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Lifestyle

Manovra 2026: aumentano sigarette e diesel, cala la benzina. Cosa cambia per le famiglie italiane

La Legge di Bilancio 2026 del governo Meloni introduce nuove misure fiscali e aggiornamenti su carburanti, affitti e bonus energetici. Tra le novità più discusse, la cedolare secca sugli affitti brevi e la fine del contributo straordinario per le bollette.

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Manovra 2026

    La Legge di Bilancio 2026, presentata dal governo di centrodestra guidato da Giorgia Meloni, è già al centro del dibattito politico ed economico. La cosiddetta “Manovra finanziaria”, che dovrà essere approvata entro il 31 dicembre 2025, introduce una serie di interventi che riguardano direttamente i consumatori: dai carburanti alle sigarette, dagli affitti brevi ai bonus per le bollette.

    Secondo la bozza circolata nelle ultime settimane, i prezzi delle sigarette e del gasolio sono destinati a salire, mentre il costo della benzina scenderà leggermente grazie all’allineamento delle accise. Allo stesso tempo, cambia la disciplina fiscale per gli affitti brevi, con l’introduzione di una cedolare secca al 26%, misura che ha già spaccato la maggioranza.

    Sigarette e diesel più cari, benzina in lieve calo

    Dal 1° gennaio 2026, il costo dei pacchetti di sigarette subirà un nuovo incremento. La quota fissa dell’accisa salirà dagli attuali 29,50 euro ogni mille sigarette a 32 euro, con ulteriori aumenti previsti per gli anni successivi: 35,50 euro nel 2027 e 38,50 nel 2028.

    Il rincaro colpirà anche il tabacco trinciato, che aumenterà di circa 79 centesimi per ogni confezione da 30 grammi, fino a superare 1 euro nel 2028. Un segnale chiaro da parte del governo, che mira a contenere i consumi di tabacco ma che avrà inevitabili effetti sulle spese quotidiane di milioni di fumatori.

    Sul fronte dei carburanti, il governo ha deciso di uniformare le accise su benzina e gasolio a 672,90 euro per 1.000 litri (pari a 67 centesimi al litro). In pratica, il prezzo della benzina scenderà di circa 4 centesimi al litro, mentre il diesel aumenterà nella stessa misura, con effetti immediati alla pompa dopo l’applicazione dell’IVA al 22%.

    Affitti brevi, cedolare secca al 26%: tensione nella maggioranza

    Una delle misure più discusse della manovra riguarda l’aumento della cedolare secca sugli affitti brevi, che dovrebbe passare al 26%. La norma si applicherà a tutti: dai privati che affittano per brevi periodi ai gestori di case vacanze su piattaforme come Airbnb.

    Ma la proposta ha suscitato divisioni all’interno della coalizione di governo. Il vicepremier Matteo Salvini si è detto contrario: “La piccola proprietà va premiata, non penalizzata. Capisco i grandi gruppi immobiliari, ma chi affitta uno o due appartamenti per integrare lo stipendio o la pensione non può essere trattato come un’impresa”, ha dichiarato.

    Nonostante le resistenze, il Ministero dell’Economia ritiene che l’aumento possa contribuire a ridurre l’evasione nel settore e a riequilibrare il mercato immobiliare, sempre più condizionato dagli affitti turistici a breve termine.

    Bonus bollette, fine del contributo straordinario

    Un’altra misura che cambia riguarda il bonus energia. Il contributo straordinario da 200 euro sulle bollette di luce e gas, destinato alle famiglie con ISEE fino a 25.000 euro, non sarà rinnovato oltre il 31 dicembre 2025.

    Dal 2026 tornerà in vigore solo la versione ordinaria del bonus, riservata ai nuclei familiari con ISEE inferiore a 9.360 euro, oppure fino a 20.000 euro per le famiglie con almeno tre figli a carico.

