Cronaca Nera
Santanchè: chiesto un secondo rinvio a giudizio per il falso in bilancio
La procura di Milano accusa la ministra del Turismo e il compagno Dimitri Kunz. Indagini anche sulla presunta truffa all’INPS per la “Cassa Covid

La procura di Milano ha firmato una seconda richiesta di rinvio a giudizio per Daniela Santanchè, ministra del Turismo, e il compagno Dimitri Kunz, per falso in bilancio. Questa indagine riguarda la gestione finanziaria di Visibilia, con perdite milionarie e bilanci falsificati dal 2016 al 2022. È la seconda richiesta in pochi mesi, dopo l’accusa di truffa ai danni dell’INPS per l’uso improprio della cassa integrazione Covid. La procura ha chiesto il processo per Santanchè e altre 16 persone, oltre che per tre società del gruppo Visibilia.
Perdite milionarie e bilanci irregolari
L’indagine, iniziata nel 2022, è coordinata dai pm Marina Gravina, Luigi Luzi e la procuratrice aggiunta Laura Pedio. La Guardia di Finanza ha contestato perdite significative delle società dal 2014 e la falsità dei bilanci dal 2016 al 2022. Gli indagati sono accusati di aver esposto fatti non corrispondenti al vero nei bilanci, ingannando soci e investitori. Tra gli indagati ci sono l’ex compagno Canio Mazzaro, la sorella Fiorella Garnero e la nipote Silvia Garnero, oltre a dodici ex amministratori, consiglieri e sindaci di Visibilia Editore, Visibilia Srl e Visibilia Editrice Srl. Le ipotesi di bancarotta, invece, sono state archiviate dopo che le società hanno superato lo stato di insolvenza.
Le intercettazioni e la consapevolezza della crisi
Le intercettazioni telefoniche hanno rivelato che uno degli indagati, parlando con Dimitri Kunz, ammetteva il rischio di andare a processo per il falso in bilancio, indicando che il valore delle società avrebbe dovuto essere svalutato a zero già dal 2016. Nonostante ciò, il valore fu mantenuto nell’attivo dei bilanci per cifre superiori ai 3 milioni di euro. Secondo gli investigatori, Kunz era pienamente consapevole della crisi del gruppo Visibilia. La relazione di Bankitalia ha ricostruito uno “schema operativo” che ha permesso a Visibilia Editore di coprire le crescenti perdite.
La truffa sulla “Cassa Covid”
La prima richiesta di processo per Santanchè riguarda una presunta truffa ai danni dell’INPS. L’accusa è di aver indotto in errore i funzionari dell’Istituto, ottenendo un profitto illecito di oltre 126 mila euro attraverso la percezione indebita di cassa integrazione Covid per oltre 20 mila ore. Dal maggio 2020 al febbraio 2022, i dipendenti di Visibilia hanno lavorato in smart working, ma le richieste di cassa integrazione dichiaravano falsamente che non stavano lavorando. Le differenze tra cassa integrazione e stipendi venivano coperte con finti rimborsi per spese di viaggio e note spese.
I raggiri su 13 dipendenti
Tredici dipendenti di Visibilia Editore e Visibilia Concessionaria hanno percepito contributi della “Cassa Covid” nonostante lavorassero regolarmente. Gli indagati hanno richiesto la cassa integrazione guadagni in deroga Covid-19, dichiarando falsamente che i dipendenti erano a zero ore di lavoro. La differenza tra quanto percepito con la cassa integrazione e lo stipendio normale veniva integrata con finti rimborsi, occultando il fatto che i dipendenti continuavano a lavorare.
Altri guai per Santanchè: dalla villa al bio-food
Non finiscono qui i problemi per la ministra. La procura di Milano ha aperto un fascicolo per riciclaggio relativo alla compravendita di una villa in Versilia, acquistata da Kunz e Laura De Cicco, moglie del presidente del Senato Ignazio La Russa, e rivenduta poco dopo con una plusvalenza sospetta. Si stanno ricostruendo i flussi finanziari dietro l’operazione per capire l’origine e la destinazione del denaro.
