Calcio
Ibrahimovic nell’amaca e i tifosi del Milan in rivolta: “Il leone dorme mentre noi affondiamo”
Il video dell’ex attaccante, oggi advisor di RedBird, ha riacceso la tensione: migliaia di commenti di protesta contro la leggerezza di Zlatan mentre il Milan cerca un futuro migliore

Zlatan Ibrahimovic non ha bisogno di lunghe conferenze stampa o dichiarazioni roboanti per farsi notare. Gli basta un video, una sola immagine. E l’ultima trovata social dell’ex campione, oggi senior advisor di RedBird (il fondo americano proprietario del Milan), ha acceso un nuovo incendio tra i tifosi rossoneri.
Ibra ha postato un video breve ma eloquente: lui, disteso su un’amaca in un bosco, addormentato, con in sottofondo The Lion Sleeps Tonight dei The Tokens. Una sola parola a corredo: “Siesta”. Nient’altro. Ma tanto è bastato. La reazione della curva rossonera e del popolo milanista sui social è stata immediata, feroce.
Migliaia di commenti in poche ore. Alcuni ironici, la maggior parte durissimi. “Quello che fai ogni giorno come dirigente, dormi”, scrive un tifoso. “Milan in vendita! Leone svegliati! Reijnders è al City!”, protesta un altro, mentre altri ancora non riescono a trattenere la rabbia: “Ci sarebbe da ridere, ma invece c’è solo da piangere”.
Il Milan, reduce da una stagione chiusa con un deludente ottavo posto e senza qualificazione in Europa, è in un momento delicatissimo. E mentre la società si prepara a un mercato che dovrà necessariamente ricostruire le basi della squadra, l’immagine di Ibra che dorme sull’amaca risuona come uno schiaffo in faccia ai tifosi.
Non è la prima volta che il campione svedese provoca – e sicuramente non sarà l’ultima. Ma stavolta la leggerezza di quel video cozza con la rabbia di chi, da mesi, vede il club smarrire la propria identità. Il ruolo di Zlatan, mai chiarito del tutto, resta avvolto in un alone di mistero: la sua presenza come consulente è considerata da molti simbolica più che operativa.
In un momento in cui la tifoseria chiede chiarezza e nuovi progetti ambiziosi, vedere il “leone” riposare in un bosco suona come una beffa. “Ci aspettavamo un messaggio di forza, un segnale per rialzarci”, scrive un tifoso deluso, “non un’amaca e una canzone”.
E così il video diventa l’istantanea amara di un Milan che fatica a ritrovare la sua rotta. Mentre la società cerca un nuovo allenatore e pensa a come rinforzare una rosa logora, la distanza con la piazza si fa sempre più profonda. Ibrahimovic, nel suo silenzio studiato, ha finito per parlare più di mille parole. E il popolo rossonero, stavolta, non ha riso.
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Calcio
Per gli Azzurri che guardano al futuro, un altro nome che ricorda il passato: Cesare Prandelli
Il calcio italiano guarda al passato per costruire il futuro: Cesare Prandelli è pronto a diventare il nuovo direttore tecnico federale, figura mai esistita prima nella FIGC. Ma non sarà l’unico nome “storico” nel nuovo corso azzurro: con Gattuso in pole per la panchina e Buffon già capo delegazione, si affaccia anche un altro volto del passato pronto a dare il suo contributo. Leonardo Bonucci, e forse anche Barzagli e Zambrotta, faranno parte di uno staff che promette di restituire identità e ambizione agli Azzurri.

Un volto noto, un pensiero chiaro, una missione complessa. Cesare Prandelli, ct dell’Italia finalista a Euro 2012, è pronto a rientrare nella galassia federale con un incarico strategico: direttore tecnico federale, una figura che mancava nel calcio italiano, ma che all’estero rappresenta da anni un punto chiave della struttura nazionale. Sarà lui a supervisionare Club Italia, Nazionali giovanili, centri federali e settore scolastico, con l’obiettivo di creare un filo diretto tra la base e la Nazionale maggiore, costruendo un modello coerente che favorisca la crescita di giovani talenti. Una guida tecnica e culturale, più che un manager.
