Musica
Il ritorno del magico duo Lennon/McCartney… ma si tratta dei loro figli
Un brano che porta la firma di un duo iconico della musica leggera del secolo scorso: sono i loro figli a riproporre quel glorioso marchio di fabbrica.
Il sogno di rivedere insieme la coppia più celebre della musica del ‘900 si è infranto quell’8 dicembre 1980 quando John Lennon venne assassinato davanti alla sua casa di New York. La firma comune cui sono accreditati commercialmente tutti i brani composti da uno o entrambi tra John Lennon e Paul McCartney durante l’esistenza dei Beatles (1960-1970) è tornata a comparire su un nuovo brano.
Alcune eccellenze del passato
Nel corso della vita artistica dei Beatles talora la firma congiunta contrassegnò brani composti solo da Lennon (per esempio Girl, I Feel Fine, Julia, The Ballad of John and Yoko, Come Together) o dal solo McCartney (Here, There and Everywhere, Eleanor Rigby, Yesterday, When I’m Sixty-Four, I Will, Back in the U.S.S.R.), anche se frequenti furono le collaborazioni più o meno paritarie. Come in Help!, I Want to Hold Your Hand, In My Life, Eight Days a Week, Getting Better, A Day in the Life.
L’elemento di discontinuità rispetto alle coppie musicali fino ad allora era quello di non essere composta da un compositore e da un paroliere: entrambi erano versatili autori di testi e musica.
Un binomio iconico
Ma una nuova canzone firmata Lennon-McCartney è spuntata sulle piattaforme Spotify e YouTube. Non si tratta di intelligenza artificiale, neanche di un demo ritrovato in chissà quale sperduto cassetto… stavolta i tre minuti e dodici secondi di Primrose Hill – così si intitola il brano – sono la realizzazione di un connubio forse inatteso ma, per certi versi, assolutamente naturale.
Figli d’arte
James McCartney, figlio di Paul McCartney e Sean Ono Lennon, figlio di John Lennon e Yoko Ono, hanno unito gli sforzi sulle illustri orme paterne per partorire un nuovo brano dall’iconica firma a quattro mani.
Non solo un’occasione isolata
Il brano non è certo epocale… anche se si tratta di una traccia piacevolmente soave e romantica. La cosa davvero più importante è che Primrose Hill rappresenta solo il primo atto di una collaborazione più strutturata con Sean Ono Lennon, autore del recente lavoro Asterism. Che i Beatles possano in futuro risorgere grazie proprio ai figli dei quattro baronetti?!? Immaginare non costa niente, come cantava John… “non è difficile da fare”.
Dove si trova
Primrose Hill (letteralmente Collina delle Primule) è una collina di 78 metri che si trova nella parte nord di Regent’s Park, a nord di Londra. È anche il nome del distretto nel quale sorge. Dalla collina si gode di un’ottima vista del centro della city. Come Regent’s Park la zona è stata una parte della grande riserva di caccia riservata al re Enrico VIII d’Inghilterra e divenuta proprietà della Corona nel 1841. Nel 1842 un atto del Parlamento rese il luogo pubblico e aperto a tutti.
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Musica
Sanremo 2026, cast dimezzato e nostalgia alle stelle: tra crollo degli ascolti e polemiche social il Festival cambia pelle
Spotify segna un crollo del 45% sugli ascoltatori mensili e le certificazioni si dimezzano. Una linea più di nicchia accende critiche e timori: per molti Sanremo rischia di somigliare a un talent, mentre cresce il coro che invoca il ritorno di Amadeus.
Sanremo 2026 si presenta con un cast che non divide: spacca in due. La prima edizione dell’era Carlo Conti dopo il regno amadeusiano arriva con un paradosso evidente. Da una parte i 30 artisti scelti rappresentano un cambio di rotta netto, quasi una reazione al modello “all-star” costruito negli ultimi anni. Dall’altra, i numeri raccontano un ridimensionamento mai visto: gli ascoltatori mensili complessivi su Spotify crollano a 29,4 milioni, quasi la metà rispetto ai 52,8 del 2025. Anche le certificazioni confermano il trend: 330 dischi di platino contro i 695 dello scorso anno. È un ritorno ai livelli del 2022 e del 2023, quando Sanremo era meno dominato dallo streaming e più ancorato alla tradizione della scoperta.
