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Renad, la piccola chef che cucina la speranza a Gaza

Renad Attallah, la piccola chef star dei social ha iniziato a condividere contenuti dopo il 7 ottobre e in un anno è diventata il volto della speranza di una popolazione che resiste nonostante tutto.

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    Lei è una bambina palestinese di dieci anni che ha catturato l’attenzione del mondo con il suo profilo social, diventando il simbolo di speranza per molti nella Striscia di Gaza. Dopo il 7 ottobre, quando il conflitto si è intensificato, ha iniziato a condividere contenuti culinari realizzati con ingredienti forniti dagli aiuti umanitari. Il primo video virale di Renad Attallah, in cui esprime una gioia contagiosa aprendo uno scatolone di aiuti, ha attratto un pubblico sempre più vasto, raggiungendo oltre 1 milione di follower su Instagram e 500.000 su TikTok.

    La cucina di Gaza come voce di resistenza

    I video di Renad mostrano la sua passione per la cucina, ma offrono anche uno sguardo crudo sulla vita quotidiana di quel che è rimasto di Gaza, dove le condizioni di vita sono drammatiche. Organizzazioni come Cesvi riportano dati allarmanti, evidenziando che quattro famiglie su cinque non hanno accesso all’acqua potabile e che il 96% della popolazione vive in condizioni di fame, ormai da mesi e mesi. Ma lei persevera. I suoi video non solo mostrano ricette, ma anche le difficoltà di accesso a cibo e acqua, le malattie causate dalla distruzione il deterioramento della salute mentale tra i bambini.

    Il War Sandwich che ha fatto il giro del mondo

    Nella sua cucina, che è spesso un materasso su un pavimento di terra, Renad usa alimenti liofilizzati e ingredienti rari, denunciando le condizioni di vita attraverso la sua arte culinaria. I suoi “War Sandwich” e i trucchi per aprire le lattine diventano manifestazioni di creatività in un contesto di crisi. La sorella di Renad, Nourhan, 25 anni, gestisce l’account e ha avviato campagne di raccolta fondi per aiutare la loro famiglia a lasciare Gaza, cercando anche di proteggere la salute mentale della sorella, che ha sofferto profondamente a causa della violenza e della morte che ha visto.

    Tra un eccidio e l’altro istruzione come arma di difesa

    Renad condivide anche post in cui si ricorda il primo giorno di scuola, evidenziando la brusca interruzione della sua istruzione. Nourhan sottolinea l’importanza di offrire alla sorella una vita dignitosa e un’istruzione, perché non basta solo salvaguardarne la salute mentale. Con il crescente riconoscimento, Renad ha iniziato a collaborare con l’ong canadese Human Concern International, progettando un logo per una linea di abbigliamento il cui ricavato sarà devoluto a progetti per i bambini di Gaza.

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      “Sunburnt tan lines”: la follia virale delle scottature esibite come moda

      Hashtag, foto e “trofei” di dolore: il ministro della Salute francese avverte i giovani sui rischi di ustioni, invecchiamento precoce e melanoma.

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        Farsi venire una scottatura come status symbol. È l’ultima moda assurda partorita dai social: il trend delle “sunburnt tan lines” – letteralmente, linee di abbronzatura da scottatura – spopola su TikTok e Instagram. Giovani, soprattutto ragazze, si espongono volontariamente al sole fino a ustionarsi, per poi mostrare con orgoglio la pelle arrossata e i segni netti dell’abbronzatura.

        Una pratica tanto stupida quanto pericolosa, al punto che il governo francese ha chiesto all’Autorità per le comunicazioni (Arcom) di intervenire e di coinvolgere la Commissione europea. L’obiettivo: fermare la diffusione di contenuti che incoraggiano un’esposizione estrema e dannosa ai raggi UV.

        «La vostra pelle è la vostra vita, ne avete una sola. Non sacrificatela per 30 secondi di buzz», ha dichiarato il ministro della Salute, Yannick Neuder, in un video sui social. L’allarme non è retorica: dietro l’estetica da like si nasconde un rischio clinico concreto.

        «Queste giovani non si abbronzano, si bruciano», avverte la dermatologa Anne Dompmartin, responsabile del reparto di dermatologia-venerologia del Chu di Caen. «Le bruciature provocano dolore immediato, distacco della pelle e, nei casi peggiori, vesciche. Alla guarigione restano macchie scure permanenti, le cosiddette “macchie del cimitero”».

        Ma la cicatrice estetica è solo l’inizio. I raggi UV danneggiano il DNA delle cellule cutanee e aumentano il rischio di tumori come melanoma e carcinoma. Secondo Santé Publique France, oltre l’85% dei tumori della pelle è causato da esposizione eccessiva al sole, e le scottature in adolescenza sono un fattore di rischio particolarmente elevato.

