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Spettacolo

Gerry Scotti rinnova con Mediaset e fa le pulci al collega

Gerry Scotti prolunga con Mediaset per tre anni, annunciando progetti tv e desideri personali. Critica implicitamente l’eccessivo impegno di Amadeus e spera in un futuro al Festival di Sanremo.

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    I suoi settant’anni Gerry Scotti li passerà in Mediaset. Il popolare conduttore ha appena firmato un contratto che lo legherà all’azienda del Biscione per altri tre anni. E nei tempi in cui il Nove sembra essere il miraggio di molti volti noti della televisione, questa firma la dice lunga sul rapporto che lega Gerry a Mediaset. Il futuro di Gerry Scotti in tv è pieno di promesse e progetti entusiasmanti.

    “Dopo quarantun anni negli studi mi manca una ventata d’aria aperta. Voglio andare in giro per l’Italia o per l’Europa alla scoperta di arte, cibo, natura”, ha confessato il conduttore nell’ultima intervista rilasciata al Messaggero, parlando di possibili nuovi format “on the road” e nuove idee: “Pensi che bello se me ne andassi in giro per l’Italia con una moto Guzzi d’epoca o una Vespa degli anni Sessanta per citofonare a sorpresa agli italiani, magari alla stessa ora in cui di solito mi vedono in televisione. Sono pronto da anni. Come si fa con i bimbi mi dicono: ‘Sì, sì, va bene. Adesso lo facciamo’”.

    I progetti in ballo per Scotti sono tanti e il ritorno in tv con l’edizione rivisitata de La ruota della fortuna, voluta da Mediaset per celebrare i cent’anni dalla nascita di Mike Bongiorno, è solo l’inizio. “Amadeus lavora troppo. Ha appena finito e già ricomincia. Si goda un po’ tutti i soldi che gli danno. Io penso che per mettere insieme un progetto come quello che ha in mente ci voglia più di qualche mese. Però se sono pronti, va bene così”, ha sottolineato Scotti.

    Gerry Scotti ha svelato di essere in una fase “revival” della sua vita e di essere pronto a mettersi in gioco con nuovi format televisivi, un po’ quello che vorrebbe fare Amadeus sul Nove. Si mormora infatti che l’ormai ex conduttore Rai sia pronto a girare l’Italia con un programma musicale itinerante in stile “Azzurro”, trasmissione condotta proprio da Gerry Scotti nel 1998. Ma su questo punto Gerry è stato diretto e pungente: “Amadeus lavora troppo. Ha appena finito e già ricomincia. Si goda un po’ tutti i soldi che gli danno. Io penso che per mettere insieme un progetto come quello che ha in mente ci voglia più di qualche mese. Però se sono pronti, va bene così”.

    Nel suo curriculum lunghissimo e di successo manca, però, un nome importante: il festival di Sanremo. Lo scorso febbraio, quando era apparso sui Instagram con Amadeus, sembrava potessere esserci una possibilità di vederlo all’Ariston, poi sfumata. Nonostante sia uno dei conduttori più quotati, amati e preparati, Scotti non ha mai calcato il palco del teatro di Sanremo come conduttore della kermesse canora. “Di anni ‘giusti’ ne ho visti passare troppi, ormai aspetto di rientrare nella quota Vianello. Se mi chiamano attorno agli ottant’anni, come fece la Rai con lui, va benissimo. Devo aspettare una dozzina d’anni”, ha scherzato Scotti. Ma il sogno potrebbe avverarsi anche prima. L’ok di Mediaset c’è e il posto per Sanremo 2025 è ancora vacante.

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      Musica

      Renato Zero: «Sono più sposato di tanti altri. Non servono garanzie per amare, serve responsabilità verso gli altri»

      Settantacinque anni, un album da 19 brani e un tour di 25 date: Renato Zero celebra la sua carriera con ironia e gratitudine. «Ho dimostrato che da Zero si può diventare tanto. Continuerò a cantare finché avrò fiato».

