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Rock e inchiostro: le band più tatuate secondo la pelle dei fan

Scopriamo insieme quali gruppi rock dominano la scena… dei tatuaggi! Tra icone immortali e loghi leggendari, ecco i re del tattoo.

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    Tatuarsi la propria band preferita è una delle dichiarazioni d’amore più rock che si possano fare. Che sia per ricordare un momento speciale o per onorare la musica che ci ha salvati nei giorni bui, ci ha dato la carica giusta quando serviva, un tattoo ispirato ai grandi della musica non è solo un’opera d’arte, ma un pezzo di cuore inciso sulla pelle.

    In testa i Pink Floyd a seguire tutto il resto…

    E a quanto pare, c’è una band che regna incontrastata quando si parla di tatuaggi: i Pink Floyd. Con 13.000 ricerche mensili globali per tattoo ispirati alla loro musica e alle loro copertine, il leggendario prisma di The Dark Side of the Moon è un must per i fan di tutto il mondo.

    Secondi classificati i Guns N’ Roses (10.675 ricerche), grazie al loro iconico logo con la croce di Appetite for Destruction. La cosa è singolare se si pensa che il disegno originale venne realizzato proprio da Billy White Jr., un tatuatore. Medaglia di bronzo invece per i tedeschi Rammstein (10.558 ricerche), con il loro potente simbolo industrial rock. La classifica si chiude, a sorpresa, con i Twenty One Pilots, gli Iron Maiden e i Tool. Questi ultimi ricercati da 6.200 utenti mensili.

    La Top 10 dal quarto al decimo posto

    Metallica – 9.367 ricerche
    Nirvana – 9.150 ricerche
    Linkin Park – 8.425 ricerche
    Slipknot – 7.900 ricerche
    Twenty One Pilots – 7.775 ricerche
    Iron Maiden – 7.125 ricerche
    Tool – 6.200 ricerche

    Mentor Dedaj, proprietario dello studio di tatuaggi con sede in Svizzera, a Berna, LLTattoo, che ha realizzato l’indagine conferma “La musica rock e l’inchiostro sono inseparabili. È incredibile vedere quante persone vogliono portare con sé per sempre un pezzo dei loro artisti preferiti”.

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      Tatuaggi che durano un’estate (e spariscono in autunno): la nuova mania deluxe tra pelle, moda e vanità

      Sulla pelle solo per pochi mesi, ma impressi nel feed per sempre: i tatuaggi temporanei di nuova generazione costano come gioielli, sono firmati da illustratori cult e spopolano tra influencer, attrici e modelle. Una moda passeggiera? Forse. Ma mai così fotogenica.

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        Non chiamateli decalcomanie. I nuovi tatuaggi effimeri hanno l’estetica di un’opera d’arte e l’ambizione di un accessorio couture. Si applicano in studio con ago vero e proprio, ma l’inchiostro è “a tempo determinato”: dopo circa tre mesi, svaniscono come un flirt estivo. Nessun rimorso, nessun laser. Solo una dissolvenza programmata che li rende il sogno di chi ha sempre avuto paura dell’eternità.

        A lanciare il trend sono stati i brand americani di biotecnologia estetica come Ephemeral e Momentary Ink, subito imitati da saloni europei e atelier di bellezza. Il segreto è in un inchiostro biodegradabile che il corpo smaltisce naturalmente nel tempo. Ma non aspettatevi prezzi da souvenir: si parte da 250 euro per i più piccoli, e si arriva a cifre da borsa di lusso per quelli disegnati da artisti di tendenza.

        Chi li sceglie? Influencer, modelle, attrici. Ma anche ragazze della porta accanto che vogliono qualcosa di speciale per l’estate: un cuore minimalista sulla clavicola, una calligrafia poetica sul costato, un sole stilizzato tra le dita. E poi via di post su Instagram, ovviamente con l’hashtag di rito: #summerskinart.

        «Non è solo una moda, è una forma di self-expression che non ti obbliga a restare uguale per sempre», dice Chiara, 28 anni, che ha scelto un fiore di loto sulla schiena per tutta la stagione. A settembre? «Lo farò sparire. E poi magari ne metto un altro. Dipende da chi sarò diventata».

        Effimero, certo. Ma anche intelligente: nessun rimpianto, zero sedute di rimozione, massimo impatto estetico. Perché se la vita è fatta di stagioni, anche la pelle ha diritto a cambiare idea. Come un vestito. O un amore.

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          Padova torna a riflettere sull’anima: il Festival della Consapevolezza 2025 esplora l’intelligenza spirituale

          Il 20 e 21 settembre appuntamento con filosofi, scienziati, monaci e artisti per riscoprire il senso profondo dell’esistenza. Tra gli ospiti Guzzi, Lama Michel Rinpoche, Frajese, Foa, Tetsugen Serra e molti altri

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            Torna a Padova il Festival della Consapevolezza, e lo fa per la quarta volta con un tema tanto affascinante quanto urgente: Intelligenza spirituale. Un viaggio nel cuore dell’essere umano, nel tentativo di integrare mente, cuore e anima in un tempo che chiede rapidità, performance e semplificazione. L’edizione 2025 si svolgerà il 20 e 21 settembre, con il patrocinio dell’Unione Buddhista Italiana (UBI) e la collaborazione dell’assessorato alla Cultura del Comune.

