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Ci lamentiamo di Sanremo… ma dovremmo imparare ad accontentarci: diamo i voti all’Eurovision

La prima semifinale a Basilea non ha deluso gli amanti del cattivo gusto e del muzak: tra jodel elettronico, dominatrici glitterate, comici travestiti da cantanti e l’Italo-disco di Gabry Ponte in rappresentanza di San Marino, lo spettacolo è stato un trionfo! Una serata davvero indimenticabile, per ragioni non sempre nobili.

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    Dici Eurovision e pensi a lustrini, beat improbabili e scenografie che farebbero impallidire un musical di Broadway dopo un’overdose di Red Bull. Basilea, sede della 69ª edizione, non ha tradito le aspettative. Anzi, ha rilanciato: ballerini, equilibristi, costumi tradizionali svizzeri rivisitati in chiave futuristica e un’esplosione di “kitsch-appeal” che farebbe sembrare un matrimonio anni ’80 un evento sobrio ed elegante, con le sue farfalle al salmone nel tris di primi e il taglio della cravatta a fine pranzo.

    L’Italo-disco conquista tutti

    L’italianissimo Gabry Ponte gareggia, come tutti sanno, per San Marino. L’ex Eiffel 65 ha trasformato la St. Jakobshalle in un’enorme discoteca con Tutta l’Italia, un brano che puzza di Sanremo, pizza e Riviera romagnola. Il beat? Martellante, con quell’incedere da marcetta nostalgica Il testo? Un manifesto di istituzionale campanilismo danzereccio. La scenografia? Un incrocio tra la sede ufficiale degli arricchiti Papeete e C’è posta per te. Risultato? Tutti in piedi, anche gli svizzeri, solitamente morigerati.

    I big five: Lucio Corsi, alieno glam tra plastica e acuti

    Lucio Corsi si è esibito fuori concorso, da bravo “Big Five”. Ma diciamolo: in mezzo a dominatrici spagnole in glitter, imitatori di Elton John e tormentoni polka, lui sembrava un extraterrestre atterrato per errore da quelle parti. Con Volevo essere un duro, ha portato stile, sostanza e amplificatori grossi come frigoriferi. In una parola: classe. Ma fuori posto. Troppo buono per questa baraonda.

    Chi ci è piaciuto

    L’Ucraina con Bird of pray porta sul palco un look glam rock vecchia maniera, un misto tra Elton John e gli Scissor Sisters. La combinazione tra rock di plastica, pop dance potrebbe convincere la giuria e il pubblico. Non è escluso, dato il pubblico della kermesse, che possa arrivare nella parte alta della classifica, anche grazie ad un ritornello per nulla scontato. Degna di nota anche la canzone del Portogallo, Deslocado, forse un po’ old style per una manifestazione così giovane. Ma un pizzico di saudade nel marasma del tunza-tunza non guasta…

    Alcuni momenti “indimenticabili” (che preferiremmo dimenticare)

    Tommy Cash e l’Espresso più indigesto d’Europa, una performance che gronda cliché italiani e polka baltica. Sembra un incrocio fra gli Elio e le storie tese e Checco Zalone, ma senza la laurea. Eppure a modo suo funziona anche se, a conti fatti, l’aspettativa che aveva generato nelle scorse settimane è andata delusa.

    Melody e la disco spagnola. Dalla dominazione al trash in 30 secondi. Il vestito (poco), la canzone (meno). Una riflessione profonda sul divismo? No. Solo glitter e deja-vu anni ’90.

    Albania e la new wave che non volevamo. Elektronike Zjerm è come mettere in un frullatore i Boney M, la Madonna anni ’90 e il suono del modem 56k: un pasticcio senza senso né gusto.

    I presentatori italiani: traduzioni, malintesi e ironia involontaria

    Gabriele Corsi e BigMama ce la mettono tutta, eh. Ma tra traduzioni simultanee, battute svizzere e colpi di scena musicali, sembrano due turisti italiani persi nella metro di Tokyo. Li premiamo per l’impegno. Ma la sufficienza è stiracchiata: 6, per affetto e soprattutto per merito dell’altro Corsi. Lei si impegna… ma i risultati sono scarsi e sempre banali. Deve ricorrere al dialetto campano per strappare un sorriso…

    La Svizzera omaggia sé stessa. E forse era meglio evitare

    Il momento davvero cringe della serata? Il tributo alla nazione ospitante. Tra cioccolatini volanti, temperini ballerini e orologi in technicolor, sembrava una pubblicità della Toblerone diretta dalla buonanima di David Lynch… ma alcolicamente alterato. Voto 2… perché l’intento c’era, ma il risultato… anche.

