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Luigi Berlusconi e il fiuto per il business: conti boom per Algojob, la startup dove ha investito il figlio di Silvio
Fondata nel 2021 da Nicolò Mazzocchi e Simone Patera, Algojob digitalizza l’intero processo di selezione e gestione del personale. Tra i soci anche il figlio dell’ad di Ubs, Edoardo Ermotti. E i conti, per una volta, sorridono davvero.

Non solo banche e fondazioni: Luigi Berlusconi, il figlio minore di Silvio, mostra sempre più interesse per l’universo dell’innovazione digitale. E a giudicare dai numeri, stavolta il fiuto per gli affari non gli è mancato. La startup Algojob, in cui la sua Ithaca 3 (veicolo d’investimento controllato dalla El Holding) ha investito nell’autunno 2024, ha chiuso l’anno già in utile, con un attivo di 130mila euro e un patrimonio netto pari a 2,65 milioni.
Fondata nel 2021 dai giovani imprenditori milanesi Nicolò Mazzocchi e Simone Patera, Algojob sviluppa un software che consente la completa digitalizzazione dei processi Hr, dalla ricerca del personale alla gestione post-assunzione, in chiave automatizzata, veloce e data-driven. Un mercato in forte espansione, dove la semplificazione dei flussi e l’efficienza dei sistemi di intelligenza artificiale stanno rivoluzionando le logiche del recruiting.
Nel corso del 2024, Algojob ha visto una doppia operazione di ricapitalizzazione. Nella prima, da 2 milioni di euro, è entrata appunto Ithaca 3 di Luigi Berlusconi con l’1,24% del capitale. Ma tra i nuovi soci figurano anche attori di peso nel venture capital europeo. Tra questi Koinos Capital Sgr, con una quota del 12,4% (presieduto da Beppe Fumagalli, ex Candy, e guidato dagli Ad Eugenio Airoldi e Marco Morgese), e il fondo svizzero 14Peaks Capital, guidato da Edoardo Ermotti, figlio dell’attuale Ceo di Ubs, Sergio Ermotti.
Proprio Ermotti Jr è entrato anche nel consiglio di amministrazione della startup, insieme a Lorenzo Franzi, partner di Koinos ed ex fondatore di PonyZero. Un board giovane, dinamico e internazionalizzato, pronto a spingere l’espansione di Algojob nei prossimi trimestri.
Nel frattempo, l’ultima assemblea dei soci — tenutasi a Milano sotto la guida del ceo Nicolò Mazzocchi — ha varato una seconda ricapitalizzazione, più ambiziosa: 5,4 milioni di euro, con emissione di quote di categoria “seed”. L’obiettivo è chiaro: scalare rapidamente il mercato italiano e cominciare a guardare oltreconfine.
Oggi il primo socio di Algojob resta la Algojob Solutions degli stessi fondatori, con una quota di circa il 36%. Ma con il sostegno di nomi come Berlusconi e Ermotti, e con i numeri già in utile a meno di tre anni dalla nascita, la giovane startup Hr si candida a diventare uno dei casi di successo più interessanti del panorama tech italiano.
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Ridley Scott s’innamora dell’Abruzzo: “The Dog Stars” si gira tra Ovindoli e il Sirente Velino
Alcune scene del film post-apocalittico “The Dog Stars”, con Jacob Elordi, Josh Brolin e Margaret Qualley, verranno girate in Abruzzo. Le riprese si svolgeranno tra maggio e giugno tra le montagne dell’Altopiano delle Rocche e l’aeroporto dei Parchi.

L’Abruzzo torna sotto i riflettori del grande cinema internazionale. A sceglierlo questa volta è uno dei registi più iconici e visionari del nostro tempo: Ridley Scott. L’autore di capolavori come Il Gladiatore, Blade Runner e Alien ha deciso di ambientare alcune scene del suo prossimo film proprio tra le montagne abruzzesi, confermando un legame sempre più stretto tra il nostro territorio e il grande schermo.
Il progetto si intitola The Dog Stars ed è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo post-apocalittico di Peter Heller, pubblicato in Italia nel 2013 con il titolo Le stelle del cane. La pellicola è prodotta dalla 20th Century Studios e dovrebbe arrivare nelle sale nel 2025.
A fare da sfondo ad alcune delle scene più intense del film saranno i suggestivi paesaggi di Ovindoli, il Parco Regionale del Sirente Velino e l’aeroporto dei Parchi di Preturo, in provincia dell’Aquila. Un’area che Scott, secondo fonti vicine alla produzione, avrebbe visitato più volte negli scorsi mesi per sopralluoghi approfonditi, lasciandosi conquistare dalla maestosità e dalla natura incontaminata di questi luoghi.
