Spettacolo
Per “Cipollino” oggi sono 79!
Massimo Boldi, l’amato attore comico compie oggi 79 anni. Nato a Luino, in provincia di Varese, rappresenta un simbolo della comicità italiana, avendo conquistato il cuore del pubblico con il suo talento e la sua simpatia.
Due coppie d’antologia
A fianco di Teo Teocoli o di Christian De Sica (rispettivamente suoi partner in tv e grande schermo), Boldi – che ha iniziato la sua carriera nel mondo dello spettacolo negli anni ’70 – non ha mai smesso di farci ridere. Una comicità spesso surreale, folle e demenziale, apartire dal personaggio di Max Cipollino, il maldestro conduttore di un tg locale, che ha saputo attingere sempre qualcosa dagli artisti con cui ha collaborato sul palco e sul set.
Le sue ispirazioni
Di base c’è il medesimo atteggiamento scanzonato “rubato” al mitico Jerry Lewis, il senso del surreale tipico della coppia Cochi e Renato, l’atteggiamento fantozziano alla Villaggio e il gusto popolare della battuta tipica di Lino Banfi e di Jerry Calà.
Una miscela unica
A ben guardare però Boldi rappresenta al contempo qualcosa di meno e di più rispetto a questi modelli. Il suo vero merito è di essere qualcosa di unico. Una singolarità a cui forse è mancato, il coraggio di andare oltre il proprio tempo. Un limite in parte recuperato nel film Festival di Pupi Avati (1996) in cui ha interpretato il ruolo del protagonista Franco Melis, un comico che sembra riscattare la propria carriera con un premio alla Mostra del Cinema di Venezia.
Gli esordi come drummer in alcuni complessini
Il primo amore è la musica e come batterista, dopo avere suonato in alcune band negli anni 60, approda con le sue bacchette nell’università comica più importante dello scorso secolo, il Derby Club di Milano. Parte di un mondo leggendario che oggi sembra perduto dopo aver segnato la cultura dell’intrattenimento italiano, insieme a Enzo Jannacci, Cochi e Renato, Giorgio Gaber, Paolo Villaggio, I Gufi, Felice Andreasi, solo per citarne alcuni.
Tanti film indimenticabili
A consacrare la sua maschera ci pensa il cinema dove lavora in film che in Italia sono diventati degli autentici cult. La lista è davvero lunga: Sono Fotogenico di Dino Risi nel 1980, Eccezzziunale Veramente di Carlo Vanzina nel 1982, Il Ragazzo di Campagna di Castellano&Pipolo nel 1984, I Due Carabinieri di Carlo Verdone nel 1984, I Pompieri del 1985 e Scuola di Ladri del 1986 di Neri Parenti fino a Yuppies – I Giovani di Successo di Carlo Vanzina sempre del 1986.
Oggi e domani
Come dimenticare poi il periodo d’oro dei cosiddetti cinepanettoni, insieme a Christian De Sica, col quale ha rappresentato il duo d’oro della commedia italiana di successo, realizzando i i grandi incassi al botteghino durante le vacanze natalizie. Alle soglie degli 80 Massimo Boldi guarda ancora al futuro, essendosi sempre reinventato, passando dal cabaret alla televisione, dal cinema alle serate di gala. Riuscendo sempre a mantenere un forte legame con il suo pubblico, grazie alla sua innata capacità di far ridere e alla sua autenticità. Ci permettiamo di consigliarli una cosa: un ruolo drammatico, per completare la gamma di personaggi da lui proposti e per rivelare – chissà – anche doti recitative “serie” che spesso ha sacrificato in funzione della grassa risata.
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Personaggi e interviste
Martina Colombari, lo sfogo su Achille a Ballando e quel “mi piace” del figlio che vale più di mille discorsi: il gesto che ha commosso tutti
A Ballando con le Stelle Martina Colombari ha parlato dell’esposizione mediatica subita da Achille, definendola “dolorosa” e “distorta”. Due giorni dopo, il suo post di ringraziamenti ha ricevuto un segnale silenzioso ma potente: il figlio ha messo “mi piace”. Un gesto piccolo, lontano dai riflettori, che molti fan hanno letto come una riappacificazione emotiva.
