Musica
Sembravano rose ma non sono fiorite: anche Walter Ricci se ne va, Arisa è nuovamente single
Sembra che la cantante non riesca proprio a trovare pace in ambito amoroso. Anche la relazione con il talentuoso jazzista è ormai chiusa. La fine della storia con Arisa segna per lui un nuovo inizio, pronto a dedicarsi completamente alla musica, con la stessa passione e determinazione che lo hanno portato sui palchi più importanti del mondo.

Il jazzista napoletano si è recentementa raccontato in un’intervista, parlando non solo del suo percorso musicale, che lo ha visto affiancare leggende come Quincy Jones e George Benson, ma anche della recente fine della sua relazione con Arisa. Un amore nato quasi per caso il loro, durante un incontro in aeroporto, che sembrava destinato a durare, tra momenti di complicità e sogni condivisi. Tuttavia, le esigenze delle loro carriere hanno reso difficile portare avanti la relazione, portandoli a prendere strade diverse.
E’ meglio fermarsi ora…
“Siamo stati molto bene insieme, ma ci siamo resi conto che è meglio fermare la barca prima che diventi troppo complicato” ha dichiarato Ricci, sottolineando come entrambi siano ora focalizzati sui propri obiettivi artistici.
Un amore vissuto intensamente
Foto sui social, viaggi, momenti di quotidiana felicità: la storia tra Walter Ricci e Arisa aveva catturato l’attenzione del pubblico. Il loro legame sembrava forte, fatto di condivisione e intesa. “Non sempre l’amore basta” ha confessato Ricci, spiegando come la vita da artista, con la sua imprevedibilità e i continui spostamenti, abbia reso difficile conciliare i rispettivi percorsi. Arisa aveva accennato all’idea di costruire una famiglia, ma per Ricci la priorità in questo momento resta la musica: “Quando si è molto presi si dicono certe cose… Siamo stati insieme quasi nove mesi e siamo stati molto bene. Ma la carriera richiede dedizione assoluta”.
Il jazz come missione di vita
Nato e cresciuto in un ambiente musicale, Walter Ricci ha sviluppato sin da piccolo una passione autentica per il jazz. “Mio padre musicista mi ha dato una grande spinta, facendomi ascoltare generi diversi. A 7/8 anni già suonavo, anche ai matrimoni. Ma soprattutto ho sempre avuto chiaro che la mia musica doveva affermarsi attraverso grandi esperienze internazionali” racconta il jazzista. Il suo percorso è stato segnato da incontri fondamentali, da Fabrizio Bosso a Stefano Di Battista, fino alla Monk Competition di Quincy Jones a Los Angeles. Il jazz, dal bebop al contemporary, lo ha sempre affascinato, con riferimenti imprescindibili come Frank Sinatra, Tony Bennett ed Ella Fitzgerald.
Il futuro musicale di Ricci
A 35 anni, Ricci guarda avanti con entusiasmo. Un nuovo disco all’orizzonte e tanti progetti lo attendono, con l’ambizione di portare la sua musica sempre più lontano. “Non mi interessa scrivere un tormentone estivo a tavolino. Se accadrà, sarà in modo naturale” afferma. Quando gli viene chiesto come si senta nel vedersi paragonato a Renato Carosone, risponde con umiltà: “Mi emoziona molto, è un onore. È come se ad un calciatore dicessero che somiglia a Maradona”.
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Musica
Laura Pausini: “I miei difetti li nascondo, ma sul palco non ho paura”
La cantante romagnola si confida al Corriere della Sera: tra insicurezze mai superate, un nuovo album in arrivo e l’apertura del suo museo a Solarolo, ripercorre i capitoli più intimi e professionali della sua carriera.

«Non sono mai arrivata ad accettarli o ad amarli, ho sempre cercato di nasconderli», ha raccontato in un’intervista al Corriere della Sera. La musica è stata la sua via di fuga: «Il palco è l’unico posto dove non ho paura».
Un nuovo album e due versioni
Nel frattempo, l’artista è al lavoro su Io Canto 2, il nuovo progetto discografico che uscirà in due edizioni distinte: una in italiano e una in spagnolo, con scalette completamente differenti. Una scelta che conferma il doppio legame della cantante con il pubblico italiano e latinoamericano, che l’ha seguita con entusiasmo sin dagli esordi.
Solarolo come Graceland
Parallelamente alla musica, il 13 settembre Laura ha aperto le porte del suo museo personale a Solarolo, il paese natale. «Mio padre ha conservato tutto della mia carriera e da fan di Elvis ha pensato: facciamo come Graceland. Io inizialmente ero contraria, ma poi mi ha convinta il parere dei fan», ha confessato.
Ogni stanza avrà un tema: la cucina sarà dedicata ai programmi tv, il soggiorno alle tournée, un’intera sala ai memorabilia a rotazione e un ultimo spazio raccoglierà gli oggetti usati nel docufilm, come i fogli originali con le modifiche al testo di La solitudine, il brano che lanciò la sua carriera a Sanremo.
