Benessere
I segreti salvavita delle diete svelati su TikTok!
La dottoressa Nichole Andrews, esperta di nutrizione oncologica, sui social sottolinea l’importanza di un’alimentazione consapevole per ridurre il rischio di cancro. In particolare, evidenzia alcuni cibi da limitare o eliminare del tutto dalla propria dieta. E supera i 5 milioni di visualizzazioni…
In un post su TikTok la dottoressa Nichole Andrews ha di recente rivelato gli alimenti che, come specialista, non consiglierebbe a nessuno di consumare per non prendersi il cancro. La donna spiega le ragioni dietro le sue scelte, molte delle quali sono davvero sorprendenti. In questo articolo abbiamo distillato 8 preziosi consigli della dottoressa per uno stile di vita che favorisce il benessere e allunga l’aspettativa di vita.


Esempi di frutta “bio” e polvere verde di verdure disidratate
1. Polveri di succo verde. Questi prodotti possono sembrare un’alternativa conveniente per assumere nutrienti, ma spesso contengono additivi e conservanti che non si trovano nella frutta e verdura fresca. Inoltre, durante il processo di disidratazione e polverizzazione, molti nutrienti essenziali possono andare persi. “Non comprerei mai queste polveri verdi e cercherei di considerarle frutta e verdura,” spiega lei. “La fibra viene eliminata e a volte sono arricchite con erbe strane che possono danneggiare il fegato.”
2. La nutrizionista lancia un’affermazione sorprendente nel suo video: il cibo “biologico” non è poi così diverso da quello convenzionale. Sostiene che anche i produttori di alimenti biologici utilizzano pesticidi, seppur di tipo diverso rispetto a quelli convenzionali. L’esperta sottolinea l’importanza di non basarsi unicamente sull’etichetta “biologico” quando si fanno scelte alimentari, ma di valutare attentamente la provenienza del cibo e le pratiche agricole utilizzate.
3. Attenzione alle diete chetogeniche e low-carb. La dottoressa Andrews le sconsiglia e mette in guardia su alcuni regimi alimentari popolari, perché secondo la sua opinione professionale, queste diete non sono adatte a chi desidera mantenere un buono stato di salute a lungo termine. Sostiene che il nostro corpo è naturalmente predisposto a ricavare circa il 50% delle calorie dai carboidrati, in quanto rappresentano la sua fonte energetica preferita. Ridurre drasticamente questo macronutriente, come accade nelle diete chetogeniche e low-carb, può andare a discapito di diverse funzioni corporee.

In foto la dottoressa tiktoker Andrews
4. La dottoressa Andrews non risparmia critiche neanche agli integratori alimentari, spesso considerati un toccasana per la salute. Secondo la sua opinione, questi prodotti possono rivelarsi più dannosi che benefici per la nostra salute. L’esperta sostiene che gli integratori, in particolare quelli contenenti alte dosi di radicali liberi, possono aumentare il rischio di sviluppare cancro. I radicali liberi, in quantità eccessive, possono infatti danneggiare le cellule e il DNA, favorendo l’insorgenza di malattie croniche. La dottoressa Andrews sottolinea che il nostro corpo è già in grado di produrre autonomamente i nutrienti di cui ha bisogno attraverso una dieta sana ed equilibrata.
“I radicali liberi sono cose che danneggiano il DNA delle cellule. Il primo passo del cancro è una cellula danneggiata che non può essere riparata,” dice lei.


Insaccati e alcol
5. Rischio cancro aumentato con alcol e carni lavorate! L’esperta lancia un allarme preoccupante, il consumo di alcol e carni lavorate aumenta significativamente il rischio di sviluppare tumori.“L’alcol è un pericolo da non sottovalutare”, afferma la dottoressa Andrews. “Anche piccole quantità aumentano il rischio di ben sei tipi di cancro. Tra questi, cancro del cavo orale, faringe, laringe, esofago, stomaco, fegato, seno e colon-retto”. La dottoressa Andrews sottolinea in particolare i rischi delle carni lavorate, come bacon, salsiccia, würstel e prosciutto. “Questi prodotti”, avverte, “devono essere eliminati dalla propria dieta. Sono direttamente collegati al cancro colorettale, un tumore molto serio”.
