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Amore, algoritmi e avvocati: il dilemma della divisione degli asset digitali quando si hanno milioni di follower

I legali di una coppia di influencer americani che ha chiesto il divorzio hanno avuto un problema di matematica. I canali social che la coppia gestiva avevano circa quattro milioni di follower. E conseguenti guadagni. Come dividerli?

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    Quando Kat e Mike Stickler hanno chiesto il divorzio, il loro caso ha evidenziato una nuova sfida legale: la divisione di un account sui social media con milioni di follower. La loro pagina TikTok e YouTube “MikeAndKat,” con quasi quattro milioni di follower, era un asset di valore ma difficile da dividere equamente. In un settore dove il successo dipende dall’immagine pubblica, chi avrebbe continuato a gestire l’account avrebbe determinato anche il suo valore futuro. Kat ha sostenuto di poter far crescere l’account da sola, e aveva ragione. Dopo averne ottenuto il controllo, ha cambiato il nome in KatStickler e ora conta oltre 10 milioni di follower solo su TikTok.

    Dividere l’intangibile: le sfide della valutazione dei follower

    Negli Stati Uniti, il fenomeno è diffuso. Circa 27 milioni di creatori di contenuti digitali si guadagnano da vivere con i social media, e il 44% di loro lo fa a tempo pieno. Tuttavia, calcolare il valore economico di questi account in caso di divorzio non è semplice. Gli avvocati devono considerare quanto ogni partner abbia contribuito al successo dell’account, dal pensare alle idee alla gestione dei contenuti. Un singolo cambiamento può far calare l’engagement e, di conseguenza, il valore dell’asset.

    Contratti prematrimoniali digitali: prevenire è meglio che curare

    Coppie come Reza e Puja Khan, che condividono cinque milioni di follower e un reddito annuale di circa mezzo milione di dollari, lavorano come squadra sui contenuti, ma non sono tutte così fortunate. Ayumi Lashley e il suo ex marito, dopo il divorzio, hanno cercato di ricostruire i propri profili personali, ma molti dei loro follower sono rimasti affezionati all’immagine di coppia. Ayumi ha perso alcuni seguaci mantenendo riservatezza sulla separazione, mentre il suo ex ha scelto di condividerne dettagli.

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      Rita De Crescenzo nei guai per il video contro il ristorante di Castel di Sangro: «Ho speso 1000 euro e ho mangiato male»

      La multa di 258 euro non ferma Rita De Crescenzo: il prossimo 2 ottobre si terrà l’udienza a Sulmona. L’imprenditore Alessandro Coscia, titolare del locale, si è sentito diffamato dal video diventato virale.

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        Un conto da mille euro e una recensione al veleno. È questo il punto di partenza della nuova bufera social che ha travolto Rita De Crescenzo, la tiktoker napoletana seguita da centinaia di migliaia di follower. Il giudice Alessandra De Marco del Tribunale di Sulmona le ha inflitto una multa di 258 euro per diffamazione, dopo che la donna aveva pubblicato un video in cui criticava duramente un ristorante di Castel di Sangro, lamentando di aver mangiato male a fronte di una spesa salatissima.

        La destinataria del provvedimento, però, non ci sta e ha deciso di opporsi al decreto di condanna. «In tribunale dimostrerò che la mia era solo una critica legittima», ha dichiarato. Il procedimento entrerà nel vivo il prossimo 2 ottobre, con l’udienza predibattimentale fissata a Sulmona.

        Il bersaglio del video era Alessandro Coscia, imprenditore 45enne e titolare del ristorante finito nel mirino. Secondo l’accusa, le parole di Rita avrebbero travalicato i limiti della critica, danneggiando l’immagine e la reputazione del locale. In pochi giorni, infatti, il filmato aveva fatto il giro del web, generando una pioggia di commenti e dividendo l’opinione pubblica tra chi difendeva la tiktoker e chi invece le rimproverava toni eccessivi.

        La multa non ha però fermato la battagliera influencer, che da tempo cavalca l’onda dei social alternando dirette quotidiane, sketch e sfoghi personali. In questo caso, ha promesso battaglia legale: «Non mi faccio zittire, non ho insultato nessuno, ho solo raccontato la mia esperienza».

        Il caso, intanto, ha acceso i riflettori su un terreno sempre più delicato: quello delle recensioni online e del confine tra diritto di critica e diffamazione. Se da un lato la libertà di espressione è un principio fondamentale, dall’altro resta il rischio che un giudizio negativo espresso a milioni di follower possa trasformarsi in una condanna anticipata, ben più pesante di una sanzione pecuniaria.

        Ora toccherà al tribunale stabilire se quella frase – «Ho speso 1000 euro e ho mangiato male» – sia stata un’opinione lecita o un attacco gratuito.

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          Niente cellulari a scuola? Non per i prof: esplode il caso dei “TeachTokers”, i docenti-influencer che filmano le lezioni per i social

          C’è chi li accusa di trasformare gli alunni in “oggetti di scena” e chi invece li considera pionieri di un nuovo modo di insegnare. “Non è show, è ludodidattica”, spiega la professoressa Rosita Barbella. Ma l’avvocata Castagnola avverte: “In Italia filmare e diffondere immagini di studenti non è legittimo”.