Tra salute e cambiamento personale
La Pausini ha parlato anche del percorso di trasformazione fisica che l’ha portata a perdere peso. «Ho iniziato a dimagrire durante l’ultimo tour e ho capito che affidarsi ai medici è fondamentale. Mi alleno tre volte a settimana alternando aerobica e stretching», ha spiegato. Con una battuta, ha aggiunto: «Per una vita sana bisogna eliminare non solo i carboidrati, ma anche le persone tossiche».
Paola, una figlia già sul palco
Non è mancato un accenno al rapporto con la figlia Paola, che ha ereditato la passione per la musica e una certa determinazione. «A Capodanno è salita sul palco e ha suonato il basso per 21 minuti. Poi ci ha detto: “Ho sbagliato solo tre volte, voi di più”».
Laura ha anche raccontato il suo approccio all’educazione digitale: dal primo telefono limitato alle chiamate, al vecchio smartphone senza social, fino alle regole condivise con il marito Paolo Carta. «Io ero la più severa, ma alla fine lei ha trovato un equilibrio, usando il telefono solo in determinate fasce orarie».
Una vita sempre in corsa
Tra ricordi di soffitta trasformati in esposizione, nuovi brani in studio e allenamenti per restare in forma, Laura Pausini si racconta oggi con più consapevolezza. Restano le insicurezze di sempre, ma la musica continua a essere il rifugio sicuro da cui partire per ogni nuova sfida.
Musica
Annalisa infiamma la scena con Ma io sono fuoco: tra stile, musica e una nuova rinascita
La cantante torna con un album dal titolo evocativo e un look che conferma la sua evoluzione artistica e fashion. Un progetto che unisce simbolismo, sperimentazione e un messaggio di forza femminile.

Con il lancio del suo nuovo album Ma io sono fuoco, l’artista ligure non solo arricchisce la sua discografia, ma consolida anche il suo ruolo di icona di stile. Un connubio di musica e immagine che la rende tra le protagoniste indiscusse del panorama pop italiano.
Un titolo che parla di identità
L’album, atteso da settimane e anticipato da un battage social che ha coinvolto migliaia di fan, prende il nome da uno degli elementi naturali più potenti: il fuoco. «È la mia energia, la mia essenza – ha spiegato Annalisa –. È passione, ma anche trasformazione». La metafora si riflette nella copertina, dove la cantante posa su un letto fiammeggiante, con un abito che richiama un’armatura scintillante, a metà strada tra modernità e mito.
L’evoluzione del look: dal rosso passione al silver futuristico
Se a luglio aveva fatto parlare di sé con un total red look, preludio cromatico al titolo del disco, per il lancio ufficiale Annalisa ha alzato ulteriormente l’asticella. Ha scelto un body-dress effetto metallico interamente ricoperto di paillettes argento, completato da guanti coordinati e capelli sciolti dalle onde morbide. Un’interpretazione che la avvicina a una guerriera contemporanea, capace di combinare eleganza e grinta, delicatezza e potenza visiva.
Una carriera in ascesa costante
Da quando, nel 2011, ha debuttato nel mondo della musica dopo il successo ad Amici, Annalisa ha collezionato una serie di traguardi significativi: dischi di platino, milioni di streaming e collaborazioni di prestigio. Con Bellissima e Mon Amour, tra i brani più ascoltati degli ultimi anni, ha conquistato il pubblico giovane e non solo, confermandosi versatile nel fondere pop, elettronica e atmosfere internazionali.
La simbologia del fuoco
Il fuoco scelto come tema del nuovo album non è casuale: richiama forza interiore, rinascita e resilienza. Un messaggio che Annalisa sembra voler trasmettere soprattutto alle nuove generazioni, raccontando la possibilità di reinventarsi senza mai perdere autenticità. «Sperimentare non significa snaturarsi, ma evolversi», ha dichiarato la cantante in una recente intervista, sottolineando come musica e immagine siano due facce della stessa medaglia.
Icona fashion e voce generazionale
Negli ultimi anni, Annalisa ha guadagnato spazio anche nel mondo della moda, diventando un punto di riferimento per chi ama gli stili audaci e contaminati. Le sue scelte sartoriali, mai scontate, esprimono un’idea di femminilità forte, consapevole e lontana dagli stereotipi. Una cifra stilistica che l’ha resa protagonista non solo sui palchi, ma anche sulle copertine delle riviste di settore.
Con Ma io sono fuoco, Annalisa non solo arricchisce la sua carriera con un nuovo capitolo musicale, ma ribadisce di essere un’artista capace di plasmarsi e sorprendere. Una fiamma che brucia luminosa, alimentata da talento, visione e coraggio.
Musica
David Gilmour: «Mai una reunion con Waters, ma con l’IA forse sì. Non suono con chi sostiene i dittatori»
L’artista, che a 78 anni festeggia il successo di “Luck and Strange”, racconta i fasti, le polemiche e le ferite mai rimarginate: dall’addio a Roger Waters alle accuse sul live veneziano del 1989.