A Ballando con le Stelle Martina Colombari non ha portato solo passi di danza: ha portato una verità che aveva bisogno di uscire. Durante una delle puntate più intense della stagione, l’attrice e showgirl ha ricordato quanto la narrazione pubblica attorno al figlio Achille le abbia ferito profondamente. «C’è stata una strumentalizzazione delle vicende di Achille che mi ha fatto schifo», ha detto davanti alle telecamere, senza filtri, con il tono di chi ha visto il proprio privato inghiottito dal rumore esterno.
Uno sfogo necessario, nato dal dolore
Le parole hanno colpito il pubblico, perché non erano parte di una performance né di un copione emozionale: erano lo sfogo di una madre che si è vista raccontare — e giudicare — attraverso una lente che non le apparteneva. La Colombari ha spiegato quanto quella sovraesposizione mediatica fosse diventata tossica per lei e per la sua famiglia, trasformando situazioni delicate in “contenuti” su cui speculare.
Il post di ringraziamenti dopo lo tsunami
Due giorni dopo quella confessione così dura, la Colombari ha pubblicato un messaggio sui social. Un post composto, quasi protettivo, in cui ha ringraziato il pubblico, la produzione e soprattutto il suo maestro di ballo Luca Favilla. Ha definito Ballando “una famiglia”, lasciando intendere che quell’ambiente l’abbia accolta e sostenuta in un momento già complesso.
Il like di Achille: il gesto che dice tutto
E poi è arrivato quel gesto inatteso: Achille, il figlio di cui si è parlato troppo e troppo spesso senza delicatezza, ha messo “mi piace”. Nessun commento, nessuno sfogo, nessuna apparizione pubblica. Solo un pollice alzato digitale che ha fatto il giro dei social. I fan lo hanno interpretato come un segnale di vicinanza, forse di conforto, forse di sostegno a una madre che ha scelto di proteggere la sua storia.
Un gesto che vale più di mille dichiarazioni, perché arriva da chi di solito resta distante dalle dinamiche mediatiche. Un piccolo clic che racconta una relazione fatta di passi lenti, ricostruzioni silenziose e affetto che non ha bisogno della ribalta.
Una famiglia che si ritrova lontano dai riflettori
Per la Colombari, quella reazione è stata probabilmente la conferma più preziosa: che le sue parole non sono cadute nel vuoto, che il suo tentativo di rimettere i confini attorno alla vita di Achille sia stato compreso proprio da lui. E mentre Ballando continua tra voti, coreografie e sfide, la storia più vera l’ha raccontata quel like. Un frammento di normalità che, in un mondo saturato di rumore, suona come una carezza.
Musica
Emma Marrone domina con “Brutta Storia”: il singolo vola in classifica e conquista Sarah Toscano ed Elisa
La canzone di Emma Marrone non solo guida le chart italiane, ma scatena un effetto domino tra artiste che decidono di reinterpretarla: Sarah Toscano ed Elisa hanno già reso omaggio al brano, trasformandolo in un piccolo cult condiviso. Un successo che cresce ogni ora, tra streaming, cover spontanee e un entusiasmo che sembra inarrestabile.
“Brutta Storia” non è solo l’ultimo singolo di Emma Marrone: è la canzone che sta ribaltando le classifiche e infiammando il pop italiano. Lanciato da poche settimane, il brano ha scalato le chart con una velocità che ha sorpreso persino i fan più ottimisti, diventando il pezzo più ascoltato del momento e un trend fisso sui social.
La consacrazione in vetta alle classifiche
La corsa del singolo è inarrestabile: streaming alle stelle, radio che lo programmano a ripetizione e una community online che ne amplifica ogni passaggio. “Brutta Storia” ha il tiro emotivo dei pezzi migliori di Emma, quelli che mescolano energia, vulnerabilità e una scrittura che ti resta addosso. La scelta di rilasciarlo a fine anno ha fatto il resto: un titolo forte, un ritornello che spacca e un mood perfettamente in linea con questi mesi sospesi tra bilanci e ripartenze.
