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Cronaca Nera

Si riapre il caso di Perugia: Amanda Knox condannata a tre anni

La Corte d’assise d’appello di Firenze ha confermato la condanna a tre anni per Amanda Knox per aver calunniato Patrick Lumumba durante le indagini sull’omicidio di Meredith Kercher. Nonostante la pena sia già stata scontata, Knox è scoppiata in lacrime alla lettura della sentenza, delusa dal verdetto. I suoi avvocati stanno preparando un nuovo ricorso in Cassazione.

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    Amanda Knox è stata condannata a tre anni per aver calunniato Patrick Lumumba durante le indagini sull’omicidio di Meredith Kercher. La Corte d’assise d’appello di Firenze ha confermato la sentenza, anche se Knox ha già scontato la pena.

    Il caso dell’omicidio di Meredith Kercher

    Nel novembre del 2007, la studentessa inglese Meredith Kercher è stata trovata morta nel suo appartamento a Perugia. Amanda Knox e Raffaele Sollecito furono inizialmente condannati per l’omicidio, ma entrambi furono definitivamente assolti quattro anni dopo. L’unica condanna rimasta a carico di Knox è quella per aver accusato ingiustamente Patrick Lumumba, che è stato poi prosciolto perché estraneo ai fatti.

    La sentenza e le reazioni

    Amanda Knox ha partecipato all’udienza a Firenze, dove ha tentato di difendersi dalle accuse di calunnia. “Lui si prese cura di me, mi consolò dopo la perdita della mia amica. Mi dispiace che lui abbia sofferto ma non l’ho mai calunniato,” ha dichiarato in aula. Tuttavia, i giudici toscani hanno ritenuto sufficienti le prove contro di lei, confermando la condanna a tre anni di reclusione, già scontati.

    Reazioni in aula

    Alla lettura della sentenza, Amanda Knox è scoppiata in lacrime. “Sono delusa, non me lo aspettavo,” ha detto ai suoi avvocati Carlo Dalla Vedova e Luca Luparia Donati. Knox, insieme al marito Chris Robinson, ha lasciato il tribunale senza rilasciare dichiarazioni ai giornalisti presenti.

    Prossimi passi legali

    Gli avvocati di Amanda Knox stanno preparando un nuovo ricorso in Cassazione. La giornalista e scrittrice di Seattle era giunta a Firenze con l’intenzione di “scagionare” il suo nome dalle false accuse, come aveva scritto sui social.

    Commenti delle parti civili

    “Lui si prese cura di me, mi consolò dopo la perdita della mia amica. Mi dispiace che lui abbia sofferto ma non l’ho mai calunniato,” ha detto Amanda in aula. E invece un memoriale scritto in inglese prima di essere portata in carcere è stato sufficiente ai giudici toscani per ritenerla responsabile di averlo accusato “consapevole della sua innocenza”, come prevede il reato. Confermata, dunque, la condanna a 3 anni di reclusione, già comunque scontati avendone passati quasi quattro in cella tra l’arresto e la scarcerazione.

    Alla lettura della sentenza l’americana è scoppiata in lacrime. “Sono delusa, non me lo aspettavo,” ha detto ai suoi difensori, Carlo Dalla Vedova e Luca Luparia Donati che le erano accanto. Poi via, con il marito Chris Robinson. Senza fare commenti con i tanti giornalisti e cineoperatori arrivati a Firenze dagli Stati Uniti e dall’Inghilterra, il Paese della Kercher. “Pensava di mettere un punto fermo,” hanno commentato i suoi legali. Che si preparano a un nuovo ricorso in Cassazione. La giornalista e scrittrice di Seattle era arrivata a Firenze dagli USA carica di speranze. Per “scagionare” il suo “nome una volta per tutte dalle false accuse,” aveva scritto sui social.

    Knox non è una vittima ma una calunniatrice” il commento dell’avvocato Carlo Pacelli, legale di parte civile per Lumumba.

      Cronaca Nera

      Armato di balestra e mascherato da Fausto Bertinotti, terrorizzava il vicino: arrestato per stalking

      Un operaio di Scortichino di Bondeno terrorizzava il vicino lanciando frecce contro le finestre, mascherato con una maschera di Fausto Bertinotti. Arrestato dopo un folle tentativo di fuga, nella sua casa sono stati trovati coltelli e un’uniforme militare.

