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Cronaca

Alla faccia dei negazionisti aprile il mese più caldo di sempre

Lo scorso mese di aprile, che prendiamo come esempio per descrivere la situazione delle temperature sempre più alte della crosta terreste, è stato il più caldo mai registrato da quando il mondo è mondo.

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    Da quanti anni si discorrere sui cambiamenti climatici e sulla necessita di cambiare rotta in merito ai consumi e all’utilizzo dell’energia fossile per diminuire l’inquinamento e la conseguente alterazione del clima? Tanti. Sono proprio tanti gli anni. E le cose non migliorano. Anzi…

    Caro negazionista ma tu non hai caldo?

    Sono decenni che abbiamo deciso di dividerci in fazioni. Le une contro le altre senza pensare che i cambiamenti sono sotto i nostri occhi e interessano tutti. Lo scorso mese di aprile, che prendiamo come esempio per descrivere la situazione delle temperature sempre più alte della crosta terreste, è stato il più caldo mai registrato da quando il mondo è mondo. In tutto il mese abbiamo avuto una temperatura media di 15 gradi. In pratica poco meno di un grado in più (0,67°) sulla la media del trentennio 1991-2021.

    Destinati a grigliare sotto il sole di… aprile

    Secondo Copernicus, che in Europa funge da servizio meteo, negli ultimi 12 mesi – maggio 2023 aprile 2024 – si è registrato un record di temperatura mai visto. E soprattutto assai preoccupante per il genere umano. L’aumento registrato è stato dello 0,73° sopra la media nello stesso trentennio 1991 -2021. Ma la situazione è ancora più drammatica se prendiamo come confronto la media dell’epoca pre-industriale 1850- 1900. La temperatura media è salita di un grado e 61 centigradi.

    Che fare?

    Lo scorso mese è stato globalmente il più caldo mai registrato, con una temperatura media dell’aria in superficie di 15,03 gradi, più alta dello 0,14° rispetto solo all’aprile del 2016. Otto anni prima. Una crescita spropositata se si compara il dato su 50 o 100 anni. Tanto per dire. Per Copernicus aprile 2024 è stato l’undicesimo mese consecutivo il cui la temperatura media ha continuato a crescere senza soste. Per la cronaca il mese scorso è stato anche più caldo di ben 1,58° della media dei mesi di aprile dell’epoca pre-industriale. Un vero disastro. Alla faccia dei negazionisti del clima. E all’aumento dei tumori alla pelle.

    In aprile è cresciuta anche la temperatura del mare

    Anche la temperatura globale della superficie del mare nel tratto compreso fra il 60esimo parallelo Sud e il 60esimo parallelo Nord è stata di 21,04°C, il valore più alto mai registrato nel mese di aprile. Con El Nino e El Nina pronti a scatenarsi. Secondo Carlo Buontempo, che del Servizio Cambiamento climatico Copernicus è il direttore, El Nino ha avuto il suo picco all’inizio dell’anno e le temperature della superficie marina nel Pacifico orientale tropicale stanno tornando verso condizioni neutrali solo ora.

    Sempre secondo Copernicus “le variazioni di temperatura legate ai cicli naturali come El Nino vanno e vengono. La cosa che preoccupa è che l’energia supplementare accumulata negli oceani e nell’atmosfera da concentrazioni in aumento di gas serra continueranno a spingere le temperature globali verso nuovi record“. Tutte verso l’alto. Forse, visti i bollori delle ultime estati e delle ultime primavere anche qualche negazionista rispetto ai cambiamenti climatici ora potrebbe rivedere le proprie idee. E iniziare a collaborare. Lo sconsiderato utilizzo di energia fossile per muovere i nostri mezzi e fare funzionare le nostre fabbriche o scaldare le nostre case, ora dovrebbe forse fare veramente riflettere.

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      Italia

      Salvini scopre i parrucchieri (e ci va alla guerra): la Lega vuole “contingentare” barbieri e saloni stranieri

      Alla Camera la Lega presenta un testo che prevede il “contingentamento progressivo delle autorizzazioni” per acconciatori e parrucchieri. Zinzi e Molinari chiedono al ministero del Made in Italy un piano per ridurre i saloni dove la quota supera la soglia fissata. Obiettivo dichiarato: difendere il settore. Obiettivo percepito: colpire la concorrenza straniera.

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        “Prima i parrucchieri italiani”. Non è ancora uno slogan, ma poco ci manca. La Lega ha depositato alla Camera una proposta di legge che punta a introdurre il “contingentamento progressivo delle autorizzazioni per l’attività di acconciatore, barbiere e parrucchiere”. Tradotto: fissare un tetto massimo alle licenze e, laddove venga superato, ridurre il numero di saloni. Soprattutto quelli gestiti da titolari stranieri, percepiti come troppi e “troppo competitivi” rispetto ai negozi italiani tradizionali.

