divorano energia e aumentano l’impatto ambientale.

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        C’era una volta il sogno green di Google. Ma nel 2024, la realtà è ben diversa. Secondo l’ultimo rapporto sulla sostenibilità pubblicato dal colosso di Mountain View, le emissioni complessive di carbonio sono aumentate dell’11% rispetto all’anno precedente. Un incremento che porta il dato totale a +51% rispetto al 2019, allontanando sensibilmente l’azienda dall’obiettivo dichiarato: dimezzare le emissioni entro il 2030.

        La causa? Una sola parola: intelligenza artificiale.

        Nel documento, Google ammette che a pesare sono soprattutto le emissioni legate alla catena di fornitura, ovvero la cosiddetta “scope 3”, che comprende tutte quelle attività esterne al diretto controllo dell’azienda: acquisto di beni e servizi, trasporti, logistica, produzione e assemblaggio delle componenti necessarie per alimentare l’ecosistema AI. Proprio questa categoria ha visto un aumento del 22% nel 2024, mentre le emissioni interne alle sole operazioni aziendali sono diminuite dell’11%.

        Per realizzare le sue promesse, l’intelligenza artificiale ha bisogno di energia”, ammette senza giri di parole il report. La crescente domanda di calcolo generata dalle nuove tecnologie richiede infatti infrastrutture sempre più complesse e assetate di corrente. Tuttavia, c’è una nota positiva: l’innovazione tecnologica sta rendendo i data center più efficienti, riuscendo a contenere l’aumento dei consumi.

        Google prova a rassicurare: “Entro il 2030, i nostri data center consumeranno meno energia rispetto a quella richiesta da motori industriali, climatizzatori o auto elettriche”. Ma il trend resta preoccupante, soprattutto considerando la velocità con cui l’industria dell’IA sta crescendo.

        E se Big G arranca, anche gli altri big tech non brillano. Meta, ad esempio, ha annunciato un data center alimentato a gas in Louisiana. E negli Stati Uniti, l’ultima mossa politica ha fatto discutere: l’ex presidente Trump ha firmato un ordine esecutivo per promuovere l’uso del carbone nei data center IA, una scelta che appare in netta controtendenza rispetto alle strategie ambientali globali.

        L’era dell’intelligenza artificiale è solo all’inizio. Ma, a quanto pare, la transizione ecologica dovrà aspettare.

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          Tech

          Nasce il TG delle Partite Iva: l’avatar AI lancia le notizie come un vero anchorman e sfida la TV tradizionale

          Si inaugura un telegiornale settimanale guidato da un conduttore virtuale, realizzato in sinergia con la redazione.

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            Il futuro dell’informazione è già iniziato, e parte da un avatar. Il Giornale Partite Iva, testata online dedicata al mondo delle imprese e dei professionisti, ha lanciato un telegiornale settimanale in cui a condurre non è un giornalista in carne e ossa, ma una figura digitale generata interamente dall’intelligenza artificiale.

            L’iniziativa, ideata e sviluppata da Easywork Italia, è tra le prime in Italia a coniugare l’AI generativa con la costruzione di un prodotto giornalistico completo. Il TG, della durata di pochi minuti, seleziona le quattro notizie più importanti della settimana, riassunte in stile redazionale e montate con sfondi, grafiche e sottopancia.

            A spiegarne il funzionamento è Luca Pasquero, editore della testata: «Servono circa due ore e mezza per completare ogni edizione. Abbiamo creato una filiera ben definita: prima si selezionano le notizie e si adattano in formato TG, poi il testo viene trasmesso alla nostra società tecnica, Easywork Engineer, che si occupa di dar voce e volto all’avatar».

            L’anchorman virtuale è stato progettato nei minimi dettagli, dalla fisionomia alla voce, fino ai movimenti facciali e alla postura. Ogni edizione viene poi rivista dalla redazione per garantirne qualità e correttezza. L’obiettivo? Farne un modello replicabile, esportabile anche alle altre testate del gruppo.

            Una sfida al giornalismo tradizionale? Pasquero preferisce parlare di collaborazione. L’avatar, infatti, non sostituisce i giornalisti: lavora con loro, lanciando i servizi e raccontando i fatti in modo nuovo. Un’ibridazione che guarda al futuro e che, presto, potrebbe diventare la norma.

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              Caro chatbot consumi troppo. L’impatto ambientale dell’AI e dei modelli linguistici

              Quanta acqua e quanta elettricità servono per alimentare l’intelligenza artificiale? Ecco i numeri del consumo globale dei modelli generativi.

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                L’intelligenza artificiale – AI – sta rivoluzionando il nostro modo di lavorare e comunicare, ma quanto costa in termini ambientali? Secondo Sam Altman, Ceo di OpenAI, una singola richiesta a ChatGPT consuma circa 0,34 wattora di energia, più o meno quanto una lampadina ad alta efficienza per pochi minuti. Inoltre, ogni query utilizza 0,000085 galloni d’acqua, cioè un quindicesimo di cucchiaino. Ma se questi numeri sembrano irrilevanti su scala individuale, la situazione cambia drasticamente se si moltiplicano per centinaia di milioni di utenti.

                Con 800 milioni di richieste giornaliere, il consumo totale raggiunge 272 milioni di wattora al giorno, equivalenti a 272.000 kWh e a 257.000 litri d’acqua. A titolo di paragone, il prelievo idrico annuo italiano per uso potabile supera 9,14 miliardi di metri cubi, ovvero 25 miliardi di litri al giorno. Se confrontiamo questi dati, il consumo di AI appare più contenuto, ma resta significativo per un’unica tecnologia.

                L’energia dei modelli linguistici

                Una recente ricerca pubblicata su arXiv ha cercato di stimare l’impatto energetico dei grandi modelli linguistici (LLM). Alcuni sistemi avanzati, come ChatGPT-o3 e DeepSeek-R1, possono arrivare a 33 Wh per un prompt lungo, un valore 70 volte superiore rispetto ai modelli più efficienti come GPT-4.1 nano. Se si considera una media di 700 milioni di query giornaliere, l’impatto annuale dell’AI potrebbe essere paragonabile al fabbisogno energetico di 35.000 abitazioni statunitensi, contribuendo a 1,5 milioni di tonnellate di acqua evaporata e a emissioni di CO₂ tali da richiedere un’intera foresta grande quanto Chicago per essere assorbite.

                Verso un’AI più sostenibile?

                Con la continua crescita delle tecnologie AI, il tema della sostenibilità diventa cruciale. Se la superintelligenza è il futuro, come sostiene Altman, allora l’AI dovrà trovare soluzioni per ridurre il suo impatto ecologico. Intanto, gli sviluppatori stanno già lavorando per ottimizzare i consumi energetici e rendere l’intelligenza artificiale più efficiente. Perché, se oggi consumiamo una lampadina per ogni richiesta, domani potremmo farlo in modo ancora più intelligente (e sostenibile). La sfida è aperta!

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