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Cronaca Nera

Clamoroso: si riapre il delitto del trapano. Un 65enne indagato per l’omicidio, 29 anni dopo

Il delitto di Luigia Borrelli, una prostituta 42enne di Genova, sembrava destinato a rimanere irrisolto, ma un recente sviluppo riaccende la speranza di giustizia. Dopo anni di indagini, un sospettato è stato identificato grazie a un campione di DNA recuperato sulla scena del crimine.

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    Il 5 settembre 1995, Luigia Borrelli, conosciuta nel mondo della prostituzione come Antonella, fu brutalmente uccisa nel centro storico di Genova, lontano dalle luci e dalle folle turistiche che oggi affollano la città. Il suo corpo fu trovato in un basso di vico Indoratori, massacrato con un trapano, un delitto che scosse profondamente la comunità.

    29 anni dopo

    Dopo quasi tre decenni di indagini, questa mattina la Guardia di Finanza e la Squadra Mobile di Genova hanno perquisito l’appartamento di un sospettato: un carrozziere 65enne di origine calabrese, residente a Genova nel quartiere di Marassi. L’uomo, che viveva nello stesso quartiere della vittima, è ora accusato di omicidio e rapina. Gli investigatori sarebbero giunti a lui attraverso una pista che ricorda quella seguita per il caso Bossetti, condannato per l’omicidio di Yara Gambirasio. La prova chiave sarebbe una perfetta corrispondenza tra il DNA del sospettato e quello trovato sulla scena del crimine.

    Le indagini continuano

    Le indagini non si sono fermate qui. Gli inquirenti hanno condotto perquisizioni nell’appartamento dell’uomo, nel suo posto di lavoro e in un’altra abitazione legata a un parente, portando via documenti e altro materiale che potrebbe essere rilevante per l’inchiesta.

    Un grande cold case italiano

    Il caso di Luigia Borrelli non è mai stato ufficialmente classificato come un cold case grazie alla dedizione della PM Patrizia Petruzziello, che dal primo giorno si è occupata dell’inchiesta. Nonostante siano passati molti anni, la Petruzziello ha continuato a raccogliere elementi, a ordinare accertamenti di laboratorio e a seguire ogni possibile pista. Ora, sembra che il suo impegno stia portando i primi frutti.

    Una scia di tragedie

    La morte di Luigia Borrelli ha lasciato dietro di sé una scia di tragedie. Il primo a soccombere alla pressione fu Ottavio Salis, un elettricista di 52 anni il cui trapano era stato utilizzato per uccidere la donna. Salis, che aveva eseguito dei lavori nel basso dove fu trovato il corpo, si suicidò buttandosi dalla Sopraelevata di Genova prima che i risultati del DNA, all’epoca molto più lenti, potessero scagionarlo. Negli anni successivi, anche la padrona del basso e uno dei figli della Borrelli si tolsero la vita, forse incapaci di reggere il peso di essere coinvolti, anche solo marginalmente, in questa tragedia.

    Luigia Borrelli, infermiera rimasta vedova, aveva nascosto la sua doppia vita ai familiari. Per loro, lavorava come assistente di anziane benestanti, giustificando così il denaro che portava a casa. Nessuno, nemmeno i suoi figli, sospettava che quella vita apparentemente normale nascondesse una realtà così drammatica. Dopo la sua morte, emerse che la Borrelli aveva intestato polizze assicurative cospicue ai figli, un dettaglio che alimentò ulteriormente il mistero.

    Le piste seguite dagli investigatori nel corso degli anni furono molteplici. All’inizio, si pensò che l’assassino fosse un cliente della donna, ipotesi supportata dalla brutalità del delitto e dalla presenza di una videocassetta pornografica nella TV della vittima. Tuttavia, non si escludeva neppure un movente legato al mondo dell’usura o a conflitti familiari. Le indagini proseguirono senza sosta, ma tutti i confronti del DNA effettuati negli anni diedero esito negativo, finché recentemente non emersero sospetti su un anziano medico genovese, pista che si rivelò infondata.

    Oggi, grazie a nuove tecniche investigative e alla tenacia degli inquirenti, sembra finalmente esserci una svolta. Tuttavia, il percorso giudiziario è appena iniziato, e solo il tempo dirà se questa pista porterà alla verità e alla giustizia per Luigia Borrelli.