        La firma è quella del deputato leghista Gianpiero Zinzi, sostenuto dal capogruppo Riccardo Molinari. Un’iniziativa che rievoca vecchi slogan di partito e si inserisce in una battaglia simbolica: proteggere le attività storiche, difendere il “made in Italy” anche quando si parla di tagli di capelli e pieghe. Il testo chiede al ministero del Made in Italy di elaborare un “piano di riduzione” nei territori dove i saloni superano la soglia ritenuta sostenibile.

        La ratio del provvedimento
        Secondo i promotori, l’esplosione di negozi — in particolare nelle grandi città e nelle periferie — avrebbe generato concorrenza sleale, abbassamento dei prezzi e difficoltà per gli esercizi storici a sopravvivere. L’obiettivo dichiarato è preservare qualità, professionalità, tradizione, tutelando chi opera da anni e paga affitti e contributi elevati.

        Ma il sottotesto è evidente: la crescita dei saloni gestiti da imprenditori stranieri, spesso con costi più contenuti e orari molto flessibili, ha cambiato il mercato. E la Lega prova a riportarlo indietro, o almeno a ingabbiarlo.

        Un’idea che divide
        Il mondo dell’impresa osserva. Le associazioni di categoria sottolineano la necessità di combattere l’abusivismo e garantire concorrenza leale, ma molti storcono il naso davanti all’idea di contingentare licenze in un settore commerciale. Alcuni amministratori locali ricordano che norme simili furono abolite anni fa proprio per evitare distorsioni.

        E tra gli addetti ai lavori emerge un interrogativo semplice: davvero chiudere negozi — o impedirne di nuovi — è la risposta al problema della qualità? In un mercato che vive di fidelizzazione e servizio, la legge del cliente resta spesso più forte di quella dello Stato.

        Per ora la battaglia è sul tavolo parlamentare. E mentre in Parlamento si discute di tetti e quote, nei quartieri italiani i parrucchieri continuano a fare quello che sanno fare meglio: tagliare, pettinare, ascoltare. Con phon e forbici, più che con i decreti.

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          Cose dell'altro mondo

          La procura di Roma indaga sui “nudi” generate dall’IA: immagini porno false di giornaliste e vip, inchiesta sul nuovo reato 612-quater

          A piazzale Clodio è partita un’indagine dopo la pubblicazione online di immagini deepfake che ritraggono donne del mondo dell’informazione e dello spettacolo. Si procede sulla base della fattispecie introdotta lo scorso ottobre nel codice penale: la diffusione illecita di contenuti generati o alterati con IA, punita con reclusione da uno a cinque anni.

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            La corsa della tecnologia sta producendo nuovi danni che la legge prova a intercettare. La procura di Roma ha aperto un fascicolo in seguito alla pubblicazione su un sito per adulti di immagini ritraenti giornaliste e donne dello spettacolo in pose o condizioni di nudo, immagini che — secondo le denunce raccolte — sarebbero state realizzate o manipolate attraverso sistemi di intelligenza artificiale. Tra le persone che hanno segnalato la vicenda c’è la giornalista Francesca Barra, che ha formalizzato la denuncia e ha portato la questione all’attenzione dei magistrati.

            Il quadro giudiziario
            Il procedimento è inquadrato nella nuova fattispecie penale inserita nel codice lo scorso ottobre: l’articolo 612-quater, che punisce la diffusione illecita di contenuti generati o alterati mediante sistemi di intelligenza artificiale. La norma risponde proprio all’emergere dei cosiddetti deepfake e prevede una pena detentiva che va da uno a cinque anni. Nel fascicolo romano i pm stanno valutando responsabilità e modalità di diffusione: se e come le immagini sono state create, chi le ha caricate e quali canali di distribuzione sono stati impiegati.

            Le indagini e le tracce digitali
            Gli accertamenti si concentrano su più fronti: raccolta delle segnalazioni, acquisizione dei file pubblicati, identificazione dei gestori del sito e dei profili responsabili della diffusione. I magistrati potranno richiedere consulenze tecniche per stabilire se le immagini siano effettivamente artefatte o il risultato di manipolazioni, e per ricostruire i collegamenti informatici. Non è escluso il coinvolgimento della Polizia Postale e di esperti di informatica forense, chiamati a mappare server, account e flussi di condivisione.

