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Personaggi e interviste

Luca Argentero compie 47 anni e celebra 20 anni di carriera: “Il mio ruolo più bello? Papà”

Dai primi passi nella casa del Grande Fratello alla serie record “Doc – Nelle tue mani”, Luca Argentero si racconta tra bilanci e nuove promesse. Ma il suo ruolo preferito resta quello di marito e papà, al fianco di Cristina Marino e dei piccoli Nina e Noè.

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    Buon compleanno, Luca Argentero! Il 12 aprile l’attore ha spento 47 candeline, festeggiando non solo un traguardo personale, ma anche un anniversario speciale: vent’anni di carriera. Correva l’anno 2005 quando un giovane volto, appena uscito dalla casa del Grande Fratello, debuttava nella serie “Carabinieri”, conquistando il pubblico con il suo sorriso pulito e quell’innata capacità di bucare lo schermo.

    Da allora, Luca Argentero non si è più fermato. Ha collezionato ruoli importanti, lavorando con registi del calibro di Francesca Comencini e Ferzan Ozpetek, e costruendo passo dopo passo una carriera solida, variegata, mai banale. Da “Saturno contro” a “Lezioni di cioccolato”, da “Solo un padre” a “Mangia prega ama”, l’attore ha attraversato generi diversi con la stessa naturalezza con cui passa dal set al tappeto di casa per giocare con i figli.

    Se oggi Argentero è considerato uno dei volti più amati e richiesti del cinema e della televisione italiana, il merito va anche alla sua capacità di restare fedele a sé stesso. Un’immagine che il pubblico percepisce, e che sui social si traduce in ondate di affetto ogni volta che condivide uno spicchio della sua vita privata.

    Una vita che ruota attorno a Cristina Marino, attrice e imprenditrice, al suo fianco dal 2015, e ai loro due bambini, Nina Speranza e Noè Roberto. Proprio Cristina, per il suo compleanno, gli ha dedicato parole che sanno di poesia: «Se potessi fermare il tempo lo farei adesso. Per restare con te, per sempre». Un sentimento che Luca ricambia con entusiasmo e gratitudine, confermando che, al di là dei riflettori, il suo vero centro è la famiglia.

    In occasione dei vent’anni di carriera, Argentero ha voluto celebrare il percorso compiuto pubblicando un collage dei suoi tanti ruoli: «Guardo con tenerezza a quel ragazzo impacciato ma spavaldo… È emozionante vedere tutte queste versioni di me a servizio di una storia». E a chi pensa che il tempo abbia smorzato l’entusiasmo, lui risponde con una promessa: «Ho già nuove fototessere da mostrarvi. Faccio il mestiere più bello del mondo, vi sfido a dire il contrario».

    Eppure, il ruolo che più gli sta a cuore non ha a che fare con premi o set. Il personaggio che Luca interpreta con maggior dedizione è quello di marito e papà. Lo ha confessato senza esitazioni: «Vorrei fare solo il padre. Attorno a me non vedo nulla di più interessante in tutto quello che faccio, Doc compreso». Un amore totalizzante, che lo accompagna anche durante le riprese: «Io sto sul set pensando a cosa stanno facendo a casa».

    Così, mentre i fan attendono di rivederlo nei panni del dottor Andrea Fanti nella nuova stagione di “Doc – Nelle tue mani”, Luca Argentero continua a vivere la sua personale “prima serata” tra cambi di pannolini, storie della buonanotte e cene in famiglia. Perché dietro l’attore c’è l’uomo. E dietro il sex symbol, un papà che, a 47 anni, ha capito qual è il vero, unico, insostituibile ruolo della sua vita.

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      Heidi Klum, Halloween regina assoluta: si trasforma in una Medusa da “Scontro tra Titani” con squame, serpenti e lingua biforcuta

      Per il 25° anniversario del suo leggendario party di Halloween, Heidi Klum punta tutto sul mito e sceglie Medusa: corpo verde, squame scintillanti, serpenti animati sulla testa e una coda che serpeggia sul red carpet. Tra gli ospiti, star mascherate da icone pop, cartoni, vampiri e alieni. Un’altra notte di eccesso controllato che conferma: quando si parla di Halloween, Heidi non ha rivali.

