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Televisione

L’Isola naufraga con Luxuria: la scelta sbagliata di Piersilvio

Mentre il programma affonda lentamente, i vertici dell’azienda sono ancora seduti sul ponte a raccontare i loro affari. Ma l’eroico Piersilvio è pronto a intervenire con nuove strategie di programmazione che probabilmente non cambieranno nulla, ma almeno ci sarà spettacolo.

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    “L’Isola dei Famosi” affronta una dura concorrenza televisiva, e la finale di Champions League ha avuto un impatto significativo sulla sua audience. L’attesissimo evento calcistico ha catturato l’attenzione di milioni di spettatori, lasciando la puntata del reality show con ascolti drasticamente ridotti. La finale di Champions League, con il suo richiamo globale e l’emozione del gioco, ha messo in ombra l’episodio del reality, dimostrando ancora una volta lo scadente valore del format di intrattenimento.

    Il reality ha dunque registrato un risultato tragico, segnando la puntata meno vista della sua storia. La concorrenza con la finale di calcio ha influenzato gli ascolti, distogliendo gran parte del pubblico dal seguire le avventure dei naufraghi capitanati da Vladimir Luxuria.

    Pollice in giù!
    L’Isola è in una fase di profondo declino, suscitando una forte reazione negativa sui social. In particolare, la presentatrice Vladimir Luxuria è stata oggetto di pesanti critiche, con molti utenti che la incolpano del flop. Ritengono che con la precedente conduttrice, Ilary Blasi, la situazione sarebbe stata diversa. Dunque, il programma, condotto da Luxuria, sta registrando un costante peggioramento degli ascolti, e il pubblico online si è scagliato contro sia il format sia la conduzione. Questa ribellione digitale è un duro colpo per il programma, che in discussione il futuro del format e sollevando interrogativi sulla sua scarsa capacità di recuperare il favore del pubblico.

    Ma in tutto questo sembra che la dirigenza Mediaset sia ancora completamente ignara del catastrofico naufragio del programma. E naturalmente, ci si aspetta che Piersilvio Berlusconi cada prontamente in azione con le sue nuove strategie di programmazione per evitare di scontrarsi con eventi internazionali di rilievo.

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      Televisione

      Nikita Perotti si confessa: il legame con Andrea Delogu va oltre Ballando e diventa un punto fermo nella sua vita

      Tra prove, dolore condiviso e una sintonia che sorprende anche loro, Nikita Perotti parla del sentimento profondo che lo lega ad Andrea Delogu, mentre lei ammette che il loro rapporto sta cambiando e che il futuro, dopo il programma, è tutto da scrivere.

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        Certe intese nascono senza volerlo, altre si costruiscono passo dopo passo. Quella tra Nikita Perotti e Andrea Delogu, coppia di Ballando con le Stelle, sembra un po’ entrambe le cose: spontanea, intensa, inattesa. E negli ultimi giorni è diventata un caso mediatico, complice lo sfogo sincero del ballerino a La Volta Buona.

        «Ci tengo tantissimo ad Andrea», ha detto guardando la telecamera senza cercare riparo. Parole che hanno colpito il pubblico perché suonano diverse dal repertorio “da show”: più intime, più vere. «Mi ritengo fortunato ad averla nella mia vita, mi sta insegnando tanto. Mi sentivo in dovere di starle accanto perché anche io avevo bisogno di lei», ha raccontato, spiegando quanto quella connessione sia diventata un appoggio reciproco.

        Il momento più difficile, inevitabilmente, è stato quello del lutto per il fratello Evan. «È una persona magnifica e farò di tutto, sempre, per farle tornare il sorriso», ha aggiunto. Nessun eroismo: solo la naturale conseguenza di una vicinanza che si è trasformata in presenza.

        Perotti non nasconde nemmeno la componente professionale: «Penso sempre ad arrivare alla vetta, ma per tutto quello che sta facendo Andrea e per quello che ha passato, se lo merita tantissimo». Poi la frase che ha fatto il giro dei social: «Io ho già vinto dal primo giorno in cui l’ho incontrata».

        E Andrea? Lei stessa ha ammesso che qualcosa, dentro quel rapporto, si è spostato. «Non so cosa succederà dopo Ballando», ha confessato. Non è incertezza, è consapevolezza: quando un legame cresce dentro settimane di prove, fatica, pressioni e dolori, è difficile capire cosa resterà a telecamere spente.

        Intanto, però, la conduttrice riconosce a Nikita un ruolo decisivo: «Con lui riesco a sentirmi difesa». Una frase che dice molto più di quanto sembri. Significa fiducia, significa protezione, significa che la competizione televisiva è diventata il luogo in cui due persone, arrivando da strade diverse, si sono incontrate davvero.

        Il resto — definizioni, etichette, previsioni — può aspettare. Per ora resta una certezza: tra un passo di tango e un appoggio improvvisato, la pista di Ballando ha restituito a entrambi più di quanto si aspettassero.

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          Televisione

          Beatrice Luzzi punge ancora Samira Lui: “Bellissima, accomodante… ma con me ha tirato fuori il lato pungente”

          Beatrice Luzzi descrive Samira Lui come una donna splendida e accomodante, ma aggiunge che con lei ha mostrato una parte più tagliente. E sul suo futuro in tv affonda con eleganza: “È perfetta per il tipo di televisione che sta facendo”.

