Cibi magici per il benessere della tua mente
La connessione tra alimentazione e salute mentale è un argomento sempre più rilevante nella società moderna. Mentre tradizionalmente si è prestata molta attenzione all’aspetto fisico della nutrizione sempre più ricerche evidenziano il ruolo cruciale che una dieta equilibrata svolge nel sostenere il benessere psicologico.
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Esistono davvero alimenti che stringono un legame tra la dieta e il benessere cerebrale.
Ma come funziona nella realtà la connessione piatto-cervello? Non è complicato! Gli alimenti giusti influenzano gli ormoni, che a loro volta incidono sull’umore e sulla salute mentale. Il microbiota intestinale è strettamente collegato alla salute mentale e alimenti ricchi di fibre influenzano positivamente l’umore e la cognizione.
Ma ti sei mai chiesta quali sono gli alimenti per una mente sana? Al mattino, caffè o tè possono migliorare la concentrazione a breve termine e la vigilanza. Uno spuntino con frutta secca, noce di cocco semi o cioccolato può influenzare positivamente l’apprendimento. Fagioli, lenticchie e ceci, ricchi di nutrienti importanti, sono ottimi per la memoria. Frutta e verdura come bacche, mele, broccoli, spinaci e cavoli favoriscono la comunicazione tra le cellule cerebrali e la prevenzione del declino cognitivo.
Alimenti ricchi di omega-3 come salmone, tonno, sardine, sono fondamentali per il mantenimento dell’integrità delle membrane cellulari del cervello. L’importanza dell’acqua non va mai sottovalutata. Infine, l’acqua svolge un ruolo chiave nel trasporto di nutrienti essenziali al cervello, aiutando a veicolare sostanze nutritive attraverso il flusso sanguigno e fornendo al cervello gli elementi necessari per funzionare al meglio.
L’acqua è coinvolta nel processo di rimozione delle scorie e delle tossine, e un’adeguata idratazione può favorire il corretto funzionamento del sistema linfatico e del sistema di pulizia del cervello, contribuendo alla rimozione dei rifiuti metabolici. In sintesi, mantenere un’adeguata alimentazione e idratazione risulta fondamentale per la salute generale del corpo e la funzionalità cerebrale. Integrando questi alimenti nella dieta quotidiana, è possibile favorire una mente sana e vivace, contribuendo al benessere mentale a lungo termine.
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Benessere
Dieta vichinga: il ritorno all’alimentazione “ancestrale” che conquista i social e i nutrizionisti
Tra tendenza virale e approccio scientifico, la “Viking diet” si impone come modello equilibrato e naturale, in contrasto con l’eccesso di cibi ultraprocessati della società moderna. Gli esperti ne apprezzano la varietà e il rispetto per la stagionalità, ma invitano alla moderazione.
Il ritorno alle origini
Negli ultimi anni, complice la crescente consapevolezza sui rischi legati ai cibi ultraprocessati, si è diffuso un rinnovato interesse per le diete ispirate al passato. Sempre più persone cercano un’alimentazione più semplice e genuina, basata su ingredienti locali e poco manipolati.
C’è chi sceglie di acquistare solo da piccoli produttori e chi, invece, si spinge oltre, abbracciando veri e propri modelli “ancestrali”. In questo panorama si inserisce la dieta vichinga, una versione moderna e bilanciata delle antiche abitudini dei popoli scandinavi.
Non si tratta solo di moda: dietro questo stile alimentare c’è un crescente interesse scientifico. Secondo gli esperti, il suo equilibrio tra proteine magre, cereali integrali, frutta e pesce la rende una delle diete più complete e sostenibili del momento.
Cosa mangiavano (davvero) i vichinghi
Storicamente, l’alimentazione vichinga era molto più varia di quanto si immagini. Gli studi dell’archeologo culinario Daniel Serra, che da oltre vent’anni ricostruisce la cucina nordica altomedievale, rivelano un regime ricco e bilanciato.
