Televisione
Da Calenda a Gasparri, da Pascale a Craxi: Perfidia si trasferisce a Roma e cuoce a fuoco vivo i protagonisti della politica
Perfidia cambia scenario ma non stile: negli studi romani di ViaCondotti21 nel cuore della Capitale, Antonella Grippo orchestra un confronto senza filtri, tra interviste incendiarie e abbinamenti musicali al veleno. Ognuno interpreta il proprio copione politico, ma a decretare vincitori e sconfitti, più che le parole, è sempre lo spettatore con il potere supremo del telecomando.

Davvero un puntatone. Una di quelle serate che sembrano voler infrangere record su record, manco fosse un’impresa da Guinnes dei Primati. Perfidia torna e lo fa con lo stile che la contraddistingue, moltiplicando il tasso di malizia, polemica e sfrontatezza in una puntata speciale che non si accontenta di restare negli studi di LaC a Vibo, ma si trasferisce nella cornice più esclusiva che si possa immaginare: gli studi di via Condotti, a Roma.
Perfidia un format di punta del network fortemente voluto e sostenuto dall’editore e presidente del gruppo Domenico Maduli, che ne ha favorito la trasferta romana degli studi
Esatto, proprio lì, nel cuore pulsante del lusso, a due passi da piazza di Spagna, sede della testata LaCapitale, fiore all’occhiello del network Diemmecom. Perfidia è un format di punta del network fortemente voluto e sostenuto dall’editore e presidente del gruppo Domenico Maduli, che ne ha favorito la trasferta romana degli studi”
E quando la location è di livello, lo show non può che adeguarsi: quello che va in scena è un menù da chef stellato, servito con ferocia e maestria da un’Antonella Grippo in stato di grazia.
Sempre più padrona della sua creatura, l’anima di un salotto ad altissima gradazione politica che non conosce remore, censure o veline. Altro che Bruno Vespa e Giovanni Floris. Qui si gioca un altro campionato. Il campionato di Sua Santità El Diablo, il più irriverente e cattivo che c’è…
Non a caso, sulla famigerata sedia di Perfidia si alternano, uno dopo l’altro, ospiti che da soli basterebbero a riempire intere puntate di infotainment ad alto contenuto esplosivo. A sfilare sul ring del talk show più velenoso d’Italia ci sono Carlo Calenda, presidente di Azione, Maurizio Gasparri, capogruppo al Senato di Forza Italia, Luigi Bisignani, scrittore e giornalista con un curriculum che sembra uscito da un thriller di spionaggio di Le Carrè.
Francesco Silvestri, capogruppo alla Camera del Movimento 5 Stelle, Massimiliano Romeo, capogruppo al Senato della Lega, Paola De Micheli, deputata del Pd, Bobo Craxi, leader del Partito socialista italiano, e Francesca Pascale, attivista e un famosa compagna di Silvio Berlusconi. Una tavolata degna dell’ultima cena, con Grippo nelle vesti del Leonardo da Vinci della politica televisiva, intenta a servire portate infuocate ai suoi illustri commensali.
Il format è rodato: zero riguardi, domande affilate come rasoi, e un ingrediente segreto che è la firma stessa di Perfidia: l’abbinamento musicale. A ogni ospite la sua colonna sonora, una perfida frecciatina in forma di spartito che anticipa la carneficina dialettica.
Gasparri fa il suo ingresso sulle note di Vaffanculo di Marco Masini, e da lì in poi è un assolo senza freni: magistratura eversiva, toghe da contenere, un j’accuse a mitraglia che si dipana in un monologo da standing ovation per il pubblico più assetato di vendette politiche.
Bisignani, intellettuale dal passato intricato e dalle conoscenze infinite, regala una lezione di realpolitik con la sua analisi chirurgica sull’affaire Almasri, per poi lanciarsi in una profezia su Giorgia Meloni che sa di tifoseria da stadio: “Con lei avremo finalmente un presidente della Repubblica di destra”.