6. Attenzione alle etichette: “Alto contenuto proteico” non significa “sano”! La dottoressa Andrews, esperta di nutrizione oncologica, lancia un altro importante monito: non fidatevi ciecamente delle etichette che vantano un “alto contenuto proteico”. “Spesso questi prodotti”, spiega, “non sono altro che versioni camuffate di cibi già noti per essere poco salutari, come biscotti, ciambelle e patatine. Il fatto che siano ricchi di proteine non li rende automaticamente migliori.” È importante valutare l’intera composizione del cibo, non solo il contenuto proteico.
7. Colazione, mai saltarla, “Iniziare la giornata senza fare colazione, afferma, può essere un segnale di un metabolismo rallentato”. Al contrario, svegliarsi con un leggero appetito è un buon segno che il nostro corpo funziona correttamente. La colazione, infatti, fornisce l’energia necessaria per affrontare le prime ore del mattino e riattivare il metabolismo dopo il riposo notturno.
8. 7 ore di sonno per stare bene. “Dormire almeno sette ore a notte”, afferma, “è essenziale per la salute di tutto il corpo”. Durante il sonno, infatti, il nostro organismo svolge una serie di attività, come regolare gli ormoni che controllano appetito, umore, sonno e livelli di stress. Inoltre, il corpo rilascia sostanze che favoriscono la riparazione e la rigenerazione di cellule e tessuti, soprattutto nei muscoli. Un sonno adeguato aiuta a potenziare le difese immunitarie dell’organismo, rendendolo più resistente a infezioni e malattie. Dormire bene migliora la memoria, la concentrazione, l’apprendimento e la capacità di prendere decisioni.
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Benessere
Giovani e salute mentale: ansia e depressione in crescita, la diagnosi precoce può fare la differenza
Tra pandemia, crisi economiche e pressione sociale, le nuove generazioni affrontano livelli record di disagio psicologico. Gli esperti chiedono più prevenzione, interventi rapidi e un cambio di mentalità nel sistema sanitario.
Un’emergenza silenziosa
La salute mentale è diventata una delle sfide più urgenti del nostro tempo. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, oltre un miliardo di persone nel mondo vive con un disturbo mentale, e una su tre non riceve alcun tipo di cura. L’ansia e la depressione, in particolare, rappresentano ormai la seconda causa di disabilità di lungo termine, con costi altissimi per individui, famiglie e società.
A destare maggiore preoccupazione sono i giovani: uno studio pubblicato su European Psychiatry rivela che il 74% dei disturbi mentali insorge entro i 24 anni, rendendo cruciale la diagnosi precoce. L’adolescenza, infatti, è il periodo in cui si manifestano i primi segnali di disagio psicologico: ansia generalizzata, disturbi dell’umore, comportamenti autolesivi o difficoltà relazionali.
Italia, un Paese in affanno
Il rapporto OCSE Promoting Good Mental Health in Children and Young Adults stima che oltre 700.000 giovani italiani convivano con problemi di salute mentale, con ansia e depressione ai primi posti. In Europa, circa 11,2 milioni di bambini e adolescenti tra 10 e 19 anni (pari al 13% della popolazione giovanile) soffrono di un disturbo psichico.
La pandemia da COVID-19 ha peggiorato il quadro: secondo l’OMS, i casi di ansia e depressione sono aumentati del 25% tra il 2020 e il 2022, con un impatto maggiore sulle ragazze e sui giovani adulti. L’isolamento, la didattica a distanza e la precarietà del futuro hanno lasciato cicatrici profonde.
Fattori di rischio e nuove vulnerabilità
“Stiamo vivendo una tempesta perfetta di fattori stressanti — acuti e cronici — che colpiscono soprattutto i più giovani”, spiega Andrea Fiorillo, presidente della Società Italiana di Psichiatria Sociale. “Pandemia, crisi economiche, guerre e cambiamenti climatici si sommano alla perdita di reti di protezione come famiglia e scuola”.
A tutto ciò si aggiunge l’impatto dei social network e del confronto costante con modelli irrealistici di successo e felicità, che alimentano ansia da prestazione e bassa autostima. Secondo recenti indagini, un adolescente su tre mostra segni di “dipendenza da connessione”, e uno su cinque dichiara di sentirsi “sopraffatto” dalla pressione digitale.
