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Televisione

Dalla 40 alla 44 di taglia, Elisa Isoardi è così: golosa di vita

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    Elisa Isoardi appare raggiante per il suo ritorno su Rai1, che rappresenta per lei un po’ come sentirsi a casa. Dal 14 settembre la ri vedremo al timone di Linea Verde Italia, un porgramma che vanta un seguito fedele, appassionato delle bellezze che il nostro Paese è in grado di regalare. Svelando spesso, agli stessi italiani, luoghi, usi e costumi sconosciuti.

    Per ora c’è il lavoro, il resto si vedrà

    La Isoardi è sempre stata una donna ambiziosa. In questo momento, da single e senza apparenti relazioni in vista, per lei al primo posto c’è sicuramente il lavoro, come elemento centrale della sua vita. Per il resto c’è tempo. L’ultima relazione importante quella con il politico Matteo Salvini, conclusasi nel 2018. Da allora nessun uomo che abbia rappresentato per lei una vera svolta. Lei lo spiega così: “Ho un bell’equilibrio e il lavoro è centrale nella mia esistenza. Dopo che vivi un amore grande e completo è difficile accontentarsi. Certi sentimenti totalizzanti non sono semplici da replicare”.

    Mi piaccio così

    In una recente copertina su un noto settimanale familiare, si mostra col suo nuovo assetto fisico. Parla di cibo, di bellezza e dichiara con estrema naturalezza: “Sono passata dalla taglia 40 alla 44, mi vado bene lo stesso”. Magari non sexy (lei dice di non esserlo, alcuni la trovano invece tale) ma comunque femminile.

    Sempre in movimento

    Accanto a lei non desidera nessuno, tantomeno sogna il matrimonio e neppure i figli. Elisa è in uno stato ottimale di serenità e si tiene in forma, senza badare troppo al peso forma: “Cammino, prendo lezioni di ballo nella scuola di Carolyn Smith, non mi fermo un attimo. E per fortuna, così brucio! Sono una buongustaia, amo cucinare, sono golosa di vita e di sapori, se non facessi un po’ di sport sarei spacciata”.

    Autocritica e secchiona

    Abbandonandosi per un momento al flusso dei ricordi, racconta: “Ora penso di essere interessante, armoniosa. Da ragazza ero timidissima, magrissima, la vita mi ha fatta sbocciare. E anche se dalla taglia 40 dei 20 anni sono passata a una 44 mi vado bene lo stesso. Ero una bellezza acerba, comunicavo meno”. Svelando un aspetto piuttosto personale: “Sono severissima con me stessa, puntigliosa e secchiona, mi torturo di critiche, dovrei lasciarmi più in pace. Devo avere sempre tutto sotto controllo, eppure mi sono accorta che le cose più belle sono accadute quando sono più serena e mi lascio andare. Forse dovrei iniziare ad allentare la presa…”.

    Foto presa dalla rete

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      Televisione

      Alessandro Usai, cognato del ministro Giuli, firma anche lo spazio di Cerno a “Domenica In”: il suo nome ora passa da Rete 4 a Rai1

      Il quotidiano Domani aveva evidenziato il trasferimento dell’autore Alessandro Usai — cognato del ministro della Cultura Alessandro Giuli — da Rete 4 a “Porta a Porta”. Ma non è l’unico impegno: Usai figura anche tra gli autori di “Domenica In”, dove cura lo spazio informativo guidato dal giornalista meloniano Tommaso Cerno. Un ruolo che accende discussioni sui nuovi equilibri editoriali della Rai.

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        Il nome di Alessandro Usai torna al centro del dibattito televisivo. Negli ultimi giorni, Domani aveva riportato la notizia del suo arrivo a Porta a Porta — una mossa che aveva già fatto discutere, complice un dettaglio personale subito evidenziato: Usai è il cognato del ministro della Cultura Alessandro Giuli, avendo sposato la sorella Antonella. Un legame familiare che, nel clima attuale attorno ai vertici Rai, ha generato immediatamente curiosità e qualche inevitabile domanda.

        Ma non finisce qui. Perché ora emerge che Usai figura anche tra gli autori di Domenica In, lo storico contenitore pomeridiano di Rai1. Un ruolo tutt’altro che marginale: è lui a occuparsi dello spazio informativo gestito da Tommaso Cerno, presenza meloniana del programma e voce politica sempre molto esposta. Un dettaglio che aggiunge nuovi elementi al quadro degli equilibri interni della prima rete.

