Musica
La mamma degli stupidi è sempre incinta: qualcuno vuole cambiare il testo ad una canzone di Lucio Corsi
Il cantautore maremmano, vera rivelazione dell’ultimo Sanremo, è al centro di una controversia per il testo del brano “Altalena Boy” del 2015. L’artista rom Rašid Nikolić denuncia l’uso del termine “zingaro” e la diffusione di stereotipi pericolosi. Il dibattito riaccende la questione della responsabilità sociale dei cantautori nei testi delle loro canzoni.
Lucio Corsi, rappresentante dell’Italia all’Eurovision Song Contest, si trova al centro di una controversia riguardante un suo brano pubblicato dieci anni fa. Altalena Boy, canzone dal tono giocoso e infantile, contiene il verso: “L’hanno preso gli zingari. E l’han portato in un campo fuori Roma“. L’artista rom Rašid Nikolić ha espresso pubblicamente il suo dissenso attraverso una lettera in cui critica duramente il testo della canzone, sottolineando la pericolosità del messaggio veicolato.
La critica di Nikolić
Secondo Nikolić, l’utilizzo del termine “zingaro” è problematico e offensivo, poiché deriva da un termine dispregiativo che significa “schiavo”. Inoltre, il marionettista evidenzia come il testo contribuisca a perpetuare lo stereotipo infondato secondo cui i Rom ruberebbero i bambini. “Si tratta di un pregiudizio radicato che ha avuto e continua ad avere conseguenze discriminatorie e violente sulla nostra comunità. Normalizzare un’idea tanto pericolosa in una canzone destinata a un vasto pubblico significa rafforzare preconcetti che alimentano odio e discriminazione”, ha scritto Nikolić.
Responsabilità sociale dei cantautori
Il caso di Lucio Corsi solleva una questione più ampia: fino a che punto la libertà artistica può spingersi senza urtare la sensibilità di determinate comunità? Molti cantautori hanno usato la musica per raccontare storie scomode, ma oggi i testi vengono analizzati con maggiore attenzione. Peccato che ai più sfugga il concetto di base secondo il quale il cantatutore ha il compito di fotografare la realtà, filtrata attraverso il suo apporto creativo… e che magari Corsi ha voluto inserire quel verso proprio per denunciare un folle preconcetto!
Altri brani a rischio censura?
Se il testo di Altalena Boy ha scatenato tutte queste polemiche, altre canzoni potrebbero subire la stessa sorte. Volete qualche esempio?
Bocca di rosa di Fabrizio De André: la storia di una donna libera nella sua sessualità potrebbe oggi essere criticata per la sua rappresentazione della figura femminile che, nel caso dello specifico personaggio, viene “venerata” anche da alcuni prelati.
Gianna di Rino Gaetano: il testo allusivo e ironico potrebbe essere interpretato in chiave sessista.
Il ragazzo della via Gluck di Adriano Celentano: sebbene considerata un inno ecologista, la canzone potrebbe essere accusata di una visione stereotipata della modernizzazione.
Il futuro della musica e la censura culturale
Il dibattito sulla responsabilità dei cantautori nei confronti del pubblico è sempre più acceso. La sensibilità collettiva nel corso del tempo è cambiata e molte espressioni del passato oggi vengono riconsiderate alla luce di una maggiore attenzione alle tematiche sociali. Resta da vedere se la musica continuerà a essere un campo libero di espressione – lo speriamo vivamente – o se la necessità di rispettare ogni sensibilità porterà a una riscrittura di testi e significati: davvero una follia!
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Musica
Marco Mengoni accende i rumor su Sanremo: “Una vita intensa, ora aspetto la seconda”. E sul ritorno al Festival…
Sedici anni di carriera, un trionfo all’Ariston nel 2023 e ora un nuovo capitolo alle porte. Mengoni racconta il suo momento artistico, parla di “vite che cambiano” e non smorza i sospetti su un possibile ritorno a Sanremo: “Perché no?”. Tra attesa, strategie e quell’aura da eterno perfezionista, il pubblico già sogna un bis.