Il problema è nei fondamentali: meno tattica, più talento
Prandelli denuncia da tempo la vera emergenza del calcio italiano: la crisi della formazione giovanile. I nostri ragazzi, abituati fin da piccoli a pensare in termini tattici e a vincere nei tornei di categoria, crescono poco dal punto di vista tecnico. Il risultato? Fanno bene da giovani, ma si perdono tra i professionisti. L’ex ct vuole invertire la rotta, puntando su un sistema che favorisca lo sviluppo del talento, non solo della disciplina. L’obiettivo, ambizioso ma necessario, è creare i “Bellingham italiani” del futuro.
Gattuso sempre più vicino alla panchina. Ma spunta anche un altro ex…
Il nome di Rino Gattuso resta il più caldo per guidare la Nazionale. Fortemente sponsorizzato da Gigi Buffon, l’ex mediano è pronto all’incontro decisivo con il presidente Gabriele Gravina. La FIGC propone un contratto breve, fino al Mondiale 2026, con possibile rinnovo. Si punta al risultato subito, senza impegni a lungo termine.
Ma in questo ritorno al passato azzurro non c’è solo Gattuso. Mentre Buffon è ormai punto fermo della struttura, si affaccia un altro nome dal recente passato: Leonardo Bonucci, oggi nello staff dell’Under 20, è pronto a salire di ruolo. Con lui potrebbero entrare anche Andrea Barzagli e Gianluca Zambrotta, per dare sostanza e continuità tecnica tra le Nazionali.
Una squadra federale tutta azzurra: l’identità prima di ogni altra cosa
L’idea di Gravina è chiara: ricostruire la Nazionale con chi ha vissuto e vinto in azzurro. Un gruppo solido, che parli la stessa lingua tecnica ed emotiva. Lo staff di Gattuso, con Riccio come vice e una serie di collaboratori storici, sarà arricchito da figure come Bonucci, Barzagli o Zambrotta, non solo per le competenze ma per trasmettere l’identità perduta.
Occorre visione, ma anche pazienza
Con Prandelli regista e Gattuso probabile condottiero, l’Italia calcistica si affida a chi conosce bene la maglia azzurra. La strada per il Mondiale 2026 è l’obiettivo minimo, ma la vera sfida è riformare la base, creando un sistema capace di coltivare talenti e vincere nel lungo periodo. Ci vorrà sicuramente tempo. Ma finalmente, l’Italia sembra aver deciso da dove ripartire, è già qualcosa…
Calcio
Il Manchester United alla frutta? Chiude la mensa dello stadio Old Trafford e lascia i dipendenti a pane e zuppa

Il Manchester United è “alla frutta”, in senso letterale e figurato. Il nuovo azionista di riferimento Jim Ratcliffe ha deciso di chiudere la mensa del personale di Old Trafford, sostituendo i pasti gratuiti con zuppa e frutta. Una misura che rientra nella strategia di tagli drastici imposta dal miliardario britannico, con l’obiettivo di riequilibrare le finanze del club. Come riportato dal The Guardian, la stretta non riguarderà i giocatori, che continueranno a pranzare gratis nel centro d’allenamento di Carrington, mentre al personale verranno offerti solo zuppa e pane.
Da modello di successo a crisi finanziaria
Fino a qualche anno fa, il Manchester United era un colosso economico del calcio mondiale. Con ricavi superiori ai 600 milioni di sterline annui, il club vantava sponsor di livello globale, uno stadio sempre gremito e un merchandising tra i più redditizi del settore. Tuttavia, la gestione post-Ferguson e le scelte dirigenziali sbagliate hanno portato a un progressivo declino economico e sportivo. I Red Devils accumulano perdite da cinque anni consecutivi, una situazione che ha spinto Ratcliffe a un piano di austerità senza precedenti.