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        Non è Halloween se Heidi Klum non decide di superare se stessa. E anche stavolta la modella tedesca, 52 anni, non ha deluso: per i 25 anni del suo ormai storico party newyorkese, ha scelto di incarnare Medusa. Non una versione minimal o ironica: corpo interamente ricoperto da squame verdi, serpenti che si agitavano sulla testa, make-up prostetico, latex e persino una lingua biforcuta. A completare la trasformazione, una lunga coda sinuosa trascinata sul red carpet e uno sguardo da creatura mitologica uscita direttamente da Scontro tra Titani.
        La “Regina di Halloween” aveva promesso alla rivista People che quest’anno sarebbe stata “molto brutta”. Missione compiuta, e con stile.

        Una festa blindata e stellare
        La location, rigorosamente segreta come da tradizione, ha accolto una parata di celebrità in costumi spettacolari, teatrali e volutamente eccessivi. Tra le apparizioni più fotografate, Valentina Sampaio versione Leeloo de Il quinto elemento, Coco Austin trasformata in un Chucky glamour con parrucca rossa e calze a rete, mentre il rapper Ice-T ha optato per una mise horror con coltelli finti e sangue scenico.
        Non è mancato l’omaggio ai miti pop: Ariana Madix ha replicato l’iconico look “Zombieboy” di Lady Gaga, mentre Amaya Espinal ha lasciato il pubblico a bocca aperta in versione Na’vi di Avatar, completamente dipinta di blu.

        Tra Barbie vintage e Shrek, l’Halloween più ambizioso
        Menzione speciale per Maye Musk, elegantissima Crudelia De Mon, e per Ilona Maher, Barbie d’epoca. Darren Criss ha scelto di divertirsi diventando Shrek, accompagnato dalla moglie in versione Gatto con gli Stivali. Non sono mancati volti social come James Charles e Gigi Gorgeous, insieme a Damian Hurley e Olivia Attwood.
        Heidi Klum, negli anni, ci ha abituato a trasformazioni memorabili: da verme gigante a E.T., passando per cloni di se stessa. La sua Medusa, però, entra di diritto tra le più iconiche. Visionaria, scenografica, volutamente inquietante. E, per una volta, più latex che pelle nuda. Anche questo, a modo suo, è un colpo di scena.

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          Umberto Smaila: «Colpo Grosso era da educande, oggi mi manderebbero all’inferno. Non ho limiti nel bere, nel mangiare, nel fumare»

          Tra Jerry Calà e le “ragazze Cin Cin”, Smaila racconta cinquant’anni di spettacolo, eccessi e libertà: «Mi dissero che ero l’unico in grado di rendere quel programma non volgare. Ho avuto tutto, ho perso tanto, ma rifarei tutto uguale».

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            Prima ha trasformato la musica in cabaret, poi il cabaret in televisione, e infine la televisione in uno show che fece epoca: Colpo Grosso. Umberto Smaila è stato tutto questo, un intrattenitore capace di attraversare stagioni diverse con lo stesso sorriso sfrontato e malinconico.

            Tutto comincia a Verona, dove con Franco Oppini, Nini Salerno e Jerry Calà forma i Gatti di Vicolo Miracoli. «Non c’era un laureato tra noi, davamo un esame l’anno solo per evitare il militare», ricorda ridendo. «Dormivamo poco, la notte lavoravamo al Derby di Milano. Diego Abatantuono faceva il tecnico delle luci, e noi gli facevamo da professori: studiava con noi, era senza patente ma guidava lo stesso».

            Gli anni Settanta sono un turbine: viaggi infiniti, teatri, serate improvvisate. Poi la separazione. «Io e Jerry non ci siamo parlati per cinque anni. Se n’è andato a fare cinema e noi siamo rimasti in braghe di tela. Mi sentii tradito, ma poi capii: quando passa un treno, o ci salti sopra o lo guardi andare via».

            Il successo televisivo arriva con Help! e poi, nel 1987, con Colpo Grosso. Una trasmissione che cambierà la carriera – e la reputazione – di Smaila. «Mi scelsero perché dissero che solo io avrei potuto renderlo non volgare. Pensavo sarebbe durato tre mesi, e invece furono trecento puntate all’anno per cinque anni. Rispetto a quello che si vede oggi, era un programma da educande. Lo guardavano persino le ragazzine, che ci mandavano i disegnini delle ragazze Cin Cin».

            Quelle ragazze, però, non erano dive. «Venivano quasi tutte dall’estero: inglesi, olandesi, dell’Est. Le italiane non volevano spogliarsi. Erano molto riservate, fuori dal set le vedevi con i sacchetti della spesa. Nessun lusso, nessun glamour. Io? Solo un piccolo flirt, niente storie clamorose».