Sarah Toscano e il primo omaggio virale
Tra le prime a renderle omaggio c’è stata Sarah Toscano, che ha reinterpretato il brano in una versione intima e potente. Una cover che ha fatto subito il giro del web, convincendo tutti che “Brutta Storia” è quel tipo di canzone capace di cambiare forma senza perdere un grammo della sua forza. La giovane cantante ha trasformato il pezzo in un confessionale emotivo che ha emozionato la stessa Emma.
E poi arriva Elisa: il sigillo d’autore
Se Sarah ha acceso la miccia, Elisa ha messo il timbro della consacrazione. La sua interpretazione — elegante, pulita, quasi sospesa — ha dato al singolo una nuova dimensione, come sempre accade quando decide di prestare la voce ai brani che le parlano davvero. L’effetto è stato immediato: “Brutta Storia” si è trasformata in un fenomeno condiviso, un pezzo che unisce generazioni e stili.
Un fenomeno pop che cresce ogni ora
La forza di “Brutta Storia” non sta solo nella melodia o nel testo, ma nella capacità di evocare qualcosa di universale. Emma ha centrato un punto emotivo che vibra allo stesso modo nelle playlist dei ventenni e nelle casse degli adulti. Le reinterpretazioni delle colleghe hanno amplificato l’eco del brano trasformandolo in un mini-caso della musica pop italiana. E la sensazione, guardando gli ascolti e la velocità delle condivisioni, è che la storia — brutta o bella — sia appena iniziata.
Personaggi e interviste
Giorgio Panariello, tra ferite e risate: dall’infanzia segreta al fratello perduto, al sogno di Sanremo con Conti e Pieraccioni
Panariello racconta la sua infanzia segnata dagli abbandoni, il senso di colpa per il fratello morto assiderato, le spese folli degli inizi e il flop di Sanremo 2006. Ma oggi, tra tournée e nuovi progetti, ritrova l’ottimismo di sempre: “Forse ho pagato lo scotto di essere un comico, in Italia chi fa cabaret resta fuori da certi giri”.
La storia di Giorgio Panariello è una traiettoria fatta di scarti emotivi, scoperte improvvise e di un talento nato quasi per autodifesa. Il comico toscano, oggi in tournée con E se domani…, ha ripercorso le ombre della sua vita con una sincerità rara: un’infanzia che molti definirebbero difficile, lui la chiama semplicemente “singolare”.
L’infanzia segreta e la verità scoperta per caso
Fino a undici anni era convinto che i suoi fossero due genitori un po’ più anziani del normale. La realtà gli arrivò addosso tutta insieme: «La signora che compariva a Natale era mamma». Era stata lei, a soli 17 anni, ad abbandonarlo all’Ospedalino degli Innocenti di Firenze. A salvarlo fu la nonna, che lo portò a casa imponendosi su un marito contrario. Quelli che credeva fratelli erano zii, e da qualche parte c’era anche un fratello vero, Franco.
Franco, la droga e un dolore che non passa
Quando Panariello lo conobbe, gli volle bene subito. Ma la vita di Franco prese la strada peggiore: la dipendenza, la strada, un tentativo di disintossicazione e poi il destino tragico del 2011, quando fu abbandonato per strada e morì assiderato. Il comico non nasconde il tormento: «Mi sentivo in colpa, lo aiutavo dandogli soldi sapendo che fine avrebbero fatto». Una frattura che ancora oggi trattiene negli occhi.
Il successo, le spese folli e il Sanremo che brucia
Panariello non nega di essere stato un esteta dalla mano larga: «Se guadagno cinque, tre li spendo e due li tengo». E il palco, fin da ragazzo, era il suo modo per farsi vedere: firmava quaderni per “allenare” gli autografi. Poi è arrivato Sanremo 2006, un tasto dolente: «Ho sbagliato approccio. L’embargo dei discografici ha fatto il resto».
Il futuro tra amici, teatro e un’idea di Festival
Eppure, nonostante tutto, Panariello resta ottimista. Il pranzo con Conti e Pieraccioni è già fissato: se nascerà un’idea, il Festival 2026 potrebbe diventare una sorpresa. «Forse ho pagato lo scotto di essere un comico: in Italia chi fa cabaret è escluso da certi giri». Ma lui, al pubblico, chiede solo una cosa: continuare a essere visto per quello che è, un uomo che ha imparato a sorridere anche quando la vita non glielo rendeva facile.
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