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        «Sono più sposato di tanti altri». Così Renato Zero accende la sala gremita del Superstudio di Milano, durante la serata del Festival dello Spettacolo, dove il direttore di Tv Sorrisi e Canzoni, Aldo Vitali, gli consegna il Telegatto. Lui, con il suo inconfondibile humour, replica: «Grazie, anche se avrei preferito un Telesorcino».
        Il pubblico si alza in piedi, parte un video tributo, la sala canta, lui canta con loro. «Non mi posso permettere di commuovermi – scherza – sennò divento nero per il trucco!».

        È un Renato Zero in stato di grazia, che festeggia i suoi 75 anni con un album uscito proprio nel giorno del compleanno: Uno, due, tre… Zero! «Sono diciannove brani che rappresentano diciannove esternazioni di stati d’animo che avete convissuto con me» racconta. «Un artista deve avere il coraggio di lasciare da parte i numeri, i dischi di platino, e mandare un messaggio. Questo disco lo dedico alla pace: basta guerre. È uno dei lavori più belli e più riusciti della mia vita».

        Poi il tono si fa più intimo. «Ho dimostrato che da Zero si può diventare tanto. C’è stata tanta gelosia nei nostri confronti, ricordo quando chiusero un tendone di Zerolandia. C’è stata mancanza di libertà. Ecco perché dobbiamo continuare a parlarne: la libertà è il vero amore di tutta la mia vita».

        E parlando di amori, Zero si definisce “sposatissimo”: «Gli errori nella vita si fanno, ma l’importante è non ripeterli. Gli errori servono per condividere, per questo ci si sposa. Io vi assicuro che sono più sposato di tanti altri. Non servono garanzie per esserlo, basta sentire la responsabilità verso gli altri. In questo Paese, io sono straposato!».

        Tra un sorriso e una riflessione, arriva anche un rimpianto: «Fonopoli. Avevamo un progetto bellissimo, ma ce l’hanno bocciato. In Italia, se fai le cose buone, spesso non te le fanno fare. Ma non mi arrendo, perché credo ancora nella condivisione e nella musica come casa comune».

        A gennaio ripartirà con un tour di 25 date, un viaggio musicale lungo oltre tre ore a sera. «Mi rimproverano perché canto troppo, ma non riesco a scegliere. Ho scritto troppo, lo ammetto. Forse in futuro dovrò farmi aiutare dai medley».

        C’è spazio anche per il sogno, che lui chiama “una carezza”. «I sogni vanno presi con le pinze. Ti devi chiedere perché sogni una cosa e non un’altra. Ho sognato mia madre una sola volta: le ho chiesto se avesse sofferto quando è andata via. Mi ha risposto: “Sono andata via molto prima di quanto pensi”. È stato un regalo».

        E quando gli chiedono quale sia oggi il suo sogno, Renato sorride e chiude con la sua filosofia più vera: «Ancora con i sogni? La mia realtà è quella di non perdermi».

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          Personaggi e interviste

          Kasia Smutniak nel mirino dei cattolici polacchi: «È favorevole all’aborto, non può interpretare la Vergine Maria»

          Il regista australiano ha iniziato le riprese in Italia del sequel della Passione di Cristo. La scelta di Kasia Smutniak come Madonna ha scatenato la destra polacca, che contesta le sue posizioni pro-choice. Il Pis, partito del presidente Duda, ha scritto alla produzione per protestare.

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            «E’ favorevole all’aborto, non può interpretare il ruolo della Vergine Maria». questa la polemica che ha investito l’attrice Kasia Smutniak, finita nel mirino dei cattolici tradizionalisti della Polonia, Paese di cui è originaria. 

