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Como: allo stadio Sinigaglia salgono in tribuna i divi di Hollywood

Il fascino del Lago di Como, unito a una sapiente strategia di marketing, sta trasformando il Como Calcio nella squadra del cuore delle star di Hollywood.

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    C’è qualcosa di magico che sta accadendo sulle sponde del Lago di Como. Il Como Calcio, una volta piccola realtà provinciale, sta attirando l’attenzione del mondo intero, grazie a un mix vincente di calcio, glamour e strategia di marketing. Negli ultimi mesi, le tribune dello stadio Sinigaglia sono diventate un vero e proprio red carpet, con un parterre di stelle hollywoodiane che farebbe invidia a qualsiasi premiazione cinematografica.

    Da Clooney alle star del momento: perché tutti amano il Como?

    Tutto ha avuto inizio qualche anno fa con l’arrivo di George Clooney, che ha scelto il lago come sua residenza, contribuendo ad accrescere il fascino internazionale di questa zona. Ma è grazie all’acquisizione della squadra da parte dei fratelli Hartono, due imprenditori indonesiani, che il Como Calcio ha iniziato a vivere una nuova era. I nuovi proprietari hanno puntato su un progetto ambizioso, che va ben oltre i risultati sportivi. L’idea è quella di creare un brand forte e attrattivo, capace di richiamare l’attenzione di un pubblico internazionale. E quale modo migliore per farlo se non invitando le più grandi star di Hollywood a vivere l’emozione di una partita di calcio allo stadio Sinigaglia?

    Uno a zero palla al centro

    La presenza di attori del calibro di Keira Knightley, Michael Fassbender, Adrien Brody, Hugh Grant e Andrew Garfield sugli spalti del Sinigaglia non è un caso. Dietro questa scelta c’è una strategia ben precisa. Il Como Calcio offre ai suoi ospiti un’esperienza esclusiva, che va ben oltre la semplice partita di calcio. Weekend all inclusive in hotel di lusso, cene gourmet e incontri con i giocatori sono solo alcune delle attenzioni riservate alle celebrità. Inoltre il club vuole far conoscere al mondo intero le bellezze del Lago di Como, promuovendolo come una destinazione turistica di alto livello. L’obiettivo è quello di trasformare il Como Calcio in un marchio riconosciuto a livello internazionale, capace di attrarre sponsor e investitori.

    Il futuro del Como Calcio

    Il successo di questa strategia è sotto gli occhi di tutti. Il Como Calcio è diventato un caso mediatico, attirando l’attenzione dei media di tutto il mondo. E i risultati sportivi non sono un granché, con la squadra che sta disputando un campionato di Serie A per ora con una posizione di bassa classifica. Ma comunque il futuro del Como Calcio non sembra proprio così nero. Con un progetto così ambizioso e una proprietà così determinata, il club lombardo ha tutte le carte in regola per diventare uno dei protagonisti del calcio italiano e internazionale. E chi lo sa, magari in futuro vedremo il Sinigaglia ospitare anche le più grandi star dello sport mondiale.

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      Calcio

      “Fui indagato ingiustamente, quell’episodio mi ha segnato”: Ciccio Cozza tra la Reggina, le ombre del passato e il futuro da allenatore

      Dalle pagine di sport a quelle di cronaca, fino alla fine del matrimonio con Manila Nazzaro: Cozza oggi guarda avanti, accanto alla nuova compagna e al figlio, senza rinnegare nulla ma con la ferita di quelle vicende.

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        Francesco “Ciccio” Cozza, 51 anni, a Reggio Calabria resta una leggenda. Durante l’evento “Operazione Nostalgia”, al Granillo, è stato accolto come un figlio tornato a casa. “Il Ciccio bambino sognava di giocare in Serie A e di diventare capitano della Reggina. Ho avuto la fortuna di realizzare entrambi i desideri. Mi sono divertito, quei sogni che avevo li ho realizzati”, racconta.

        Ma se il campo gli ha regalato la gloria, la vita extra sportiva gli ha imposto prove dure. In un’intervista alla Gazzetta dello Sport, Cozza ha parlato a cuore aperto dell’inchiesta giudiziaria che anni fa lo vide indagato per associazione a delinquere aggravata dal favoreggiamento alla ’ndrangheta. Un’accusa pesante, che lo segnò profondamente.