        Da Rete 4 agli studi Rai: la traiettoria di Usai
        Se lo spostamento verso Porta a Porta aveva già attirato l’attenzione per la sua rapidità, la conferma del suo coinvolgimento anche a Domenica In ridisegna ancora di più il peso autoriale di Usai all’interno del servizio pubblico. Non un ruolo isolato, quindi, ma un doppio impegno che lo posiziona in due programmi centrali nell’informazione e nell’approfondimento televisivo del weekend e della seconda serata.

        Il suo nome compare inoltre legato al marchio Bru-neo, la società che gestisce parte delle produzioni e degli asset creativi in cui Usai è attivo da tempo. Una rete di collaborazioni che lo ha reso figura nota negli ambienti televisivi e che oggi lo vede intrecciarsi con programmi di primo piano della Rai.

        Lo spazio di Cerno al centro dell’attenzione
        Il segmento di Domenica In curato da Usai è proprio quello affidato a Tommaso Cerno, giornalista vicino all’area di governo, che nel programma porta approfondimenti politici, ospiti istituzionali e discussioni di attualità. La presenza di Usai dietro le quinte aggiunge un tassello ulteriore al dibattito sul nuovo corso editoriale della Rai e sulla crescente presenza di figure riconducibili all’area di maggioranza nei programmi di punta.

        Una scelta che fa parlare
        La combinazione tra legami familiari di alto profilo, ruoli autoriali strategici e cambiamenti nel palinsesto non poteva passare inosservata. E mentre il suo nome circola sempre più spesso tra gli addetti ai lavori, il caso Usai diventa l’ennesimo esempio di come la televisione pubblica sia ormai un terreno in cui il confine tra politica, informazione e produzione si fa ogni giorno più sottile.

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          Televisione

          “The Beast in Me”, la nuova scommessa di Netflix che punta al thriller psicologico

          Senza rivelare nulla della trama, “The Beast in Me” si presenta come un thriller che mescola introspezione, tensione narrativa e personaggi ambigui. Un prodotto che mira a conquistare chi cerca una storia più matura e meno rassicurante delle solite.

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          The Beast in Me

            Netflix ci prova con qualcosa di diverso

            Nel mare di serie che ogni mese affollano la piattaforma, “The Beast in Me” tenta una strada meno battuta: quella del thriller psicologico puro, dove non sono gli effetti speciali o i colpi di scena gratuiti a reggere l’impianto narrativo, ma un crescendo di inquietudine costruito su relazioni difficili, scelte morali e segreti che consumano i protagonisti dall’interno.

            Senza fare spoiler, si può dire che la serie gioca su un’enigmaticità costante, spingendo lo spettatore a mettere in discussione ciò che vede e ciò che crede di sapere. Un ritmo che non punta solo alla spettacolarità, ma a far sentire il peso emotivo di ogni gesto.

            Una fotografia che accompagna la tensione

            Uno degli elementi più curati è sicuramente l’impianto visivo: colori desaturati, interni che sembrano parlare da soli, riprese ravvicinate che lasciano poco spazio all’immaginazione. La regia preferisce sussurrare anziché urlare, creando un clima cupo che accompagna il tema centrale della serie: il lato oscuro che ciascuno cerca di nascondere.

            Niente estetica patinata o finta trasgressione — qui si punta su un realismo sporco, quasi claustrofobico, che accompagna la discesa dei personaggi nei propri conflitti.

            Interpretazioni solide senza bisogno di iperboli

            Pur senza fare nomi o anticipare svolte narrative, il cast offre un lavoro credibile. Nessun compiacimento, nessuna performance costruita per diventare virale: l’attenzione è tutta sulla complessità dei personaggi.
            È una serie che non cerca di piacere a tutti i costi, ma di lasciare qualcosa allo spettatore che resta fino alla fine.

            Temi attuali senza moralismi

            La storia, al netto del mistero che la sostiene, tocca temi molto contemporanei: la fragilità emotiva, il giudizio sociale, la tendenza a creare mostri reali o immaginari per dare un nome alle proprie paure.
            La serie evita sermoni e prese di posizione ridondanti, preferendo mostrare piuttosto che spiegare.

            Anche questo contribuisce a rendere più credibile un racconto che, pur muovendosi su terreni di fantasia, ha radici ben piantate nella realtà.

