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Personaggi e interviste

Damiano David fa karaoke sui pedali: quando Los Angeles diventa un palcoscenico

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    A volte, la vita riserva incontri inaspettati e incredibilmente divertenti. È quello che è successo a Damiano David, frontman dei Måneskin, quando si è ritrovato a partecipare al curioso format di TikTok E-trike Karaoke, ideato dall’influencer e attrice Alanna Malicdem. L’idea di Alanna conciste nel fere cantare le persone pedalando. Sai che trovata…!
    Ma d’altra parte i tempi sono questi. E così Alanna Malicdem, giovane star dei social da tempo porta avanti una missione. Ovvero trasformare la quotidianità delle persone in divertimento virale. Il suo format consiste nel fermare passanti a caso per chiedere loro di cantare la loro canzone preferita mentre girano per strada su una bici elettrica. Il tutto in cambio di 20 dollari. La sua simpatia e l’originalità dell’idea sono diventate virali, ma mai Alanna avrebbe pensato di imbattersi in un personaggio come Damiano David.

    L’incontro casuale con Damiano

    A New York, in un normale giorno di sole, Alanna si è rivolta a un giovane passante con la solita domanda: “Ti va di cantare il karaoke in bicicletta per 20 dollari?“. Ma la sorpresa è stata tutta sua quando si è accorta che aveva davanti il carismatico cantante dei Måneskin. Damiano, incuriosito, non solo ha accettato la sfida, ma si è prestato al gioco con autoironia e disinvoltura. Permettendosi anche di fare il modesto. Quando Alanna gli ha chiesto di valutare il proprio talento canoro, Damiano ha risposto con modestia: “Bah, sei e mezzo, sette“. Eppure, davanti alla richiesta di cantare la sua canzone preferita, ha scelto “Caught in a Blue” di Stephen Sanchez, dedicandola con dolcezza alla sua fidanzata, l’attrice Dove Cameron. Come ciliegina sulla torta, Damiano ha regalato anche una versione live del suo singolo “Born with a Broken Heart“, conquistando il pubblico del web. Il risultato? Un video che ha superato il milione di visualizzazioni in poche ore.

    Chi è Damiano David, ora a New York con la fidanzata Dove Cameron?

    Damiano David, romano classe 1999, è la voce e l’anima dei Måneskin, la band italiana che ha conquistato il mondo dopo la vittoria all’Eurovision 2021 con “Zitti e Buoni“. Con la sua voce potente e il carisma travolgente, Damiano ha portato il rock italiano sulle scene internazionali, rendendolo una vera e propria icona.

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      Personaggi e interviste

      Umberto Smaila: «Colpo Grosso era da educande, oggi mi manderebbero all’inferno. Non ho limiti nel bere, nel mangiare, nel fumare»

      Tra Jerry Calà e le “ragazze Cin Cin”, Smaila racconta cinquant’anni di spettacolo, eccessi e libertà: «Mi dissero che ero l’unico in grado di rendere quel programma non volgare. Ho avuto tutto, ho perso tanto, ma rifarei tutto uguale».

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        Prima ha trasformato la musica in cabaret, poi il cabaret in televisione, e infine la televisione in uno show che fece epoca: Colpo Grosso. Umberto Smaila è stato tutto questo, un intrattenitore capace di attraversare stagioni diverse con lo stesso sorriso sfrontato e malinconico.

        Tutto comincia a Verona, dove con Franco Oppini, Nini Salerno e Jerry Calà forma i Gatti di Vicolo Miracoli. «Non c’era un laureato tra noi, davamo un esame l’anno solo per evitare il militare», ricorda ridendo. «Dormivamo poco, la notte lavoravamo al Derby di Milano. Diego Abatantuono faceva il tecnico delle luci, e noi gli facevamo da professori: studiava con noi, era senza patente ma guidava lo stesso».