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            Benvenuti nelle aule 2.0, dove si impara e si “posta”. Smartphone in mano, musica in sottofondo e bambini che sorridono davanti all’obiettivo: è il nuovo mondo dei TeachTokers, i docenti-influencer che filmano lezioni, verifiche e momenti di classe per condividerli su TikTok o Instagram.

            Un fenomeno che divide. Da una parte chi applaude questi insegnanti per la loro capacità di rendere virale la scuola e avvicinare i ragazzi al sapere; dall’altra chi denuncia una deriva pericolosa che trasforma l’aula in un set e gli alunni in comparse inconsapevoli.

            Tra i volti più seguiti c’è la professoressa Rosita Barbella, docente di spagnolo in una scuola media della Campania. Nei suoi video, balla con gli studenti o spiega i verbi con giochi e canzoni. «Siamo autorizzati dai dirigenti e dai genitori – chiarisce –. Alcuni video vengono girati nel pomeriggio durante progetti sull’educazione digitale. Il mio non è spettacolo, è ludodidattica. Divulgo un metodo che può aiutare altri docenti».

            Sulla stessa linea Gabriele Camelo, maestro in una scuola primaria di Palermo, ex autore televisivo e oggi star dei social. I suoi video mostrano quaderni pieni di cuori, sorrisi e frasi motivazionali come “Fiero di te” o “Stai crescendo splendida”. «Uso i social per far fiorire il seme che c’è in ogni bambino», spiega. «Raccontare le emozioni è terapeutico. I miei alunni imparano a essere protagonisti, non oggetti».

            Ma il web si infiamma. “Serve un intervento del ministro Valditara”, scrivono molti colleghi, chiedendo regole chiare e una social media policy per le scuole. “I social svuotano l’autenticità educativa”, sostengono i critici. “Questi insegnanti costruiscono un personal brand, non un percorso formativo”.

            A prendere posizione è anche Cristina Gallo, professoressa seguitissima online come “La prof Spettinata”. Pur difendendo l’uso educativo dei social, invita alla cautela: «È un attimo e l’algoritmo condiziona anche i buoni propositi. Serve deontologia, decoro e rispetto dell’istituzione che rappresentiamo».

            Decisa, invece, la posizione di Iside Castagnola, avvocata esperta in tutela dei minori: «Trasformare bambini e ragazzi in strumenti di produzione di contenuti per aumentare i follower è inaccettabile. Anche con l’autorizzazione dei genitori, filmare gli alunni e diffondere i video sui social non è legittimo. È lecito solo in casi eccezionali».

            E così, mentre agli studenti viene chiesto di tenere i cellulari spenti, i loro insegnanti diventano protagonisti online. Tra chi parla di “scuola del futuro” e chi di “spettacolo dell’educazione”, resta aperta una domanda: dove finisce la lezione, e dove comincia lo show?

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              Il Rapture che non rapisce: su TikTok in migliaia attendevano Gesù il 23 settembre, ma non è arrivato!

              Addii in diretta, gatti con caschi d’alluminio e fedeli pronti a regalare i propri beni: il “rapimento dei credenti” promesso dai TikToker è passato senza ascensioni, ma con molti furbetti che hanno approfittato delle generose svendite apocalittiche.

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                «È il mio ultimo video. Ci vediamo tra le nuvole, fratelli e sorelle». Con queste parole una donna in lacrime ha salutato TikTok convinta che il 23 e il 24 settembre 2025 sarebbero stati i giorni del “Rapture”: l’ascensione in cielo dei veri credenti, lasciando sulla Terra gli infedeli. A diffondere la data era stato il pastore sudafricano Joshua Mhlakela, ma a trasformarla in un fenomeno globale ci ha pensato il web.

                Con l’hashtag #rapture sono fioccati centinaia di migliaia di video. Alcuni registravano veri addii premortem, altri piangevano pensando agli ultimi momenti con i figli. Una ragazza spiegava con serietà: «Se ti svegli nel tuo letto vuol dire che sei stato lasciato indietro. Non sei stato un bravo cristiano».

                Accanto a chi ci credeva davvero, il solito circo digitale. Un milione di like per la clip di una giovane che infila un casco di alluminio al suo gatto “per prepararlo al viaggio”. Altri hanno trasformato la profezia in occasione di shopping low cost: convinti di ascendere, diversi fedeli hanno lasciato mobili, abiti e oggetti davanti alla porta. E c’è chi si è filmato mentre raccoglieva lampade e specchi abbandonati, ringraziando sottovoce per il “dono celeste”.

                La dottrina del Rapture non è nuova. Affonda le sue radici nell’Ottocento, nelle visioni mistiche di Margaret MacDonald e negli scritti del predicatore John Nelson Darby, poi diffusi nei pulpiti evangelici e nella saga Left Behind. Ma mai prima d’ora era stata trasformata in trend social globale, con countdown apocalittici e scenette da reality.

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