            Sarà un evento diffuso nel centro storico, tra luoghi simbolici come il Palazzo della Ragione, il teatro Verdi, il San Gaetano e la Loggia della Gran Guardia. Non solo conferenze, ma anche meditazioni guidate, laboratori esperienziali, musica e workshop: tutto per stimolare una riflessione profonda sul senso dell’esistenza, con lo sguardo rivolto alla connessione interiore e alla trasformazione personale.

            Il tema dell’intelligenza spirituale viene proposto come chiave per leggere il presente e immaginare il futuro. Un modo per riconoscere e coltivare quella parte di noi capace di dare significato alla vita, superare le crisi, affrontare l’incertezza e trovare unità tra razionalità e sentimento, corpo e mente, individuo e collettività.

            A confrontarsi su questi temi, una rosa di ospiti e relatori di altissimo livello. Marco Guzzi, poeta e filosofo, sarà tra i protagonisti con i suoi percorsi di “guarigione dell’anima” e rinnovamento interiore. Con lui Lama Michel Rinpoche, maestro buddhista apprezzato a livello internazionale, che porterà la sua esperienza di dialogo tra Oriente e Occidente, tradizione e modernità. Il giornalista Marcello Foa, già presidente Rai, parlerà invece del rapporto tra pensiero critico e benessere interiore. Mentre Giovanni Frajese, medico e neuroendocrinologo, affronterà la relazione tra mente, corpo e spirito nella medicina contemporanea.

            Spazio anche alla scienza con Franco Prodi, climatologo e divulgatore, e alla musica con la pianista Gloria Campaner, che racconterà il legame profondo tra suono, emozione e stati di coscienza. Tra le voci più attese anche il Maestro Zen Tetsugen Serra, guida spirituale e autore, e Simone Salvini, chef vegano e insegnante, che proporrà un percorso sensoriale sul cibo come nutrimento anche spirituale.

            A guidare il team organizzativo sarà ancora una volta Andrea Salvetti, documentarista e produttore televisivo, ideatore del Festival e promotore della cultura della consapevolezza. I talk principali saranno condotti da Michaela K. Bellisario, giornalista del gruppo Corriere, con la sua consueta sensibilità nel trattare i temi dell’anima.

            Immancabile, come da tradizione, la meditazione collettiva al Palazzo della Ragione, guidata da Selene Calloni Williams e Filippo Scianna, presidente dell’UBI. Un momento partecipato, capace di unire centinaia di persone in un’unica vibrazione silenziosa.

            Ampio spazio sarà dato anche alla dimensione pratica: i workshop saranno curati da Shivani Lucki, Tiziana Fantuze e lo stesso Tetsugen Serra, con attività pensate per allenare l’intelligenza spirituale nel quotidiano. E quest’anno, novità assoluta, Consapevolandia si trasferisce al Museo Eremitani-Arena Romana: un’area educativa interamente dedicata ai più piccoli, ispirata alla pedagogia Montessori e al concetto delle intelligenze multiple.

            Il Festival della Consapevolezza è ormai un punto di riferimento nel panorama italiano degli eventi dedicati alla crescita interiore. Unisce spiritualità, scienza, arte e attualità con un approccio laico e inclusivo, capace di parlare a un pubblico trasversale. Non una fuga dal mondo, ma un ritorno a sé stessi per abitare il presente con maggiore presenza, empatia e lucidità.

            Biglietti, info e programma completo su festivaldellaconsapevolezza.com

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              “Scambio casa per l’estate, ma non mi freghi”: le nuove furberie dell’ospitalità tra privati

              Dalla casa promessa “con vista mare” che affaccia sulla tangenziale, ai frigoriferi svuotati con malizia: benvenuti nel Far West delle vacanze scambiate.

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                Una volta ci si scambiava figurine, oggi ci si scambia case. Ma a quanto pare, anche in questo caso, la fregatura è dietro l’angolo. L’idea dello home exchange sembrava perfetta: io vengo da te, tu vai da me, e nessuno paga nulla se non condivisione, fiducia e spirito da villeggianti evoluti. Peccato che nel 2025, complice l’inflazione e l’arte tutta italiana di “aggiustarsi”, stiano venendo a galla le furbizie dell’estate.

                «Dicevano che la loro casa era a 200 metri dalla spiaggia», racconta Claudia, 44 anni, da Bologna. «Era vero. Peccato che in mezzo ci fosse un’autostrada. Con i camion. Giorno e notte».

                I gruppi Facebook pullulano di denunce velate. C’è chi giura di aver trovato la cassaforte svuotata (“ci hanno preso pure i Lego”), chi giura di aver lasciato uno Château Margaux del ’96 e aver ritrovato in frigo una Peroni calda, chi sostiene di essere stato derubato… della propria Playstation. E chi, più semplicemente, ha ricevuto in “prestito” un appartamento con due gatti vendicativi e un bagno senza sciacquone.

                Ma non è solo questione di truffe. È la sottile arte del “non detto”. Il divano letto scomodissimo che «in foto sembrava grande», il letto matrimoniale che si divide in due, le lenzuola IKEA versione 2010 e l’odore persistente di cipolla in cucina.

                «L’idea dello scambio resta bellissima», dice ironica Giulia, 38 anni, che ha appena litigato col suo “ospite francese” perché ha usato la sua crema contorno occhi da 90 euro come doposole. «Ma bisogna fare come su Tinder: non credere a tutto quello che vedi in foto».

                E così, anche l’ultima frontiera dell’ospitalità rischia di diventare il solito gioco a chi è più furbo. Con una regola nuova e non scritta:
                “Scambio casa, sì. Ma ti tengo d’occhio con la telecamera nascosta nel vaso di felce”.

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