        Gli anni Settanta sono un turbine: viaggi infiniti, teatri, serate improvvisate. Poi la separazione. «Io e Jerry non ci siamo parlati per cinque anni. Se n’è andato a fare cinema e noi siamo rimasti in braghe di tela. Mi sentii tradito, ma poi capii: quando passa un treno, o ci salti sopra o lo guardi andare via».

        Il successo televisivo arriva con Help! e poi, nel 1987, con Colpo Grosso. Una trasmissione che cambierà la carriera – e la reputazione – di Smaila. «Mi scelsero perché dissero che solo io avrei potuto renderlo non volgare. Pensavo sarebbe durato tre mesi, e invece furono trecento puntate all’anno per cinque anni. Rispetto a quello che si vede oggi, era un programma da educande. Lo guardavano persino le ragazzine, che ci mandavano i disegnini delle ragazze Cin Cin».

        Quelle ragazze, però, non erano dive. «Venivano quasi tutte dall’estero: inglesi, olandesi, dell’Est. Le italiane non volevano spogliarsi. Erano molto riservate, fuori dal set le vedevi con i sacchetti della spesa. Nessun lusso, nessun glamour. Io? Solo un piccolo flirt, niente storie clamorose».

        Quando Colpo Grosso finì, arrivò la doccia fredda. «Da trecento puntate a zero. Viaggiavo in Mercedes, mi sentivo immortale. Poi capii che non lo ero. Forse, senza quel programma, avrei avuto un’altra carriera, ma non rinnego nulla».

        Nel frattempo, Smaila continua con la musica, la sua vera casa. Fino al colpo di scena hollywoodiano: «Mi chiamò l’agenzia di Quentin Tarantino. Stavano girando Jackie Brown e volevano un mio brano. Pensavo fosse uno scherzo, invece era vero. Aveva visto La belva col mitra, dove c’era la mia musica. Quei sei minuti sonori mi hanno regalato l’eternità».

        Oggi, a 74 anni, Smaila non rinnega i suoi eccessi. «Non ho limiti nel bere, nel mangiare, nel fumare. Secondo i benpensanti, sono un irregolare. Quelli come me vanno all’inferno, e io ci andrò volentieri, se trovo la compagnia giusta».

        E mentre la tv di oggi «ha tolto lo spettacolo e il coraggio», lui resta fedele al suo stile. «Allora facevamo otto giorni di prove per tre minuti di varietà. Oggi bastano due ore e un microfono. Ma io continuo a cantare nei miei locali, tra gente che balla e ride. È questo che mi tiene vivo».

        La leggenda di Umberto Smaila, tra pianobar, cabaret e cult televisivi, è il ritratto di un’Italia che si prendeva meno sul serio. E che forse, proprio per questo, sapeva divertirsi di più.

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          Personaggi e interviste

          Alessandro Cattelan, chiude dopo due anni il suo ristorante: il fallimento (silenzioso) del Quintalino

          L’avventura nella ristorazione del conduttore di “Stasera c’è Cattelan” si è conclusa senza annunci: il locale milanese ha spento le luci e cancellato i social

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            Due anni. Tanto è durata la scommessa gastronomica di Alessandro Cattelan, che con amici e soci aveva deciso di cimentarsi nella ristorazione. Il progetto si chiamava Quintalino, e oggi – come segnala il sito Dissapore – è ufficialmente chiuso.
            Una chiusura avvenuta nel più totale silenzio: nessun annuncio, nessuna dichiarazione pubblica, solo la pagina Instagram ferma da mesi e la serranda abbassata.

            Un’idea ambiziosa ma senza fortuna

            Il Quintalino era nato a Milano come spin-off di Quintale, il ristorante legato al celebre macellaio toscano Dario Cecchini, con la collaborazione di Francesco Panella e Vittorio De Rosa. L’idea era proporre un locale dallo stile moderno, curato ma accessibile, con un menu centrato su hamburger di qualità e una formula senza camerieri, sul modello dei fast food americani di nuova generazione.
            Un esperimento interessante, almeno sulla carta, ma che non ha mai trovato un pubblico fedele.