Anche Francesca Pascale è in serata di grazia: conosce il gioco e lo cavalca con la disinvoltura di una veterana, sfoderando una performance degna degli insegnamenti del maestro Silvio Berlusconi. Con la destrezza di Sofia Goggia, distribuisce carezze a destra e cazzotti alla stessa destra, in uno slalom schizofrenico che riesce a conciliare il più reazionario dei conservatorismi di destra con l’attivismo LGBT. Un numero di equilibrismo politico che rasenta il miracolo e che ne fa una delle possibili figure future di Forza Italia.
E se Bobo Craxi non perde occasione per difendere la grandezza politica di suo padre, ricordandone la fine ingloriosa sotto la scure di Mani Pulite, gli altri ospiti giocano secondo copione. Francesco Silvestri risponde da Cinque Stelle come un chierichetto a messa, Massimiliano Romeo intona le lodi della Lega e dei suoi condottieri, Paola De Micheli del PD sfodera tutto l’armamentario anti-Meloni, mentre Calenda, nel suo ormai consolidato ruolo di equilibrista centrista, si barcamena tra un colpo al cerchio della sinistra e uno alla botte di destra.
Ma è proprio questa la chiave del format. Un’arena in cui tutto e il contrario di tutto trovano spazio, senza regole, senza tutele, senza le ipocrisie dei talk show impomatati. Perfidia non fa prigionieri, mostra la politica per quello che è: uno scontro di slogan, un teatro di parte e di partito. Chi si siede in studio non ha filtri, e chi assiste da casa può tifare e parteggiare come in un vecchio spaghetti western, dove il gioco è chiaro fin dall’inizio e il pubblico può scegliere chi applaudire e chi fischiare.
In fondo, più che un’arena politica, Perfidia è il set perfetto di un film di Sergio Leone, con i suoi pistoleri pronti a sfoderare il colpo perfetto al momento giusto. Clint Eastwood, Bud Spencer, Terence Hill: tre icone, tre leggende del cinema, ma sempre con la stessa espressione, lo stesso personaggio, la stessa narrazione. Il burbero dal cuore d’oro, il gigante che mena sganassoni, l’astuto fuorilegge che con una battuta smonta tutti.
E così accade in Perfidia: i politici recitano il copione che li ha resi celebri, senza mai uscire dal ruolo. Gasparri è sempre Gasparri, Calenda non tradisce il suo centristico ondeggiare, Romeo è l’ortodossia leghista fatta persona, De Micheli si infiamma contro la destra e Silvestri si allinea al verbo grillino. Ognuno fa quello che ci si aspetta da lui, ognuno resta perfettamente calato nel proprio cliché, come se fosse inciso nel bronzo.
Non ci sono sorprese, non ci sono colpi di scena imprevedibili. Ma il meccanismo è godibile e funziona, proprio perché è chiaro e dichiarato: il Buono, il Brutto e il Cattivo non li decide Perfidia. Li sceglie chi guarda, in un’eterna sfida tra personaggi scolpiti nella pietra e spettatori che, consapevolmente o meno, finiscono per appassionarsi sempre di più allo stesso copione.
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Televisione
Striscia la notizia, ultimatum di Mediaset: o la prima serata o addio allo storico tg satirico
Il futuro del programma di Antonio Ricci appeso a un filo. Dopo il successo de La ruota della fortuna, Piersilvio Berlusconi avrebbe imposto condizioni drastiche: cambiare fascia o rinunciare. Intanto Jimmy Ghione rassicura: «Torniamo a novembre, impossibile tenerci a casa».

Per trentasei anni è stato un appuntamento fisso dell’access prime time di Canale 5. Ora, per Striscia la notizia, il futuro è incerto come non mai. Dopo un’edizione segnata da ascolti deludenti e dalla concorrenza schiacciante di Affari Tuoi su Rai 1, i vertici Mediaset hanno deciso di cambiare rotta. Al posto del tg satirico di Antonio Ricci è arrivata La ruota della fortuna, affidata a Gerry Scotti, che in poche settimane ha riportato numeri record nella fascia più delicata della giornata televisiva.