Diagnosi precoce e prevenzione
“La diagnosi precoce è fondamentale — sottolinea Bernardo Dell’Osso, docente di Psichiatria all’Università Statale di Milano — perché molti disturbi iniziano già in età scolare. A 5-6 anni possono comparire i primi segnali di ADHD o autismo, mentre tra i 13 e i 17 anni si manifestano sintomi legati ad ansia, depressione o abuso di sostanze”.
Il problema, tuttavia, è intercettare questi segnali in tempo. Spesso sono genitori, insegnanti o psicologi scolastici i primi a notare un disagio, ma la mancanza di servizi territoriali e liste d’attesa troppo lunghe rendono difficile un intervento tempestivo.
Una questione di equità
Il divario nell’accesso alle cure resta profondo. Secondo Francesco Longo, docente di Public Management alla Bocconi, “le disuguaglianze territoriali e socioeconomiche determinano chi riesce ad accedere ai servizi e chi no. Serve un sistema che accompagni le persone nel tempo, non solo un intervento d’urgenza”.
Il tema è stato al centro dell’incontro “Brain Health Inequalities” a Milano: gli esperti chiedono una rete di servizi più capillare, programmi di prevenzione nelle scuole e un maggiore coinvolgimento delle famiglie.
Ripensare la salute mentale
La nuova sfida, secondo gli psichiatri, è portare la cura fuori dagli ospedali: nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nei centri sportivi e perfino online, attraverso strumenti digitali e intelligenza artificiale. L’obiettivo è normalizzare il linguaggio sulla salute mentale e ridurre lo stigma, ancora troppo diffuso.
“Bisogna insegnare ai giovani che chiedere aiuto non è un segno di debolezza — conclude Fiorillo — ma un atto di coraggio e di consapevolezza. Solo così possiamo sperare di trasformare un disagio diffuso in un’opportunità di crescita collettiva.”
Benessere
Weekend di digital detox: come staccare da notifiche e scroll compulsivo per ritrovare concentrazione, sonno e benessere mentale
Notifiche spente, tempo reale rallentato, abitudini più consapevoli: il digital detox del weekend è un reset gentile per chi vive con lo smartphone sempre acceso. Basta poco per alleggerire la mente e riattivare l’attenzione.
Perché disconnettersi fa bene
Viviamo dentro un flusso costante di stimoli: aggiornamenti, messaggi, video, notifiche che bussano di continuo. Il risultato è una mente in perenne modalità “allerta”, con effetti su concentrazione, sonno e qualità dell’umore. Un fine settimana di digital detox non è fuga dal mondo, ma una scelta di equilibrio: rallentare l’iperconnessione per lasciare spazio a sensazioni più profonde, ritmi più umani, relazioni più presenti.
Piccoli gesti, grande effetto
Il segreto è la semplicità. Non si tratta di spegnere tutto e isolarsi, ma di impostare confini praticabili:
– notifiche disattivate;
– smartphone lontano dal comodino;
– niente scroll compulsivo;
– lettura al posto dei feed;
– camminate all’aria aperta, meglio se in mezzo al verde.
Anche solo decidere di controllare il telefono a orari specifici restituisce libertà mentale. La casa diventa luogo di respiro, non un prolungamento dei social.
La riscoperta del tempo “vuoto”
Il digital detox funziona perché restituisce una risorsa preziosa: il tempo vuoto, quello che permette di ascoltare i propri pensieri, riflettere, immaginare. È l’occasione per dedicarsi a attività spesso sacrificate: cucinare con calma, leggere un giornale in poltrona, annotare idee su un taccuino, godersi un film senza distrazioni. Anche il camminare diventa un rito: passo lento, occhi che osservano, respiro che si allunga. Un modo naturale per riportare il corpo dentro la presenza.
Benefici visibili e sottili
Dopo un weekend a bassa esposizione digitale, il sonno diventa più profondo, l’umore meno irritabile, l’attenzione più stabile. Si riduce quella sensazione costante di urgenza che accompagna lo smartphone. Tornando online, si nota una maggiore lucidità e una nuova capacità di filtrare i contenuti invece di subirli. È una forma di igiene mentale, delicata ma potente.