            Recensioni in picchiata

            Negli ultimi mesi, le recensioni su Tripadvisor e Google avevano preso una piega negativa: critiche sul servizio, sul prezzo e su un’esperienza giudicata da molti “confusa”. Alcuni clienti lamentavano porzioni ridotte e una gestione poco attenta.

            Silenzio social e fine dell’avventura

            Mentre il locale chiudeva i battenti, i profili social del Quintalino restavano immobili, nonostante la forte spinta mediatica che ne aveva accompagnato il lancio, anche grazie ai post di Cattelan.
            La mancanza di comunicazione ufficiale ha contribuito a far calare il sipario con discrezione su una delle scommesse meno fortunate del conduttore, oggi concentrato sul suo show televisivo Stasera c’è Cattelan.

            Un fallimento silenzioso, ma istruttivo: perché anche dietro i nomi noti, nel mondo della ristorazione, il successo non è mai garantito.

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              Personaggi e interviste

              Martina Colombari dopo le confessioni del figlio Achille Costacurta: «È stato intenso, ma prima di parlarne con voi devo farlo con lui»

              Un rapporto ricucito con fatica, un percorso di rinascita condiviso: “Ora il cammino è iniziato e, anche se non è facile, va finalmente nella direzione giusta”

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                Dopo le forti rivelazioni di Achille Costacurta, il figlio di Martina Colombari e Billy Costacurta, arriva la risposta della madre. L’ex Miss Italia, visibilmente emozionata, ha commentato le parole del figlio, che nel podcast One More Time aveva raccontato senza filtri la sua adolescenza difficile, segnata da abusi, droga, TSO e tentativi di suicidio.
                «È stato un weekend intenso – ha detto Martina – perché è uscito il podcast di mio figlio Achille. Poi con calma magari ne parliamo, ma prima voglio farlo con lui. Non so mai come pormi di fronte a questa sua fragilità…».

                «Prima voglio parlarne con lui»

                Colombari ha parlato con tono pacato ma emozionato, tra orgoglio e sollievo. «Non devo aggiungere altro, ma sì, mi piacerebbe confrontarmi con voi, dopo averlo fatto con lui. È difficile trovare le parole giuste, ma sono felice di vederlo finalmente più sereno». Un sorriso, stavolta sincero, ha accompagnato la riflessione di una madre che ha attraversato la tempesta e intravede ora la quiete.

                Le rivelazioni di Achille: «Ho iniziato a spacciare, poi ho tentato il suicidio»

                Nel podcast condotto da Luca Casadei, Achille, oggi ventunenne, ha raccontato il momento in cui tutto è crollato: «Ho iniziato a spacciare e mi hanno arrestato a 15 anni e mezzo. In comunità ho provato a suicidarmi bevendo sette boccettine di metadone. Nessun medico sa spiegarmi perché io sia ancora vivo».
                Il giovane ha parlato anche della diagnosi di Adhd, arrivata solo un anno fa: «L’ho scoperto a maggio dell’anno scorso in una clinica svizzera. Mi dissero: “Ti sei auto-curato con la droga”. È stato come ricevere una chiave per capire chi sono».

                Il nuovo equilibrio con i genitori

                Achille ha spiegato come anche i genitori abbiano intrapreso un percorso parallelo: «Da quando hanno fatto un corso genitoriale sull’Adhd, il nostro rapporto è cambiato. Prima, se litigavamo, spaccavo le porte. Ora non succede più, perché sanno come dirmi un no».
                Una crescita condivisa, che oggi unisce una famiglia passata attraverso il dolore ma capace di ritrovare una forma di armonia.

                Un abbraccio che vale più di mille parole

                Solo pochi giorni fa, all’Auditorium del Foro Italico, Achille era in prima fila per applaudire la madre impegnata in una performance di danza. Martina, scesa dal palco, lo ha abbracciato con una commozione che raccontava più di qualsiasi intervista: la forza di una madre e la rinascita di un figlio.

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