            Il problema sociale e le vittime
            Dietro l’apparato tecnologico ci sono persone reali: la diffusione di immagini intime fabbricate con l’IA può avere effetti profondi sulla reputazione, sulla sfera privata e sulla salute psicologica delle vittime. La nuova norma intende tutela­re la dignità e il diritto all’immagine in un contesto dove la circolazione virale del materiale digitale può amplificare il danno in poche ore. Nel contempo, le procure devono però dimostrare l’illiceità della condotta e il collegamento tra gli autori materiali e la rete di diffusione.

            Verso responsabilità e prevenzione
            L’episodio romano riporta al centro il nodo della responsabilità online: piattaforme, gestori di siti e intermediari tecnici sono spesso snodi chiave per risalire ai responsabili. L’indagine avviata a Roma potrebbe portare a misure cautelari, sequestri e richieste di identificazione degli autori. Ma solleva anche la questione preventiva: come regolamentare l’uso di tecnologie in grado di riprodurre fedelmente volti e voci e come tutelare le potenziali vittime prima che il danno si consumi.

            Il fascicolo di piazzale Clodio è solo il primo passo di una partita che unisce diritto penale, tecnologie digitali e tutela delle persone: nelle prossime settimane saranno gli atti investigativi a chiarire responsabilità, dinamiche di diffusione e, si spera, a prevenire nuovi abusi.

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              Cronaca Nera

              Omicidio Meredith, parla Mignini: «Una nuova pista, un nome mai emerso». E riapre il caso di Amanda Knox e Raffaele Sollecito

              Giuliano Mignini rivela di aver trasmesso alla Procura un nome inedito. L’ex magistrato non assolve Knox e Sollecito: «Erano gli unici presenti. Circostanze fortunate per loro». Mentre la nuova pista prende forma, tornano dubbi, ferite e domande su uno dei casi più mediatici della cronaca italiana.

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                Diciotto anni dopo, il caso Meredith Kercher torna a farsi sentire come un eco che non si spegne mai. A riaccendere la miccia è Giuliano Mignini, il magistrato che coordinò le indagini sull’omicidio della studentessa inglese uccisa a Perugia nel 2007. Una dichiarazione, una suggestione, e il fascicolo rientra nell’immaginario di un Paese che quel delitto non l’ha mai davvero archiviato.

                Mignini parla di una nuova informazione arrivata di recente: «Una fonte che ritengo affidabile mi ha fatto il nome di un individuo, mai preso in considerazione prima d’ora. Una persona che potrebbe essere implicata nell’omicidio e che scappò all’estero pochi giorni dopo il delitto». Una frase che pesa, perché arriva da chi quella storia l’ha vissuta dall’interno. E perché, per la prima volta, si cita un potenziale nuovo protagonista.

                La Procura di Perugia, per ora, non conferma l’apertura di un nuovo fascicolo. Ma Mignini specifica: «Ci sono elementi che potrebbero far pensare che questa persona abbia un qualche coinvolgimento nella vicenda. Ho segnalato la cosa alla Procura di Perugia». Poi un retroscena: «Se avessi conosciuto certi particolari all’epoca, avrei sicuramente approfondito. Purtroppo, per anni, chi sapeva non ha parlato per paura».

                Nel frattempo, la storia resta segnata dalla condanna di Rudy Guede — oggi libero — e dall’assoluzione di Amanda Knox e Raffaele Sollecito dopo un percorso giudiziario infinito. Una conclusione che Mignini non ha mai considerato soddisfacente. «Le circostanze sono state fortunate per loro», osserva. E aggiunge: «Sicuramente Knox e Sollecito pensano di aver “stravinto” ma la realtà è ben diversa. Bastava che l’avvocato Biscotti non chiedesse il rito abbreviato per Guede e la condanna sarebbe stata certa anche per loro».

                Non un’accusa esplicita, ma un’ombra che torna. «Sono stati assolti con formula dubitativa», ricorda l’ex pm. «Gli unici presenti sul luogo del delitto erano con certezza conclamata Amanda Knox e quasi certamente Raffaele Sollecito. Il dubbio è su quello che hanno fatto. Hanno partecipato o sono stati solo spettatori?». Una domanda che sembra avere perso i confini del processo per diventare terreno di memoria, convinzioni personali, ferite istituzionali.

                Diciotto anni dopo, Meredith Kercher resta al centro di una storia giudiziaria che continua a interrogare più che a rassicurare. E nell’Italia che osserva questi ritorni, c’è una sensazione sospesa: come se il tempo avesse provato a chiudere una porta che qualcuno, ancora oggi, non riesce a sigillare.

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