Cucina
Marmellata di castagne: storia, ricetta e benefici di un dolce autunnale intramontabile
La marmellata di castagne affonda le radici in secoli di storia e tradizione, un prodotto semplice e genuino che non solo soddisfa il palato, ma apporta anche numerosi benefici nutrizionali. Scopri la ricetta classica e le sue gustose variazioni.
La marmellata di castagne è un dolce tipico delle regioni montuose d’Italia, dove la castagna è stata per secoli una delle principali risorse alimentari, soprattutto nelle aree rurali. Questo frutto autunnale, spesso chiamato “pane dei poveri” per la sua abbondanza e valore nutrizionale, veniva trasformato in diversi prodotti, tra cui farina, dolci e, naturalmente, marmellata. La preparazione di questa conserva è legata alla necessità di conservare le castagne per i mesi invernali, sfruttando la loro dolcezza naturale per creare un prodotto che durasse nel tempo.
Oggi, la marmellata di castagne è considerata una prelibatezza autunnale, perfetta da spalmare su pane o fette biscottate, o da usare come ripieno per dolci tradizionali.
La ricetta classica della marmellata di castagne
Ingredienti:
- 1 kg di castagne
- 500 g di zucchero
- 200 ml di acqua
- 1 bacca di vaniglia (o un cucchiaino di estratto di vaniglia)
- 1 pizzico di sale
Preparazione:
- Preparare le castagne: Praticare un’incisione sulla buccia delle castagne e lessarle in acqua bollente per circa 30 minuti. Una volta cotte, sbucciarle e privarle anche della pellicina interna.
- Cuocere le castagne: Passare le castagne cotte in un passaverdura o schiacciarle con una forchetta fino a ottenere una purea.
- Preparare lo sciroppo: In una pentola capiente, sciogliere lo zucchero nell’acqua insieme alla bacca di vaniglia (o all’estratto) e portare il tutto a ebollizione. Lasciar bollire per qualche minuto finché lo zucchero non si è completamente sciolto.
- Unire le castagne: Aggiungere la purea di castagne nello sciroppo di zucchero e mescolare bene. Lasciar cuocere il tutto a fuoco lento per circa 30 minuti, mescolando spesso per evitare che la marmellata si attacchi al fondo.
- Invasare la marmellata: Una volta pronta, trasferire la marmellata di castagne ancora calda nei barattoli sterilizzati, chiudere bene e capovolgere i barattoli per creare il sottovuoto. Lasciare raffreddare completamente prima di conservare.
Proprietà nutrizionali della marmellata di castagne
Le castagne sono una preziosa fonte di carboidrati complessi, vitamine e minerali. In particolare, sono ricche di vitamina C, potassio e acido folico, e contengono anche una buona dose di fibre, che contribuiscono al benessere intestinale. Pur essendo meno caloriche rispetto ad altri frutti a guscio, le castagne offrono una fonte di energia a rilascio lento, perfetta per affrontare le giornate più fredde.
La marmellata di castagne, grazie alla presenza dello zucchero, è naturalmente più calorica rispetto alle castagne fresche, ma rimane comunque un’alternativa più salutare rispetto ad altre conserve dolci, soprattutto se realizzata con ingredienti naturali e senza additivi.
Variazioni della marmellata di castagne
La marmellata di castagne è già deliziosa nella sua versione classica, ma può essere personalizzata con alcune variazioni interessanti:
- Marmellata di castagne al rum: Aggiungi un cucchiaio di rum alla fine della cottura per dare un tocco aromatico e avvolgente alla marmellata.
- Marmellata di castagne e cacao: Per i più golosi, puoi aggiungere un paio di cucchiai di cacao amaro in polvere alla ricetta, trasformando la marmellata in una sorta di crema di castagne e cioccolato.
- Marmellata di castagne speziata: Arricchisci la marmellata con un mix di spezie autunnali come cannella, noce moscata e chiodi di garofano per un sapore ancora più caldo e avvolgente.
- Marmellata di castagne e miele: Sostituisci parte dello zucchero con del miele per una versione più naturale e profumata della marmellata.
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Cucina
Spaghetti all’Assassina: il piatto cult che ha conquistato l’Italia
Gli spaghetti all’Assassina rappresentano una delle ricette più audaci della cucina pugliese, una vera celebrazione della semplicità degli ingredienti combinata a una tecnica di cottura unica. La tostatura degli spaghetti conferisce loro quel sapore affumicato e croccante che li rende così irresistibili, trasformando un piatto di pasta in un’esperienza da provare almeno una volta.