            Il regista e attore Mel Gibson ha affidato a Smutniak il ruolo della madre di Gesù nel film «La resurrezione», seguito della «Passione di Cristo» diretto nel 2004 dalla star australiana. Le riprese sono già iniziate e – come nel caso della «Passione» – si svolgeranno in Italia, a Cinecittà, a Matera e in Puglia. Anche per questo Mel Gibson ha inserito nel cast nomi del cinema italiano:  Riccardo Scamarcio vestirà i panni di Ponzio Pilato mentre – per l’appunto – per Maria è stata scelta Kasia Smutniak, polacca di origine ma che in Italia ha percorso quasi tutta la sua carriera.  

            La scelta, tuttavia, non è andata a genio all’ala più tradizionalista dei cattolici di Polonia. Ad accendere le polveri è stato il sito PolskiiRadi.pl con queste parole: «Non è un mistero che Smutniak abbia pubblicamente sostenuto il diritto all’aborto, criticando in più occasioni le leggi della Polonia e ritenendole un pericolo per i diritti delle donne». I media conservatori ritengono dunque incompatibili queste opinioni con il ruolo di un personaggio sacro come la Madonna. Più avanti di tutti si è spinto il Pis, il partito di destra a cui appartiene il presidente della repubblica Andrej Duda, ha scritto alla produzione del film protestando.   

            In Polonia l’aborto è consentito ma la legge che lo regola è tra le più restrittive d’Europa. L’interruzione della gravidanza è infatti permessa solo quando sono a rischio la salute e la vita della donna. O quando questa è rimasta vittima di uno stupro. Queste restrizioni hanno indotto numerose donne polacche a rivolgersi a cliniche all’estero per vedersi garantiti l’aborto e la loro libera scelta.  

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              Cinema

              I dieci film di Halloween più belli di sempre: tra cult immortali e brividi d’autore, la notte delle streghe va in scena

              Non serve attendere la mezzanotte per rabbrividire: basta un divano, una coperta e la giusta maratona di film. Dieci titoli perfetti per chi ama l’horror, ma anche per chi cerca solo un po’ di magia nera in alta definizione.

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                Cominciare da Halloween di John Carpenter (1978) è quasi obbligatorio. Il respiro di Michael Myers, la colonna sonora ipnotica, la notte infinita di Haddonfield: il film che ha inventato l’horror moderno. Poi The Exorcist (1973), con la sua tensione metafisica e la bambina posseduta che ancora oggi non perde potenza. Insieme, rappresentano il lato sacro e profano della paura.
                E per chi vuole la perfezione estetica, The Shining di Stanley Kubrick (1980) resta un incubo da museo: corridoi, labirinti e una follia che cresce piano, fino a divorare tutto.

                L’incubo che fa sorridere

                C’è anche un Halloween più giocoso, ma non meno iconico. Beetlejuice (1988) e The Nightmare Before Christmas (1993) portano la firma di Tim Burton, che ha trasformato il gotico in poesia pop. Fantasmi innamorati, zucche cantanti e atmosfere dark fiabesche che si guardano con un bicchiere di vino in mano, non con gli occhi chiusi. Hocus Pocus (1993) aggiunge la nota ironica: streghe, scope e risate per chi vuole festeggiare senza traumi.

                Il brivido d’autore

                Negli anni Duemila la paura si è fatta più intima. The Babadook (2014) è l’esempio perfetto: un film che non fa solo paura, ma parla di dolore, lutto e amore. In chiave opposta, Sweeney Todd (2007) di Tim Burton — ancora lui — mescola musical, sangue e vendetta con eleganza teatrale. E per chi ama i miti, Nosferatu (1922) è la radice di tutto: il vampiro silenzioso che ha ispirato un secolo di cinema.

                La notte perfetta

                Dieci film, dieci modi diversi di vivere Halloween. Dall’orrore puro alla favola macabra, dal gotico espressionista al rock del barbiere di Fleet Street. Perché la paura, quando è raccontata bene, non serve a fuggire ma a restare incantati.
                E nella notte del 31 ottobre, sotto la luce tremolante delle candele, il vero brivido è quello che accompagna il primo fotogramma: quando il buio dello schermo somiglia un po’ troppo a quello fuori dalla finestra.

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