    Secondo le stime, circa 8 milioni di italiani vedranno aumentare le spese energetiche con la fine del contributo straordinario. L’esecutivo giustifica la scelta come parte di una più ampia strategia di “razionalizzazione della spesa”, ma le associazioni dei consumatori parlano già di una “stangata invernale” per le famiglie più fragili.

    Una manovra di equilibrio (non senza critiche)

    Il governo Meloni punta a presentare la Manovra 2026 come un passo verso la stabilità fiscale, ma tra rincari, tagli e nuove imposte, la percezione pubblica è più complessa. Gli economisti sottolineano che molte delle misure — come la razionalizzazione dei bonus o l’allineamento delle accise — sono necessarie per rispettare i vincoli europei e ridurre il deficit.

    Tuttavia, il rischio politico è evidente: colpire settori popolari come i fumatori, i piccoli proprietari e le famiglie con redditi medi può trasformare una manovra “tecnica” in un campo minato elettorale.

    Con l’approvazione attesa entro fine anno, la Legge di Bilancio 2026 si annuncia come una delle più delicate della legislatura — chiamata a coniugare rigore economico e consenso politico in un contesto di inflazione ancora incerta e crescita fragile.

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      Lifestyle

      Quando la palestra mette alla prova l’autostima: così si manifesta la “sindrome dell’impostore” nel fitness

      Nelle sale pesi come in altri contesti sociali, la paura di non essere all’altezza può trasformarsi in un freno. Capire le origini di questo meccanismo e imparare a gestirlo aiuta a vivere l’allenamento come un gesto di cura, non come una prova da superare.

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      palestra

        Entrare in palestra dovrebbe significare prendersi cura del proprio corpo, ma per moltissime persone il primo impatto è tutt’altro che rassicurante. Sensazione di essere osservati, timore di sbagliare un esercizio, imbarazzo mentre si prova un nuovo attrezzo: ciò che sembra semplice ansia sociale è spesso riconducibile alla sindrome dell’impostore, un meccanismo psicologico studiato dagli anni ’70, che porta a sentirsi indegni dei propri progressi e a dubitare costantemente delle proprie capacità, anche quando non esistono reali motivi per farlo.

        Il peso (invisibile) del confronto

        In palestra è facile sentirsi fuori posto. Gli ambienti pieni di specchi, la presenza di persone più allenate e l’esposizione fisica contribuiscono a creare la percezione di non essere “alla pari”. La ricerca psicologica conferma che il confronto sociale aumenta quando ci si trova in contesti visibili e competitivi, amplificando insicurezze preesistenti. È lo stesso meccanismo che porta chi soffre di sindrome dell’impostore a pensare che gli altri sappiano sempre cosa fare, mentre noi sembriamo gli unici incerti.

        La radice del problema: autovalutazione e perfezionismo

        La sindrome dell’impostore nasce spesso da fattori culturali e personali: paura del giudizio, perfezionismo, bassa autostima o esperienze passate in cui ci si è sentiti valutati. Nel fitness, questi elementi si combinano con l’idea — sbagliata ma molto diffusa — che si debba essere già in forma per “meritarsi” una palestra. È una trappola mentale: nessuno nasce con la tecnica perfetta, e ogni corpo attraversa un percorso graduale di apprendimento, come confermato dagli studi sulla motor learning.

        Allenarsi non è una performance

        Una delle convinzioni più nocive è pensare che ogni sessione debba essere una dimostrazione di efficienza, competenza o forza. La psicologia dello sport sottolinea invece che il movimento è prima di tutto cura di sé, non un palcoscenico. L’insicurezza iniziale è normale: familiarizzare con gli spazi, capire i propri limiti e crescere passo dopo passo fa parte del processo. Anche chi oggi appare sicuro ha iniziato cercando di orientarsi tra macchine sconosciute e nomi complicati.

