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Televisione

Sanremo 2025: Carlo Conti per il toto-conduttori punta ai volti delle fiction Rai per un’edizione tra autopromozione e risparmio

Can Yaman, Alessandro Gassmann, Serena Rossi, Luca Argentero e altri volti noti del piccolo schermo potrebbero affiancare Carlo Conti sul palco dell’Ariston. Ma mancherebbero i veri big come Luca Zingaretti, Paola Cortellesi e Marco Giallini. E la finale? Annalisa e Alessandro Cattelan al centro delle ipotesi.

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    Sanremo 2025 scalda i motori, ma questa volta Carlo Conti ha deciso di scombinare il mazzo. I co-conduttori? Non saranno le solite star della musica o del cinema, bensì i protagonisti delle fiction Rai più amate. Sì, avete capito bene: l’Ariston potrebbe trasformarsi in una passerella per i volti del piccolo schermo, quelli che, con una strizzata d’occhio, potremmo definire “di casa”. Una mossa geniale per attirare il grande pubblico o l’ennesima occasione per fare autopromozione? Sicuramente una scelta strategica utile anche in vista, si mormora, dell’idea di non dare spazio ai monologhi dei co-conduttori per concentrarsi sulla competizione, e su pochi ospiti internazionali di rilievo.

    Con i 30 Big già annunciati e i Giovani pronti a contendersi il loro spazio a Sarà Sanremo il 18 dicembre, il toto co-conduttori si fa sempre più interessante. Secondo le voci più insistenti, a giocarsi le luci della ribalta potrebbero essere attori amatissimi come Can Yaman (Sandokan), Alessandro Gassmann e Claudia Pandolfi (Un professore), Luca Argentero e Matilde Gioli (Doc – Nelle tue mani), Raoul Bova e Gaia Messerklinger (Don Matteo), e Serena Rossi con Giuseppe Zeno (Mina Settembre).

    Un’idea che sembra perfetta per accontentare tutti: budget contenuti, grazie al fatto che sono già volti interni al servizio pubblico, e una dose massiccia di autopromozione camuffata da conduzione. È il solito Sanremo all’italiana, dove ogni occasione è buona per spingere prodotti di casa, senza che nessuno batta ciglio. Ma sarà davvero la mossa vincente?

    Intanto, si continua a parlare anche del gran finale, che vedrà sicuramente protagonista Alessandro Cattelan. Già confermato per la serata conclusiva e per il Dopofestival, il conduttore piemontese ha commentato con la solita ironia le voci che lo vorrebbero, un giorno, al timone di Sanremo. «Io Sanremo non lo farò mai, per molti motivi. Io so fare il mio lavoro, ma sono un po’ di nicchia. Non è necessariamente un punto di arrivo», ha dichiarato in conferenza stampa, mostrando la sua consueta verve.

    Cattelan, però, non si sottrae alla sfida di quest’anno. «Non la vivo come una promozione. La vivo come una proposta bella, interessante, che faccio con grandissima gioia, grande carica e grande gratitudine nei confronti di Carlo, ma è una parte del lavoro», ha spiegato, sottolineando come la co-conduzione sia un’opportunità da cogliere senza per forza aspirare al ruolo principale.

    E poi c’è Annalisa. Regina incontrastata del pop italiano delle ultime stagioni, sette volte in gara a Sanremo – l’ultima con Sinceramente, che le ha regalato il terzo posto – potrebbe fare il suo debutto in veste di conduttrice. Un’ipotesi che entusiasma il pubblico e che darebbe un tocco di glamour al Festival, ma tutto dipenderà dalle scelte di Carlo Conti. «Vederla in questa veste sarebbe sicuramente interessante. È uno dei nomi che piace di più al pubblico e che conosce bene quel palco», si vocifera nei corridoi della Rai.

    E mentre si discute sui co-conduttori, il resto dell’edizione si annuncia come una vera maratona musicale. Con ben 30 Big in gara e le Nuove Proposte pronte a sfidarsi, sarà una Sanremo dal ritmo serrato, dove ogni dettaglio – dai conduttori agli ospiti – dovrà funzionare come un meccanismo ben oliato. L’obiettivo, oltre agli ascolti stellari, è quello di continuare a innovare senza snaturare l’identità di un evento che ogni anno tiene incollati milioni di spettatori davanti alla tv.

    La presenza degli attori delle fiction Rai potrebbe rivelarsi una scelta furba per abbattere i costi e garantire al contempo una vetrina d’eccezione alle serie di punta del servizio pubblico. «La promozione non guasta mai, e il pubblico li ama», fanno sapere fonti vicine alla produzione. Tuttavia, c’è chi storce il naso, accusando il Festival di aver perso quel tocco di imprevedibilità che caratterizzava le edizioni più iconiche.

