Storie vere
Maestra incinta di un ex alunno 13enne: arrestata dopo 5 anni di segreto
Un legame tra insegnante e studente degenerato in una relazione sessuale. La donna, 34enne, rischia fino a 20 anni di carcere.

Questa storia, che gela il sangue, arriva dagli Stati Uniti ed è simile ad altre accadute anche nel nostro Paese. Una maestra di scuola elementare, Laura Caron, è stata arrestata con l’accusa di aver abusato sessualmente di uno dei suoi studenti, che all’epoca del fatto aveva 13enne. Ma la cosa sorprendente è che dal quel rapporto la maestra in questione ha avuto un figlio. La scoperta è avvenuta cinque anni dopo i fatti.
L’incubo di un padre e la caduta di un’insegnante
Tutto ha avuto inizio quando il padre del 13enne, notando una strana somiglianza tra il figlio dell’insegnante e il proprio figlio, ha iniziato a farsi qualche domanda. Questa intuizione lo ha portato a indagare più a fondo, scoprendo uno scenario poco edificante. La relazione tra la maestra e il suo giovane alunno sarebbe iniziata anni prima. E come? In quegli anni la giovane insegnante di Middle Township entra in confidenza con i genitori di due fratellini che frequentano la quinta classe.
Passano gli anni e il legame cresce tanto che i due bambini, insieme a un terzo fratello, dal 2016 restano a dormire a casa dalla maestra. La fiducia dei genitori e dei ragazzi era totale. Ma con il passare del tempo, il rapporto si sarebbe trasformato in qualcosa di molto diverso di una semplice ospitalità, sfociando in una relazione sessuale. E infatti nel 2019, quando ancora la convivenza è in corso, succede che la 28enne Caron resta incinta.
Un padre investigatore…
Il primo ad accorgersi che qualcosa di strano era successo durante la permaneza dei suoi figli a casa dell’insegnante è stato il padre dei ragazzi. Mentre il figlio dell’insegnante cresceva ha notato una somiglianza inquivocabile con il maggiore dei suoi figli. Ha messo in allerta la polizia che ha iniziato a sua volta a svolgere indagini che hanno confermato i sospetti del padre. I fratelli della vittima hanno inoltre raccontato di aver assistito a scene compromettenti e di essere stati a loro volta vittime di molestie da parte della donna.
L’arresto della maestra e una comunità sconvolta
L’arresto di Laura Caron ha scosso profondamente la comunità, riaprendo il dibattito sulla sicurezza dei bambini a scuola e sull’importanza di denunciare qualsiasi forma di abuso. La donna rischia ora fino a 20 anni di carcere.
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Storie vere
L’uomo a piedi nudi che sfida il dolore e i limiti umani: la storia di Antonio Peretti
Conosciuto come “l’uomo a piedi nudi”, Antonio Peretti percorre distanze impossibili e condizioni estreme. Dall’alpinismo senza scarpe ai 150 km in Himalaya, la sua storia è un inno al coraggio e alla determinazione. «In 14 minuti spengo il dolore, ma l’organismo poi presenta il conto». Un esempio di resilienza che ispira giovani e meno giovani.

Erano in trecento a Breganze, per ascoltare la storia di Antonio Peretti, 64 anni, originario di Sovizzo, nel Vicentino, noto come “l’alpinista scalzo” o “l’uomo a piedi nudi”. Una vita fatta di sfide estreme, luoghi ai confini dell’umano e situazioni che mettono alla prova i limiti del corpo e della mente. Da vent’anni, Peretti, conosciuto anche con il nome di Tom Perry, ha deciso di reinventarsi, creando un personaggio fuori dagli schemi per spingersi oltre ogni confine immaginabile. «Tom Perry è il personaggio che mi sono creato, quello che mi spinge ad andare oltre i limiti», racconta.

La sua passione nasce all’età di 42 anni, ma il suo rapporto con lo sport ha radici più profonde. «Sono stato un forte atleta di mezzofondo, ho corso con campioni del calibro di Alberto Cova e Gelindo Bordin», spiega. «Poi mi sono accorto della deriva dell’atletica e del fatto che circolavano sostanze strane. Mi sono chiamato fuori, avevo 18 anni e non volevo quello per la mia vita. Mi iscrissi al corso ufficiale per diventare paracadutista della Folgore. La scelta migliore che potessi fare: il militare ti fa capire il valore del sacrificio».