            Non è una serie perfetta, ma ha un’identità

            “The Beast in Me” non è pensata per chi vuole una visione facile o leggera. Alcuni passaggi sono lenti, intenzionalmente rallentati per accentuare un senso di sospensione che potrebbe non conquistare tutti.
            Ma è proprio qui che la serie trova la sua personalità: non cede alla tentazione del ritmo frenetico né al fan service, scegliendo invece una narrazione più adulta e controllata.

            Vale la pena guardarla?

            Se ami i thriller che creano tensione senza bisogno di morti plateali, se apprezzi le storie dove ogni personaggio ha un’ombra che non vuole mostrare, allora sì: “The Beast in Me” potrebbe meritare il tuo tempo.

            Non è una serie da binge watching compulsivo, ma un prodotto che chiede attenzione e restituisce atmosfere dense, qualche brivido psicologico e un senso di inquietudine che rimane anche dopo i titoli di coda.

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              Televisione

              Sanremo 2026, ecco i Big scelti da Carlo Conti: da Tommaso Paradiso a Patty Pravo passando per Serena Brancale

              Il Festival 2026 prende forma con un cast imponente: Paradiso debutta, Serena Brancale torna dopo il successo di Anema e core, Fedez gareggia in coppia con Masini e Patty Pravo rientra dopo dieci partecipazioni. In gara anche Leo Gassmann, Luchè, Elettra Lamborghini, Ditonellapiaga e tante nuove voci. Conti promette un’edizione ricca di “sapori musicali” e grandi emozioni.

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                Carlo Conti ha sganciato la lista ed è ufficiale: il Festival di Sanremo 2026 avrà uno dei cast più ricchi degli ultimi anni. Trenta Big, non ventotto, scelti fra oltre duecento proposte arrivate sul suo tavolo. Una selezione che lui stesso definisce “difficilissima”, tanto da ringraziare pubblicamente le case discografiche per l’abbondanza di musica arrivata quest’anno.

                In cima all’elenco c’è Tommaso Paradiso, al suo debutto assoluto sul palco dell’Ariston. L’ex frontman dei Thegiornalisti arriva dopo la pubblicazione del suo nuovo album Casa Paradiso: era nell’aria e lui stesso lo aveva ammesso, «prima o poi la statistica ci prenderà». E sembra che quel momento sia arrivato.

                I ritorni che fanno rumore
                Tra i rientri più attesi c’è Serena Brancale. La sua Anema e core, pur essendo arrivata solo ventiquattresima nel 2025, è poi diventata un tormentone certificato Disco di Platino. Per lei il palco dell’Ariston è stato un trampolino, e Conti ha deciso di scommetterci ancora.

                Fedez torna ma non da solo: gareggerà in coppia con Marco Masini, una combo che nessuno aveva previsto e che già promette polemiche, curiosità e un brano che sicuramente farà parlare.

                E poi la leggenda: Patty Pravo. Dieci partecipazioni, nove finali, quattro Premi della Critica. Una storia festivaliera che quest’anno aggiunge un nuovo capitolo con un brano che molti già immaginano come “pattypravissimo”.

                Nuove voci e nomi amati dal pubblico
                Il cast è davvero un mosaico di generi. Ci sono Fulminacci, Ditonellapiaga, Chiello, Leo Gassmann — già vincitore tra le Nuove Proposte nel 2020 — e ancora Sayf, Arisa, Tredici Pietro, Sal Da Vinci, Samurai Jay, Malika Ayane, Luchè, Raf e le Bambole di pezza.

                Sul versante più pop troviamo Elettra Lamborghini, mentre per il cantautorato puro tornano Ermal Meta, J-Ax, Enrico Nigiotti, Maria Antonietta & Colombre e Francesco Renga. Per le nuove generazioni ci sono LDA e Aka 7even, mentre Dargen D’Amico proverà a replicare l’effetto Dove si balla.

                Chiude la lista Levante, con un ritorno dopo anni di distanza ritmati più dai libri che dalla musica.

                Le parole di Conti
                Il direttore artistico parla di “grande fermento musicale” e di un’edizione costruita per rappresentare quanto più possibile la varietà della musica italiana. «Spero che alcune di queste canzoni restino nel tempo», dice al Tg1, «che diventino parte della nostra colonna sonora».

                E con trenta Big pronti a prendere possesso dell’Ariston, la promessa sembra più che realistica: Sanremo 2026 parte con il botto.

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