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Cronaca

Dal 1° luglio il passaporto anche alle Poste

Fare il passaporto anche alle poste è una iniziativa che mira a snellire le procedure burocratiche e a migliorare l’accesso ai servizi per i cittadini italiani. L’espansione del servizio a tutti gli uffici postali permetterà di gestire meglio le richieste e di ridurre significativamente i tempi di attesa.

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    Da questo mese sarà possibile richiedere e rinnovare il passaporto in tutti gli uffici postali italiani. Dopo una fase di sperimentazione nei comuni con meno di 15.000 abitanti, il servizio sarà esteso progressivamente a tutti gli oltre 13.000 uffici postali nel paese. L’iniziativa, partita con 31 uffici a marzo e arrivata a 130 a fine maggio.

    Come richiederlo

    Per richiedere il passaporto agli uffici postali serve compilare un modulo differenziato per maggiorenni e minorenni; due foto identiche ovvero conformi alla normativa ICAO.
    Inoltre le ricevute di pagamento: 73,50 euro per il bollo e 42,50 euro per il bollettino postale.; un documento di identità del richiedente e una copia dello stesso. Inoltre serve il vecchio passaporto o se smarrito copia della denuncia dello smarrimento o del furto.
    Modulo di attestazione del domicilio. L’operatore postale raccoglie i dati, compresi quelli biometrici, e legalizza la foto. Successivamente, viene rilasciata una ricevuta con l’indicazione dell’ufficio di polizia che gestirà la richiesta e il protocollo di riferimento. È possibile richiedere la consegna del passaporto a domicilio.

    Questa benedetta fotografia come deve essere…?

    Si sbaglia spesso per cui è bene rammentare che la foto per il passaporto deve essere recente (non più di 6 mesi), obbligatoriamente a colori, con espressione neutra e bocca chiusa. Gli occhi aperti e ben visibili, senza riflessi o occhi rossi. Lo sfondo deve essere bianco e luce uniforme. Inoltre il viso deve coprire il 70-80% della foto. La stampa deve essere realizzata su carta di alta qualità e ad alta definizione. Per chi porta gli occhiali non ci devono essere riflessi e le montature non devono essere ingombranti. Infine il copricapo è accettato solo per motivi religiosi, con contorni del viso ben visibili.

    Quanto costa rifare o rinnovare il passaporto

    Il contributo amministrativo è di 42,50 euro da versare tramite bollettino postale.
    A questo va aggiunta una marca da bollo 73,50 euro. In più bisogna tenere cono anche che la procedura alle poste costa circa 14 euro in più. Si può ottenere la consegna a casa pagando circa 10 euro di extra (scelta dall’80% dei richiedenti).

    Se vuoi conservare per ricordo il vecchio passaporto…

    Il vecchio passaporto deve essere richiesto al momento della presentazione dell’istanza. Il passaporto scaduto o deteriorato deve essere presentato per l’annullamento.
    Per i minori dallo scorso al giugno non è più necessario il consenso dell’altro genitore per il rilascio del passaporto al genitore richiedente, a meno che non vi sia un provvedimento inibitorio. Resta necessario il consenso di entrambi i genitori per il rilascio del passaporto al figlio minorenne.

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      Mondo

      Giulia Sarkozy compie 14 anni tra le lacrime: Carla Bruni le dedica un messaggio commovente alla vigilia dell’arresto di Nicolas

      In un clima sospeso tra tenerezza e inquietudine, la famiglia Sarkozy si riunisce per celebrare Giulia. Carla Bruni affida ai social un messaggio pieno d’amore, mentre Nicolas si prepara alla prigione della Santé.

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        Un compleanno diverso da tutti gli altri. Domenica 19 ottobre, Giulia Sarkozy, figlia di Carla Bruni e Nicolas Sarkozy, ha compiuto 14 anni, ma la festa si è svolta in un clima difficile: a sole 48 ore dall’arresto del padre, condannato a cinque anni per associazione a delinquere nel caso dei finanziamenti libici.

        La cena si è tenuta al ristorante stellato del Four Seasons Hôtel George V di Parigi, dove la famiglia si è riunita per trascorrere insieme le ultime ore di normalità. Oltre a Carla e Nicolas erano presenti i tre figli maggiori dell’ex presidente — Pierre, Jean e Louis — e Aurélien Enthoven, il figlio che Bruni ha avuto dal filosofo Raphaël Enthoven.

        Durante la serata, tra luci soffuse e silenzi più lunghi del solito, Giulia ha ricevuto una sorpresa: una fotografia pubblicata dalla madre sui social, accompagnata da parole dolci e intense. Nell’immagine, la ragazza posa accanto alla sua cavalla Valentine, la sua più grande passione.