Marco Mengoni gioca a nascondino con le aspettative, come solo lui sa fare. A pochi mesi dal Festival di Sanremo targato Carlo Conti, l’artista rimette in circolo un’idea che i fan accarezzavano da tempo: rivederlo sul palco dell’Ariston. E basta una frase, pronunciata con la sua solita calma disarmante, per far riesplodere i rumor. “Quante vite in sedici anni di carriera? Una, ma molto intensa. E quindi adesso aspetto la seconda”, racconta, lasciando intendere che qualcosa bolle in pentola.
Il riferimento al Festival è stato inevitabile. Mengoni, che nel 2023 ha conquistato il pubblico con Due vite, non dice mai troppo, ma nemmeno troppo poco. “Tornare a Sanremo? Perché no?! Dipende sempre dal progetto. Sono quello dell’ultimo momento, quindi non lo so… ma mai dire mai”. Un non-no che assomiglia parecchio a un sì, soprattutto considerando l’affetto smisurato che lega il cantante al palco che più di una volta ha segnato la sua carriera.
La sensazione è quella di un artista in piena metamorfosi. Mengoni parla del suo percorso come di un ciclo che si è chiuso e di un altro che sta iniziando: una seconda vita, appunto. Una ricerca continua, che passa per la musica ma anche per il modo di raccontarsi, di stare sul palco, di dare un senso nuovo a un repertorio già iconico.
Carlo Conti, da parte sua, non ha mai nascosto la stima per Mengoni e sicuramente non gli dispiacerebbe averlo come concorrente, ospite o presenza speciale. E il pubblico sarebbe già lì ad accoglierlo, forte del ricordo dell’esibizione perfetta che lo ha reso uno dei protagonisti assoluti dell’ultimo decennio sanremese.
Per ora, nessun contratto, nessuna conferma, nessuna indiscrezione concreta. Solo una frase che vale più di un indizio: “Non so cosa succederà”. Ed è esattamente quando Mengoni non sa cosa succederà che succede qualcosa.
Musica
Robbie Williams: “Sto perdendo la vista per colpa del Mounjaro, ma continuerò a usarlo”
Robbie Williams racconta di star perdendo la vista dopo mesi di Mounjaro, il farmaco anti-obesità diventato un fenomeno globale. Il cantante ammette di fare fatica a distinguere i fan ai concerti e collega il problema alle iniezioni dimagranti. Intanto le agenzie regolatorie monitorano da vicino possibili effetti collaterali oculari, mentre cresce l’allarme su una rara neuropatia del nervo ottico.
Robbie Williams non è nuovo a confessioni intime, ma questa volta il tono è più cupo del solito. Nell’intervista rilasciata al The Sun, l’ex Take That racconta di temere addirittura la perdita della vista a causa delle iniezioni di Mounjaro, il farmaco GLP-1 diventato popolare tra chi vuole dimagrire velocemente. E a far scattare il campanello d’allarme è stato un episodio all’apparenza banale: una partita di football americano vista in TV. “Non riuscivo a distinguere i giocatori, erano solo macchie verdi su uno sfondo verde”, ha ricordato.
Convinto che non fosse un normale segnale dell’età, Williams si è rivolto subito a un ottico. La diagnosi? Una variazione improvvisa e importante della prescrizione, tanto da richiedere un cambio di occhiali. “Non credo sia l’età. Credo siano le iniezioni di Mounjaro”, ha dichiarato. Parole che hanno fatto il giro del mondo, non solo perché pronunciate da una star planetaria, ma perché toccano uno dei nodi più delicati legati ai nuovi farmaci anti-obesità.