Gli spaghetti all’Assassina sono diventati, negli ultimi anni, una ricetta cult che ha affascinato non solo i palati pugliesi, ma anche i buongustai di tutto il mondo. Questo piatto nasce a Bari negli anni ’70, nelle cucine popolari della città, come una versione “spinta” della classica pasta al pomodoro. Il nome stesso, “all’Assassina”, suggerisce un piatto audace, forte, quasi “pericoloso”, grazie al suo sapore deciso e alla particolare tecnica di cottura che gli conferisce una croccantezza unica.
La particolarità degli spaghetti all’Assassina sta nel modo in cui vengono cotti: non sono bolliti come di consueto, ma risottati, ovvero cotti direttamente in padella con un sugo di pomodoro molto concentrato. Questa tecnica permette alla pasta di assorbire tutto il gusto del pomodoro e del peperoncino, lasciando gli spaghetti ben tostati e croccanti. La croccantezza che si ottiene sulla parte esterna della pasta è ciò che rende questo piatto unico e tanto amato, un piatto che combina il sapore intenso della cucina pugliese con una consistenza quasi “bruciata”, in perfetto stile street food.
Proprietà nutrizionali
Come tutti i piatti di pasta, anche gli spaghetti all’Assassina forniscono una buona quantità di carboidrati complessi, che rappresentano una fonte di energia a lungo termine per il corpo. Il pomodoro, uno degli ingredienti principali, è ricco di licopene, un potente antiossidante che favorisce la salute del cuore e della pelle. Tuttavia, è importante notare che la quantità di olio utilizzata nella preparazione potrebbe rendere il piatto piuttosto calorico. Inoltre, l’uso del peperoncino contribuisce ad accelerare il metabolismo grazie alla capsaicina, una sostanza presente in questa spezia piccante.
Un piatto di spaghetti all’Assassina è ricco di sapore, ma va gustato con moderazione, soprattutto se si è attenti alla propria dieta. La versione tradizionale prevede un uso generoso di olio e il processo di tostatura della pasta può aumentare il contenuto calorico, rendendolo meno adatto per chi cerca piatti leggeri.
Ricetta originale
Gli spaghetti all’Assassina richiedono pochi ingredienti, ma la tecnica di preparazione è essenziale per ottenere il risultato giusto. Ecco i passaggi principali:
Ingredienti:
- 400 g di spaghetti (rigorosamente crudi)
- 500 ml di passata di pomodoro
- 2 cucchiai di concentrato di pomodoro
- 2 spicchi d’aglio
- Olio extravergine d’oliva (q.b.)
- Peperoncino (a piacere)
- Brodo di pomodoro (acqua e passata diluita)
- Sale (q.b.)
Preparazione:
- In una padella ampia, fate soffriggere l’aglio e il peperoncino nell’olio extravergine d’oliva fino a doratura.
- Aggiungete il concentrato di pomodoro e mescolate fino a che non si scioglie nell’olio.
- Unite gli spaghetti crudi direttamente nella padella e iniziate a tostarli a fuoco medio, mescolandoli spesso.
- A poco a poco, iniziate ad aggiungere il brodo di pomodoro, come se fosse un risotto, facendo in modo che la pasta lo assorba poco a poco. Continuate a mescolare e a tostare gli spaghetti.
- Quando gli spaghetti saranno cotti e croccanti all’esterno, aggiustate di sale e servite ben caldi.
Varianti
Nel tempo, sono nate diverse varianti di questo piatto. Alcuni preferiscono aggiungere un tocco di formaggio, come pecorino o parmigiano, per conferire una maggiore cremosità. Altri optano per un’aggiunta di olive nere o capperi per dare un tocco salato. Una versione più moderna prevede l’uso di pomodori ciliegini freschi insieme alla passata, per dare un sapore più dolce e meno concentrato.
Cucina
Pollo alla romana, la coccola d’autunno che profuma di stufa accesa e domeniche lente
Un piatto nato nelle campagne laziali e ormai simbolo delle tavole romane. Niente fronzoli, solo ingredienti semplici e genuini che cuociono piano, riempiendo la casa di profumi avvolgenti e di quella sensazione di famiglia che solo l’autunno sa riportare.
La tradizione che scalda anche il cielo grigio
Novembre chiede stoviglie pesanti, pentole capienti e piatti che sembrano abbracci. Il pollo alla romana è questo: memoria, intimità e l’odore di qualcosa che cuoce piano mentre fuori la città rallenta sotto la pioggia. Non è un piatto da trattoria turistica, ma da casa vera, di quelle dove il tempo si prende e non si rincorre. Ogni famiglia romana ha la sua versione, e ognuna giura che sia la migliore.