Nonostante una carriera da agronomo, Antonio sentiva di non aver raggiunto le soddisfazioni che avrebbe meritato. «Ho creato Tom, un personaggio fuori dai canoni regolari, qualcosa di mio che mi sono costruito. Avevo solo me stesso da seguire, con sfide sempre più fuori dagli schemi», prosegue. La svolta arriva quando, durante una scalata, decide di togliersi gli scarponi. «Volevo superare i limiti. Una volta mi tolsi gli scarponi e decisi di proseguire senza, accorgendomi di avere una predisposizione. Cominciai con piccole salite e piccole discese, fino a quando capii che il dolore “si chiudeva” dopo 14 minuti».

Da quel momento, le imprese diventano sempre più ambiziose. Dalle Piccole Dolomiti al Kilimangiaro, dalla Bolivia al Nepal, passando per il Messico e il Guatemala, Antonio guida un team di fotografi e operatori video in condizioni estreme. «Nel 2004 creammo un team con un giornalista e un fotografo, a cui poi si aggiunse un operatore video, Massimo Belluzzo. Lo scoprii tramite Ferruccio Gard. Da lì in poi andammo ovunque». Tuttavia, l’alpinismo diventa una definizione stretta per il suo operato. «Capii che l’alpinismo era solo una nicchia, il Cai continuava a contestare me e le mie imprese. Mi tolsi questo appellativo e mi definii “l’uomo a piedi nudi”».

Ma come riesce a sopportare dolori così intensi? «Costringendo il cervello con una tecnica tibetana. Lo martello, a tal punto che se prima ci mettevo quattordici minuti a “chiudere” il dolore, adesso ci metto due secondi. Poi, quando l’organismo si sveglia, mi fa pagare il conto, e lì son dolori veri». E il limite? «Devo ancora scoprirlo. Mi curo i denti senza anestesia, non prendo alcun antidolorifico. Sono riuscito a sconfiggere il dolore fisiologico umano. Fare 150 chilometri a piedi nudi in Himalaya salendo dai 3000 ai 7000 è qualcosa di difficilmente spiegabile», dice con orgoglio.
Tra le sue imprese più difficili c’è l’Etna, nel marzo 2007. «Salire e scendere dall’Etna dopo un’eruzione a piedi nudi è stata una delle esperienze più dure della mia vita. Rischiai seriamente di morire. Ho convissuto per sei mesi con ustioni in tutto il corpo e avevo costantemente la pressione da 180 ai 240. Mi sentivo come Hulk», racconta. Eppure, nonostante le difficoltà, continua a sfidare se stesso e la natura, spinto da una forza interiore che definisce quasi mistica. «Qualcuno lassù mi protegge, mi ha messo una sorta di protezione. Io voglio far capire ai giovani il senso della fatica. Vorrei creare uno spot televisivo che desse un significato alla mia storia».
Antonio non risparmia critiche alla società moderna. «La gente non fa più figli e preferisce avere un cane. Ci rendiamo conto? Vedo troppe persone spente e senza stimoli. Lo chiamo il malessere del benessere». Nonostante tutto, il suo spirito rimane indomito, come dimostra la sua ultima impresa in Perù. «L’ho raccontata a Breganze nel mio nuovo documentario Alla scoperta del Perù segreto. C’erano 300 persone, sono rimaste a bocca aperta. Spero di averle colpite».
Il viaggio di Antonio Peretti, alias Tom Perry, continua, spinto dalla volontà di dimostrare che i limiti umani possono essere sfidati e superati, un passo alla volta.
Storie vere
Profana la tomba della madre e porta la bara a casa: «Volevo vedere se era morta davvero»
La vicenda incredibile accaduta nel cimitero di San Cristóbal ha lasciato la comunità scioccata. Domenica il corpo della donna è stato ricollocato nella tomba, ma il figlio dovrà affrontare le conseguenze legali del suo gesto