Conti sembra voler riportare il Festival allo spirito originario, puntando su artisti più di ricerca che di impatto mediatico. Un gesto quasi controcorrente in un momento in cui le piattaforme digitali dominano il consumo musicale. Ma non tutti la prendono bene. Sui social si parla apertamente di cast “da talent”, di line-up troppo di nicchia, di scelte che non intercettano il grande pubblico. E come riflesso pavloviano arriva la nostalgia: “Ridateci Amadeus”, scrivono in molti, trasformandolo in un’icona pop da liberare da uno scantinato immaginario.
Eppure non manca chi invita alla calma. Enzo Mazza, ceo di FIMI, ricorda che il vero banco di prova sarà lo streaming post-Festival. È lì che si misurerà la forza delle canzoni, non nella popolarità iniziale dei loro interpreti. Negli ultimi anni, brani considerati “minori” alla vigilia sono diventati successi enormi, spesso ribaltando pronostici e gerarchie.
Resta però un dato culturale: per molti italiani il Festival non è solo musica, ma un rituale collettivo, un osservatorio sul Paese. E vedere così pochi nomi “pesanti” in gara alimenta il timore che Sanremo perda centralità, trasformandosi in un trampolino per emergenti più che in una consacrazione per star già affermate. È una paura diffusa, che riflette la trasformazione dell’industria musicale e l’erosione di un immaginario comune.
Ora la responsabilità passa alle canzoni. Se il cast riuscirà a conquistare pubblico e piattaforme con la forza della scrittura e delle interpretazioni, la scelta di Conti apparirà come un gesto coraggioso, non come un passo indietro. Se invece gli streaming post-Festival confermeranno la debolezza dei dati preliminari, la svolta verrà inevitabilmente messa in discussione.
Una cosa però è certa: Sanremo 2026 arriva al pubblico già carico di tensioni, nostalgie e aspettative contrastanti. E mai come quest’anno il verdetto non spetta agli algoritmi, ma all’Ariston.
Musica
Dieci canzoni per accendere lo spirito delle feste: la playlist perfetta per il Natale
Una selezione di canzoni che mescola tradizione e modernità, ideali per riempire la casa di atmosfera natalizia, accompagnare una cena, un viaggio o semplicemente una serata di relax.
Quando si avvicina dicembre, una delle prime cose che facciamo per entrare nello spirito delle feste è cercare la musica giusta. Le canzoni natalizie hanno un potere unico: riportano alla mente ricordi, rituali familiari e sensazioni di calore che nessun’altra colonna sonora sa evocare. Preparare una playlist, dunque, è quasi un gesto rituale. Ma quali brani scegliere per creare l’atmosfera perfetta?
Dai classici americani alle hit internazionali più recenti, alcune canzoni sono diventate veri e propri pilastri del Natale contemporaneo. Molte di esse, infatti, registrano ogni anno nuovi record di ascolti, segno che la tradizione musicale legata alle feste è viva e continua a rinnovarsi.
1. “All I Want for Christmas Is You” – Mariah Carey
Pubblicata nel 1994, è ancora oggi uno dei brani più ascoltati al mondo durante il periodo natalizio, tanto da raggiungere spesso la vetta delle classifiche internazionali.
2. “Last Christmas” – Wham!
Un altro evergreen, uscito nel 1984 e rimasto uno dei simboli più pop del Natale. La sua melodia malinconica ma irresistibile è ormai immancabile in ogni playlist.
3. “It’s the Most Wonderful Time of the Year” – Andy Williams
Classico del 1963, richiama in pochi secondi tutto ciò che associamo alle feste: luci, riunioni familiari e gioia condivisa.
4. “Jingle Bell Rock” – Bobby Helms
Vivace e immediatamente riconoscibile, dal 1957 è la scelta perfetta per dare una spinta di energia ai momenti di festa.