    Qualificati e bocciati: chi va avanti e chi torna all’ovile

    Tra chi ha passato il turno ci sono nomi già discussi: Norvegia, Albania (nonostante tutto), Polonia, Svezia, Islanda e… San Marino. Sì, Gabry Ponte ci sarà anche in finale. San Marino ringrazia, l’Italia pure, almeno per l’inno dance. Tra gli esclusi eccellenti il Belgio, una vera e propria ingiustizia visto che il suo brano era fra i più raffinati, come pure la Slovenia, forse troppo in odore di Ed Sheeran, commovente ma poco “eurovisiva”. Anche Cipro torna a casa: troppo parkour e poco altro.

    Tre cose che abbiamo capito

    La prima semifinale dell’Eurovision 2025 ci ha insegnato che:

    1: La cafoneria è un’arte.

    2: Lucio Corsi è davvero bravo.

    3: L’Europa ha gusti musicali molto, molto strani.

    Con simili presupposti, la finale di questo sabato si preannuncia ancora più surreale. Ma una cosa è certa: se l’Europa deve essere “united by music”, non sarà deficiente come dice Putin… ma comunque disorientata. E infatti la storia contemporanea lo sta ampiamente dimostrando.

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      Musica

      Beatles forever: 55 milioni di euro di fatturato nel 2025 per la Apple Corps. Yoko Ono, Paul McCartney, Ringo Starr e Olivia Harrison ancora soci in parti uguali

      I conti 2024-2025 della Apple Corps Limited confermano l’incredibile potenza economica del marchio Beatles. Fatturato a 55 milioni di euro e utili da 4 milioni. I quattro soci – McCartney, Starr, Olivia Harrison e Yoko Ono – mantengono ciascuno il 25% delle quote. Per la vedova Lennon anche un gettone “ad personam”, mai chiarito nel dettaglio.

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        Non c’è fine alla Beatlemania. Cinquantasei anni dopo l’ultima esibizione sul tetto della sede di Savile Row, i Beatles restano un marchio che fattura come una multinazionale. La Apple Corps Limited – la holding fondata nel 1963 come The Beatles Limited – ha chiuso il bilancio 2024-2025 con un fatturato lordo vicino ai 50 milioni di sterline (circa 55 milioni di euro). Una cifra da record per una società che continua a gestire il mito dei Fab Four, tra diritti musicali, licenze, merchandising e progetti audiovisivi.

        La cassaforte di Liverpool
        La società, con sede a Londra, è oggi divisa in quattro quote perfettamente uguali: il 25% a Yoko Ono, 92 anni; il 25% a Paul McCartney, 83; il 25% a Ringo Starr, 85; e il restante 25% a Olivia Harrison, 77, vedova di George, tramite un trust familiare. Ciascun socio siede nel consiglio di amministrazione – per la quota Lennon in due: Yoko e il figlio Sean Ono Lennon, 49 anni – e partecipa ai dividendi, pari a 3,4 milioni di sterline ciascuno, oltre a fee personali da 4,3 milioni.

        Ma tra i dettagli più curiosi del bilancio, firmato il 23 ottobre 2025 dal direttore Bruce Grakal, storico legale di Ringo Starr, c’è un’annotazione che non passa inosservata: la società ha riconosciuto un pagamento “extra” di 850 mila sterline a Yoko Ono, dopo i 500 mila del 2024 e i 4,1 milioni del 2023. Un “bonus personale” di cui non è mai stata spiegata la natura, probabilmente legato ad accordi interni tra gli eredi.

        L’industria del mito
        Dal 2020, i quattro nuclei familiari hanno incassato complessivamente oltre 100 milioni di sterline tra provvigioni e dividendi. I ricavi netti – pari a 32 milioni di sterline – sono in crescita rispetto all’anno precedente (26,6 milioni), mentre gli utili, poco sotto i 4 milioni, risultano in lieve calo per l’aumento dei costi legati a un nuovo progetto cinematografico in sviluppo.

        Un dato che conferma come i Beatles restino, oltre che leggenda culturale, una macchina industriale perfetta. Tra ristampe, documentari, diritti digitali e revival, il “marchio Liverpool” continua a generare ricchezza, dimostrando che l’amore — e i profitti — per i Fab Four non passano mai di moda.

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          Lady Gaga ferma il Mayhem Ball ad Anversa: fan svengono sotto il palco e la cantante interrompe lo show

          Attimi di apprensione al Mayhem Ball di Anversa, dove Lady Gaga ha interrotto lo spettacolo dopo che alcuni spettatori sono svenuti. La cantante ha chiesto acqua, assistenza e calma, seguendo ogni passaggio del soccorso prima di riprendere il concerto.

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            Al Mayhem Ball può succedere di tutto, ma perfino Lady Gaga non si aspettava ciò che è accaduto durante la tappa di Anversa. Nel mezzo della performance, mentre l’arena era nel pieno dell’euforia, alcuni fan sotto il palco hanno accusato un malore e sono svenuti. Un momento improvviso, che la popstar ha colto al volo grazie al suo sguardo sempre attento alla platea.