Ingredienti semplici, sapore enorme
La forza di questa ricetta è la sua essenzialità. Un pollo tagliato a pezzi, peperoni carnosi — sì, anche in autunno: basta sceglierli ben maturi o usare quelli conservati “alla romana” — pomodori pelati, vino bianco, aglio, olio, sale e pepe. Una foglia di alloro, erbe fresche e pazienza.
Ingredienti per 4 persone:
1 pollo in pezzi
3 peperoni rossi e gialli
400 g di pomodori pelati
1 spicchio d’aglio
1/2 bicchiere di vino bianco
olio extravergine d’oliva
alloro
sale
pepe
basilico o prezzemolo.
La cottura lenta è la vera ricetta
Si comincia rosolando il pollo in padella larga, lasciandolo dorare bene: è questo che regala quel sapore pieno e rotondo. Si sfuma con il vino bianco, si lascia evaporare e nel frattempo i peperoni vengono fatti appassire a parte con l’aglio. Poi tutto insieme, fuoco basso, pomodoro e alloro. E via, a sobbollire piano, mentre la cucina si riempie di un aroma che sa di sera che scende presto, pioggia che batte ai vetri e famiglia che si raccoglie.
Quando il sugo si stringe e la carne diventa tenera, basta un ultimo gesto: un ciuffo di basilico — o prezzemolo, più autunnale — e un pane rustico pronto a farsi complice.
Il pollo alla romana non si presenta, si serve. E ogni forchettata ricorda che un piatto, quando nasce dalla terra e dall’attesa, non ha stagione: ha solo cuore.
Cucina
Il budino viola che profuma d’autunno: il budino di uva nera, due ingredienti e tanta poesia per un dessert leggero e irresistibile
Dalla tradizione contadina arriva un dessert scenografico e leggero. Il budino di uva nera Solarelli conquista per il suo colore intenso, la texture vellutata e il gusto pulito. Una ricetta essenziale che trasforma la frutta di stagione in una dolcezza viola brillante, perfetta dopo cena e impossibile da dimenticare.
Il dolce che nasce dalla terra
In un panorama di dessert elaborati, creme ricche e glassature lucide, il budino di uva nera è una carezza. È la prova che a volte bastano due ingredienti e un po’ di pazienza per ottenere qualcosa di unico. Il segreto è tutto nella frutta: uva nera senza semi Solarelli, raccolta al giusto grado di maturazione, succosa, profumata e naturalmente dolce. È un dolce della tradizione rurale, nato quando in cucina si lavorava con ciò che la natura offriva, senza sprechi e con lentezza. Il risultato è un budino che non chiede zucchero, panna o gelatine: solo il succo dell’uva e una piccola quantità di farina per addensare. Novembre lo accoglie alla perfezione: è viola profondo, ricorda il vino novello e profuma di vendemmia.
L’arte della semplicità: la cottura lenta dell’uva
La prima fase è quasi meditativa. I grappoli si lavano, si sgrana l’uva e si raccolgono gli acini in un tegame capiente. La fiamma è bassa, il tempo è lento: due ore circa perché gli acini rilascino lentamente tutto il loro succo. Durante la cottura si schiacciano con cura, così ogni goccia diventa parte del dolce. Il passaggio successivo è il più importante: filtrare il succo con un colino per eliminare bucce e residui, lasciando soltanto un liquido liscio e intenso, che ritorna in casseruola per la trasformazione finale. Il profumo che invade la cucina è già dessert: dolce, vinoso, leggermente floreale.
Dal fuoco allo stampo: nasce il budino
Quando il succo è pronto, si aggiunge gradualmente la farina, mescolando fino a ottenere una consistenza densa ma ancora scorrevole. La miscela torna sul fuoco, dove ribolle appena per due o tre minuti, mescolata senza sosta con una frusta. È una danza breve ma essenziale: il liquido prende corpo, si addensa, brilla. Poi arriva la parte più bella, quella domestica e affettiva: versarlo in uno stampo e lasciarlo raffreddare, prima a temperatura ambiente e poi in frigorifero per circa tre ore. Quando si sforma, il budino appare lucido, morbido, con una tonalità viola che sembra rubata a un cielo d’autunno al tramonto. Fresco, leggero, naturalmente dolce. Perfetto da solo, magnifico con una cucchiaiata di yogurt bianco o un filo di miele di castagno per chi vuole una nota più golosa.
È un dolce che parla piano. E proprio per questo conquista.
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