La base era costituita da pesce – soprattutto aringhe, merluzzi, salmoni e halibut –, accompagnato da verdure a radice come rape, carote, porri e cipolle, legumi, frutta selvatica, noci e cereali come orzo, segale e avena. Non mancavano latticini, uova e carne, utilizzata però con parsimonia rispetto alla nostra dieta moderna.
Gli scavi archeologici hanno confermato questa varietà, restituendo tracce di semi, cereali e utensili per la trasformazione del latte. Serra ha persino ricreato una ricetta tipica dei viaggiatori vichinghi: il Traveller’s Fish Porridge, un porridge salato a base di pesce essiccato, orzo e spezie, simbolo di un modo di nutrirsi pratico, ma sorprendentemente raffinato.
Perché è tornata di moda
Oggi la “Viking diet” vive una seconda giovinezza grazie ai social media, dove TikTok e Instagram pullulano di ricette “nordiche”: pane d’avena, zuppe di pesce, verdure fermentate e yogurt artigianale.
Secondo la dietista americana Lauren Harris-Pincus, “questa dieta si basa su alimenti freschi, stagionali e locali, gli stessi principi che oggi definiscono un’alimentazione sana e sostenibile”. È, di fatto, una versione nordica della dieta mediterranea, con un’enfasi maggiore sul pesce e i cereali integrali.
In Scandinavia è persino diventata un modello ufficiale di salute pubblica, sostenuto dal Nordic Nutrition Council, che ne promuove la diffusione nelle mense e nelle scuole come alternativa salutare alle diete occidentali ricche di zuccheri e grassi saturi.
I benefici secondo la scienza
Le evidenze scientifiche sono incoraggianti. Studi pubblicati su riviste come The American Journal of Clinical Nutrition hanno mostrato che una dieta in stile nordico – ricca di pesce azzurro, fibre, frutti di bosco e cereali integrali – può ridurre i livelli di colesterolo, migliorare la sensibilità all’insulina e abbassare il rischio di malattie cardiovascolari fino al 36%.
Come spiega la nutrizionista Karine Patel, “il punto di forza della dieta vichinga è la varietà: i cereali integrali forniscono energia a lento rilascio, il pesce apporta omega-3 benefici per il cuore e il cervello, le verdure di stagione garantiscono fibre e antiossidanti”.
Inoltre, si tratta di un modello ecologico, basato su prodotti locali e stagionali, che riduce l’impatto ambientale rispetto a un’alimentazione globalizzata e industriale.
Il parere degli esperti
Molti nutrizionisti invitano, però, a non idealizzare troppo il passato. “Non serve mangiare come un guerriero norreno per stare bene – precisa Patel –. L’importante è prendere spunto dai principi chiave: semplicità, freschezza e varietà”.
Anche il fitness coach Tristan Bonner e la personal trainer Chloe Thomas raccontano di aver adottato la dieta vichinga per motivi di salute e performance: “Ci ha aiutato a ridurre gli alimenti processati e a riscoprire la soddisfazione di cucinare piatti genuini”, spiegano.
Il loro menu tipo prevede piatti come sgombro affumicato con verdure arrosto, pane d’avena fatto in casa, stufato di cervo, bowl di yogurt e frutti di bosco. Un equilibrio perfetto tra nutrienti, gusto e semplicità.
Una dieta antica, ma moderna
In definitiva, la dieta vichinga non è un nostalgico ritorno al passato, ma una reinterpretazione attuale di un modello alimentare naturale e sostenibile.
Come conclude la dietista Patel: “Il segreto non è escludere, ma scegliere con consapevolezza. La dieta vichinga ci ricorda che mangiare bene significa rispettare il corpo e l’ambiente, proprio come facevano i nostri antenati – ma con la consapevolezza scientifica di oggi”.
Salute
Vertigini da stress: quando l’ansia manda in tilt l’equilibrio
Comprendere il legame tra ansia e vertigini è il primo passo per gestire il problema. Ecco come riconoscerlo, quali accertamenti fare e quando rivolgersi a un professionista.