5. “Santa Tell Me” – Ariana Grande
Tra le hit natalizie moderne più amate, uscita nel 2014, unisce pop contemporaneo e atmosfera brillante, diventando rapidamente un nuovo classico.
6. “Rockin’ Around the Christmas Tree” – Brenda Lee
Registrata quando Brenda Lee aveva solo 13 anni (1958), è tornata in auge negli ultimi anni grazie ai social e alle playlist digitali.
7. “Let It Snow! Let It Snow! Let It Snow!” – Dean Martin
Una delle melodie più iconiche legate all’inverno: romantica, rilassante e perfetta come sottofondo per una serata in casa.
8. “Feliz Navidad” – José Feliciano
Brano del 1970 diffusissimo a livello globale, unisce lingua inglese e spagnola e porta con sé un’energia contagiosa.
9. “Underneath the Tree” – Kelly Clarkson
Pubblicata nel 2013, è considerata una delle migliori canzoni natalizie degli ultimi anni, grazie alla sua produzione brillante e alla voce potente della cantante.
10. “White Christmas” – Bing Crosby
È il singolo più venduto di sempre nella storia della musica (dato Guinness World Records). Un capolavoro intramontabile che chiude la playlist con eleganza.
Questa selezione unisce stili diversi e decenni lontani, dimostrando quanto la musica natalizia riesca a superare il passare del tempo mantenendo intatto il suo fascino.
Musica
Giorgia, la rinascita dopo il silenzio: “Ho pensato di smettere, ora canto meno ma sento di più”
“Ho pianto davanti al pianoforte e ho pensato di ritirarmi”, confessa Giorgia. Dopo anni di successi, la cantante rivela di aver attraversato una crisi profonda ma di aver trovato una nuova consapevolezza: “Il mio posto è nel passato, ma con lo sguardo al presente. Ora canto meno, ma vivo ogni parola.”
Ci sono momenti in cui anche le voci più forti vacillano. Per Giorgia, uno dei simboli della musica italiana, quel momento è arrivato dopo anni di palchi, premi e applausi. “Ho passato un periodo difficile — racconta —. Ho pianto davanti al pianoforte e al computer. Ho buttato via tutto quello che scrivevo, ho pensato di ritirarmi. Non avevo più punti di riferimento. Molti sono morti.”
Un dolore sommesso, ma reale, che ha spinto l’artista a interrogarsi sul senso stesso della musica. “Negli ultimi anni è cambiato tutto: il modo di fare canzoni, di comunicare, di ascoltare. Io mi sono trovata spaesata, come se fossi rimasta in un’altra epoca.”
La svolta interiore
Invece di arrendersi, Giorgia ha scelto di ricominciare da sé. “Ho iniziato a studiare di nuovo, a capire dove fosse la mia voce, non solo quella che si sente ma quella interiore. Ho capito che il mio posto è nel passato, ma con uno sguardo contemporaneo. Non posso e non voglio inseguire le mode.”
È in questo percorso che la cantante ha trovato un nuovo equilibrio, più maturo, più essenziale. “Ho deciso di cantare meno, non mi interessa più dimostrare quello che so fare. Ora mi interessa dire, trasmettere, raccontare. Voglio che le parole abbiano più spazio delle note.”
Il coraggio del cambiamento
Per chi la segue da anni, abituato ai suoi virtuosismi vocali, può sembrare un cambio radicale. Ma per Giorgia è una liberazione. “Ho sempre avuto una voce grande, e a volte me ne sono servita per nascondermi. Adesso ho voglia di essere più nuda, più vera.”
Il suo nuovo progetto, che nasce proprio da questa fase di introspezione, promette di essere il più personale di sempre: meno effetti, più sostanza. Una musica che guarda indietro per ritrovare se stessa, come un cerchio che si chiude solo per aprirsi di nuovo.
“Le parole oggi sono il mio centro — dice —. Mi servono per capire chi sono. Non ho più bisogno di cantare per forza, ma di ascoltare quello che mi resta dentro.”
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