Prendersi due giorni senza iperconnessione significa scegliere di tornare al ritmo delle cose che contano. Non è rinuncia: è riconquista.
Benessere
Digiuno intermittente: moda, metodo o reale beneficio per la salute?
Non si tratta di una dieta in senso stretto, ma di un modello alimentare che alterna ore di digiuno e di alimentazione. Gli studi mostrano risultati interessanti sul metabolismo e sulla salute, ma non è adatto a tutti.
Non una dieta, ma un ritmo
Il digiuno intermittente non impone cosa mangiare, ma quando farlo. L’idea alla base è di concedere al corpo periodi prolungati senza cibo per stimolare processi fisiologici che, secondo alcune ricerche, migliorerebbero il metabolismo, la sensibilità all’insulina e la capacità di bruciare i grassi.
Le forme più comuni sono:
- 16:8 – si digiuna per 16 ore e si mangia nelle 8 successive (ad esempio dalle 12 alle 20);
- 5:2 – si mangia normalmente per cinque giorni e si riducono drasticamente le calorie in due giornate non consecutive;
- Eat Stop Eat – prevede uno o due digiuni completi di 24 ore a settimana.
Secondo il National Institute on Aging statunitense, il digiuno intermittente è una pratica antica, che rispecchia il modo in cui i nostri antenati alternavano periodi di abbondanza a fasi di scarsità.
Cosa succede nel corpo durante il digiuno
Dopo circa 8–12 ore senza cibo, i livelli di insulina si abbassano e l’organismo inizia a usare le riserve di grasso come fonte di energia. Questo processo, chiamato chetolisi, è alla base dei potenziali effetti dimagranti del digiuno intermittente.
Studi pubblicati su Cell Metabolism e The New England Journal of Medicine indicano che l’alternanza tra digiuno e alimentazione può:
- migliorare la regolazione della glicemia;
- ridurre i marker di infiammazione;
- favorire la rigenerazione cellulare tramite autofagia, un processo di “pulizia” interna delle cellule;
- e, in alcuni casi, contribuire a una lieve perdita di peso.
Tuttavia, i risultati variano molto da individuo a individuo. Non tutti sperimentano benefici significativi, e alcune persone possono accusare stanchezza, irritabilità o cali di concentrazione nelle prime settimane.
Benefici potenziali, ma anche limiti
Secondo una revisione del 2023 dell’Harvard T.H. Chan School of Public Health, il digiuno intermittente può aiutare a migliorare il controllo metabolico e a ridurre il rischio di diabete di tipo 2, ma non è superiore alle diete ipocaloriche tradizionali in termini di perdita di peso a lungo termine.
Inoltre, non è consigliato per tutti. Donne in gravidanza o allattamento, persone con disturbi alimentari, diabete o problemi ormonali dovrebbero evitare questo regime o adottarlo solo sotto controllo medico.
Come iniziare in sicurezza
Chi decide di provare il digiuno intermittente dovrebbe farlo in modo graduale. Alcuni consigli pratici:
- Iniziare con un digiuno leggero, ad esempio 12 ore, e aumentare progressivamente.
- Bere acqua e tisane durante le ore di digiuno per mantenere l’idratazione.
- Evitare abbuffate durante le ore di alimentazione: ciò vanifica gli effetti metabolici.
- Ascoltare il corpo: se compaiono debolezza o irritabilità persistente, è meglio sospendere.
Una scelta da personalizzare
Il digiuno intermittente può essere uno strumento utile per alcune persone, ma non una soluzione universale. I suoi effetti positivi sembrano legati soprattutto al miglioramento del rapporto con il cibo e alla riduzione del consumo calorico complessivo.
Come sottolinea la nutrizionista Elena Cattaneo, “il digiuno intermittente non è una scorciatoia per dimagrire, ma un modo per risincronizzare il corpo con i suoi ritmi naturali. Se affrontato con equilibrio e buon senso, può migliorare il benessere generale.”
Il digiuno intermittente non è una moda passeggera, ma una pratica con basi scientifiche in evoluzione. Può offrire benefici metabolici, ma non sostituisce un’alimentazione equilibrata e uno stile di vita sano.
Come sempre, la regola è una: mai improvvisare. Prima di cambiare le proprie abitudini alimentari, è fondamentale confrontarsi con un medico o un nutrizionista.
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