        “Quell’episodio mi ha fatto male – spiega – perché chi non ti conosce ti inquadra subito in una certa maniera. Purtroppo è stata una vicenda che mi ha segnato nel mondo dello sport: essere indagato, nonostante nelle carte non ci fosse mai nulla su di me, ti lascia un marchio. E non solo su di me, ma anche sulla mia famiglia. Sono esperienze che fanno soffrire”.

        Una ferita che, a distanza di anni, resta. Ma Cozza preferisce considerarla un capitolo chiuso. “Fa parte del passato – dice – e mi auguro che non succeda mai più nulla di simile. Perché sono cose che ti tolgono il sonno, che ti fanno male dentro e intorno. Però vado avanti, oggi sono felice e sereno”.

        La cronaca lo ha travolto anche sul fronte privato. La fine del matrimonio con Manila Nazzaro fece molto rumore, tra accuse reciproche e dichiarazioni avvelenate. “Con la mia ex moglie non ho più un rapporto – chiarisce – anche perché in passato ha detto cose assurde. Erano cose fuori luogo. C’erano tante bugie in quei racconti, ma ora è tutto chiuso. Lei si è fatta la sua vita e io la mia. L’importante era far crescere bene e tutelare i figli”.

        Una chiusura netta, anche se non priva di amarezze. “Ci siamo chiariti tramite gli avvocati – prosegue Cozza –. Non è stato semplice, ma adesso non se ne parla più. Io oggi sono un uomo felicissimo: ho una compagna, Celestina, che amo, e abbiamo un figlio insieme. Siamo innamorati e la mia vita è piena”.

        Alla Gazzetta Cozza ha voluto anche ribadire il legame con la città che lo ha consacrato: “Reggio per me è tutto. Lo spiego in due parole: Cozza è la Reggina e la Reggina è Cozza. Sono arrivato a dodici anni, poi il Milan mi prese a quindici, ma il cuore è rimasto sempre qui”.

        Sul futuro non ha dubbi: vuole allenare, magari lontano dall’Italia. “Vorrei trovare una squadra all’estero – spiega –. Per conoscere altri campionati, altre realtà. Il calcio italiano mi ha dato tanto e io ho dato tanto. Però da anni mi sembra che tutto si sia un po’ fermato: è più difficile scoprire talenti e portarli a grandi livelli. Lo abbiamo visto anche con le difficoltà della Nazionale. Ora confidiamo in Gattuso”.

        Intanto, l’ex regista amaranto si dedica alla crescita dei giovani. “Il mio obiettivo è divertirmi e far divertire i ragazzi che alleno. Il calcio è stato la mia vita e ora voglio restituire qualcosa. Non rinnego nulla di ciò che ho vissuto, nemmeno i momenti più duri. Ma oggi voglio guardare avanti”.

        Un passato da idolo, un presente segnato da resilienza e voglia di riscatto, un futuro che parla ancora di calcio. Cozza non smette di crederci: “Sono un uomo che ha sofferto, ma che non ha mai smesso di lottare”.

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          Sport

          Myriam Sylla, addio a Milano: «Mercenaria? Forse dovevo svegliarmi prima»

          La schiacciatrice azzurra risponde alle critiche dopo il trasferimento al Galatasaray: “Ho trent’anni, posso cambiare. Ho dato tutto alla Serie A1”

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            Myriam Sylla ha deciso di voltare pagina. Dopo aver salutato Milano e il campionato italiano, la schiacciatrice della Nazionale si prepara a una nuova avventura con il Galatasaray Istanbul, firmando un ricco contratto con formula 2+1. Una svolta di carriera che segna la sua prima esperienza all’estero, dopo anni vissuti da protagonista tra Villa Cortese, Bergamo, Conegliano e appunto Milano. A Istanbul ritroverà Massimo Barbolini, oggi assistant coach di Julio Velasco in azzurro, che conosce bene il suo talento e la sua forza emotiva.

            Il trasferimento, però, ha scatenato reazioni contrastanti. In tanti l’hanno accusata di aver lasciato l’Italia solo per motivi economici. Sylla non si è nascosta e ha risposto con durezza. «Perché sono andata al Galatasaray? È una scelta personale. Si può cambiare, no? Ho trent’anni, sono grande. La gente dice “vai per i soldi”. Non mi interessa. E se anche fosse? Forse mi dovevo svegliare prima e fare la mercenaria, come mi chiamano ora. Credo sia il momento giusto. Ho dato il meglio di me al campionato italiano». Parole che rivelano orgoglio, ma anche una certa amarezza per le etichette che le sono state cucite addosso.