Le riprese in Abruzzo sono previste tra maggio e giugno e coinvolgeranno circa 300 persone tra troupe, comparse e addetti ai lavori. Un’occasione straordinaria non solo per promuovere il territorio a livello internazionale, ma anche per creare lavoro e indotto economico in una regione che sempre più si conferma set ideale per il cinema.
La trama
Protagonista di The Dog Stars sarà Jacob Elordi, l’attore australiano amatissimo dalle nuove generazioni per i suoi ruoli in Euphoria e Saltburn, che interpreterà Hig, un pilota sopravvissuto a una pandemia che ha spazzato via la maggior parte dell’umanità. Hig vive in solitudine in un vecchio hangar insieme al suo cane e a un cecchino paranoico, tentando di sopravvivere tra paesaggi desolati, memorie di un passato perduto e improvvisi pericoli.
Nel cast anche Margaret Qualley, Guy Pearce e Josh Brolin, nomi che rendono il progetto ancora più atteso.
Abruzzo terra di cinema
Non è la prima volta che l’Abruzzo attira registi di fama internazionale. Negli anni, le sue montagne, i suoi borghi e i suoi paesaggi hanno fatto da cornice a film iconici: da Ladyhawke di Richard Donner, girato tra Campo Imperatore e il castello di Rocca Calascio, a Continuavano a chiamarlo Trinità con Bud Spencer e Terence Hill, passando per The American con George Clooney.
E proprio nell’Altopiano delle Rocche, Fellini scelse di ambientare alcune scene del suo capolavoro La Strada, con Giulietta Masina e Anthony Quinn.
Con The Dog Stars, l’Abruzzo conferma la sua vocazione cinematografica. Le sue vette, i suoi silenzi, la sua luce unica sembrano essere il palcoscenico ideale per raccontare storie sospese tra realtà e visione. Ridley Scott, regista capace di trasformare ogni ambientazione in icona, lo sa bene. E se ha scelto questa terra, vuol dire che ancora una volta l’Abruzzo è pronto a stupire.
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Il caso Calderone arriva in Procura: aperto un fascicolo sul percorso accademico della ministra. Lei: “Querelo”
Esami anche di domenica, promozioni-lampo e docenze prima della laurea: sotto osservazione il percorso universitario della ministra Marina Calderone. Lei replica: “Nessun reato, la storia finisce qui. Ora valuto azioni per diffamazione”.

Un esposto presentato da un docente universitario e una serie di incongruenze accademiche che, nel giro di poche settimane, sono arrivate al vaglio della magistratura. La Procura di Roma ha aperto un fascicolo, al momento senza indagati né ipotesi di reato, in relazione a un esposto firmato da Saverio Regasto, professore ordinario di Diritto pubblico comparato dell’Università di Brescia, sul percorso accademico della ministra del Lavoro Marina Elvira Calderone.
Al centro dell’attenzione, le modalità con cui la ministra avrebbe conseguito due titoli universitari presso la Link Campus University, rispettivamente nel 2012 e nel 2016. Il docente ha chiesto che siano accertate eventuali irregolarità e, se esistenti, che si valutino possibili ipotesi di reato.
Tra le anomalie evidenziate nell’esposto — corredato da articoli di stampa e documenti — figurano esami sostenuti in modo ravvicinato, anche due al giorno e in giorni festivi, il tutto con una docenza assegnata alla ministra quando era ancora studentessa e una laurea magistrale ottenuta con lode a fronte di una carriera universitaria ritenuta poco brillante. Non solo: si segnala anche l’assenza delle doppie commissioni obbligatorie per legge negli esami di laurea.
Ma a far discutere è anche il contesto. Il marito della ministra, Rosario De Luca, all’epoca dei fatti membro del consiglio di amministrazione e docente presso lo stesso ateneo, figura al centro di una rete di incroci tra incarichi accademici e istituzionali che solleva più di un’interrogazione pubblica. La ministra, inoltre, in quegli stessi anni ricopriva anche la presidenza del Consiglio nazionale dei Consulenti del Lavoro, ente che aveva siglato una convenzione con la Link Campus.
In questo clima, il caso è approdato in Parlamento: durante il question time del 26 marzo, Calderone ha parlato genericamente di “dossieraggio politico”, ma non ha fornito chiarimenti puntuali. La ministra dell’Università, Anna Maria Bernini, ha risposto alle richieste di chiarimento con un laconico “sono d’accordo con lei”, senza però dare seguito a un’informativa formale.