Il cantante, 50 anni, ha ammesso che il problema sta iniziando a influenzare anche la sua vita sul palco: vedere chiaramente il pubblico, specialmente nelle platee più ampie, è sempre più difficile. Eppure, nonostante tutto, Williams dice di non essere pronto a interrompere la terapia. “Sono così malato che probabilmente continuerò finché non mi sarà completamente scomparsa la vista da un occhio”, la frase choc.
Intanto il suo caso riaccende i riflettori sugli effetti oculari segnalati da alcuni pazienti che assumono Mounjaro, semaglutide e altri GLP-1. In diversi paesi, le autorità sanitarie stanno monitorando un possibile legame con una rara neuropatia del nervo ottico, una condizione che, se non individuata in tempo, può portare a gravi conseguenze visive. Ad oggi, gli esperti non hanno trovato un nesso causale certo, ma le segnalazioni sono abbastanza numerose da invitare alla prudenza.
Williams stesso sottolinea di non voler demonizzare il farmaco. Il suo obiettivo, dice, è solo raccontare ciò che gli sta accadendo. E lo fa senza perdere il suo consueto tono tagliente: “Io non sono un esempio da seguire, mai stato. Ma se succede a me, può succedere a chiunque”.
Musica
Dargen D’Amico tra Gaza, politica, musica “piatta” e Fedez: il rapper si confessa senza filtri
Dargen D’Amico torna a parlare a ruota libera di tutto: dalla musica italiana che definisce “encefalogramma piatto” alle dichiarazioni su Gaza a Sanremo 2024 (“le ridirei”), passando per il nuovo podcast Tolomeo, la critica al governo (“vedo clientelismo e nepotismo”), la fatica di X Factor e il legame complesso con Fedez. Un’intervista che riapre temi politici e culturali rimasti sospesi.
Dargen D’Amico non è uno che gira intorno alle cose. E infatti, mentre lancia Tolomeo — Le impronte che lasciamo, podcast in sei episodi finanziato dal progetto Next Generation EU, coglie l’occasione per una lunga riflessione sul presente. “Da questo podcast ho imparato l’importanza dei piccoli gesti”, spiega. Un modo per allargare il proprio orizzonte oltre musica e televisione.
Il rapper racconta di aver voluto interrogare chi “si batte sul campo” per un mondo migliore: attivisti, studiosi, persone che osservano il reale senza filtri. Una scelta dettata, dice, da un’epoca in cui “verità che ci siamo raccontati per anni sono crollate davanti alle stragi a Gaza”. E le sue parole a Sanremo 2024, dove aveva invocato il cessate il fuoco? “Le ridirei. C’erano bambini che morivano. Come ha fatto Ghali: dirlo era il minimo”.
E poi la politica, verso cui non usa mezzi termini: “Vedo clientelismo e nepotismo. Magari è una mia distorsione, ma la fiducia si è azzerata da quando, nel 1992, non ho avuto risposte sulle stragi di mafia”. Nonostante tutto, lui vota. “Vorrei farlo perché ci credo, ma oggi la politica ignora clima e cittadinanza”.
Sulla musica italiana, tira un’altra stoccata: “Encefalogramma piatto. Scriviamo canzoni come se già ci fosse l’intelligenza artificiale”. Ma esclude l’idea di smettere: “Se non avrò idee, smetterò. Non è ancora il momento”.
Parla anche del ruolo a X Factor: “È stato stressante. Credevo fosse un gioco, invece decidere per gli altri è difficilissimo. È come allenare una squadra di calcio”. E su un possibile ritorno a Sanremo lascia la porta aperta: “Per me è famiglia. Certo che ci tornerei”.
Impossibile evitare il tema Fedez, di cui è stato autore e compagno di giuria. “Ci seguiamo ancora. Facciamo vite opposte: io sono un artigiano, lui gestisce livelli di successo che non mi competono. Impazzirei nei suoi panni”.
Un Dargen lucido, spigoloso e coerente. Uno di quelli che, quando decide di parlare, non teme di lasciare impronte.
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