Non è mai stato un uomo da molte parole. David Gilmour ha sempre preferito lasciare che a parlare fosse la sua chitarra, inconfondibile come un’impronta digitale. Ma alla soglia degli ottant’anni, con un nuovo disco in vetta alle classifiche e un film live che porta sul grande schermo gli epici concerti al Circo Massimo di Roma, il chitarrista dei Pink Floyd ha deciso di tornare a raccontarsi. E lo fa senza sconti, tra aneddoti, memorie e verità che pesano come macigni.
«Una reunion con Roger Waters? No, mai. Confermo le stesse parole dette l’anno scorso: non suonerò mai più con chi sostiene i dittatori come Putin e Maduro», taglia corto. E subito dopo, con un lampo ironico, aggiunge: «Magari, invece, una reunion virtuale con l’intelligenza artificiale potrei anche immaginarla. Vederci ai tempi dei Floyd dal pubblico, realizzati digitalmente, sarebbe curioso».
I fantasmi di Pompei e l’incanto del Circo Massimo
Il legame di Gilmour con l’Italia è profondo e antico. Lo ricorda raccontando il set leggendario a Pompei, nel 1971, quando i Pink Floyd suonarono senza pubblico tra le rovine romane. «Sembrava di esibirsi davanti ai fantasmi, come disse Nick Mason. Anni dopo, da solo, nello stesso teatro, l’effetto fu opposto: lì c’era un pubblico vero, e la magia era tangibile».
Lo stesso incanto lo ha provato a Roma, davanti al Circo Massimo gremito. «Pensare di suonare in un luogo vivo da duemila anni mi ha dato un senso di pace. Preferisco questi spazi alla freddezza degli stadi. Ogni nota risuonava in sintonia con la storia».
Venezia 1989: «Ancora arrabbiato con il Comune»
Quando si cita l’Italia, impossibile non ricordare Venezia 1989. Quella notte sul palco galleggiante in laguna resta impressa nella memoria collettiva, ma per Gilmour è anche una ferita mai rimarginata. «Sono ancora arrabbiato con il Comune. Avevamo fatto accordi precisi che non vennero rispettati. Centomila persone senza bagni, abbandonate a sé stesse. E poi quelle polemiche assurde, sul fatto che avremmo potuto rovinare i monumenti con le vibrazioni».
E alza le spalle: «Eravamo su piattaforme al largo, come avremmo potuto danneggiarli?».
Syd Barrett, l’amico perduto
Il passato dei Pink Floyd ha sempre un’ombra che aleggia: quella di Syd Barrett, il genio fragile che lasciò il gruppo presto ma continuò a ispirarne le opere. Gilmour ricorda l’incontro imprevisto durante le registrazioni di Wish You Were Here. «All’inizio non lo riconoscemmo. Era cambiato completamente. Poi ci rendemmo conto che era lui, ma forse fu lui a non riconoscere noi. Viveva nel suo mondo».
Gli chiedono se oggi Barrett si sarebbe potuto salvare. «Con la psichiatria attuale, forse sì. Allora non credo. Non avevamo gli strumenti».
Eppure, il chitarrista respinge la semplificazione che vuole l’intero album dedicato a Syd. «Non è del tutto vero. Wish You Were Here parlava dell’assenza in generale. Ma certo, Shine On You Crazy Diamond era per lui».
Antonioni e le notti insonni di Zabriskie Point
Un altro ricordo che riporta in Italia è la collaborazione con Michelangelo Antonioni per la colonna sonora di Zabriskie Point. «Suonavamo solo di notte, perché si erano dimenticati di prenotare la sala di giorno. Antonioni lavorava sempre, e a volte si addormentava accanto alla mia chitarra».
Piccoli dettagli che raccontano la grandezza e le stranezze di un’epoca irripetibile, sospesa tra cinema, musica e sperimentazione.
Le ferite con Waters
Il tema più delicato resta il rapporto con Roger Waters. La frattura è profonda, e Gilmour non ha intenzione di ricucirla. «Non c’è alcuna possibilità di tornare a suonare insieme. Non potrei dividere il palco con chi oggi sostiene dittatori e regimi». Una chiusura netta, che conferma quanto i Pink Floyd siano ormai divisi da visioni inconciliabili del mondo prima ancora che della musica.
Eppure Gilmour non nega il fascino della tecnologia: «Se un giorno l’IA ci ricreasse come allora, potrei guardarmi seduto in platea. Sarebbe un esperimento curioso, non una vera reunion, ma almeno non servirebbe seppellire asce di guerra impossibili da dimenticare».
Il tempo che passa
Alla soglia degli ottant’anni, Gilmour continua a suonare e a creare, senza rinnegare il passato. Il suo ultimo album solista, Luck and Strange, ha scalato le classifiche inglesi. «Il segreto è restare curiosi. La vecchiaia arriva, certo, ma io preferisco far parlare la musica. È l’unico modo per restare vivi davvero».
E così, tra successi rinnovati e memorie ingombranti, David Gilmour appare oggi come un uomo pacificato con sé stesso, nonostante le ferite. Pompei, Venezia, Syd, Waters: ogni tappa racconta un pezzo di storia che continua a vibrare nelle sue corde.
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