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        Per mesi ha seminato il terrore nel suo quartiere, colpendo ripetutamente con una balestra le finestre del vicino, sempre mascherato con una maschera da Fausto Bertinotti. Ma l’ossessione dell’operaio 41enne di Scortichino di Bondeno (Ferrara) è terminata con l’arresto per stalking.

        La vicenda ha dell’incredibile. Da mesi, l’uomo aveva preso di mira un vicino di 59 anni, lanciando frecce contro le sue finestre e danneggiando la sua auto. Le sue azioni non si limitavano a questo: il 41enne era solito travestirsi con una maschera raffigurante Fausto Bertinotti, un dettaglio grottesco che rendeva la situazione ancora più surreale.

        L’arresto e le scoperte nella casa
        Nella notte, i carabinieri lo hanno colto sul fatto mentre, nel cortile di casa, stava nuovamente scagliando un dardo contro le finestre del vicino. Nel tentativo di fuga, l’uomo ha persino cercato di investire i militari con l’auto, ma è stato prontamente bloccato e arrestato.

        Le sorprese non sono finite qui: durante la perquisizione della sua abitazione, che condivide con la moglie (la cui posizione è ora al vaglio degli inquirenti), i carabinieri hanno trovato un arsenale che comprendeva numerosi coltelli, una fionda con biglie d’acciaio, un passamontagna e persino un’uniforme da tenente paracadutista dell’Esercito Italiano. Un dettaglio quest’ultimo che ha suscitato ulteriore preoccupazione, poiché l’uomo non ha mai prestato servizio nelle forze armate.

        Una vicenda inquietante
        L’uomo è stato portato in carcere, mettendo fine a una spirale di terrore che aveva reso la vita del vicino un incubo. Il motivo di questo comportamento ossessivo resta ancora oscuro, così come il perché di quel travestimento, che aggiunge un tocco di assurdità a una storia già di per sé inquietante.

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          Cronaca Nera

          Clamoroso: si riapre il delitto del trapano. Un 65enne indagato per l’omicidio, 29 anni dopo

          Il delitto di Luigia Borrelli, una prostituta 42enne di Genova, sembrava destinato a rimanere irrisolto, ma un recente sviluppo riaccende la speranza di giustizia. Dopo anni di indagini, un sospettato è stato identificato grazie a un campione di DNA recuperato sulla scena del crimine.

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            Il 5 settembre 1995, Luigia Borrelli, conosciuta nel mondo della prostituzione come Antonella, fu brutalmente uccisa nel centro storico di Genova, lontano dalle luci e dalle folle turistiche che oggi affollano la città. Il suo corpo fu trovato in un basso di vico Indoratori, massacrato con un trapano, un delitto che scosse profondamente la comunità.

            29 anni dopo

            Dopo quasi tre decenni di indagini, questa mattina la Guardia di Finanza e la Squadra Mobile di Genova hanno perquisito l’appartamento di un sospettato: un carrozziere 65enne di origine calabrese, residente a Genova nel quartiere di Marassi. L’uomo, che viveva nello stesso quartiere della vittima, è ora accusato di omicidio e rapina. Gli investigatori sarebbero giunti a lui attraverso una pista che ricorda quella seguita per il caso Bossetti, condannato per l’omicidio di Yara Gambirasio. La prova chiave sarebbe una perfetta corrispondenza tra il DNA del sospettato e quello trovato sulla scena del crimine.

            Le indagini continuano

            Le indagini non si sono fermate qui. Gli inquirenti hanno condotto perquisizioni nell’appartamento dell’uomo, nel suo posto di lavoro e in un’altra abitazione legata a un parente, portando via documenti e altro materiale che potrebbe essere rilevante per l’inchiesta.

            Un grande cold case italiano

            Il caso di Luigia Borrelli non è mai stato ufficialmente classificato come un cold case grazie alla dedizione della PM Patrizia Petruzziello, che dal primo giorno si è occupata dell’inchiesta. Nonostante siano passati molti anni, la Petruzziello ha continuato a raccogliere elementi, a ordinare accertamenti di laboratorio e a seguire ogni possibile pista. Ora, sembra che il suo impegno stia portando i primi frutti.