Un improvviso senso di instabilità, la percezione di camminare su un suolo che oscilla, oppure un giramento di testa che compare nei momenti di maggiore tensione. Le vertigini da stress sono un fenomeno tutt’altro che raro e rappresentano una delle manifestazioni fisiche più diffuse dell’ansia. Non sono pericolose in sé, ma possono diventare altamente invalidanti se non vengono riconosciute in tempo.
Un legame sempre più studiato
Le ricerche più recenti confermano il ruolo dello stress sul sistema vestibolare, la struttura dell’orecchio interno responsabile dell’equilibrio. In presenza di forte tensione emotiva, il corpo produce adrenalina e cortisolo: ormoni utili in situazioni di emergenza, ma che, se in eccesso, possono alterare la percezione dello spazio e scatenare sensazioni di instabilità.
Ansia e vertigini, quindi, non sono un binomio immaginario, ma una reazione fisiologica legata all’attivazione del sistema nervoso autonomo.
Come si presentano le vertigini da stress
Riconoscerle non è immediato, perché i sintomi possono sovrapporsi a molte altre condizioni mediche. Tuttavia, esistono alcuni segnali tipici:
- instabilità e sbandamento, come se il pavimento si muovesse;
- capogiri improvvisi in concomitanza con ansia, tensione o preoccupazione;
- sensazione di essere spinti lateralmente, pur mantenendo fisicamente l’equilibrio;
- annebbiamento mentale o difficoltà di concentrazione;
- assenza di anomalie agli esami clinici.
Spesso i vertiginosi episodi sono accompagnati da tachicardia, sudorazione fredda, respirazione rapida e tensione muscolare: sintomi tipici dell’ansia, che contribuiscono a rinforzare la paura di avere un problema fisico serio.
Il meccanismo biologico
Quando lo stress raggiunge livelli elevati, il corpo entra nella cosiddetta modalità “attacco o fuga”. Il rilascio di adrenalina accelera il battito cardiaco e modifica la respirazione.
Quest’ultima, se diventa troppo rapida e superficiale (iperventilazione), può alterare i livelli di anidride carbonica nel sangue, generando ulteriori capogiri e senso di distacco dalla realtà.
Questi meccanismi non sono pericolosi, ma possono risultare molto sgradevoli e rinforzare l’ansia, creando un circolo vizioso difficile da spezzare.
Come distinguere le vertigini da stress da altre cause
Prima di attribuire il problema all’ansia, è fondamentale escludere patologie dell’orecchio interno, disturbi neurologici, alterazioni della pressione o problemi cardiaci. Per questo il medico può richiedere:
- esami audiovestibolari,
- valutazione neurologica,
- visita cardiologica,
- controlli ematochimici,
- eventuale consulto psicologico per analizzare il contesto emotivo.
Solo quando non emergono anomalie organiche, le vertigini vengono ricondotte allo stress.
Strategie efficaci per ridurre il problema
Il trattamento più efficace prevede un approccio combinato:
- Psicoterapia cognitivo-comportamentale: aiuta a gestire i pensieri catastrofici e a ridurre l’iperattivazione del sistema nervoso.
- Tecniche di respirazione lenta e profonda: stabilizzano i livelli di CO₂ e riducono i capogiri.
- Mindfulness e rilassamento muscolare: utili per interrompere la tensione fisica.
- Movimento regolare: camminate, yoga o attività aerobiche leggere migliorano l’equilibrio e riducono lo stress.
- Supporto farmacologico: valutato dal medico solo nei casi più intensi.
Anche la qualità del sonno, l’idratazione e la riduzione di caffeina e alcol giocano un ruolo importante nel prevenire ricadute.
Quando è il caso di farsi vedere
Se gli episodi diventano frequenti, durano a lungo o interferiscono con la vita quotidiana, è opportuno rivolgersi a uno specialista.