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      Guerrina Piscaglia: “Uccisa dal prete, il suo corpo mai ritrovato”

      A dieci anni dalla scomparsa di Guerrina Piscaglia, il tribunale di Arezzo ha dichiarato la sua morte presunta, svelando un capitolo di mistero e controversia legato al caso di Ca Raffaello. Con il parroco condannato per l’omicidio della donna e una causa civile in corso, il corpo di Guerrina resta ancora introvabile, mantenendo viva l’intricata trama di questa storia.

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        Dieci anni sono trascorsi dalla scomparsa di Guerrina Piscaglia, un enigma che continua a gettare ombre su Ca Raffaello, nel comune di Badia Tedalda, Arezzo. Il tribunale di Arezzo sta per dichiarare la sua morte presunta, riaprendo un capitolo intricato di questa storia. Un capitolo in cui il parroco don Gratien Alabi è stato condannato per l’omicidio della donna, ma il corpo di Guerrina resta ancora disperso, alimentando interrogativi e rivelazioni che si intrecciano con una causa civile in corso.

        Il parere di Mirko Alessandrini

        Mirko Alessandrini, il marito di Guerrina, ha trascorso mesi nella speranza che sua moglie fosse ancora viva. “L’ho creduto sino alla sentenza di primo grado”, confessa a Corriere della Sera. “Poi ho capito con grande dolore che non sarebbe più tornata a casa con me e nostro figlio.” Alessandrini, visibilmente commosso, rivela di non aver mai avuto altre relazioni dopo di lei e di continuare a sentire profondamente la sua mancanza. “Guerrina era una casalinga amorevole. Non avrebbe mai lasciato nostro figlio per fuggire o farla finita”, afferma con fermezza, evidenziando la natura tossica della relazione tra la sua defunta moglie e l’assassino.

        La storia secondo i giudici

        Secondo i giudici di ogni grado di giudizio, il sacerdote don Gratien Alabi avrebbe avuto una relazione con Guerrina, culminata con il delitto e l’occultamento del cadavere. Questa versione dei fatti ha portato alla condanna del parroco, ma il mistero del corpo di Guerrina rimane irrisolto.

        La ricerca del corpo e la causa civile

        Nonostante la condanna del parroco, il corpo di Guerrina non è mai stato trovato. Intanto, una causa civile è ancora in corso, con alcuni parenti della donna che chiedono un milione di euro di risarcimento. Questo scenario aggiunge ulteriore tensione a una situazione già complessa, mentre la comunità di Ca Raffaello continua a chiedersi dove possa essere finito il corpo di Guerrina Piscaglia, e se un giorno sarà possibile trovare risposte concrete a questo oscuro mistero.

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          Cronaca Nera

          Garlasco, spunta la terza presenza nella villetta di via Pascoli mentre Chiara Poggi veniva uccisa

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            Nuovi sviluppi scuotono il caso Garlasco, a diciassette anni dalla morte di Chiara Poggi. La nuova inchiesta coordinata dalla procura di Pavia e condotta dal procuratore Fabio Napoleone riapre la scena del crimine: nell’abitazione di via Pascoli, mentre la giovane moriva, potrebbero esserci state almeno tre persone, tra cui Andrea Sempio e due figure ancora da identificare.

            Al centro delle indagini c’è l’impronta 33 sul muro, “molto carica di materiale biologico” che potrebbe essere sudore misto a sangue. Il dettaglio inquietante è che le tracce lasciate dal contatto sarebbero talmente ricche da permettere agli esperti di condurre analisi approfondite. Ma l’intonaco prelevato non è stato trovato, così come la provetta contenente la soluzione usata per i test.

            L’incidente probatorio del 17 giugno si preannuncia quindi cruciale. Verranno esaminate 35 impronte e altre tracce di DNA, comprese quelle presenti sul sacchetto della spazzatura e sul tappetino insanguinato del bagno. La genetista Denise Albani e il dattiloscopista Domenico Marchegiani sono stati incaricati di verificare ogni dettaglio, mentre la difesa di Alberto Stasi osserva da vicino ogni passaggio.

            L’avvocata Giada Boccellari, legale di Stasi, parla di una pista che può stravolgere la verità processuale: “L’azione omicidiaria si sarebbe svolta in tre fasi. Almeno nella prima non si può escludere la presenza di altri soggetti”. Boccellari ha raccontato come Stasi stia vivendo questa nuova ondata di notizie “in una bolla di sapone, senza voler vedere i giornali né la tv”.