L’indiscrezione, lanciata dal giornalista Lorenzo Pugnaloni, parla chiaro: oggi 8 settembre sarebbe il giorno decisivo. Piersilvio Berlusconi avrebbe dato un ultimatum allo storico creatore di Striscia: accettare un trasferimento in prima serata, con meno puntate e un’impostazione rinnovata, oppure rinunciare alla messa in onda. Una scelta drastica, dettata dalla necessità di cavalcare il successo del game show vintage che sta regalando a Mediaset vittorie su vittorie contro Stefano De Martino.
I dati confermano il trend: la puntata del 7 settembre ha visto Gerry Scotti superare quota 4 milioni di telespettatori, battendo ancora una volta Affari Tuoi, che naviga in acque agitate. Un ribaltamento storico, con Rai 1 costretta a inseguire e Canale 5 che ritrova il ruolo di protagonista dell’access prime time.
In questo scenario, il destino di Striscia sembra appeso a un filo. Eppure, dall’interno del programma arrivano messaggi rassicuranti. Jimmy Ghione, uno degli inviati più longevi del tg satirico, ha dichiarato pubblicamente che la trasmissione non è affatto cancellata: «Ma come si fa a tenere a casa un programma come Striscia? È stato per anni il più visto di Canale 5 e noi ricominceremo. Torniamo nella seconda settimana di novembre, proprio in coincidenza con l’anniversario della prima puntata».
Un ritorno che, se confermato, segnerebbe la sopravvivenza dello storico format, ma con un ruolo diverso e forse meno centrale di un tempo. Perché l’access prime time, oggi, parla la lingua della ruota di Gerry Scotti. E convincere il pubblico a tornare ai “pacchi” e ai “velini” potrebbe essere la vera scommessa del prossimo autunno televisivo.
Televisione
Eurovision tra pace e guerra: quattro Paesi pronti al boicottaggio se partecipa Israele, l’Europa divisa davanti a Gaza
Dopo i precedenti di Bielorussia e Russia, l’Ebu si trova davanti a un dilemma che non è musicale ma politico: difendere Israele o preservare la credibilità del concorso.

L’Eurovision, nato negli anni Cinquanta per cucire le ferite della guerra con la musica, rischia di trasformarsi nell’ennesimo terreno di scontro politico e diplomatico. Entro dicembre le emittenti dovranno confermare la propria partecipazione all’edizione 2026 di Vienna, ma quattro Paesi hanno già annunciato il boicottaggio: Irlanda, Islanda, Slovenia e Olanda non saliranno sul palco se Israele sarà ammesso in gara.
Il colpo più rumoroso è arrivato dall’Olanda. La tv pubblica Avrotros ha motivato la scelta con «la sofferenza umana a Gaza, la limitazione della libertà di stampa e l’uccisione di numerosi giornalisti». Parole che pesano come macigni in un contesto che, almeno in teoria, dovrebbe essere fatto solo di note, glitter e leggerezza.
Il direttore del concorso Martin Green ha provato a mediare: «Spetta a ciascun Paese decidere se partecipare e rispetteremo le scelte di ognuno». Ma il precedente non fa ben sperare. Nel 2021 la Bielorussia fu esclusa dopo le elezioni truccate di Lukashenko, nel 2022 la Russia per l’invasione dell’Ucraina. In entrambi i casi l’Ebu non si mosse spontaneamente: la decisione arrivò solo dopo la minaccia di un boicottaggio da parte di altri Paesi.
Israele, però, non è un concorrente qualsiasi. Dal 1973 partecipa al festival, trasformandolo in un palcoscenico diplomatico oltre che musicale. Quattro vittorie, decine di finali, un pubblico fedele: per Tel Aviv l’Eurovision è sempre stato il modo per ribadire l’appartenenza all’Occidente. Ma la guerra a Gaza, con decine di migliaia di vittime civili, ha incrinato quell’immagine.