    Non mancano, naturalmente, le polemiche sui cachet. Un’edizione kolossal come quella di Sanremo 2025 richiede risorse imponenti, e Carlo Conti – maestro nel far quadrare i conti – dovrà trovare un equilibrio tra spettacolarità e sostenibilità economica. I volti delle fiction, pur garantendo visibilità e popolarità, rappresentano una scelta low-cost rispetto a star internazionali o a grandi nomi della musica.

    E poi c’è il pubblico, che già si divide. C’è chi approva la scelta di portare sul palco personaggi amati e vicini alla gente, e chi invece fa notare che i veri big della fiction, da Luca Zingaretti, a Paola Cortellesi e Marco Giallini, non sono neppure stati presi in considerazione forse perché fuori budget. La verità? Come sempre, sarà lo share a decretare il successo o meno di questa edizione. Insomma, autopromozione sfacciata o strategia vincente? Sanremo 2025 si prepara a fare ancora una volta parlare di sé, con Carlo Conti al centro della scena, pronto a orchestrare un Festival che si annuncia intenso, affollato e, forse, anche un po’ polemico. Ma, d’altronde, cosa sarebbe Sanremo senza un pizzico di discussione?

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      Televisione

      Can Yaman presenta il suo Sandokan: «Un viaggio emotivo, mi ha reso un attore migliore»

      Can Yaman ha infiammato il red carpet dell’Italian Global Series Festival a Rimini. Mano nella mano con la nuova fidanzata Sara Bluma, ha svelato i retroscena della serie evento Sandokan, prodotta da Lux Vide con Rai Fiction: «Questo ruolo mi ha cambiato dentro».

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        È un Can Yaman inedito, più maturo, sereno e visibilmente innamorato. L’attore turco ha catalizzato l’attenzione dei media e dei fan presentandosi sul red carpet con la nuova fidanzata, la deejay campana Sara Bluma, con cui ha ufficializzato la relazione. Ma l’occasione era soprattutto professionale: presentare in anteprima Sandokan, la serie evento targata Lux Vide e Rai Fiction, che lo vede protagonista assoluto nel ruolo iconico della Tigre della Malesia.

        «Questo personaggio mi ha cambiato dentro, mi ha reso un attore migliore», ha detto Yaman, visibilmente emozionato. Le riprese si sono appena concluse dopo quattro mesi intensissimi: «È stato come girare quattro film di fila». E in effetti il progetto è ambizioso: cast internazionale, location spettacolari, effetti visivi da kolossal. Con lui sul set anche Alessandro Preziosi, Ed Westwick, John Hannah e la giovane Alanah Bloor. Una squadra che ha lavorato giorno e notte per restituire al pubblico italiano – e non solo – un Sandokan più contemporaneo e profondo.

        L’attore ha raccontato di essersi trasferito in Italia proprio per questo ruolo, un progetto che ha inseguito per anni: «Avevo paura che il Covid avesse fermato tutto, sono stati mesi difficili. Quando abbiamo iniziato davvero a girare, mi sono sentito l’uomo più felice del mondo». Il suo Sandokan sarà diverso: meno pirata, più eroe romantico e spirituale, con un arco narrativo che esplora anche il suo passato e la nascita del suo mito.

        Intanto, sul fronte privato, l’annuncio della relazione con Sara Bluma ha fatto rumore. La coppia si è mostrata affiatata, con look firmati Dolce&Gabbana perfettamente coordinati. Alcune fan hanno storto il naso, ma Can ha risposto su Instagram con parole semplici: «Non bado alle critiche, tengo a Sara». E poi ha preferito concentrarsi sul lavoro: Sandokan uscirà su Rai 1 e si pensa già alla seconda stagione per il 2026. Una terza sarebbe già in cantiere.

        Una Tigre della Malesia più intensa, più umana, forse anche più vicina al pubblico moderno. E un Can Yaman nuovo, che sembra davvero pronto a conquistare il cuore degli italiani. Di nuovo.

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          Barbara D’Urso rivendica le sue rughe: «Non mi sono mai rifatta, le luci sì ma il volto è tutto mio»

          A 68 anni, pronta a scendere in pista a Ballando con le Stelle, Barbara D’Urso racconta la sua scelta di non ricorrere alla chirurgia estetica e lancia una stoccata: «Le mie luci? In tv le hanno copiate tutti».

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            Barbara D’Urso non ha dubbi e, a modo suo, rilancia con orgoglio l’immagine di donna che non teme il passare del tempo. Invitata sul palco dell’evento “Il tempo delle donne” del Corriere della Sera, la conduttrice ha voluto chiarire una volta per tutte le voci sui presunti ritocchi estetici che da anni l’accompagnano. «Non mi sono mai rifatta – ha dichiarato –. Labbra, seno, naso: è tutto mio. Non faccio neanche il botulino, nemmeno le punturine. Perfino le unghie sono le mie».