        A preoccupare, oltre alla salute, è il messaggio: farsi del male per un video diventa un atto di “bellezza” da condividere. «È il sintomo di una generazione che cerca emozioni forti in una quotidianità percepita come troppo piatta», osserva Dompmartin.

        Il ministero francese vuole che TikTok rispetti il Digital Services Act, che impone di proteggere i minori e ridurre i rischi sistemici. Ma, finché l’algoritmo premia i contenuti più estremi, il sole non è l’unico nemico: lo è anche l’idiozia virale.

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          Tutto il potere al cetriolo. TikTok impazzisce per l’ortaggio dell’estate

          “A volte è necessario mangiare un cetriolo intero”. I tutorial di Logan Moffitt iniziano sempre con questa frase. Poi, in un minuto, spiega passo passo le sue ricette semplici con protagonista l’ortaggio.

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            Siamo proprio alla frutta. Anzi no all’ortaggio. Logan Moffitt, 23enne canadese con una laurea in comunicazione e una passione per la cucina coreana, è diventato una vera star su TikTok con tutorial culinari sul cetriolo. Da luglio, i suoi video hanno accumulato oltre 100 milioni di visualizzazioni, attirando l’attenzione della stampa internazionale. Attualmente ha 5,8 milioni di follower.

            Ha esordito con un video sul kimchi

            Ma cosa rende il “ragazzo cetriolo” così speciale? Moffitt è riuscito a trasformare un ortaggio spesso relegato a semplice contorno in un vero protagonista della cucina. Con le sue ricette semplici ma innovative, Logan dimostra che il cetriolo – lui usa quello asiatico più lungo e con una buccia più sottile rispetto a quelli del Mediterraneo – può diventare la star di piatti sorprendenti. Preparazioni che spaziano dagli snack veloci a contorni gourmet. Lui da bambino lo mangiava come le caramelle. Le sue idee rompono con le tradizioni culinarie limitate legate a questo ortaggio, rivelandone il potenziale nascosto.

            Un cetriolo come tanti

            Il suo successo è uno dei tanti esempi perfetti di come anche gli ingredienti più comuni possano ispirare la creatività in cucina. Lui vince e ha seguito per la semplicità delle sue spiegazioni. La sua capacità di reinterpretare un alimento semplice come il cetriolo dimostra che con un pizzico di fantasia, creatività e tanta voglia di ‘bucare lo schermo‘ qualsiasi ingrediente può diventare straordinario. E creare business.

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              Dopo Facebook, lo scandalo continua: “Mia moglie” rinasce su Telegram, la chat della vergogna non si spegne mai

              La chiusura del gruppo Facebook “Mia moglie” non ha fermato il fenomeno: i contenuti sessualmente espliciti circolano ora su Telegram e WhatsApp, dove il controllo è molto più complesso. La polizia postale denuncia la scarsa collaborazione delle piattaforme, mentre continua la razzia di immagini intime sottratte senza consenso.

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                Non è bastata la chiusura della pagina Facebook “Mia moglie”, che aveva raggiunto 32mila iscritti e riempito la rete di foto rubate a mogli, ex e perfino suocere ignare di tutto. La comunità parallela dei “mariti predatori” non si è dispersa, ma ha semplicemente cambiato indirizzo. Oggi lo stesso meccanismo continua a vivere dentro un canale Telegram e in una chat WhatsApp ribattezzata, senza troppa fantasia, “Chat di Mia moglie”.

                Lì gli scambi sono gli stessi: immagini intime raccolte di nascosto, commenti volgari e violenti, persino foto catturate durante rapporti sessuali. Una pratica che la polizia postale definisce senza esitazioni una vera e propria violenza. Perché non si tratta di semplici “sbruffonate da bar”, ma di una razzia sistematica sui corpi delle donne, iniziata nel 2019 e mai davvero interrotta.

                Il problema, spiega Barbara Strappato, vicedirettrice della polizia postale, è che “per quanto riguarda Telegram, rileviamo da parte loro scarsa collaborazione con le forze dell’ordine. Dichiarano di non detenere i dati dei loro utenti, a differenza di altre piattaforme”. Una posizione che rende le indagini più complesse e che, nei fatti, permette a questi canali di restare attivi.

                La scoperta dell’esistenza di una chat WhatsApp è ancora più recente, confermata poche ore fa. Qui i controlli sono altrettanto difficili, visto che si tratta di ambienti chiusi e protetti da crittografia. L’unico modo per intervenire resta la denuncia diretta delle vittime, ma molte non sanno nemmeno di essere finite in quei gruppi.

                La chiusura del gruppo Facebook, salutata come una vittoria simbolica, rischia così di trasformarsi in un boomerang. Perché il fenomeno non è stato spento, ma solo spostato su piattaforme ancora più difficili da monitorare. Intanto la violenza digitale continua, alimentata dall’impunità e dalla complicità di comunità virtuali che si considerano intoccabili.

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