        «Buon compleanno alla più meravigliosa delle figlie — ha scritto Carla Bruni —. Quest’anno non è un compleanno facile, ma tu sei così forte e coraggiosa. Grazie di esistere, Giulia mia, è una felicità essere tua madre.»

        Un messaggio semplice, ma che racchiude tutta la tensione di questi giorni. Per Sarkozy, che si è detto «pronto alla prova», quella cena è stata l’ultima serata in famiglia prima di entrare alla Maison de la Santé, il carcere parigino dove sconterà la pena.

        Nonostante l’atmosfera malinconica, Giulia ha ricevuto centinaia di messaggi d’affetto. Tra i primi a scriverle, la top model Linda Evangelista e la fotografa Mae Photography, che le ha dedicato un post: «Buon compleanno mia Giu, resta come sei, sei una persona incredibile».

        Serena ma consapevole, la giovane ha ricondiviso alcuni auguri sul suo profilo, ringraziando con cuori e sorrisi. Da sempre legata all’equitazione, trascorre gran parte del tempo con la madre, lontana dai riflettori, anche se la notorietà dei genitori la accompagna fin da piccola.

        Carla Bruni, che negli ultimi giorni ha scelto il silenzio, ha voluto però mostrare una forza calma, quella che da anni caratterizza la sua figura di moglie e madre. E nel messaggio a Giulia, più che malinconia, c’è un filo di speranza: l’idea che anche nei momenti più bui, l’amore possa restare la sola, vera certezza.

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          Cronaca

          Il padre di Elisabetta Gregoraci accusato di violenza e stalking: “Versione parziale dei fatti, emergerà la verità”

          L’inchiesta della Procura di Catanzaro, nata da una denuncia presentata ai carabinieri, approderà il 5 novembre davanti al giudice dell’udienza preliminare. Gregoraci è indagato per maltrattamenti e stalking: «Mai usato violenza, la mia versione non è stata ascoltata».

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            Un’inchiesta delicata scuote la famiglia Gregoraci. Mario Gregoraci, 75 anni, padre della conduttrice televisiva Elisabetta Gregoraci, è indagato dalla Procura di Catanzaro per maltrattamenti e stalking nei confronti della sua ex compagna, Rosita Gentile, 57 anni di Soverato. La donna lo accusa di averla sottoposta, per quasi tredici anni, a una serie di violenze fisiche e psicologiche.

            La denuncia, presentata ai carabinieri, ha aperto un fascicolo che il 5 novembre approderà davanti al giudice dell’udienza preliminare, chiamato a decidere se rinviare o meno Gregoraci a giudizio. Nella sua testimonianza, Gentile racconta un incubo lungo oltre un decennio: «Il femminicidio non è solo quando togli la vita a una donna, ma quando la distruggi dentro. Ho taciuto per dodici anni, undici mesi e ventitré giorni. Ora voglio dire alle donne: fate rumore».

            Secondo la ricostruzione della denunciante, la relazione sarebbe iniziata nel 2012 a Soverato. All’inizio, l’uomo appariva premuroso e protettivo, ma presto — sostiene la donna — sarebbe emersa una gelosia ossessiva, sfociata in episodi di violenza: «Mi picchiava, mi spingeva, una volta mi ha puntato un coltello alla gola. Mi ripeteva: “Tu non sei niente”».

            Parole e accuse gravi, che l’ex compagno però respinge con decisione. Mario Gregoraci, attraverso il suo legale, parla di una “versione parziale e distorta dei fatti” e dichiara di avere «piena fiducia nella magistratura». «Non ho mai alzato le mani su nessuno — ha detto —. Le accuse sono prive di fondamento e potrò chiarire tutto nelle sedi opportune».

            Una vicenda che resta da accertare nei dettagli, ma che ha inevitabilmente attirato l’attenzione mediatica per il legame familiare dell’indagato. Elisabetta Gregoraci, da parte sua, non ha rilasciato dichiarazioni, mantenendo il massimo riserbo.

            Il caso ora passa alla giustizia. E mentre la Procura raccoglie testimonianze e referti, due verità opposte attendono di essere messe a confronto in aula: quella di una donna che dice di aver vissuto per anni nel silenzio della paura, e quella di un uomo che si proclama innocente e parla di una “storia riscritta per ferirlo”.

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              Italia

              Quando tifare diventa tragedia: l’ombra della violenza tra sport e premeditazione

              Dopo l’agguato costato la vita a Raffaele Marianella, autista del pullman dei tifosi del Pistoia Basket 2000, ecco perché l’escalation della violenza calcistica e cestistica richiede un esame profondo delle radici del fenomeno.