            Parole che hanno subito acceso il dibattito, perché D’Urso ha costruito gran parte della sua carriera anche sull’immagine, ma rivendica di non aver mai ceduto al bisturi. «Ho 68 anni ed è naturale che io abbia le rughe – ha aggiunto –. Le porto con orgoglio, soprattutto quando sono struccata. Ho fatto una scelta precisa: niente interventi. Io sono così».

            Da qui l’aneddoto sulle famose “luci di Barbara D’Urso”, diventate un marchio di fabbrica. «Ho chiesto che mi aiutassero con le luci, perché la luce giusta può valorizzarti anche quando hai qualche difetto. Così sono nate le mie luci. Negli anni molte colleghe le hanno imitate, triplicandole persino. Ma l’etichetta resta: le luci di Barbara D’Urso».

            Un’affermazione che suona come una frecciatina al mondo televisivo di oggi, dove i ritocchi – estetici e digitali – sono spesso la norma. D’Urso, invece, rivendica di essere rimasta fedele a se stessa, pronta a portare sul palco anche i segni dell’età.

            E mentre si prepara a debuttare come concorrente di Ballando con le Stelle, la conduttrice dimostra di non voler rallentare. La televisione resta la sua casa, ma non intende rinunciare alla coerenza con cui ha scelto di vivere la propria immagine. «Meglio le rughe che non mi nascondo – ha concluso – che la paura di mostrarmi per quello che sono».

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              Tommaso Labate, il cosentino che debutta su Rete4: «Non vivo per gli ascolti, Realpolitik non sarà l’ennesima telerissa»

              «Non penso che tutti i politici facciano schifo. Serve serietà al posto delle urla», dice Labate, che ricorda gli anni al liceo classico di Locri e rivendica la sua cifra personale: «In ogni contesto ho sempre una riconoscibilità mia».

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                Cosenza può rivendicare un altro volto che si prepara a conquistare la ribalta nazionale. Tommaso Labate, 46 anni, giornalista e volto noto dei talk televisivi, il 17 settembre debutterà da solo alla guida di Realpolitik, nuovo appuntamento del prime time di Rete4. Un passaggio importante per il cronista calabrese, che dopo anni di analisi e presenza nei programmi di approfondimento firma ora un format cucito su misura.

                «Non lo chiamerei nemmeno talk», spiega Labate. «La mia cifra stilistica è andare oltre la logica delle tifoserie. In tv siamo abituati a vedere da una parte chi considera Trump, o Meloni, o Schlein, il prossimo Nobel per la pace, e dall’altra chi li paragona a Hitler. Io invece vorrei che la visione passasse dagli spalti alla partita vera e propria, per capire davvero cosa accade in campo».

                Il tono non sarà quello delle risse urlate a cui la politica televisiva ha abituato il pubblico. «Non sono un ammiratore dell’antipolitica. Non penso che tutti i politici facciano schifo. Serve serietà e rispetto, al posto delle telerisse. Anche perché un tempo, quando a litigare erano Vittorio Sgarbi o Filippo Facci con Paolo Liguori e Roberto D’Agostino, c’era una forza spettacolare e sublime. Oggi, spesso, sullo schermo finiscono seconde file dei partiti che non hanno lo stesso peso né lo stesso carisma».

                Per lui sarà un esordio solitario alla conduzione, in uno spazio importante. E non nasconde l’emozione: «Se c’è una sola cosa di cui posso vantarmi è avere in ogni contesto una mia riconoscibilità personale. Quella che avevo anche da ragazzo, quando frequentavo il liceo classico di Locri. È lì che ho iniziato a formarmi, ed è una parte della mia identità che porto sempre con me».

                Calabrese di Cosenza, Labate non dimentica le sue radici: «Il senso del programma è restituire a ciascun evento la voce che merita, con il giusto tono, senza ossessioni di ritmo. Voglio coinvolgere non solo i protagonisti della scena politica ma anche osservatori e analisti acuti, magari volti che non si vedono spesso o che ripeschiamo da panchine in cui si erano auto-confinati».

                Resta la domanda sugli ascolti, il macigno di ogni trasmissione televisiva. Labate si schermisce: «In una tv commerciale è un pensiero di tutti. Ma non sono un televisionaro di quelli che pensano che il mondo si fermi in virtù dello share. Gli ascolti contano, certo, ma se cominci a vivere solo per quelli hai già perso la partita».

                Per il giornalista cosentino, Realpolitik sarà un banco di prova e insieme una dichiarazione di intenti: niente tifo da stadio, niente urla, niente caccia al titolo a effetto. Ma una politica spiegata con serietà, con la sua voce riconoscibile e con il bagaglio di chi, dalla Calabria, ha costruito passo dopo passo una carriera nazionale.

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