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            Beatrice Luzzi non ha perso la sua inconfondibile schiettezza, e quando il discorso torna su Samira Lui — con cui al Grande Fratello non sono mancati momenti di tensione — la sua analisi è lucida, precisa, tagliente quanto basta. L’attrice riconosce alla modella “una bellezza evidente e un’indole accomodante”, ma poi apre una piccola finestra su ciò che, a suo dire, Samira mostrerebbe solo a pochi.

            «È una donna esteticamente molto bella e accomodante, è difficile che lasci uscire la parte più pungente di sé», dice Luzzi, quasi a voler sottolineare che a molti sfugga un lato più tagliente del carattere della giovane ex Miss Italia. Ma quella parte, racconta, con lei è emersa eccome: «Nei miei confronti l’ha fatta uscire».

            Il riferimento è agli screzi vissuti nella Casa, mai totalmente sopiti, e che oggi Luzzi rilegge con un certo distacco, ma senza alcuna intenzione di edulcorare la memoria. Anzi, la sua chiosa finale sembra una carezza che diventa stilettata: «Credo che per un certo tipo di televisione sia perfetta. Quale? Quella che sta facendo».

            Una frase che dice tutto senza dover spiegare troppo: elegante nella forma, chirurgica nella sostanza. Perché se c’è una cosa che Beatrice Luzzi non ha mai perso, neanche fuori dal gioco, è la capacità di parlare chiaro. E di farlo con un aplomb che, anche nelle critiche, resta impossibile da ignorare.

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              Televisione

              “The Beast in Me”, la nuova scommessa di Netflix che punta al thriller psicologico

              Senza rivelare nulla della trama, “The Beast in Me” si presenta come un thriller che mescola introspezione, tensione narrativa e personaggi ambigui. Un prodotto che mira a conquistare chi cerca una storia più matura e meno rassicurante delle solite.

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              The Beast in Me

                Netflix ci prova con qualcosa di diverso

                Nel mare di serie che ogni mese affollano la piattaforma, “The Beast in Me” tenta una strada meno battuta: quella del thriller psicologico puro, dove non sono gli effetti speciali o i colpi di scena gratuiti a reggere l’impianto narrativo, ma un crescendo di inquietudine costruito su relazioni difficili, scelte morali e segreti che consumano i protagonisti dall’interno.

                Senza fare spoiler, si può dire che la serie gioca su un’enigmaticità costante, spingendo lo spettatore a mettere in discussione ciò che vede e ciò che crede di sapere. Un ritmo che non punta solo alla spettacolarità, ma a far sentire il peso emotivo di ogni gesto.

                Una fotografia che accompagna la tensione

                Uno degli elementi più curati è sicuramente l’impianto visivo: colori desaturati, interni che sembrano parlare da soli, riprese ravvicinate che lasciano poco spazio all’immaginazione. La regia preferisce sussurrare anziché urlare, creando un clima cupo che accompagna il tema centrale della serie: il lato oscuro che ciascuno cerca di nascondere.

                Niente estetica patinata o finta trasgressione — qui si punta su un realismo sporco, quasi claustrofobico, che accompagna la discesa dei personaggi nei propri conflitti.

                Interpretazioni solide senza bisogno di iperboli

                Pur senza fare nomi o anticipare svolte narrative, il cast offre un lavoro credibile. Nessun compiacimento, nessuna performance costruita per diventare virale: l’attenzione è tutta sulla complessità dei personaggi.
                È una serie che non cerca di piacere a tutti i costi, ma di lasciare qualcosa allo spettatore che resta fino alla fine.

                Temi attuali senza moralismi

                La storia, al netto del mistero che la sostiene, tocca temi molto contemporanei: la fragilità emotiva, il giudizio sociale, la tendenza a creare mostri reali o immaginari per dare un nome alle proprie paure.
                La serie evita sermoni e prese di posizione ridondanti, preferendo mostrare piuttosto che spiegare.

                Anche questo contribuisce a rendere più credibile un racconto che, pur muovendosi su terreni di fantasia, ha radici ben piantate nella realtà.

                Non è una serie perfetta, ma ha un’identità

                “The Beast in Me” non è pensata per chi vuole una visione facile o leggera. Alcuni passaggi sono lenti, intenzionalmente rallentati per accentuare un senso di sospensione che potrebbe non conquistare tutti.
                Ma è proprio qui che la serie trova la sua personalità: non cede alla tentazione del ritmo frenetico né al fan service, scegliendo invece una narrazione più adulta e controllata.

                Vale la pena guardarla?

                Se ami i thriller che creano tensione senza bisogno di morti plateali, se apprezzi le storie dove ogni personaggio ha un’ombra che non vuole mostrare, allora sì: “The Beast in Me” potrebbe meritare il tuo tempo.

                Non è una serie da binge watching compulsivo, ma un prodotto che chiede attenzione e restituisce atmosfere dense, qualche brivido psicologico e un senso di inquietudine che rimane anche dopo i titoli di coda.

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