            Quando Colpo Grosso finì, arrivò la doccia fredda. «Da trecento puntate a zero. Viaggiavo in Mercedes, mi sentivo immortale. Poi capii che non lo ero. Forse, senza quel programma, avrei avuto un’altra carriera, ma non rinnego nulla».

            Nel frattempo, Smaila continua con la musica, la sua vera casa. Fino al colpo di scena hollywoodiano: «Mi chiamò l’agenzia di Quentin Tarantino. Stavano girando Jackie Brown e volevano un mio brano. Pensavo fosse uno scherzo, invece era vero. Aveva visto La belva col mitra, dove c’era la mia musica. Quei sei minuti sonori mi hanno regalato l’eternità».

            Oggi, a 74 anni, Smaila non rinnega i suoi eccessi. «Non ho limiti nel bere, nel mangiare, nel fumare. Secondo i benpensanti, sono un irregolare. Quelli come me vanno all’inferno, e io ci andrò volentieri, se trovo la compagnia giusta».

            E mentre la tv di oggi «ha tolto lo spettacolo e il coraggio», lui resta fedele al suo stile. «Allora facevamo otto giorni di prove per tre minuti di varietà. Oggi bastano due ore e un microfono. Ma io continuo a cantare nei miei locali, tra gente che balla e ride. È questo che mi tiene vivo».

            La leggenda di Umberto Smaila, tra pianobar, cabaret e cult televisivi, è il ritratto di un’Italia che si prendeva meno sul serio. E che forse, proprio per questo, sapeva divertirsi di più.

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              Achille Costacurta, il racconto shock al podcast: “Ho preso sette boccettine di metadone per suicidarmi”.

              Nel podcast One More Time Achille Costacurta ricorda l’adolescenza tra droghe, ricoveri forzati e violenza, fino al tentativo di suicidio a 15 anni: “Mi hanno salvato, non so come sia vivo”. La svolta in Svizzera, la diagnosi di ADHD e il legame ritrovato con i genitori.

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                La storia di Achille Costacurta non è un racconto patinato. È una discesa nel buio e una lenta risalita, narrata con lucidità nel podcast One More Time di Luca Casadei. “Ho iniziato a fumare a 13 anni, al compleanno dei 18 ho provato la mescalina”, racconta. Una spirale di abusi, scontri con la realtà e con la legge: “Una volta ho avuto una colluttazione con la polizia. Ero sotto effetto e ho fatto il matto su un taxi. Il poliziotto arriva, mi tira un pugno in faccia, io ero allucinato quindi l’ho spaccato di legnate. Lì dopo poco mi fanno il primo TSO, me ne hanno fatti 7 in un anno”.

                TSO, disperazione e il buio più profondo
                Non risparmia nulla, nemmeno i momenti più duri. “A Milano ho trovato due dottori cattivissimi che mi hanno legato al letto per tre giorni… urlavo che mi serviva il pappagallo, io ero legato e mi dovevo fare la pipì addosso”. Un dolore quegli anni che tocca anche la famiglia: “L’unica volta che ho visto piangere mio padre è stata quando gli chiedevo di andare a fare l’eutanasia, perché non provavo più nulla”.

                Il punto più basso arriva a 15 anni e mezzo. Arresti, comunità, isolamento. E la fuga verso l’estremo: “Prendo le chiavi dell’infermeria, sette boccettine di metadone. Le bevo tutte. Volevo suicidarmi. Arrivano i pompieri e sfondano la porta… nessun medico ha saputo dirmi come io sia ancora vivo”.

                La Svizzera e la diagnosi che cambia tutto
                La svolta arriva dopo. “Quando sono arrivato in clinica mi hanno detto: ‘Se fossi stato fuori altri 10 giorni saresti morto’”. In Svizzera scopre l’ADHD. “Tu ti volevi auto-curare con la droga”, gli dicono i medici. Una frase che gli rimane impressa. Anche i genitori partecipano a un corso specifico: “Da lì non è mai più successo niente, perché loro sanno come dirmi un no”.

                Una nuova consapevolezza
                Oggi Achille ha 21 anni e guarda avanti: “Sono fiero di me. Non mi vergogno di quello che mi è successo, perché sono una persona normale. Ho imparato a non dimenticare quei traumi, ma a farne tesoro”.

                Non uno slogan motivazionale, ma una verità conquistata, passo dopo passo. E, come dice lui, “grazie a chi non ha smesso di esserci”.

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