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                Domenica 19 ottobre 2025 la strada statale 79 che collega Rieti a Terni ha fatto da scena a una tragedia dallo spessore incredibile. Un pullman che trasportava tifosi del Pistoia Basket 2000 è stato «teso d’assalto» da un gruppo di ultras della Sebastiani Rieti: due mattoni hanno sfondato il parabrezza, uno di questi colpendo mortalmente Raffaele Marianella, 65 anni, autista seduto accanto al conducente.

                L’episodio ha riacceso un allarme che da tempo permanenza: perché il tifo può trasformarsi in violenza estrema? E chi organizza queste azioni cosa rischia realmente?

                La spirale della violenza nello sport

                Il legame tra sport e identità è forte: la squadra diventa estensione della comunità, della città, delle proprie radici. Tuttavia, quando questa passione si trasforma in antagonismo esasperato, il tifo può scivolare in odio attivo. Nel caso del pullman del Pistoia, fonti investigative ricostruiscono che «il mezzo è stato seguito per chilometri» prima di essere attaccato da tifosi nascosti oltre il guard-rail.

                Si tratta quindi non di un gesto spontaneo, ma – secondo le autorità – di una azione premeditata. Questo sposta l’interpretazione da semplice vandalismo a un’aggressione pianificata, con vittima innocente. Il coinvolgimento di tifosi organizzati, la scelta del target (il bus ospite), il momento e il luogo indicano dinamiche che vanno al di là della rivalità sportiva.

                Perché nasce la “violenza ultras”?

                Dal punto di vista psicologico, diversi fattori contribuiscono:

                • Il senso di appartenenza: l’ultra vive la squadra come “noi” e l’avversario come “la minaccia”.
                • La performance virile e l’adrenalina del gruppo: atti estremi generano notorietà interna al movimento ultras.
                • L’escalation simbolica: la vittoria non basta più, si ricercano gesti che entrino nella memoria collettiva.
                • La pianificazione come rituale: quando l’azione è attentamente preparata, assume valenza di rito iniziatico per chi vi partecipa.

                Nel contesto dello sport, questi elementi si sommano e in alcuni casi sfuggono al controllo. L’autobus, innocuo spettatore dell’evento, diventa bersaglio.

                I rischi legali per chi organizza gli agguati

                Dal punto di vista strettamente giuridico, un’azione come quella contro il pullman comporta conseguenze gravi per gli autori. Il lancio di mattoni contro un veicolo in movimento, con vittime e spettatori a bordo, può configurarsi come:

                • Omicidio volontario o preterintenzionale (art. 575 e 584 c.p.), se il fatto comporta la morte.
                • Associazione per delinquere o gruppo armato, se vi è contesto organizzato.
                • Lesioni gravissime e danneggiamento aggravato.
                • Evento con finalità terroristica o di intimidazione collettiva, se collegato a tifoseria e violenza ultras.

                Nel caso specifico di Rieti-Pistoia, è emersa la circostanza che l’autobus fosse già scortato dalla polizia, ma l’agguato sarebbe avvenuto dopo la fine della scorta. Gli inquirenti della Digos e della Squadra Mobile stanno ascoltando decine di testimoni. Finora non risultano fermi.

                La punibilità è elevata, ma l’individuazione dei singoli colpevoli può rivelarsi complessa: ambiente notturno, mobilità dei veicoli, anonimato degli ultras.

                Vale la pena rischiare?

                Perché qualcuno accetta di entrare in queste dinamiche così rischiose? Oltre alla motivazione ideologica o ludica, c’è un mercato della violenza che fornisce status all’interno del gruppo. Un gesto eclatante può elevare il singolo da semplice tifoso a “eroe” di curva. Ma il prezzo è altissimo: vite umane messe a rischio, vite distrutte, carriere sportive rovinate, processi penali, stigma sociale.

                Il caso Marianella scuote l’intero sport italiano: non è più solo rivalità, è omicidio di Stato in trasferta. Le società, le istituzioni e le tifoserie sane dovranno assumersi l’impegno di separare la passione dalla violenza e di prendere contromisure concrete.

                Tifare non dovrebbe mai significare mettere a rischio vite. Il dramma del pullman del Pistoia è la prova di quanto la ferocia ultras possa travalicare lo sport e trasformarsi in crimine. Dietro un mattone lanciato c’è una catena di decisioni: pianificazione, gruppo, obiettivo. A pagare sono innocenti. E chi agisce sa bene cosa rischia. Per lo sport, per la civiltà, per la vita.

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