Inoltre, le aziende del bio-food legate a Santanchè sono sotto esame. Bioera, di cui la ministra è stata presidente fino al febbraio 2022, ha ottenuto 60 giorni per presentare un piano di ristrutturazione dei debiti o un concordato preventivo per il risanamento. La società ha debiti verso fornitori, obbligazionisti e enti pubblici, e la procura sta indagando anche su presunti profili di bancarotta.
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Cronaca Nera
Assalto in chiesa con pistola a salve: tentativo di rapina durante la funzione religiosa
La pistola era finta, la paura no. A Sant’Anastasia, in provincia di Napoli, questa mattina si è vissuto un incubo tra i banchi della cappella del complesso delle suore domenicane: un uomo mascherato ha fatto irruzione durante la messa delle prime ore del giorno, armato e deciso a rapinare i presenti.

È successo ieri mattina tra le 7 e le 8, quando il silenzio della preghiera è stato interrotto da urla e terrore. L’uomo – il volto nascosto da un passamontagna, la mano stretta attorno a una pistola – ha fatto irruzione all’interno della cappella dove si stava celebrando la funzione religiosa. Senza dire una parola ha puntato l’arma addosso ai fedeli, ordinando loro di consegnare denaro e oggetti di valore. Qualcuno ha provato a calmare gli animi, qualcun altro si è immobilizzato, paralizzato dalla paura. Poi lo sparo. Secco, improvviso. Il colpo, si scoprirà poco dopo, era a salve. Ma in quel momento nessuno poteva saperlo.
L’eco dello sparo ha scatenato il panico. Alcuni si sono buttati a terra, altri hanno urlato, le suore si sono strette in preghiera. Il rapinatore ha atteso qualche istante, forse per valutare la reazione, forse per convincersi che non ne valeva la pena. Poi, senza portare via nulla, ha fatto dietrofront ed è fuggito a piedi, scomparendo per le strade del paese prima che qualcuno potesse bloccarlo.
Sull’episodio indagano ora i carabinieri, che hanno acquisito le immagini delle telecamere presenti nella zona. Al momento non risultano feriti, ma lo shock tra i presenti è profondo. “Sembrava una scena da film – ha raccontato una delle sorelle – ma era tutto vero. Non avevamo mai vissuto una cosa simile. Qui si viene per pregare, non per morire”.
In attesa che l’uomo venga identificato e arrestato, resta una domanda amara: se persino la sacralità di una chiesa al mattino non basta più a fermare un’arma – vera o finta che sia – allora, davvero, non c’è più religione.
Cronaca Nera
Garlasco, la nuova perizia della difesa Stasi: “Sull’impronta 33 c’è sangue, è di Sempio”
Secondo la relazione firmata da Ghizzoni, Linarello e Ricci, la famosa impronta 33 sarebbe compatibile con il palmo di Andrea Sempio e conterrebbe tracce di sudore misto a sangue. Una ricostruzione che riaccende lo scontro con i periti della famiglia Poggi e con quelli dello stesso Sempio, e che potrebbe cambiare gli equilibri dell’indagine.

Torna al centro del caso Garlasco l’impronta numero 33, la stessa che secondo i consulenti della Procura sarebbe compatibile con il palmo di Andrea Sempio. Ma la novità, ora, è un’ulteriore perizia depositata dalla difesa di Alberto Stasi che rilancia: quella traccia sarebbe intrisa di sangue misto a sudore.
È quanto sostengono Oscar Ghizzoni, Pasquale Linarello e Ugo Ricci, i consulenti nominati dagli avvocati Giada Bocellari e Antonio De Rensis, legali di Stasi. Nella loro relazione, la 33 viene definita un’impronta “frutto di un contatto palmare intenso”, ovvero esercitato con forza sul muro durante un movimento anomalo, “non compatibile con una semplice discesa delle scale”. A rafforzare la tesi, ci sarebbero “accumuli più scuri” e un alone compatibile con materiale biologico.