            Il cuore delle nuove analisi è però sempre il DNA di Andrea Sempio, ritrovato sotto le unghie di Chiara. Sempio non è mai stato indagato formalmente, ma ora la procura sta acquisendo i profili genetici anche di amici come Roberto Freddi, Mattia Capra, Alessandro Biasibetti e Marco Panzarasa, oltre a carabinieri e soccorritori intervenuti sulla scena.

            A gettare benzina sul fuoco, poi, c’è la frase criptica pubblicata nel 2007 da un amico di Sempio, Michele Bertani: “La verità sta nelle cose che nessuno sa”. Secondo il settimanale Gente, l’analisi del messaggio porterebbe a una misteriosa frase: “C’era una ragazza lì che sapeva”.

            In parallelo emergono ricostruzioni sul giorno dell’omicidio. Boscellari ricorda il testimone Marco Muschitta, che disse di aver visto un’auto scura parcheggiata in via Pascoli: non un SUV come si ipotizzava inizialmente, ma una Golf come quella che Bertani aveva a disposizione nel 2007. Muschitta ritrattò subito la testimonianza, ma la memoria della vettura resta una tessera in un mosaico ancora incompleto.

            Il movente? Ancora lontano dall’essere accertato. “Solo dopo aver chiarito chi fosse in casa quel giorno, si potrà capire perché Chiara è stata uccisa”, dice Boccellari. E così, la villetta di Garlasco resta il palcoscenico di un dramma mai chiuso.

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              Il serial killer delle escort: «Ho ucciso anche Ana Maria. E ora cerco di ricordare quante altre»

              Vasile Frumuzache, la guardia giurata che ha strangolato e decapitato Denisa Paun, confessa un secondo omicidio: Ana Maria Andrei, 27 anni, scomparsa nel luglio 2023. Trovati i resti dove aveva già abbandonato Denisa. Le indagini si allargano in Toscana e in Sicilia: si sospettano altri casi.

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                Non si ferma l’orrore attorno a Vasile Frumuzache, la guardia giurata romena di 32 anni che ha confessato l’omicidio di Denisa Paun, la connazionale di 30 anni strangolata e decapitata il 15 maggio scorso in un residence di Prato. Messo alle strette, Frumuzache ha confessato un secondo omicidio: quello di Ana Maria Andrei, 27 anni, anche lei escort e sua connazionale, scomparsa misteriosamente a fine luglio 2023.

                Una rivelazione che conferma i sospetti più foschi: Denisa non era stata la prima vittima. Il killer ha ammesso di aver colpito un anno fa, nello stesso campo a Montecatini Terme dove ha abbandonato il corpo di Denisa: «Abbiamo discusso, l’ho accoltellata», ha detto. I carabinieri, grazie a un’intuizione durante i sopralluoghi nella proprietà dell’assassino a Monsummano Terme, hanno trovato una Bmw scura con tracce di vernice rossa, come l’auto che Ana Maria guidava prima di sparire. E non solo: dal cellulare della ragazza partì una telefonata verso quello di Frumuzache pochi minuti prima che Denisa venisse uccisa. «Non so perché l’ho fatta – ha detto lui – avevo bruciato il suo telefono ma conservato la scheda».

                Gli investigatori hanno ritrovato resti di Ana Maria, insieme a una parrucca proprio nel punto indicato dal killer. E adesso, mentre proseguono le ricerche nella zona, si allarga la lente degli investigatori coordinati dal procuratore Luca Tescaroli. La nuova pista? Possibili altri delitti. Si indaga su decine di denunce di scomparsa in Toscana negli ultimi sette anni e nella provincia di Trapani, dove Frumuzache ha vissuto prima di trasferirsi nel Pistoiese.

                L’uomo sembra aver seguito una sorta di rituale macabro: lo stesso coltello da cucina che avrebbe usato nel primo omicidio, lo ha portato con sé anche la notte dell’assassinio di Denisa. «Non l’ho usato», ha detto. Ma gli inquirenti sospettano che fosse un simbolo della sua violenza seriale.

                La confessione di Frumuzache apre scenari cupi. Mentre la cronaca si popola di dettagli inquietanti, i carabinieri scavano nel passato dell’uomo e nelle ombre di una vita apparentemente normale: padre di due figli e impiegato come guardia giurata. Eppure, dietro la facciata, si cela una spirale di violenza che potrebbe aver lasciato altre vittime.

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