Pochi goal e tanti tagli
L’amministratore delegato Omar Berrada ha confermato non solo la chiusura della mensa, ma anche nuovi licenziamenti tra i dipendenti. Nonostante in passato avesse assicurato che non ci sarebbero stati ulteriori tagli oltre ai 250 già imposti da Ratcliffe, il club ha informato i lavoratori che tra i 150 ei 200 posti saranno eliminati. La mensa di Old Trafford, aperta dalle 11:30 alle 13:30, resta chiusa con un risparmio stimato intorno al milione di sterline.
United in caduta libera
Le parole di Berrada non lasciano dubbi: “Abbiamo perso denaro negli ultimi cinque anni. Questo non può continuare. Dobbiamo garantire il successo sportivo e migliorare le nostre strutture, ma non possiamo farlo se continuiamo a perdere soldi”. Con 689 milioni di tifosi nel mondo, un’area commerciale globale e oltre 160 milioni di followers sui social, il club rischia di compromettere la sua immagine non solo per i risultati sportivi, ma anche per le decisioni aziendali impopolari.
Calcio
Una nazionale che ringhia: Rino Gattuso verso la panchina azzurra dopo il no di Ranieri
Sarà con ogni probabilità Rino Gattuso il nuovo commissario tecnico della Nazionale. La sua energia e la sua esperienza internazionale lo rendono il profilo ideale per rilanciare un gruppo smarrito, che ha urgente bisogno di ritrovare spirito, compattezza e una guida carismatica

L’Italia del calcio sta per cambiare pelle. Dopo l’addio amaro all’Europeo e la nuova, ennesima crisi d’identità, la Nazionale cerca un volto riconoscibile, una voce autorevole, qualcuno che sappia farsi ascoltare da ragazzi che hanno talento ma che sembrano aver smarrito il fuoco. Ecco perché sarà con ogni probabilità Gennaro Gattuso il nuovo commissario tecnico. L’uomo giusto – secondo la FIGC – per ridare anima a un gruppo spento, confuso, disunito.
Una svolta imposta dal rifiuto di Claudio Ranieri, il primo nome sul taccuino del presidente Gravina. Il tecnico romano, dopo mesi di corteggiamento mediatico (e non solo), ha declinato. Troppo tardi, troppo carico, troppo coerente con le sue parole: “Ho smesso. È tempo di fermarmi davvero”. Le battute sulle vacanze, il ruolo da consulente, la promessa fatta alla Roma. Ranieri ha scelto la coerenza. E ha lasciato un consiglio: servono idee, serve un progetto.
Gattuso, in silenzio, ha atteso. Non ha mai fatto il nome, ma il suo è quello che è rimasto sul tavolo quando gli altri sono svaniti: Cannavaro ancora acerbo, De Rossi legato alla SPAL, altri nomi troppo freddi per accendere lo spogliatoio. E allora Gattuso. Uno che ha allenato ovunque, dalla Svizzera alla Grecia, dalla Serie A alla Liga, passando per la Croazia e la Francia. Uno che ha sbagliato, imparato, ricominciato. E non ha mai perso l’abitudine a metterci la faccia.
Non è solo un ritorno all’identità: è una scelta emotiva, comunicativa, quasi tattica. Dopo la sconfitta contro la Svizzera e quella disastrosa contro la Norvegia, serviva un uomo capace di tenere unito un gruppo senza rivoluzionarlo. Perché la base c’è, il talento pure. Ma manca un’anima.
Gattuso, con quel soprannome cucito addosso – Ringhio – incarna esattamente ciò che questa squadra sembra aver perso: grinta, spirito, presenza. L’obiettivo è chiaro: qualificarsi ai Mondiali, magari passando da un insidioso play-off, e farlo ridando agli Azzurri una fisionomia riconoscibile, una squadra con fame e idee. Come nel 2006, quando la maglia pesava, ma nessuno si nascondeva.
Una Nazionale che ringhia, davvero. E lui non avrebbe accettato se non si sentisse pronto a rimettere insieme i pezzi.
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