Un intervento tempestivo permette di evitare che i sintomi si cristallizzino e che l’ansia si trasformi in un disturbo più complesso.
Le vertigini da stress sono un esempio concreto di come mente e corpo siano strettamente collegati. Imparare a riconoscerle e a gestirle è il primo passo per recuperare stabilità — non solo fisica, ma anche emotiva.
Salute
Dormire con la cervicobrachialgia: le posizioni che aiutano davvero
La cervicobrachialgia, causata spesso da infiammazioni cervicali o compressioni nervose, rende difficile trovare una posizione comoda durante il sonno. Ecco consigli pratici, soluzioni supportate dalla fisioterapia e strategie per ridurre i sintomi notturni.
Un disturbo che rovina il riposo
La cervicobrachialgia è una condizione caratterizzata da dolore al tratto cervicale che si estende verso la spalla e il braccio. Spesso deriva da problematiche comuni: contratture muscolari, artrosi cervicale, ernie o protrusioni discali che irritano le radici nervose. Sebbene non sia sempre grave, il disturbo può compromettere significativamente la qualità del sonno, generando risvegli frequenti e difficoltà ad addormentarsi.
Dormire male, a sua volta, peggiora il dolore: una sorta di circolo vizioso che può essere mitigato adottando alcune posizioni mirate e regolazioni adeguate del supporto cervicale.
La posizione più consigliata: sul fianco con supporto mirato
Molti fisioterapisti concordano nel consigliare una posizione sul fianco, preferibilmente quello non dolente. L’idea è mantenere il tratto cervicale allineato alla colonna:
- un cuscino di altezza media permette di evitare inclinazioni laterali del collo, che possono aumentare la compressione nervosa;
- un cuscino abbracciabile davanti al petto può aiutare a rilassare spalle e braccio, diminuendo la trazione sui muscoli del collo;
- un cuscino tra le ginocchia stabilizza il bacino e riduce tensioni muscolari lungo tutta la colonna.
Una postura semplice ma spesso molto efficace per ridurre il dolore irradiato.
Supini sì, ma con qualche accorgimento
Dormire sulla schiena resta una valida alternativa purché si evitino cuscini troppo alti, che costringono la cervicale in flessione. Un supporto basso o ergonomico mantiene la curva naturale del collo.
Molto utile anche posizionare un piccolo asciugamano arrotolato dietro il collo, per sostenere la lordosi cervicale senza forzarla.
In alcuni casi, sollevare leggermente il busto con un secondo cuscino può alleviare la pressione sulle radici nervose, soprattutto quando l’infiammazione è marcata.
Le posizioni da evitare
La più sconsigliata è quella a pancia in giù, perché obbliga a ruotare il collo per respirare. Questa torsione prolungata può aumentare il dolore e peggiorare l’irritazione nervosa. Anche dormire con più cuscini “a torre” non è una buona idea: aumenta la flessione del collo e, di conseguenza, la sofferenza cervicale.
Cuscini, materassi e piccole abitudini salva-notte
Un cuscino in memory foam o cervicale sagomato può essere d’aiuto perché mantiene la testa in posizione neutra. Non esiste un modello universale: il giusto sostegno dipende dalla corporatura e dalla posizione preferita.
Il materasso non deve essere né troppo rigido né troppo morbido; l’obiettivo è sostenere la colonna senza affondare.
Prima di coricarsi, può essere utile applicare calore locale sulla zona cervicale per sciogliere le tensioni muscolari. Al contrario, se prevale un’infiammazione acuta, può essere preferibile il freddo per brevi applicazioni.
Quando rivolgersi a uno specialista
Se il dolore notturno persiste per più settimane, compare formicolio intenso o debolezza nel braccio, è fondamentale consultare un medico o un fisiatra. In alcuni casi è necessario un percorso di fisioterapia con esercizi personalizzati, terapie manuali o indagini diagnostiche per identificare la causa esatta dell’irritazione nervosa.
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