Non potendo più analizzare l’intonaco originale (asportato e trattato nel 2007 dal Ris), i tre esperti hanno ricreato in laboratorio le condizioni dell’epoca. Hanno spalmato sangue e sudore su muri simili, trattandoli con gli stessi reagenti: ninidrina, Combur e Obti test. Secondo i consulenti, la ninidrina avrebbe “inibito ogni reazione positiva”, mascherando la presenza del sangue. Ma i risultati fotografici sarebbero compatibili con quanto visto sul muro della villetta Poggi.
Conclusione: quell’impronta, per la difesa Stasi, sarebbe di Andrea Sempio, e sarebbe stata lasciata con una mano non pulita. Un risultato opposto a quello raggiunto dai consulenti della famiglia Poggi, che parlavano di “appoggio veloce” e nessuna traccia ematica, e da quelli dello stesso Sempio, che riducono la validità dell’impronta a sole cinque minuzie.
L’avvocata Angela Taccia, che difende Sempio insieme a Massimo Lovati, replica serena: “È solo una consulenza di parte. Nulla è stato accertato. Restiamo fiduciosi”.
Ma la battaglia sulla 33 è tutt’altro che finita. Anche se il gip ha escluso la traccia dall’incidente probatorio, gli inquirenti hanno ora sul tavolo un nuovo elemento. E quella macchia sul muro potrebbe ancora dire molto.
Cronaca Nera
Allarme serial killer: a Montecatini spuntano nuove ossa. Quante donne ha ucciso Vasile Frumuzache?
Frammenti di ossa e indumenti femminili sono stati rinvenuti nei pressi del casolare di Vasile Frumuzache, in provincia di Pistoia. L’uomo ha ammesso l’omicidio di Denisa Maria Paun e Ana Maria Andrei, ma nega altre uccisioni. Gli inquirenti sospettano l’esistenza di una terza vittima e di un possibile complice. Intanto Frumuzache è stato trasferito in una struttura protetta dopo un’aggressione subita in carcere.

Potrebbe esserci una terza vittima. E forse anche un complice. È quanto ipotizzano gli investigatori che indagano su Vasile Frumuzache, 32 anni, noto come il “killer delle escort”, reo confesso di due omicidi: quelli di Denisa Maria Paun e Ana Maria Andrei, uccise tra Pistoia e Prato.
Ma i nuovi elementi trovati nei pressi della sua abitazione a Montecatini Terme potrebbero allargare ulteriormente il quadro. In un campo vicino al casolare in cui viveva l’uomo, sono stati scoperti frammenti di ossa umane e slip femminili. Gli esami del DNA hanno escluso che appartengano a Denisa o Ana Maria. Il che apre uno scenario inquietante: chi è la donna a cui appartenevano quei resti?
Le indagini, condotte parallelamente dalle procure di Pistoia e Prato, si avviano verso la conclusione ma restano molti punti oscuri. Frumuzache ha confessato il primo omicidio e poi, in un secondo interrogatorio, anche il secondo. Ma ha sempre negato di aver ucciso altre donne.
Gli inquirenti, tuttavia, non gli credono del tutto. Ritengono possibile che non abbia agito da solo e che qualcuno lo abbia aiutato a occultare i cadaveri. L’obiettivo è ora dare un nome ai resti ritrovati, mentre si verifica la compatibilità con denunce di scomparse recenti nel Centro Italia.
Dopo l’arresto, Frumuzache è stato rinchiuso nel carcere di Prato. Ma è rimasto lì poco: l’ex fidanzato di una delle due vittime lo ha aggredito in cella, gettandogli olio bollente sul volto. L’uomo ha riportato ustioni di primo e secondo grado. Per questo motivo è stato trasferito in una struttura protetta.
Attraverso il suo avvocato, Diego Capano, Frumuzache ha rinunciato al Riesame e resta in custodia cautelare. Ma il sospetto che il suo elenco di vittime non si fermi a due, non fa dormire sonni tranquilli agli inquirenti. E forse nemmeno a chi lo ha conosciuto davvero.
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