Il nodo passa anche da Kan, l’emittente pubblica israeliana. Creata dopo lo smantellamento della vecchia Iba considerata “troppo di sinistra”, Kan è spesso accusata dal governo Netanyahu di non essere abbastanza allineata. Più volte è stata minacciata di privatizzazione, ipotesi che violerebbe i requisiti per la partecipazione: il concorso è infatti riservato a televisioni pubbliche indipendenti.
Gli analisti ricordano che l’Ebu nacque negli anni Cinquanta per sostenere i media pubblici delle democrazie liberali contro i regimi autoritari. «Per questo – spiega lo scrittore Chris West – l’organizzazione tende a difendere Israele. Ma così rischia di minare la credibilità dell’intero marchio Eurovision».
La pressione internazionale cresce. A maggio anche il premier spagnolo Pedro Sánchez aveva invocato l’esclusione di Israele. Se il fronte del boicottaggio si allargasse, l’edizione di Vienna rischierebbe di trasformarsi in una disfatta simbolica. Ma cacciarlo significherebbe per l’Ebu esporsi ad accuse di parzialità e discriminazione.
Un festival nato per unire i popoli si trova così davanti a un bivio: restare una festa musicale o diventare l’ennesimo campo di battaglia geopolitico.
Televisione
Pier Silvio Berlusconi cambia le carte: Max Giusti al posto di Gerry Scotti a “Caduta Libera”
Il conduttore romano è il nuovo innesto scelto dal Biscione per guidare il game delle botole. Bonolis in onda fino a gennaio con “Avanti un altro”, mentre resta da sciogliere il nodo Gerry Scotti: solo “La Ruota della Fortuna” o un terzo preserale su misura?

Il preserale di Canale 5 è ufficialmente in pieno rimescolamento. Paolo Bonolis, appena rientrato in studio, sta registrando una novantina di nuove puntate di Avanti un altro, che garantiranno copertura almeno fino a gennaio. Ma la vera novità riguarda Caduta Libera. Per la prima volta dalla sua nascita, il quiz delle botole non sarà condotto da Gerry Scotti, bensì da Max Giusti. Un debutto che segna il suo ingresso ufficiale in casa Mediaset, voluto direttamente da Pier Silvio Berlusconi.
Un cambio di rotta clamoroso, considerando che Scotti è da sempre legato al titolo e al suo pubblico. Il conduttore pavese, però, ha già in mano l’altro asso del palinsesto. La Ruota della Fortuna, rilanciata con un successo che ha sorpreso gli stessi manager del Biscione. E che rischia di assorbirlo fino alla fine della stagione. È su questo equilibrio che si giocherà la partita. Se a Gerry verrà cucito addosso un terzo preserale, o se il colpo di scena sarà quello di vederlo impegnato solo con la Ruota.
Dietro le quinte, la scelta di Giusti viene letta come un investimento sul futuro. Il conduttore romano, reduce da esperienze in Rai e in radio, porta con sé un bagaglio di comicità e improvvisazione che potrebbe rinfrescare il format e intercettare un pubblico diverso, senza rinunciare alla fidelizzazione storica del quiz. Un azzardo, certo, ma anche un segnale preciso: Pier Silvio vuole sperimentare, allargando la scuderia dei volti forti e cercando di alleggerire il carico di Scotti.
Resta, però, una domanda cruciale: il pubblico di Caduta Libera accetterà facilmente la sostituzione del suo volto di riferimento? La prova sarà sul campo, nel momento in cui le nuove puntate entreranno in palinsesto. Fino ad allora, il gioco delle botole è già diventato il banco di prova di una stagione che si annuncia movimentata, con Bonolis, Giusti e Scotti chiamati a contendersi, in modi diversi, il preserale più affollato degli ultimi anni.
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