Nel frattempo, la Link Campus ha rimosso dal proprio sito alcune pagine, comprese quelle che indicavano Calderone e il marito come docenti. Anche Wikipedia è stata modificata, eliminando riferimenti a una presunta laurea a Cagliari mai confermata. Nessuna nota ufficiale è arrivata dal Ministero dell’Università, dall’Anvur o dalla Crui.
Non è la prima volta che l’università finisce sotto i riflettori. Un’inchiesta parallela a Firenze, ancora in corso, riguarda presunte “lauree facili” concesse a funzionari della Polizia di Stato grazie a convenzioni sindacali. Tra le accuse, modalità d’esame irregolari e facilitazioni sospette. La sentenza di primo grado è attesa per giugno.
La ministra Calderone, interpellata dopo la notizia dell’apertura del fascicolo, ha però rivendicato con fermezza la correttezza del proprio percorso:
«Prendo atto con grande soddisfazione quanto comunicatomi dal mio legale, avvocato Cesare Placanica, ossia della determinazione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma che, con riferimento all’esposto sporto nei miei confronti in relazione al mio percorso universitario, ha sancito l’inesistenza di ogni ipotesi di reato e di conseguenza non ha iscritto alcun indagato nel registro delle notizie di reato. Per me, dopo tale autorevole avallo, la storia finisce qui».
Non solo: Calderone ha anche annunciato la volontà di tutelarsi giuridicamente:
«A questo punto ho il dovere di procedere per il reato di diffamazione per ogni malevola illazione contro la mia persona».
Resta il fatto che, al di là dell’aspetto giudiziario, la vicenda tocca un nervo scoperto della società italiana, quello della meritocrazia e della credibilità dell’istruzione. In un Paese in cui studenti e famiglie si confrontano ogni giorno con prove, selezioni e sacrifici, casi come questo rischiano di alimentare sfiducia e frustrazione.
Il fascicolo della Procura non contiene, per ora, né nomi né reati. Ma il dibattito sull’etica pubblica e sulla trasparenza accademica è solo all’inizio.
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Altro che “Non è un paese per vecchi”: in Italia lo è fin troppo
Secondo l’Inps, nei prossimi vent’anni l’Italia sarà abitata da milioni di pensionati over 65 e over 75 sempre più soli, con famiglie disgregate e un crollo delle nascite irreversibile. Il tutto in un Paese che invecchia a velocità doppia rispetto all’Europa, con i giovani che scappano e non tornano

Se i fratelli Coen dovessero girare oggi il loro celebre film, in Italia avrebbero qualche problema con il titolo. Perché altro che “Non è un paese per vecchi”, il nostro è ormai diventato il regno incontrastato degli anziani. E non è un’impressione da chi guarda i capelli bianchi aumentare in metropolitana: è la fotografia scattata nientemeno che dall’Inps.
Entro il 2043, ci saranno 6,2 milioni di pensionati over 65 che vivranno da soli (+38%) e 4 milioni di over 75 (+4%) sempre più isolati, senza una rete familiare capace di sostenerli. Il tutto mentre la popolazione complessiva si restringe come un maglione di lana lavato male: dai 59 milioni del 2023 ai 58,6 del 2030, fino a 54,8 nel 2050 e addirittura 46,1 nel 2080.
Una discesa lenta e inesorabile, guidata da due motori ben oliati: l’invecchiamento e il crollo della natalità. Il primo è da record: l’Italia ha l’età media più alta d’Europa (48,7 anni), contro i 44,7 della media continentale. Ma non solo: negli ultimi dieci anni è aumentata di 4 anni, mentre la media europea è cresciuta di appena 2,2.
Quanto alle nascite, qui entriamo nella zona horror del grafico: nel 2024 il tasso di fecondità è crollato a 1,18 figli per donna, nuovo minimo storico, peggio anche del famigerato 1995. E no, neppure negli scenari più ottimistici – quelli in cui si fanno finta di non vedere le bollette, i mutui e gli stipendi da fame – si riuscirebbe a compensare i decessi.
Nel frattempo, mentre i neonati si fanno desiderare, i giovani italiani tra i 25 e i 34 anni hanno preso un’altra strada: l’autostrada per l’estero. In dieci anni se ne sono andati 352 mila, ma solo 104 mila sono tornati indietro. Il che significa che non solo perdiamo residenti, ma perdiamo pure quelli con l’età e le competenze per tenere in piedi il Paese.
Risultato? Un’Italia che diventa sempre più grigia, sempre più sola, sempre più in cerca di una badante… o di un miracolo. E a questo punto, visto l’andazzo, tanto vale fare pace con i nonni, chiedergli la paghetta e preparargli un comodo divano: tanto saremo noi a doverci sedere lì molto prima di quanto immaginiamo.
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