        Come superare il senso di non appartenenza

        Affrontare la sindrome dell’impostore richiede tempo, ma è possibile farlo con alcune strategie efficaci:

        • Riconoscere il disagio: non è un segnale di incapacità, ma una reazione comune in contesti percepiti come competitivi.
        • Ridurre il confronto: concentrarsi sui propri progressi, piccoli o grandi, aiuta a spostare il focus dall’esterno all’interno.
        • Scegliere un ambiente accogliente: istruttori disponibili e palestre che offrono supporto alle persone alle prime armi possono fare la differenza.
        • Accettare il percorso: la costanza conta più della perfezione, mentre gli errori sono parte naturale dell’apprendimento.

        Il diritto di esserci

        Ogni persona che varca la soglia di una palestra ha un motivo valido per farlo: salute, benessere, equilibrio mentale. Nessuno deve sentirsi fuori posto. La vera forza non è sollevare un peso in più, ma continuare ad allenarsi nonostante le paure. E questo, più di ogni performance, è un atto di coraggio.

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          Tech

          Air SNES: quando la sneaker diventa una console retrò

          Gustavo Bonzanini firma una sneaker-mod unica nel suo genere: dentro una Air Max battito e memoria degli anni ’90, un mini-computer, ingressi HDMI nascosti e un controller Bluetooth. Un progetto artigianale, virale ma non in vendita.

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          Air SNES

            Se negli ultimi anni le sneaker sono diventate accessori da collezione, tele bianche per artisti e provocazioni per influencer, qualcuno ha deciso di spingersi oltre, mescolando streetwear e nostalgia videoludica. Il designer brasiliano Gustavo Bonzanini ha infatti trasformato una Nike Air Max 90 in una vera – seppur miniaturizzata – console retrò perfettamente funzionante, ribattezzata Air SNES, in omaggio ai 35 anni del Super Nintendo Entertainment System, la console che negli anni ’90 ha segnato un’epoca nel gaming domestico.

            L’idea nasce come progetto personale e non come prodotto commerciale. Bonzanini, appassionato di modding e cultura pop, ha immaginato come sarebbe stato “indossare” un pezzo di storia videoludica. Installare un Super Nintendo originale sarebbe stato impossibile a causa di peso e dimensioni, ma non per questo il designer ha rinunciato alla sfida. La soluzione è arrivata grazie a un Raspberry Pi Zero W, un micro-computer economico e compatto, configurato con RetroPie, una piattaforma open source in grado di emulare diverse console storiche, SNES incluso.

            L’interno della sneaker è stato così modificato per ospitare tutto il necessario: oltre al Raspberry, una batteria ricaricabile che garantisce circa mezz’ora di autonomia – sufficiente per una dimostrazione o una partita nostalgica – e un controller Bluetooth, una versione personalizzata di un pad retro prodotto da 8BitDo, azienda conosciuta per i suoi dispositivi dedicati al retrogaming.

            La connessione allo schermo è possibile sia tramite HDMI, sia attraverso un cavo RGB, soluzione particolarmente apprezzata dagli appassionati che preferiscono la resa visiva dei televisori analogici. Le porte sono abilmente integrate all’interno delle linguette della scarpa, invisibili a un primo sguardo. Il risultato è una sneaker che sembra una normale Air Max 90 con livrea ispirata ai colori del Super Nintendo – grigi chiari, tocchi di viola e forme geometriche – ma che, una volta collegata alla TV, diventa una console giocabile a tutti gli effetti.

            Pubblicata da Bonzanini sui social, la Air SNES ha immediatamente scatenato entusiasmo e richieste da parte di collezionisti, gamer nostalgici e semplici curiosi. L’oggetto è rapidamente diventato virale, complice l’incrocio tra due mondi – moda e gaming – che negli ultimi anni dialogano sempre più. In molti hanno chiesto al designer di produrre altre versioni dedicate ad altre console, da Sega Mega Drive a PlayStation, ma lui è stato chiaro: si tratta di un pezzo unico, non realizzato per essere venduto né facilmente replicabile, sia per complessità tecnica sia per una questione di diritti e licenze.