Incredibile quanto accaduto ad Avilés, in Spagna, dove un uomo di 60 anni ha scioccato l’intera comunità con un gesto che ha dell’incredibile: ha profanato la tomba della madre, estratto la bara e l’ha portata nella sua abitazione. Il motivo? Voleva controllare che fosse effettivamente morta.
L’incredibile gesto
Secondo quanto riportato dal quotidiano El País, il fatto è avvenuto nel cimitero di San Cristóbal, dove il 60enne ha estratto la bara dalla tomba della madre, deceduta improvvisamente all’età di 90 anni. Ancora sotto shock per la perdita, l’uomo avrebbe trascinato la bara fino alla sua auto per poi portarla a casa.
Il gesto, avvenuto alla luce del giorno, è stato notato da diversi testimoni che hanno cercato di fermarlo. Tuttavia, l’uomo, visibilmente sconvolto, ha proseguito nel suo intento fino a raggiungere la sua abitazione.
Il ritorno della salma al cimitero
Domenica 29 dicembre, il corpo della donna è stato ricollocato nella tomba. Le autorità spagnole hanno confermato l’arresto dell’uomo con l’accusa di violazione di sepolcro, ma il 60enne è stato successivamente rilasciato. Il procedimento legale nei suoi confronti rimane aperto.
Shock e reazioni
La vicenda ha destato profondo sgomento nella comunità locale, non solo per l’atto stesso, ma per il dolore che chiaramente lo ha motivato. Nonostante la natura illegale del gesto, alcuni osservatori sottolineano il possibile stato di alterazione psicologica dell’uomo, ancora incapace di accettare la perdita della madre.
«È una storia che lascia senza parole», ha dichiarato un abitante di Avilés. «Non sappiamo cosa possa averlo portato a fare una cosa del genere, ma è evidente che soffriva profondamente.»
Le implicazioni legali
In Spagna, la violazione di sepolcro è un reato punibile con sanzioni severe, e il procedimento contro l’uomo potrebbe portare a una condanna. Tuttavia, gli avvocati potrebbero fare leva sullo stato di confusione emotiva del figlio, chiedendo una riduzione della pena o un trattamento alternativo.
La vicenda resta un caso estremo e raro, ma pone domande sul delicato equilibrio tra il rispetto per i defunti e l’elaborazione del lutto. Un tema difficile, che in questa occasione ha assunto tinte decisamente fuori dall’ordinario.
Storie vere
Da 25 anni vive in crociera ma ora non riesce più a scendere. E’ affetto da una sindrone che lo fa sentire costantemente in movimento
Ha trasformato la sua passione per le crociere in uno stile di vita, ma ora soffre di una rara condizione: la sindrome di Mal de Débarquement, o ‘gambe di mare’. Ecco la storia di Mario Salcedo e la sua battaglia contro questa malattia.

Si chiama Mario Salcedo l’uomo che ha trasformato la sua passione per le crociere in uno stile di vita unico. Da 25 anni, infatti, vive per sua scelta, a bordo di navi da crociera, lavorando da remoto per sole cinque ore al giorno e dedicando il resto del tempo a godersi i servizi offerti dalle navi. Una scelta di vita un poì speciale e che apparentemente potrebbe allettare molti ma che ha avuto un impatto sulla sua salute.
La sindrome delle “gambe di mare”
Salcedo ha sviluppato una condizione fisica conosciuta comunemente come sindrome di Mal de Débarquement (MdDS), o “malattia da sbarco“, comunemente chiamata “gambe di mare“. Questa sindrome è un disturbo neurologico che colpisce l’equilibrio e la percezione del movimento. Chi ne soffre, come Salcedo, ha la sensazione di dondolare o oscillare anche quando è sulla terraferma, come se fosse ancora a bordo di una nave.
Cause e sintomi del mal da crociera
La MdDS è causata da un adattamento del corpo al movimento costante delle navi da crociera. Il cervello si abitua a questo movimento e, una volta tornati sulla terraferma, fatica a riadattarsi all’assenza di oscillazioni. I sintomi sono diversi. Dalla sensazione di dondolio o oscillazione persistente alla difficoltà a mantenere l’equilibrio, dal costante sensazione di nausea e vertigini al perenne mal di testa, all’affaticamento cronico.
Ma lui che dice: la testimonianza di Salcedo
Come riportato da varie fonti di stampa, lo stesso Salcedo ha dichiarato: “Ho perso le gambe sulla terraferma. Barcollo così tanto che non riesco a camminare in linea retta. Sono così abituato a stare sulle navi che mi sento più a mio agio che sulla terraferma“.
Che cos’è la sindrome di Mal de Débarquement e come si può affrontare
Le cause precise della sindrome più comunemente chiamata “gambe di mare” non sono ancora completamente comprese, ma è certo che si manifesta dopo viaggi in mare (crociere o traghetti, lunghi voli aerei . Si ipotizza che il cervello mantenga la memoria del movimento dopo un’esposizione prolungata e non riesca a “riaggiustarsi” quando il movimento termina. Che fare quindi? A parte cnsultare subito uno specialista come un neurologo finora i rimedi più utilizzati consigliano una terapia vestibolare accompagnata da una terapia cognitivo-comportamentale (CBT). Possono essere utili anche alcune tecniche di rilassamento, accompagnati da farmaci specifici e soprattuto una certa gradualità nel movimento.
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