            Un chiarimento, la campionessa l’ha voluto fare anche sul rapporto con Stefano Lavarini, allenatore di Milano, che alcuni avevano tirato in ballo come causa della sua partenza. «Io e Lavarini abbiamo un rapporto incredibile. Il rispetto e il bene che provo per lui non possono essere messi in discussione. E poi, un’altra cosa: se un allenatore mi mettesse in panchina continuerei a sostenere la squadra senza prendermela. Per questo non deciderei mai di andarmene».

            Sylla, insomma, non cerca alibi. Rivendica il diritto di cambiare aria e di misurarsi con nuove sfide. Istanbul rappresenta un salto di livello anche economico, certo, ma soprattutto un’occasione per crescere fuori dai confini della Serie A1 che l’ha vista protagonista per oltre un decennio. «Ho dato tutto quello che avevo al campionato italiano», ripete. Ora la sua energia e il suo carisma li metterà a disposizione del Galatasaray, portando con sé l’esperienza accumulata in anni di battaglie sportive e un carattere che non ha mai avuto paura di dire le cose come stanno.

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              Calcio

              Lucio, ex dell’Inter: «Ricordo le fiamme sul volto, sulle braccia e sulle gambe. Dio mi ha dato un secondo tempo»

              L’ex difensore dell’Inter Lucio racconta il terribile incidente con un camino ecologico che gli ha lasciato il 18% del corpo ustionato e 20 giorni di ricovero. “È avvenuto all’improvviso: un amico ha gettato alcol sul fuoco e c’è stata l’esplosione. Il ricovero è stata la parte più dura”

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                Anche solo poter pronunciare quelle due parole, Juve-Inter, è già un segno di rinascita per Lucio. L’ex difensore brasiliano, colonna del Triplete nerazzurro del 2010, quattro mesi fa ha visto la morte da vicino. Un camino ecologico esploso in casa di amici lo ha investito con una fiammata improvvisa, ustionandogli il volto, le braccia e le gambe. Oggi, a 47 anni, racconta la sua storia con gratitudine e un filo di commozione: «Sono qua a parlarne, Dio mi ha dato un secondo tempo della partita».

                Era l’8 maggio, il giorno del suo compleanno. Lucio aveva appena spento le candeline quando il camino si è affievolito. «Un amico, nel tentativo di ravvivare il fuoco, ha gettato sopra un bidoncino di alcol e lì c’è stata l’esplosione. Io ricordo soltanto le fiamme che mi avvolgevano. Mia moglie, per fortuna, non è rimasta ferita. Mi sono buttato in piscina per spegnere il fuoco». La corsa in ospedale, le prime medicazioni, poi il trasferimento da Brasilia al Rio Grande do Sul per affrontare il lungo ricovero.

                «Sono stati venti giorni durissimi, tra terapia intensiva e interventi delicati per rimuovere tessuti danneggiati. Le ustioni sono un tipo di lesione molto difficile da sopportare, non solo fisicamente ma anche psicologicamente. Non avevo mai trascorso così tanto tempo in ospedale. Non riuscivo a dormire per il dolore, ogni ora sembrava infinita. Quella è stata la prova più grande».

                Il bilancio parla di ustioni sul 18% del corpo, ma oggi il peggio è alle spalle. «Continuo il trattamento sulla pelle, il percorso è lungo, ma sto migliorando. Ci vorranno ancora mesi prima di poter dire di essere tornato al 100%, però la cosa più importante è che sono vivo. Questo incidente mi ha fatto capire quanto la vita possa cambiare in un istante».

                Lucio non perde l’occasione per lanciare un messaggio: «Quello che mi è accaduto deve servire da monito. A volte basta poco per evitare una tragedia: un attimo di attenzione, un gesto diverso, un po’ di prudenza. Proteggete voi stessi e chi vi sta accanto. Ne vale la pena».

                Dal dramma, il calciatore ha tratto una nuova consapevolezza. «Ho imparato ad avere più cura di me stesso e a godermi i momenti semplici. Prima davo tante cose per scontate. Ora no, ogni giorno è un dono». E poi c’è sempre il calcio, la sua grande passione: «Oggi posso parlare ancora di Juve-Inter. E questo per me significa tutto. La vita mi ha dato un secondo tempo: adesso sta a me giocarlo bene».

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