            Al di là della giocabilità – certamente più simbolica che pratica – la Air SNES rappresenta un esercizio creativo che parla di cultura pop, di nostalgia e di innovazione fai-da-te. Una fusione riuscita tra oggetto iconico, sneaker culture e memoria videoludica. E, sebbene impossibile da acquistare, rimane una delle custom più sorprendenti mai apparse negli ultimi anni. Una scarpa che non serve per correre, ma per ricordare un’epoca in cui bastavano un televisore e una cartuccia per sognare mondi lontani.

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              Animali

              Prima di adottare un uccello domestico: tutto ciò che devi davvero sapere

              Dalla scelta della specie alle cure veterinarie, passando per alimentazione, socializzazione e sicurezza domestica: ecco perché adottare un uccello non è mai una decisione da prendere alla leggera.

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              Prima di adottare un uccello domestico: tutto ciò che devi davvero sapere

                Scegliere un uccello come animale domestico è un gesto che attira sempre più persone, complici le dimensioni contenute e l’apparente facilità di gestione. In realtà, i volatili sono tra gli animali da compagnia più delicati, e richiedono cure specifiche, un ambiente sicuro e una buona conoscenza delle loro esigenze etologiche. Prima di accoglierne uno in casa, è indispensabile capire cosa comporti davvero conviverci.

                Capire la specie che si adotta

                Non esiste “l’uccellino facile”. Ogni specie ha caratteristiche, bisogni e livelli di socialità molto diversi tra loro. I pappagallini ondulati, ad esempio, sono più interattivi e vivono mediamente 8–10 anni; i calopsitti possono arrivare a 15–20 anni; le specie più grandi, come gli amazzoni o i cacatua, superano spesso i 40–50 anni. Una decisione che può durare una vita. È quindi fondamentale informarsi tramite allevatori certificati, veterinari aviari o associazioni riconosciute.

                Ambiente e benessere: non basta una gabbietta

                Uno dei principali errori è credere che una gabbia standard sia sufficiente. In realtà, tutti gli uccelli necessitano di spazi ampi, posatoi naturali, giochi sicuri e soprattutto tempo fuori dalla gabbia per volare e muoversi. Secondo veterinari e ornitologi, molte patologie – dal piumaggio rovinato allo stress cronico – derivano proprio dalla mancanza di stimoli e libertà di volo.

                La casa, inoltre, deve essere resa sicura: niente finestre aperte senza protezioni, piante tossiche, teflon potenzialmente letale se surriscaldato, o fonti di rumore e stress.

                Alimentazione varia e controllata

                La dieta non può basarsi solo sui semi. I volatili hanno bisogno di un’alimentazione bilanciata che comprenda mangimi estrusi, frutta e verdura adatte alla specie, e un controllo delle quantità per evitare obesità o carenze nutrizionali. Molti problemi di salute derivano proprio da alimentazioni monotone. E alcuni cibi comuni – come avocado, cioccolato, alcol o sale – sono per loro tossici.

                Richiedono tempo, interazione e pazienza

                Alcune specie sono fortemente sociali e, in natura, vivono in grandi gruppi. Questo significa che un uccello domestico isolato rischia di sviluppare stress, vocalizzazioni eccessive o comportamenti distruttivi. Non si tratta di animali “ornamentali”: hanno bisogno di interazione quotidiana, stimoli cognitivi, giochi e contatto sociale. Adottarli richiede tempo costante, soprattutto per i pappagalli più intelligenti.

                Impegno economico e veterinario

                La salute dei volatili deve essere seguita da un veterinario esperto in animali aviari, non sempre facile da trovare. Le visite periodiche, gli esami e l’alimentazione corretta comportano un impegno economico non trascurabile. Inoltre, un volatile può vivere decenni: significa pianificare a lungo termine.

                Adozione consapevole

                Molti esperti ricordano che gli uccelli non sono animali “semplici” o adatti a chi vuole un compagno silenzioso. Alcuni possono essere molto rumorosi, altri timidi e sensibili ai cambiamenti ambientali. Prima di adottarne uno, è fondamentale chiedersi: Ho abbastanza tempo? Lo spazio è adeguato? Posso garantire cure costanti per molti anni?

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