            Gaga si è immediatamente interrotta. Ha chiesto alle luci di accendersi, ha osservato la zona critica e poi ha bloccato la band: «Stop, fermatevi. Va tutto bene? Che succede? Aspettate solo un minuto». Con tono fermo ma rassicurante, ha invitato il pubblico a mantenere la calma e ha chiesto agli addetti di intervenire. «Vi chiedo di avere un po’ di pazienza, così possiamo assicurarci che stiano tutti bene. Portate dell’acqua».

            La folla, pur sorpresa, si è subito zittita per permettere ai soccorsi di procedere. La cantante ha seguito ogni passaggio da pochi metri di distanza, continuando a rivolgersi direttamente ai fan in difficoltà. «Sta bene adesso? Assicuratevi che stia meglio, portatela nel backstage», ha detto, mentre gli addetti alla sicurezza la conducevano verso la zona medica dell’arena.

            Non è la prima volta che Gaga dimostra questa attenzione quasi materna verso il suo pubblico. Nei tour passati, dalla Born This Way Ball all’Enigma Residency, ha più volte interrotto lo show per segnalare svenimenti, richieste d’aiuto o situazioni di calca eccessiva. Un tratto caratteristico che i suoi “Little Monsters” conoscono bene e che ha contribuito a creare un rapporto unico, quasi familiare, tra la popstar e chi la segue.

            Ad Anversa, la scena è durata qualche minuto, il tempo necessario affinché tutti tornassero in sicurezza. Poi Gaga ha ripreso lo show senza nascondere la sua emozione, ribadendo quanto il benessere del pubblico venga prima di ogni spettacolo: «Voglio che vi divertiate, ma voglio soprattutto che siate al sicuro».

            Il concerto è poi proseguito con l’energia di sempre, ma il momento di stop ha lasciato un segno: una piccola parentesi di umanità in un tour costruito per essere travolgente, dove Lady Gaga non è solo performer, ma anche guida attenta e presente per chi la accompagna sotto il palco.

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              L’IA fa irruzione nel country: “Walk My Walk” conquista Billboard e il misterioso Breaking Rust diventa la prima star artificiale

              La voce non è umana, il cantante non esiste e il video è creato da software: “Walk My Walk” segna la prima vittoria dell’IA nella classifica digitale di Billboard. Dietro il successo virale di Breaking Rust c’è un futuro musicale che fa discutere artisti, produttori e fan.

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                L’onda dell’intelligenza artificiale travolge anche Nashville. Per la prima volta, un brano country interamente generato da algoritmi si arrampica fino al primo posto della classifica digitale Billboard, scatenando un dibattito che corre dai saloon ai social. La canzone è Walk My Walk, la firma è quella del misterioso Breaking Rust, un artista che in realtà… non esiste.

                La voce che non viene da un uomo

                La voce maschile, roca e da cowboy vissuto, sembra uscita dalle praterie americane. In realtà è un modello vocale sintetico, costruito per assomigliare a un cantautore ruvido e autentico. Un’illusione perfetta: secondo diversi software di riconoscimento audio, la probabilità che il brano sia artificiale oscilla tra il 60 e il 90%. Nessun cantante, nessuno studio di registrazione, nessuna sessione notturna: solo codici, prompt e creatività digitale.

                Un fenomeno da milioni di ascolti

                Il successo non si limita a Billboard. Su Spotify Breaking Rust supera i due milioni di ascoltatori mensili, mentre molte tracce hanno già sfondato il milione di streaming. Livin’ on Borrowed Time corre verso i cinque milioni di riproduzioni, segno che il pubblico non solo accetta l’IA, ma la consuma con naturalezza. Immagini, copertine e videoclip completano il pacchetto: tutti prodotti con strumenti di generazione grafica.

                L’IA rottama i cantanti?

                La domanda rimbalza ovunque: cosa accadrà ora? Per i puristi del country, l’ascesa di Breaking Rust è uno choc culturale. È il genere delle radici, dei racconti veri, dei cantautori che scrivono da una veranda polverosa. Eppure proprio qui l’IA ha trovato la sua prima grande vittoria commerciale. Per altri, invece, è solo il segno del tempo: la musica è sempre stata tecnologia. Dal sintetizzatore al campionamento, ogni epoca ha avuto la sua rivoluzione.

                “Walk My Walk” diventa così un caso globale. Un pezzo che, paradossalmente, parla di autenticità mentre nasce dalla macchina più artificiale che esista. La domanda, stavolta, non è se l’IA sappia imitare l’uomo. È un’altra: siamo pronti a farci emozionare da una voce che non ha un cuore dietro?

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