            Una scia di tragedie

            La morte di Luigia Borrelli ha lasciato dietro di sé una scia di tragedie. Il primo a soccombere alla pressione fu Ottavio Salis, un elettricista di 52 anni il cui trapano era stato utilizzato per uccidere la donna. Salis, che aveva eseguito dei lavori nel basso dove fu trovato il corpo, si suicidò buttandosi dalla Sopraelevata di Genova prima che i risultati del DNA, all’epoca molto più lenti, potessero scagionarlo. Negli anni successivi, anche la padrona del basso e uno dei figli della Borrelli si tolsero la vita, forse incapaci di reggere il peso di essere coinvolti, anche solo marginalmente, in questa tragedia.

            Luigia Borrelli, infermiera rimasta vedova, aveva nascosto la sua doppia vita ai familiari. Per loro, lavorava come assistente di anziane benestanti, giustificando così il denaro che portava a casa. Nessuno, nemmeno i suoi figli, sospettava che quella vita apparentemente normale nascondesse una realtà così drammatica. Dopo la sua morte, emerse che la Borrelli aveva intestato polizze assicurative cospicue ai figli, un dettaglio che alimentò ulteriormente il mistero.

            Le piste seguite dagli investigatori nel corso degli anni furono molteplici. All’inizio, si pensò che l’assassino fosse un cliente della donna, ipotesi supportata dalla brutalità del delitto e dalla presenza di una videocassetta pornografica nella TV della vittima. Tuttavia, non si escludeva neppure un movente legato al mondo dell’usura o a conflitti familiari. Le indagini proseguirono senza sosta, ma tutti i confronti del DNA effettuati negli anni diedero esito negativo, finché recentemente non emersero sospetti su un anziano medico genovese, pista che si rivelò infondata.

            Oggi, grazie a nuove tecniche investigative e alla tenacia degli inquirenti, sembra finalmente esserci una svolta. Tuttavia, il percorso giudiziario è appena iniziato, e solo il tempo dirà se questa pista porterà alla verità e alla giustizia per Luigia Borrelli.

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              Cronaca Nera

              Il killer del trapano, l’ombra del serial killer e quell’atroce omicidio mai risolto

              Nonostante le indagini riaperte e vari sospetti, il brutale omicidio di Luigia Borrelli del 1995 non ha ancora trovato giustizia. Un caso intricato che continua a sfidare gli investigatori.

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                Il 5 settembre 1995, nel cuore dei carruggi di Genova, viene ritrovato il corpo di Luigia Borrelli, nota nel quartiere come “Antonella”. Era una prostituta di 52 anni, brutalmente uccisa nel suo appartamento. Il corpo viene scoperto da Adriana, un’amica, preoccupata per la sua assenza. Luigia è trovata in una scena raccapricciante: dissanguata, con numerose ferite ed ecchimosi, denti spezzati e un trapano conficcato in gola. L’atrocità dell’atto suggerisce un odio profondo verso la vittima, trattata come un oggetto dal suo assassino.

                Le indagini iniziali

                Le prime indagini puntano su vari sospetti, tra cui il figlio di Luigia, Roberto, e un elettricista sardo di nome Ottavio Salis. Il trapano trovato sulla scena del crimine apparteneva a Salis, il quale aveva avuto dei dissapori con Luigia. Tuttavia, un test del DNA scagiona Salis, che, incapace di provare la sua innocenza, si suicida poco dopo essere stato interrogato. Il caso si complica ulteriormente quando anche Roberto, affetto da disturbi psichiatrici, si toglie la vita nel 2014, lasciando dietro di sé un vuoto di risposte e molte domande irrisolte.

                Riapertura delle indagini

                Nel 2023, grazie a una trasmissione televisiva, le indagini vengono riaperte. Nuove testimonianze emergono, come quella della figlia di un’infermiera collega di Luigia, che ricorda un primario dell’ospedale San Martino con graffi e lividi il giorno dopo l’omicidio. Nonostante queste nuove informazioni, il DNA non corrisponde a nessuno dei nuovi sospetti.

                Un caso intricato

                Il caso di Luigia Borrelli rimane irrisolto, con numerosi potenziali indiziati scagionati e nessun colpevole certo. La brutalità del delitto, associata a numerosi suicidi legati all’indagine, aggiunge un ulteriore strato di mistero e tragedia a questa storia. Gli investigatori continuano a cercare risposte, ma il killer rimane libero.

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